Maria José: L’ultima regina d’Italia

La principessa reale Maria José Carlotta Sofia Amelia Enrichetta Gabriella di Sassonia Coburgo Gotha, figlia di Elisabetta di Wittelsbach e di Alberto del Belgio, sorella minore di Leopoldo, duca di Brabante e di Carlo, conte di Fiandra, nasce ad Ostenda in Belgio, nella Fiandra occidentale. Fin da piccola sorprende tutti per la sua vivacità, la  genialità e per la sua insofferenza verso le cose che le vengono imposte. È anticonformista, allegra, amante dei Latini e non dei Tedeschi. Lo rivela in una pagina di  diario in occasione di una sua visita al quartiere generale di Hitler a Berchtesgaden: «Come sono tristi questi paesi nordici!». E così parlerà a Mussolini: «Gli dissi che trovavo la Germania molto triste». Maria José ha indubbiamente uno spirito antitedesco, generato anche dalle tristi vicende del suo paese, occupato dai nazisti. È amante della musica, dell’arte e, fin da piccola, viene scelto per lei come sposo Umberto di Savoia, come d’usanza, in base ad un accordo dina-stico intervenuto tra il re Alberto del Belgio e il re d’Italia Vittorio Emanuele III. Il suo sarà quindi un matrimonio politico. Per comprendere più a fondo la personalità di Maria José è necessario fare qualche riferimento alla sua vita e alla sua esperienza di collegio.

Nel 1919, alla fine della grande tragedia della prima guerra mondiale, la principessa del Belgio è una vivacissima collegiale fiorentina, dopo aver trascorso un anno (il 1916) nell’affascinante, ma nebbiosa Inghilterra. I reali genitori decidono di farle frequentare l’antico collegio ducale del Poggio Imperiale, affinché possa assuefarsi all’idea di diventare italiana. (Michele L. Straniero, Maria José  L’ultima regina d’Italia, Peruzzo Editore, Bergamo 2001, p. 6). Durante la sua permanenza nel collegio viene descritto, da alcune sue compagne, il suo carattere brillante, scherzoso e viene evidenziato  anche il suo aspetto  fisico: alta, magra, occhi blu-grigio, ciglia e sopracciglia nere, naso all’insù; ma ciò che colpisce tutti è la sua esuberanza. Il suo anticonformismo a volte non le fa rispettare le regole del collegio e succederà una tragedia quando un giorno scavalcherà un muricciolo e scomparirà nei campi.

Fin da piccola ama fare scherzi «come per esempio prendere a calci di nascosto il cappello di un illustre visitatore ufficiale di sua madre e farlo rotolare lontano nel salone dei ricevimenti, con grande imbarazzo dell’ospite e destando la giusta collera della regina madre». Quando diventerà la sposa di Umberto si troverà in un ambiente totalmente diverso dal suo e lo stesso sposo, dedito alla vita militare, spesso non le darà la giusta considerazione. Ma Maria José dal canto suo è molto innamorata dell’immagine del marito, dei suoi capelli impomatati e delle sue divise. Tutto ciò le ricorda  il padre Alberto, anche se l’educazione impartita in casa Savoia è diversa da quella della sua famiglia d’origine.

Si parla molto anche dell’impegno sociale di Maria José, un impegno nato da un’avversione verso il fascismo e  dal forte desiderio di andare incontro alla gente in difficoltà. A Napoli, infatti, si divertirà a parlare in dialetto, è molto amata da tutti per questa sua disponibilità e per la sua volontà di aiutare la gente più povera.

Purtroppo il matrimonio con Umberto non sarà sempre soddisfacente in quanto egli sarà impegnato nella vita militare e si mostrerà poco interessato alla moglie.  Proprio a Napoli Maria José aspetta la sua prima bambina: Maria Pia. Una cosa è certa: il loro matrimonio evidenzia due caratteri completamente differenti: lei romantica, disponibile per un grande amore, lui garbato e poco incline alla passione, anche se molto amato dalle donne. Umberto è anche un credente praticante e spesso ciò lo porta ad un’inquietudine interiore con crisi di contrizione. Sembra anche che Umberto sia colpito da complessi, tra cui quello di Edipo. Dal canto suo Maria José continua, anche dopo il matrimonio, ad avere il suo carattere esuberante: non va d’accordo col resto della casa Savoia, comprese le cognate e Vittorio Emanuele III. Non si cura dell’eleganza e dell’etichetta, ama guidare l’automobile a forte velocità. Fuma e non rispetta le regole soprattutto quelle dettate dal fascismo. Si interessa di tutto: di cultura, di musica, di pittura. Ha degli amici con i quali ama scambiare le sue opinioni, come per esempio il conte Sforza, ministro degli affari esteri del governo Giolitti. Prova simpatia per lui, perché è stato uno dei primi politici antifascisti, d’altronde egli è anche stimato dai genitori di Maria Josè: «Sforza (che si era dimesso dalla carica di ambasciatore d’Italia a Parigi appena Mussolini aveva preso il potere) venne più volte –racconta Maria Josè – a Laeken, dove mio padre amava scambiare con lui le proprie opinioni su questioni di politica contemporanea». Apparentemente e pubblicamente Maria José sembra approvare le decisioni del fascismo andando a visitare “il covo” dei Fasci,  ma nella realtà è nauseata dal comportamento di Mussolini, un comportamento che definisce “ottuso e grossolano”.

Come già affermato, ciò che colpisce della principessa è soprattutto la sua disponibilità verso i più deboli, anche verso gli Ebrei e dimostra molto coraggio nel visitare i ghetti e nell’aiutare le persone perseguitate. È amica di molti letterati tra cui Elio Vittorini, Massimo Bontempelli e con loro scambierà molte opinioni ed essi saranno motivo di conforto nei momenti di solitudine.

Al crollo del regime M. José, per volontà di Emanuele III e suo marito, partirà per il “confino” con i suoi figli a Sant’Anna di Valdieri. Lì resterà fino all’8 settembre e poi si rifugerà in Svizzera, dove avrà contatti con i partigiani e con la Resistenza italiana, ma non parteciperà mai attivamente, nonostante la sua indomabile volontà. Ritorna a Roma nel ‘45, ma si accorge che ormai è abbandonata da tutti e non riesce più ad incontrare gli amici di un tempo. Il 9 maggio Vittorio Emanuele III, dopo 46 anni di regno, abdica in favore del marito di Maria José, diventato nel frattempo luogotenente. Umberto sale al trono col titolo di Umberto II.

«Divenni regina senza saperlo» racconta Maria Josè ad un cronista. Ma la sua corona durerà ben poco, perché il 18 giugno del 46 si avranno i risultati ufficiali del referendum tenuto il 2 giugno e il popolo italiano sceglierà la Repubblica, quindi Maria José, regina per poco meno di un mese, dovrà abbandonare l’Italia e andare in esilio. Sarà  chiamata “la regina di maggio” e lei così dirà ai suoi amici: «Maggio è un mese bellissimo, è il tempo delle rose e maggio è bellissimo soprattutto nella nostra Italia».