Calanques
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Una buona dose di idrocarburi (o carboidrati?…Chimica è lontana, 20 al primo tentativo di un esame solo scritto dove il numero di Avogadro pensavo che servisse a tenere il conto delle seghe mentali e non che riempiono il mondo degli ingegneri) al pesto per far reagire l’acido lattico passato allo stato solido negli avambracci affaticati e poi ….ecco riaffiorare la nostra vena di alpinisti tutto sommato moderni.

Barattiamo un solitario, scomodo e improbabile bivacco degno dei tempi d’oro dell’alpinismo di un tempo con una crèpe alla nutella degna della migliore tradizione francese di nouvelle cuisine;Trattoria “chez Paul” sul porto di Cassis.

Cricchetto (Christian) è l’unico che riesce a trovare interessante la serata incappando in una Ferrari 355 Spider gialla (305 CV a 7600 giri/min. con coppia massima di 450 Nm a 6780 giri/min., da 0 a 100 Kmh in 4,8 sec. e da 100 a 0 Kmh in 36 m. con ABS Bosch)….ma questo non lo ha mai detto a nessuno.

Il nuovo giorno nasce sotto i migliori auspici: sereno, almeno per il momento, vento stabile (non ho mai capito cosa volesse dire) e sole caldo. Meta: la Grande Candelle, massiccio imponente che domina il mare sul cui spigolo (del massiccio, si è mai visto uno spigolo del mare?) Lo spiglo dal mare corre una via dal nome Aréte de Marseille aperta nel 27. Una tra le  più belle, non a caso, questo è stato il primo e più apprezzato terreno di divertimento di un certo Gaston Rébuffat.

Siamo tutti animati da uno strano mix di curiosità ed ansia: chi si chiede come possa esistere un posto più bello di quello di ieri, Panoramica chi si chiede se la via sarà più o meno impegnativa visto l’ambiente un po’ più severo e chi si chiede se sia il caso di liberarsi prima della partenza per evitare spiacevoli inconvenienti a metà parete.

L’avvicinamento è più complesso di quanto si possa immaginare. Una volta arrivati alla periferia di Marsiglia e posteggiato in prossimità del Centro Ricerche “Qui cherche, trouve”, si deve individuare infatti, tra i tanti sentieri che si dipartono dalla mulattiera centrale, quello che in circa due ore di cammino porta alla base della parete prescelta. La cosa potrebbe essere resa ancora più ardua dalla scarsa visibilità causata dall’improvvisa nebbia (al mare?) scesa dall’alto ma il Manuale delle Giovani Marmotte riesce a trarci d’impaccio ancora una volta.

L’attacco  della via Foto di gruppo si raggiunge scendendo un canalone alle spalle del massiccio e risalendo intorno alla sua base fino a raggiungere una cengia cosparsa di ginepri, dalla quale il panorama sulla baia si rivela essere spettacolare. Le formazioni rocciose dai contorni più diversi affondano le loro radici direttamente nel mare, dando vita ad una costa talmente frastagliata e selvaggia da costituire un vero paradiso terrestre per chi, con un po’ di fantasia, sappia disegnare su quelle pareti verticali un’immaginario traverso dalle lunghezze infinite.

Richiamati alla realtà dalla prima lunghezza Relazione della via, ci rendiamo ancora una volta conto del rovescio della medaglia  di tanta bellezza: il numero di alpinisti passati da questo primo tiro rende giustizia a una serie di passaggi delicati su tacche talmente unte che il IV grado sembra un VI. Percorso il diedro iniziale formato dalla spalla sinistra del massiccio e da un obelisco (dal nome di Obelix, noto scultore di monoliti in pietra nella zona, ndr), si arriva alla prima sosta, posta quasi in cima all’obelisco e decisamente aerea con vista sul mare (un olio), sul canalone (un abisso) e sulla cresta del massiccio (una lama di coltello).

L’inizio della seconda lunghezza richiede non solo abilità ma anche una buona dose di sangue freddo (o, come direbbe Flo, di una buona dose - 2 o 3 rotoli - di carta igienica doppia) per poter passare dalla sosta alla cresta vera e propria, superando con un passo nel vuoto l’intaglio esistente.

La via prosegue poi alternandosi sul lato del canalone e sul lato opposto rivolto verso il mare, con una esposizione sempre degna di una bella fotografia Stefano.. e una roccia dalle qualità invidiabili (dove saranno finiti tutti gli alpinisti di prima?).

Ogni singolo passaggio di arrampicata è una meravigliosa miscellanea di emozioni che si rincorrono e si alternano fino a lasciarti senza respiro. La precisione e la libertà su passaggi tutti da godere, ti fa quasi sentire in simbiosi con la roccia, l’esposizione e l’altezza della via sembrano volerti condurre al cielo, eppure il mare è talmente vicino che vorresti tuffarti nelle sue acque per ammirarne le bellezze in topless (vero Ste ?!).

Al termine di sette lunghezze mozzafiato, arriviamo quasi sulla cima del massiccio. Un unico tiro quasi in piano ci separa dalla sommità tanto desiderata ma, contrariamente a  quanto riportato dalla relazione della guida che quotava il tiro con un confortante III grado, il passaggio da superare aveva un buon grado di parentela con un VII.
Possibile che la via sia finita? Ci si deve calare in doppia? Se sì, in quale canalone, quello di destra o di sinistra?

Sfruttando le vane ricognizioni di due giovani francesi che ci precedevano e l’esperienza del Gae, scopriamo che la via prosegue oltre il passaggio di VII (abilmente superato dalla cordata francese….in questi casi si dice chapeau!) e che questo stesso è aggirabile con  un piccolo traverso esposto sulla destra, più impressionante che difficile.

Raggiunta la sommità del massiccio, restiamo per un attimo in silenzio a guardarci intorno e ad assaporare quel poco di adrenalina che, dopo averci accompagnato fino a quel momento, si sta lentamente dissolvendo nel nostro corpo.

Passato quel momento, prevale poi in ciascuno di noi l’irresistibile desiderio di raggiungere al più presto le sponde ancora assolate del mare ed è così che, nel giro di due doppie e una inarrestabile discesa in mezzo alla macchia mediterranea, arriviamo inconsapevolmente all’angolo dei nudisti, dove incuranti delle regole vigenti e dei (pochi) bagnanti ancora rimasti azzanniamo tutto quello che di commestibile era ancora rimasto nel fondo degli zaini.

Spunta anche una macchina fotografica (Ste, cosa fai?) e un costume, l’acqua è fredda ma qualcuno ha ancora i bollenti spiriti. Meglio che si tuffi….

La via del ritorno si snoda lungo la costa passando sotto a una serie di falesie attrezzate per i monotiri (dal 7a in su) ma a noi non importa…la cresta illuminata dal sole della Grande Candelle è ancora lì che ci saluta quando ci fermiamo ad ammirarla per l’ultima volta, in attesa dei prossimi alpinisti che vorranno salirla per un’altra emozione.



Testo e foto sono di Christian