Dislivello: 1300 dal
rifugio
Tempo di salita: 5-6 ore
Difficoltà: PD (richiede esperienza
su ghiaccio crepacciato) |
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Partiamo da Milano alle tredici del
Venerdì, la compagnia questa volta è formata da Io, Cricchetto
(saliremo per la via normale), Panzer, Dino e Stefano, (saliranno per la
nord). Sulla strada per la Valsavarenche con sorpresa Cricchetto
impone una sosta viveri presso un piccolo alimentari e mi introduce
nell' unto mondo del lardo.
Lasciamo la macchina nel parcheggio
nei pressi delle baite di Pravieux (Pont) e con i soliti zaini
troppo pesanti ci inerpichiamo per il sentiero che in capo a 2 ore ci porta
al rifugio Chabod dove una allegra e cortese famiglia ci accoglie con una
cordialità che non trovavamo da tempo. Il tramonto di quel pomeriggio
è spettacolare e la parete
nord ci affascina.
La cena abbondante e gustosa, ci
rende molli e presto dopo aver contrattato una razione extra di caffè
per la colazione ci infiliamo in cuccetta con la sveglia puntata
alle 4 del mattino.
Giornata si presenta magnifica
contraddicendo le previsioni meteo ed Io e Cricchetto partiamo come
dei missili...... per la strada sbagliata !.
Rinsaviti (ma abbiamo camminato
per circa una ora a vuoto) torniamo sui nostri passi ed imbocchiamo nei
pressi del rifugio (intanto albeggia) l'evidente sentiero che per la
cresta della morena che separa i ghiacciai di Moncorvè e di Laveciau
ci porta alla quota di 3200 dove calziamo i ramponi. Traversiamo stando
molto alti sotto la parete nord ovest del Gran Paradiso, la neve è
dura ed anche se il terreno è molto tormentato camminiamo veloci
in attesa della mia crisi.
Terminato il traverso si sale con
una ampia serpentina alla Schiena d'Asino dove si incontrano le cordate
che salgono dal rifugio Vittorio Emanuele II. Superata la cresta (autostrada)
nevosa della Schiena d'Asino, si raggiunge il Colle della Becca di Moncorvè
(3850) che si supera lasciandola sulla destra. Vista la banalità
del tratto che ci separa dalla vetta, Io oramai in crisi nera mi
slego da Cricchetto per non imporgli la mia andatura da funerale. Inoltre
il tempo sta cambiando ed almeno lui che può deve arrivare in vetta.
Con un ampio arco sulla destra si aggirano i ripidi pendii di neve e ghiaccio
ai piedi del Roc superando la crepacciata terminale
. Ancora un breve pendio di neve ( mi sembra lunghissimo) porta alla cresta
sommitale che con qualche ancoraggio si percorre per raggiungere la vetta
tradizionale dove è la statua della Madonna
. Dopo circa una ventina di minuti sulla cornice sommitale della nord sbuca
un inconfondibile caschetto verde pisello: è Panzer, sono arrivati.
Comincia a nevicare, quattro foto di rito e via sulla via del ritorno tormentati
dalla neve in quota che si trasforma in acqua man mano che scendiamo.
Alle macchine siamo distrutti ma
ancora una volta felici....
- La foto usata per descrivere
la crepacciata terminale è tratta da "i 4000 DELLE ALPI di Richard
Goedeke Edizioni Iter "
- La foto in apertura è di Paolo
- Le altre foto sono di Christian |