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AGRITURISMI MARCHIGIANI


Cartina delle Marche
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    INTRODUZIONE ALLA REGIONE MARCHE

    "E' terra di illimitati, meravigliosi panorami. Cittadine e paesi sono spesso adagiati su colline fra colline e la vista spazia per verdi, ondulate dorsali che si accavallano trascolorando, poggi, fondovalle, vigne, olivi, campi di granturco e d'orzo. Fino alle spiagge e al mare assolato. A monte, verso le larghe groppe arrotondate dell'Appennino da cui scendono le ombre violette del tramonto, si indovinano le asprezze di strette vali e gole. Le Marche, un plurale. Marka è parola gotica, vuol dire "segno di confine". Il termine affiora nella storia con Carlomagno che, nelle terre di confine del suo impero europeo, poneva per sicurezza dei "conti di una marca" o margravi (mark=marca, graf=conte). Nella regione, il nome risulta dal X sec. Prima la marca di Camerino, poi quella di Fermo, a indicare le plaghe di fedeltà imperiale. La molteplicità sottintesa dal nome rispecchia la storia, che è alquanto intricata e frammentata, ma questo non è il segno che la distingua dal generale ordito d'Italia. Se mai è il suo tessuto artistico, che per il gioco di variegati influssi e il reagire di native potenzialità mostra molteplici fili, tocchi, colori, nodi che arricchiscono l'arazzo dell'arte italiana. Pochi esempi: nelle chiese romaniche, alla pianta trinate padana si combina il modulo centrale a cupole, bizantino e dalmata; il nome di Chiaravalle risulta più di una volta nella toponomastica a indicare abbazie cistercensi di cultura oltralpina; dalla scuola pittorica fabrianese, seneseggiante, esce Gentile, uno dei maggiori artisti del gotico internazionale; i signori locali, specie i Montefeltro, erano tutti abili nell'industria della guerra ed ecco la sorprendente serie di fortezze di Francesco di Giorgio Martini, di quella nitida geometrica muratura che poi Baccio Pontelli riprese, non innaturalmente, nel disegnare le absidi del santuario di Loreto; l'inquieto veneziano Lorenzo Lotto ha lasciato nelle Marche un'incredibile sequenza di capolavori; i due grandi marchigiani Donato Bramante e Raffaello hanno sempre portato appresso qualcosa della loro terra. Ma il luogo dove la molteplicità di apporti si decanta senza sbavature, dove paesaggio e natura, storia, umanistico sapere, maestria del costruire, dipingere si fondono in un'entità totalizzante è Urbino; più che di "città d'arte", semplicemente opera d'arte. Fertili geni creativi vi si sono confrontati; caos e ingegno, spontaneo e controllato stanno in equilibrio perfetto. Al paragone, tutto il resto della pur bellissima regione sembra quasi scaglionarsi in una preparatoria prospettiva."

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