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AGRITURISMI MOLISANI


Cartina del Molise
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    INTRODUZIONE ALLA REGIONE MOLISE

    "Quando si discende da nord, per il litorale adriatico, dall'Abruzzo si entra nel Molise poco prima della foce del Trigno, un fiume che Plinio dice ricco di porti e che ancora oggi piccole barche possono navigare nell'ultimo tratto del suo corso. Poco più oltre, su un promontorio, si annida Termoli, con il porto da pesca ai piedi; il suo duomo, che è romanico di echi pisani e pugliesi, e le torricelle della cinta del castello, fatte alzare da Federico II, danno immediatamente le coordinate storiche di questo tratto di costa. Alla foce del Fortore si è già in Puglia: in tutto si sono percorsi poco più di una trentina di Km. Dalla riva marina la regione, tutta colline e montagne, si interna anche oltre lo spartiacque appenninico; la conca di Isernia e la piana di Venafro mandano le loro acque al Tirreno tramite il Volturno. I ripiani che costituiscono i bacini di testata dei fiumi Trigno, Biferno, Tappino affluente del Fortore sono stati il nucleo storico della contea del Molise, che ha dato il nome alla regione. Il massiccio calcareo del Matese ne è il tetto, la sua cima più alta, il cono del Monte Miletto (m. 2050), era per Livio il Tifernus Mons: gli ultimi guerrieri sanniti vi si batterono contro i romani e morirono. Un gradino tra le due zolle di terreni geologicamente diversi separa il mosso paesaggio della montagna dalle colline dolcemente ondulate che discendono al mare. Vigne e olivi, grani e ortaglie, pecore e capre: da sempre il Molise è terra di contadini e di pastori, a lungo sommerso nell'anonimato dell'appartenenza al "regno" meridionale e ai suoi baroni. Quando il re di Napoli Giacchino Murat nel cosiddetto "decennio napoleonico" emanò la legge della "eversione della feudalità", il consiglio provinciale del Molise compilò un indirizzo di gratitudine, pomposo e magniloquente ma che ben riassume il disagio di un lungo passato; vi si ricorda come i molisani "ricchi di cuore e di mente, superbi delle antiche memorie" fossero "mal sicuri nella proprietà, ristretti nei pascoli, aggravati nelle prestazioni, intralciati nel commercio, vessati dalle angarie che li strappavano dai campi paterni per zappare la vigna signorile". I consiglieri provinciali, che appartenevano alla borghesia intellettuale, esultavano perché la "proprietà" era stata "riconosciuta"; i lavoratori agricoli (i "cafoni") dovettero ancora attendere. Le "antiche memorie" e i segni dell'arte nella piccola regione non mancano in verità e stimolano a trovare affinità, collegamenti, derivazioni e tocchi creativi. Le scoperte saranno emozionanti, come alla badia romanica di S. Maria di Canneto solitaria tra gli ulivi della valle del Trigno o davanti al ciclo di affreschi del IX sec. Nella cripta di S. Lorenzo in S. Vincenzo al Volturno, enigmatico incunabolo pittorico che gli storici dell'arte collegano direttamente alla miniatura benedettina del tempo."

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