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AGRITURISMI VENETI


Cartina del Veneto
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    INTRODUZIONE ALLA REGIONE VENETO

    "Quasi in ogni luogo la realtà è duplice. La prima impressione è sempre l'aria di parentela con Venezia. Tutto il Vento, dal 1420 al 1797, è stato dominio della Serenissima. Sono i secoli, dal tardogotico al neoclassico, di cui resta l'impronta più vistosa: si troverà sempre una facciata che ne ricorda un'altra sul Canal Grande, la sigla compositiva di un architetto che è stato importante in laguna; gli stessi ritmi spaziali, gli stessi particolari (comignoli come quelli del Carpaccio, incorniciature di finestre), ovunque il leone"andante", ad ali spiegate col libro e il motto dell'evangelista. Ma accanto, in ogni città e cittadina (Vicenza, Verona e Treviso, Padova, Belluno, Montagnana, Este, Adria, Portogruaro…), si trova il tocco originale, la traccia di una "prima" che può essere romano, padano-comunale, gotico-signorile, e il genio locale nell'elaborazione del "venezianesimo". Il veneto, tra Mincio e Livenza, è ritagliato nella omogenea Padania solo per casualità storica. Dalla collina al piano, sui canali o sui poggi, la campagna è trapunta di ville. Nel '500 i patrizi veneti e i nobiluomini di terraferma scoprirono la terra, il soggiorno in villa e la rendita agricola. Per tre secoli si costruirono dimore campestri in un gusto che conobbe variazioni, ma che nella sostanza rimase quello classico di Andrea Palladio. Colonne, architravi, archi, timpani, capitelli… sono tutte cose nate in pietra; ma la pietra è piuttosto rara nelle ville venete: abbonda il mattone, l'intonaco, lo stucco, l'aristocratica illusione che la forma prevalga sulla materia. In questo la villa veneta è un capolavoro intellettualistico; un'illusione cui si risponde con un'altra illusione. La prima è quella dei proprietari-committenti che volevano farsi "nobili antichi", la seconda è quella con la quale i costruttori rispondevano alla prima: scenario architettonico moltiplicato da scenari pittorici a fresco. Ma intorno vi è la morbida campagna, come la si trova negli sfondi del Giambellino, di Giorgine, Tiziano e Cima da Conegliano, e nasce il miracolo di quell'accordo tra fantasia architettonica e umanizzazione della natura che continua a stupire. Tiziano, che come si sa era di Pieve di Cadore, nei suoi sfondi, a differenza dei colleghi, talvolta pone montagne vere, viste riconoscibili. Per Venezia le montagne erano gli ostacoli da varcare per diffondere nell'Europa continentale le merci di lusso orientali che affluivano ai suoi fondaci o per raggiungere i boschi in cui tagliare abeti per i suoi cantieri. Completano il paesaggio e la realtà del Veneto, profilandosi sulla pianura, verso settentrione. Le più belle si chiamano Dolomiti."

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