FROSINONE:

ERRATA LA POSIZIONE  DEL MONUMENTO ALLA LIBERTA’

 

 

 

 

Nel quadro della riqualificazione del Centro Storico, da tempo in atto a Frosinone  ed in prossimità della pubblicazione di un libro del Senatore Giacinto Minnocci  sul “Contributo della Ciociaria al Risorgimento Italiano”(come ci informa Angelo Ruggero su “Flash Magazine” di febbraio) mi sembra utile ricordare, con questo articolo,  la errata posizione in cui da sempre si trova, il Monumento ai caduti per la Libertà, a  Frosinone. Se non altro per dare alle autorità della Provincia,  finalmente il coraggio di riportare la posizione dell’opera, a quella originariamente voluta dallo scultore Ernesto Biondi.

 Specialmente oggi che, dal Presidente della Repubblica e dai sostenitori della lotta al terrorismo, si cerca di riaffermare, non solo i valori del nostro Risorgimento, ma anche quelli della Libertà senza aggettivi. L’autore infatti, le statue di Nicola Ricciotti e dei fratelli Bandiera le aveva concepite, perché guardassero verso il Palazzo della Prefettura, come monito ai tiranni, mentre quella del teologo umanista,  Aonio Paleario (impiccato ed arso dai “talebani” del suo tempo) doveva guardare verso la Chiesa,  quale atto di protesta contro l’intolleranza religiosa.

 La significativa circostanza, la ricordava trent’anni fa, il compianto Prof. Pietro Zirizzotti, quando nel suo  libro “Ricciotti e Bandiera” senza remora alcuna,. diceva che, in occasione della installazione del monumento, avvenuta nel 1910, “furono le solite ragioni di opportunismo politico che  sconsigliarono il comitato promotore di sistemare l’opera del Biondi, nella posizione voluta dall’Autore”. Ora a distanza di quasi un secolo da quell’evento e a più di 50 anni dall’avvento della  Repubblica, dovrebbe essere giunto il momento di ripristinare quella posizione. E non  credo che possano essere addotti motivi di bilancio, dal momento che numerosi sono i lavori che il Comune sta facendo,  per restaurare edifici, fontane e quant’altro e rilevanti le iniziative che la Provincia di tanto in tanto prende quà e là. Nell’attesa però che si trovino i fondi per sistemare il monumento nella giusta posizione, si pensi almeno ad apporre, alla sua base, una lapide che ne spieghi il vero significato che l’autore voleva dargli.

 Ma si  tratta di un significato che non corrisponde affatto all’arbitraria intepretazione che del Monumento a Nicola Ricciotti, volle dare anni or sono un intellettuale di sinistra (vedi rivista “Ciociaria ieri e oggi” n.3 del 1987) quando tentava di dimostrare che Ernesto Biondi, l’opera l’avesse  realizzata “in chiave anarco-radical-socialista e non con  un significato vuoto e retorico, come altri che rappresentano la libertà nella sua astrattezza.”. Ma questa sua tesi,  è la storia stessa che la fa ritenere arbitraria, in quanto i martiri  che si batterono per il Risorgimento e per l’unità d’Italia, erano mazziniani e quindi niente possono aver a che fare con le idee anarco-radical-socialiste, come l’autore dell’articolo tentava di affermare. E lo faceva, arrampicandosi sugli specchi e con quell’ albagia, propria degli intellettuali di sinistra, che pretenderebbero  di dare sempre un’etichetta marxista (o socialista)  a tutto ciò che significhi progresso e libertà.  Ma l’ autore affermava queste cose, come se l’ideologia che si richiama al socialismo (marxiano o meno) non sia stata la negazione della vera libertà dell’individuo e dei popoli, come poi i fatti  hanno ampiamente dimostrato.

Sarerebbe assai  interessante sapere, come oggi il nostro interpreterebbe il Monumento di Frosinone. Ora che il castello di menzogne, costruito dalla ideologia marxista, da tempo è miseramente crollato.

 Ed è crollato nel 1989 sia per effetto della politica del Presidente Usa, Regan (che provocò anche  l’apparizione in Urss di Gorbaciov) sia per i moti popolari verificatisi in quel periodo, nei  paesi dell’est.

 I quali moti, sono stati simili a quelli del  nostro Risorgimento. A tal punto che in quei paesi si è voluto cancellare e distruggere, tutto ciò che rappresentasse (o si chiamasse) non solo comunismo, ma anche socialismo.

 

 

La vittoria di Mazzini su Marx.

 

La sola  attenuante che potrebbe  può accordarsi all’autore di  quell’articolo, sul monumento a Nicola Ricciotti, è quella di averlo scritto “in chiave anarco-radical-socialista” prima e non dopo il 1989. Anno in cui, con la caduta del muro di Berlino, deve considerarsi ufficialmente fallita l’ideologìa marxista e le utopie da essa derivate. Mentre, a distanza di un secolo e mezzo, è risultato vincente, più che mai, il pensiero di Mazzini, che già allora si batteva per l’Unità d’Italia e gli Stati Uniti d’Europa e con lui i martiri che, così significativamente  significativamente vengono illustrati nel Monumento in Piazza della Libertà.

 

 

 

Le incredibili accuse dell’Inquisizione

 contro Aonio Paleario, nel 1542

 

 

(In un profilo che lo storico Giuseppe Marocco pubblicò nel 1834 , ecco come viene narrata la incredibile vicenda di questo illustre filosofo e umanista ciociaro, martire della intolleranza religiosa).

 

 Della famiglia Paglia detto Aonio ( di Veroli)  fu scrittore celebre del secolo decimosesto.

Terminati i primi studj scorse l’Italia per perfezionarsi in teologia e filosofia, ascoltando i più grandi maestri ed in Roma trovossi nel 1527quando fu presa in nome di Carlo V.

Per fuggire ogni disordine a Perugia ritirossi e vi prese moglie.

 

Verso il 1536 aprì una scuola particolare per giovani distinti, vendè quel che in Veroli possedea ed in vicinanza a Siena comperò una casa di campagna, che dicesi avesse appartenuto a Cecina, per godere più tranquillità.

 Invidia lo percosse e di molte triste cose venne accusato,sebben difensore avesse Pietro Aretino che compose e fè recitare pubblicamente in Venezia una commedia satirica.

 Fu Paleario favorevole ai Novatori. Il trattato che ha per titolo Del beneficio di Cristo  ed il libro Actio in pontefices romanos et eorum asseclas vengono a lui attribuiti.

 Restò accusato di eresia nel 1542:  ei si difese, ma nelle sue discolpe fece non ostante ravvisare il suo mal sentimento.

 Nel 1546 insegnò eloquenza a Lucca qual pubblico professore e nella stessa qualifica passò poi a Milano, dove visse per dieci anni fra le lodi e le distinzioni  e ne fu pensionato.

Citato quindi a  Roma per eresia rimase chiuso nelle prigioni dell’Inquisizione, regnante Pi V  e convinto di aver insegnato le massime di Lutero, di aver negato il purgatorio e biasimato l’uso di sotterrare i morti entro le chiese e di aver detto che l’Inquisizione era uno stilo sguainato contro tutti i letterati, incominciò a soffrire i rigori della giustizia, talchè fu impiccato il 3 luglio 1570 ed il suo corpo si abruciò.

 Aveva già ritrattati i suoi errori ed a tal morte fu piamente disposto perché scrisse alla moglie ed ai suoi figli lettere tenerissime, che ancora esistono.

Lasciò 14  famosissime orazioni in latino, fra quali ve ne sono alcune che sembrano scritte da Cicerone e l’Alciato ne fece elogi grandissimi: eleganti lettere pure vi restano, ma l’aver scritto contro i papi senza consiglio e senza riguardare le sagge ammonizioni del Sadoleto (Cardinale)  e l’aver avuto relazioni con Lutero e Calvino furono cose che lo trassero ad una morte così ignominiosa, sebbene spirasse fra i conforti della religione santissima.

 Egli che aveva composto il poema sull’immortalità dell’anima in versi esametri, capo d’opera e dal Sadoleto stesso esaminato ed encomiato, ebbe presente l’eterno fine che l’uomo deve austeramente riguardare, giacchè le terrene cose e gli onori non sono che un ombra e forse meno dell’ombra stessa”.

 

 

 

 


 

 

 

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