La "Incarnationis Mysterium"

di Patrick Leoni Sceti

Dopo il Giubileo straordinario voluto dal papa Giovanni Paolo II nel 1983, in occasione del 1950° anniversario della morte di Gesù, il mondo cristiano si sta lentamente preparando a rendersi partecipe di un giubileo che, per il contesto in cui viene posto e per le tematiche che affronterà è da tutti ritenuto una "tappa epocale".

La Chiesa, in tutte le sue componenti cristiane, con il proprio sguardo fisso al futuro e, nel contempo, alla sua chiave di lettura (il mistero dell’Incarnazione) si accinge ad entrare trionfalmente, con il suo Grande Giubileo in quello che probabilmente, a detta degli studiosi, sarà un millennio talmente caratterizzato da forti e radicali innovazioni, in ogni campo del sapere, da diventare forse il più importante per la storia dell’umanità.

Con questa prospettiva certamente avveniristica non bisogna però commettere il grave errore di lasciare il proprio passato alle spalle. Da dove comincerebbe infatti la glorificazione di Dio e del suo creato se non dall’esaltazione della venuta del Suo figlio Gesù Cristo circa venti secoli or sono? L’opera che Egli ha infatti compiuto attraverso Lui non è da relegare nel passato bensì essa permane, non senza minore importanza, ancora oggi. Ma con quale ottica spirituale si deve porre un cristiano la cui volontà è quella di accingersi all’opera salvifica e redentrice del Cristo?

Le indicazioni le tratteggia per noi, assai accuratamente, il Pontefice che, sottolineando tale solenne ed importantissima festa con l’espressione "un Giubileo straordinariamente grande" e ben conoscendo l’importanza delle tematiche teologiche, morali e sociali in esso presentate, si appresta, nella sua bolla di indizione giubilare "Incarnationis Mysterium", ad indicare ai suoi fedeli quelle tappe imprescindibili ed inconfutabili che il nostro cammino spirituale deve attraversare.

Ma i segnali che ci preannunciano tale importanza teologica sono molteplici.

Per la prima volta infatti, nella storia della Chiesa, il Giubileo va visto in un ottica universale dato che, grazie agli incredibili miglioramenti apportati dall’era telematica, gli eventi principali di questo potranno essere seguiti in mondovisione. Il Papa parla da Roma, che, con Gerusalemme, costituirà una fra le città maggiormente interessate dall’avvenimento, ma pensa alla totalità del mondo: urbi et orbi.

Per meglio comprendere i profondi valori insiti in tale straordinario evento, bisogna analizzare singolarmente le diverse dimensioni attraverso le quali, nella nostra vita quotidiana, verremo con esso in contatto.

Dimensione Sacramentale

Innanzitutto pare ovvio soffermarci sul significato sacramentale poiché l’invito giubilare è chiaro: convertiti e credi al Vangelo. E solo partecipando ai sacramenti, d’altra parte, il cristiano può camminare, lungo la via del Signore. Nel corso dell’Anno Santo tutti e sette i sacramenti verranno posti in risalto a simboleggiare quest’onda di rinnovata religiosità.

Dimensione Romana

Vi è poi l’innegabile dimensione romana poiché sin dal 1300, anno in cui fu stabilito, il Giubileo si è svolto a Roma città riconosciuta come sede di Pietro e Paolo. Con la sua bolla di indizione il papa Giovanni Paolo II ha però limitato tale esclusività permettendo di celebrare il giubileo nella propria diocesi. Egli ha inoltre stabilito che non necessariamente bisogna raggiungere Roma per ottenere l’indulgenza; basta infatti, nel proprio intimo, compiere azioni quali la visita ai fratelli in difficoltà, un'offerta concreta ai più bisognosi e via di seguito. Nonostante ciò Roma rimane comunque il centro inequivocabile della cristianità in quanto sede del vescovo diretto successore di Pietro.

Dimensione ecumenica

L’Anno Santo assume poi dei particolari significati ecumenici poiché si pone come tempo di riconciliazione tra le varie confessioni religiose. L’opera ecumenica, quasi sempre al centro del pontificato di Giovanni Paolo II, risulta però essere difficile. L’augurio che il Pontefice si pone è solamente quello di rimarginare le secolari ferite tra le diverse dottrine cristiane nell’ottica salvifica di unire pacificamente i figli sotto lo stesso Padre.

 

Dimensione popolare

Non bisogna poi dimenticare come sia stato il popolo a chiedere il Giubileo e come quindi esso sia caratterizzato da una dimensione popolare. Roma attende trenta milioni di pellegrini ma, a prescindere dalle somme, sarà la totalità dei cristiani a rendere questo evento veramente speciale. La partecipazione a livello di massa non solo testimonia infatti l’importanza e l’attrazione spirituale che tale avvenimento stimola in tutti noi ma esalta, seppur solo brevemente, la volontà divina, di un unico popolo che, votato alla fede ed al sacrificio, si mette in cammino verso la casa del Padre.

Dimensione mariana

Festeggiare un avvenimento di così grande portata quale l’incarnazione senza però celebrare Colei che l’ha resa possibile sembrerebbe un paradosso. Ecco perché l’Anno santo assume una sua propria dimensione mariana. Maria ha infatti tutto da insegnarci su come accogliere Cristo e su come vivere la nostra vita in Lui e per Lui. Sicuramente Lei fu la prima ad accogliere nel suo seno il grandioso progetto divino di redenzione dell’umanità e solo grazie alla sua convinzione e perseveranza tutto ciò è stato possibile. Da tale forte atteggiamento certamente basato su di una fede totale in Dio, ognuno di noi deve trarre quella giusta convinzione di essere parte attiva e quindi operante del grande disegno divino.

Nel quadro così formato ottiene un posto tutto suo la bolla di indizione del Giubileo, nota come "Incarnationis Mysterium", nella quale il Pontefice ha proposto sei caratteri giubilari. Questi, divisi in due diverse trilogie, simboleggiando i segni di devozione del popolo cristiano e quelli della misericordia di Dio, costituiscono senza ombra di dubbio le sei tappe fondamentali di quel pellegrinaggio spirituale che ognuno di noi è chiamato a compiere. Su tale solida base viene infatti posta dal Pontefice l’intera preparazione religiosa dei credenti.

Scavando a fondo nelle radici bibliche è possibile notare come un gesto quale il "pellegrinaggio", la cui importanza è da trovarsi nel suo significato simbolico di cammino esistenziale che riconduce l’uomo, superando i peccati, a Dio, sia sempre stato alla base di quella forte alleanza che Egli volle stringere con il popolo ebraico. Si potrebbero a tal fine citare i lunghi e certamente penosi viaggi di Abramo, di Mosè, dello stesso Gesù ed in fine di Paolo nei quali il progetto salvifico ha trovato compimento. Ma il viaggio che il pontefice ci propone oggi è vero e partecipe dell’interiorità di ciascuno.

A simboleggiare il fine ultimo, quasi la destinazione, di tale cammino ecco la "Porta santa", segno che sancisce, con il suo passaggio, il definitivo trapasso dell’uomo dal peccato alla misericordia, e quindi alla grazia, di Dio. La speciale cerimonia che ne vede l’apertura e la chiusura in relazione al principio e termine del Giubileo è abbastanza complicata. Il Papa infatti, giunto sulla sua soglia su di una sedia gestatoria, picchia, con un martello d’argento, su di essa per ben tre volte seguito nello stesso rito dal cardinale penitenziere. Una volta abbattutala il pontefice è il primo, con una croce ed una candela in mano, ad attraversarne la soglia. Questa va attraversata nella potenza dello Spirito e nella fede in Dio con il cuore aperto all’amore e con la convinzione di poter testimoniare, con la propria vita, il messaggio che Gesù Cristo ci ha affidato.

L’ "indulgenza" , che comporta la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, è infine un segno universalmente noto e strettamente connesso all’anno giubilare.

Sintetizzando la possibilità che Gesù ha dato alla sua Chiesa di perdonare, certamente, nel corso della storia, esso è stato molte volte frainteso, ma Giovanni Paolo II lo propone ora, alle soglie del duemila, nel suo più alto significato spirituale e morale. Questo "prezioso dono" richiama infatti una dottrina teologica e una prassi penitenziale di grande valore sacramentale e manifesta inoltre la pienezza della misericordia del Padre. Rappresenta, nella triade dei segni di devozione, forse il momento culminante poiché diviene sintesi della vittoria del bene sul male in un clima di grazia e perdono. Non è comunque facile riuscire a spiegare brevemente cosa in realtà, teologicamente e moralmente, rappresenti l’indulgenza se non partendo dalla Penitenza, sacramento che, molto spesso posto dai credenti in secondo piano, ne sintetizza il fine e gli ideali.

La "purificazione della memoria" è invece il primo simbolo della misericordia di Dio. Seguendo infatti la profezia del Cristo, secondo il quale il tempo è compiuto ed il regno di Dio è prossimo, non si può non andare incontro, per accogliere degnamente tale fondamentale momento religioso, ad un profondo esame di coscienza e ad un convinto cammino penitenziale sia a livello personale che di intera cristianità. E per svolgere degnamente quest’oneroso compito bisogna, a detta del Pontefice, iniziare dal ricordarci del nostro peccato poiché, se la storia della Chiesa è veramente una storia di santità, i cristiani non sempre hanno onorato nel modo giusto il loro nome. Proprio per questo la Chiesa, visto il suo passato non privo di indelebili macchie, si pone ora in ginocchio davanti a Dio per implorare il suo perdono e per trovare la forza di guarire i suoi indifesi figli con il sangue di Cristo.

Avendo dinanzi agli occhi una società umana talmente devastata dall’egoismo e dalla violenza Sua Santità Giovanni Paolo II non ha potuto non fermare la sua attenzione, nella lettera, su di un aspetto che forse da troppo tempo è sì presente ma ben nascosto nelle nostre anime: la "carità". Essa, ponendosi come condizione necessaria per una vita comunitaria di tutto rispetto, rappresenta uno dei punti principali sui quali l’intera opera religiosa giubilare fa riferimento. Che senso avrebbe infatti festeggiare l’avvenuta reincarnazione di Cristo, grazie alla quale noi possiamo ottenere la remissione dei peccati, se non in uno spirito di cordiale fratellanza e, quindi, di carità? Ecco perché tra gli obiettivi di questo Anno Santo vi è quello di creare una nuova società basata sulla solidarietà e sulla comprensione. Anche in questo caso permane comunque quella condizione necessaria che l’Anno Santo invita tutti noi a compiere: un’apertura del cuore e dello spirito verso un radicale cambiamento personale atto alla riconciliazione con Dio.

Con il preciso fine di concludere la sua lettera rivolta ai fedeli fornendo loro il perfetto esempio di come si possa vivere una vera vita all’insegna della fede nel Padre celeste, il pontefice termina la seconda trilogia di segni giubilari con la "memoria dei martiri". Non bisogna pensare infatti che il martirio sia un atto relegato nel passato: esso rappresenta non solo il primo e più tangibile segno di fede ma anche la testimonianza impressa nel sangue di coloro che, attraverso il coraggio, hanno sacrificato la loro vita per ideali in cui credono fermamente. Gli esempi che l’impietosa civiltà moderna ci pone quotidianamente sotto gli occhi sono assai numerosi.

Migliaia potrebbero essere, a carattere personale, le riflessioni intorno a tale straordinario evento, centinaia le critiche ed i commenti dei teologi, innumerevoli le opere sia pratiche che teoriche che esso ha comportato; proprio per tale motivo è difficile, se non addirittura impossibile, indicare un’interpretazione unitaria di tale profondo momento religioso. L’unica certezza è possibile trovarla proprio nella bolla papale poiché in essa Giovanni Paolo II, infallibile riguardo ai temi di fede e di morale, propone a tutti noi un cammino di penitenza e, nello stesso tempo, di giubilo, ben preciso. Indicandoci, seppur sommariamente, le sei tappe sopra elencate di tale pellegrinaggio spirituale, egli, come un pastore con il suo gregge, ci conduce nel caldo e sicuro ovile del Padre.