Cessione di terreni e plusvalenze.
Estensori:
dott. Matteo Martignon
dott. Piero Cagnin
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Al momento di vendere un terreno, per un privato
cittadino sorge il dubbio in merito alla tassazione delle somme ricevute in
pagamento.
Ci limitiamo qui espressamente al caso della vendita
posta in essere da privati, tralasciando le ipotesi di cessioni effettuate da
società e imprese, anche se condotte in forma individuale.
Posto che la cessione dovrà essere assoggettata a
Imposta di Registro e, fino al 31.12.2002 anche a Invim, la questione si
riferisce all’obbligo di considerare le somme ricevute in sede di dichiarazione
dei redditi, modello Unico (già modello 740) o modello 730. Considerato che
sulle somme superiori a lire 135 milioni si applica la tassazione con aliquota
marginale del 46% (45% dal 1 gennaio 2001), si capisce che la questione assume
rilevanza fondamentale in sede di valutazione della convenienza alla vendita e
di pattuizione del prezzo di cessione.
La
qualificazione del reddito derivante da cessione a titolo oneroso di terreni e
altri beni immobili da parte di privati, non conseguiti nell’esercizio di arti,
professioni o attività di impresa, è disciplinata dall’articolo 81 del DPR
917/86 – Redditi Diversi: alle lettere a) e b) di detto articolo si
definiscono redditi diversi:
a)
le plusvalenze realizzate
mediante la lottizzazione di terreni o l’esecuzione di altre opere intese e
renderli edificabili, e la successiva vendita, anche parziale, dei terreni o
degli edifici;
b)
le plusvalenze realizzate
mediante la cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti
da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione o donazione
e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso
tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione
principale del cedente o dei suoi familiari; nonché, in ogni caso, le
plusvalenze realizzate in seguito a cessioni a titolo oneroso di terreni
suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici
vigenti al momento della cessione.
L’impostazione della norma tende evidentemente a
sottoporre a tassazione i comportamenti che si intendono attuati con intento
speculativo.
Per quanto riguarda le cessioni individuate alla
lettera a), un'unica precisazione va riportata in merito al criterio per
individuare correttamente le opere di lottizzazione e urbanizzazione che,
qualora eseguite, fanno sorgere l’obbligo di assoggettare a tassazione la
plusvalenza derivante dalla cessione: l’Amministrazione Finanziaria ha
sostenuto essere sufficiente la semplice lottizzazione del terreno, mentre
dovrebbe più correttamente ritenersi che la suddivisione del terreno in lotti,
se non accompagnata dalla realizzazione o dalla predisposizione di opere di
urbanizzazione, non configuri la fattispecie impositiva.
Per quanto riguarda invece le cessioni individuate
alla lettera b), la questione dibattuta e sovente oggetto di contraddittorio
con l’Amministrazione Finanziaria, riguarda la definizione di terreno
“suscettibile di utilizzazione edificatoria”.
Secondo l’Amministrazione Finanziaria, per aversi
plusvalenza tassabile è sufficiente che il terreno sia individuato come
“edificabile” nel Piano Regolatore Generale (PRG).
Di diverso avviso la prevalente dottrina e alcuna
giurisprudenza che, constatando come l’interpretazione accolta
dall’Amministrazione Finanziaria risulti troppo estensiva e generalizzata,
ritengono che la semplice previsione di PRG non sia sufficiente, dovendosi
invece verificare se l’area sia, al momento della cessione, direttamente e
immediatamente “edificabile”, suggerendo quale criterio qualificativo la
possibilità di ottenere, in concreto, il rilascio di una concessione a
edificare.
La soluzione è tutt’altro che pacifica, e il
consiglio che possiamo dare in questa sede è quello di sottoporre la delicata
questione al Notaio che dovrà redigere l’atto: egli infatti dovrà identificare
e definire il bene venduto, con diciture quali “terreno edificabile” piuttosto
che “terreno agricolo” o semplicemente “terreno”, o altre ancora.
L’individuazione e la descrizione del bene così
compiute nell’atto e il codice utilizzato per la sua registrazione, ancorché
non vincolanti per l’Ufficio delle Entrate, sono il primo e immediato
riferimento per l’eventuale avvio di una azione di accertamento.
Per avere un’idea della misura della tassazione ai
fini Irpef, ipotizziamo che venga realizzata una plusvalenza di 200 milioni e
che, per estrema semplicità, gli altri redditi del contribuente siano
costantemente pari a 40 milioni annui: l’imposta dovuta sarà pari a lire 94 milioni
e 200 mila, di cui lire 10 milioni e 100 mila calcolate sul reddito di 40
milioni e il rimanente, pari a lire 84 milioni e 100 mila, gravanti sulla
plusvalenza realizzata.
Nel caso delle sole plusvalenze di cui alla lettera
b), il contribuente ha però facoltà di tassare la plusvalenza separatamente,
applicando a tale importo l’aliquota riferita alla media dei suoi redditi del
biennio precedente: nell’esempio sopra esposto, essendo la media dei redditi
pari comunque a lire 40 milioni, l’aliquota media con la quale sarà calcolata
l’imposta è del 25,25%, per un’imposta gravante sulla plusvalenza pari a lire
50 milioni e 500 mila.