apocalisse silenziosa



Alle nove e quaranticinque in punto Paolo, cercando di scacciare una fastidiosa sensazione di deja-vu che gli si arrampicava gelida lungo la schiena, fissò gli occhi sul punto cruciale del tavolo. La teca di cristallo, perfettamente trasparente, rimase completamente vuota. Paolo ricominciò a respirare. 

- Mmm... - mugugnò il professor Zulli nel silenzio irreale del laboratorio: - abbiamo esattamente quindici minuti per cercare di capire. E per prendere, in caso, provvedimenti. 

- Forse anche di più - mormorò Paolo sottovoce. 

- Cosa intende, di preciso? 

- Potremmo lasciar stare, rimandare l'esperimento a quando avremo capito meglio... 

- Non credo sia neanche il caso di parlarne. 

- Ma professore... 

- Abbiamo quattordici minuti e trenta secondi - replicò il professor Zulli, accompagnando le sue parole con un gesto tagliente della mano che non ammetteva repliche. 

Paolo si passò una mano sulla faccia, poi sui capelli. -

 Ha controllato lo Stabilizzatore Geodetico? - chiese il professore. 

- Sì, sì, due volte, ieri sera. Tutto a posto - rispose Paolo: - volevo piuttosto farle notare quell'anomalia nelle equazioni di campo... 

- Ancora - rispose il professore alzando gli occhi al cielo. 

- Ma professore... lei ancora non ha risposto alla mia obiezione... 

- Intende le sue farneticanti elucubrazioni. 

- Le chiami come preferisce - disse Paolo finalmente spazientito: - sta di fatto che non ha saputo trovare una soluzione al problema della Connessione Olistica. 

Il professor Zulli guardò l'orologio con il frettoloso strazio dell'uomo d'affari che sta per perdere la coincidenza per New York: 

- Matematica, caro dottor Ziliani, matematica. Le dirò di più: matematica pura. E quindi inutile. Nessun fisico darebbe un qualsiasi valore alla stramba soluzione di campo che ha trovato. Carina, eh, chi lo nega - disse il professor Zulli mentre estraeva un proiettile verdastro, di indubbia costituzione mucosa, dalla sua narice sinista - affascinante e tutto. Magari vincerà la Field Metal. Ma quanto a significato fisico: zero. La sua soluzione è rigorosa, non lo si può non riconoscere, ma ci sarà di certo una premessa sbagliata. 

- E la trovi, allora! - esclamò Paolo alzandosi dalla sedia, e gettando sulla scrivania un pacco di fogli di carta che si sparpagliarono come i petali di un fiore appassito. 

Il professore alzò gli occhi al soffitto: 

- Ne abbiamo discusso fino alla nausea: ora, se ha un qualche tipo di paura, esca fuori da questo laboratorio. Adesso. 

- Se ho ragione, non servirebbe a nulla - disse Paolo rimettendosi seduto. 

- Si calmi, dottor Ziliani, si calmi per favore. Abbiamo ancora dieci minuti. Cerchiamo di non perdere tempo e di ragionare. Cosa può essere andato storto? In linea di principio, potremmo aver deciso di rimandare l'esperimento: se alle dieci in punto non abbasseremo quella leva, il cubo di iridio non tornerà indietro nel tempo di quindici minuti: questo spiegherebbe perché non abbiamo osservato la sua apparizione nella teca di cristallo alle nove e quarantacinque. 

- Mi sembra un'ottima idea - disse Paolo. 

- Ma io non rimando l'esperimento: questo lo so di sicuro. Quindi ci dev'essere un'altra spiegazione. 

Paolo osservò il professor Zulli con un misto di rabbia e invidia: 

- Come fa a essere così sicuro che la sua macchina funzioni? 

- Lo so, e basta. Ora... Potremmo aver creato una realtà parallela. Il cubo arriverà sì nel passato, ma ciò facendo creerà una diramazione spazio-temporale... Se così fosse, una mia copia, da qualche parte, in qualche dove, avrà assaporato il dolce gusto del successo, osservando un cubo di iridio di dieci dentimetri di lato che si materializza nella sua teca... 

- Oppure potremmo semplicemente distruggere l'Universo, e amen - disse Paolo, sconfortato. 

- Sciocchezze - rispose il professor Zulli. 

- Ma la Soluzione Olistica... Lei forse non afferra fino in fondo le implicazioni... 

- Giovanotto, non si permetta - disse il professore con uno sguardo omicida: - non trovo ragionevole pensare che un pezzetto di metallo si trascini dietro un'intera sezione spaziale delle dimensioni di quindici miliardi di anni luce cubi. 

- Ma è esattamente quel che dicono le equazioni. 

- Mancano due minuti, e io le rigiro la domanda: come fa a essere così sicuro che le sue equazioni "funzionino"?

 Paolo si guardò intorno, cercando qualcosa di concreto a cui aggrapparsi: gli sembrava che la realtà stesse lentamente ma inesorabilmente evaporando. 

- Io... non lo so. Spero vivamente che non funzionino. 

- Bene, mi sembra l'atteggiamento giusto. Ora, di certo qualcosa non ha funzionato, o per meglio dire, non funzionerà come avevamo pensato... Ma non possiamo fermarci solo per questo. Un cubo di iridio di dieci centimetri di lato non può influenzare il destino dell'universo intero. 

- Professore: è ancora in tempo. 

- Sì: per tirare la leva. Mancano cinque secondi... quattro... tre... due... uno... 

Alle nove e quaranticinque in punto Paolo, cercando di scacciare una fastidiosa sensazione di deja-vu che gli si arrampicava gelida lungo la schiena, fissò gli occhi sul punto cruciale del tavolo. La teca di cristallo, perfettamente trasparente, rimase completamente vuota. Paolo ricominciò a respirare.