distrazioni
Lunedì diciotto settembre duemila, entrando nel suo ufficio alle dieci e
dieci circa del mattino, il professor Zulli trovò sulla scrivania il progetto,
scritto e disegnato dal suo stesso pugno, di una macchina del tempo
perfettamente funzionante: solo che lui non ricordava di averla ancora
inventata, e quindi grande fu la sua sorpresa, anche se bisogna dire che la
distrazione del professor Zulli era proverbiale, e quindi tutto poteva essere.
Il pacco alieno sul tavolo conteneva due DVD: sull'etichetta del primo, in
grossi caratteri neri e malfermi, che il professor Zulli non esitò a
riconoscere come parto della sua stessa orribile grafia, c'era scritto:
"DATI DEL PROGETTO MACCHINA DEL TEMPO". La copertina del secondo,
invece, diceva semplicemente: "GUARDAMI!". Il professor Zulli obbedì
sic et simpliciter all'imperativo categorico, anche perché fin da bambino aveva
sempre provato, a cospetto di un punto esclamativo ben disegnato, una sorta di
sacra soggezione: infilò quindi tosto l'argenteo dischetto nell'apposito
lettore.
Sullo schermo ventuno pollici del suo pc si disegnò subito
l'inquadratura mezzobusto di un essere umano che somigliava in maniera
impressionante all'omonimo nonno del professore, tal Sergio Zulli. Il professore
non aveva mai conosciuto il nonno, dileguatosi, stando a quel che veniva
tramandato in famiglia, verso il Paraguay alla ricerca di un pacchetto di Camel
dure, subito dopo aver ingravidato la legittima consorte: ma ne conservava
gelosamente il dagherrotipo.
- Ehm... - disse l'immagine sullo schermo -
...immagino che ti starai chiedendo come mai somiglio così tanto a tuo, cioè,
mio... insomma, a nonno Sergio. In effetti, ci avrai sicuramente fatto caso,
anche tu, cioè io... insomma, noi... vabbè, anche tu somigli a nonno Sergio,
no? Solo che nel duemilaventidue tenderai ad assomigliare ancor di più al
ritratto che tieni dentro il primo cassettone del comò.
- Poffarbacco... -
esclamò il professor Zulli sottovoce (che era sì proverbialmente distratto, ma
del quale nessuno poteva mettere in dubbio l'acume intellettuale) avendo
vagamente intuito la piega che stava per prendere il discorso.
- Ecco, vedi, la
mattina del diciotto settembre del duemila me la ricordo come se fosse stampata
nella mia mente - disse l'immagine sullo schermo battendosi la fronte con la
mano - come se fosse ieri, e non fossero passati ventidue anni, e se non vado
errato a questo punto hai appena esclamato "poffarbacco", perché hai
capito dove sto per andare a parare.
- Infatti - disse il professor Zulli sempre
più allibito.
- Infatti - ripetè come un'eco l'immagine sullo schermo - avrai
già capito che io sono te, cioè tu sei me, insomma, questi incontri col se
stesso del passato sono sempre un gran casino grammaticale e sintattico, per non
parlare dei tempi verbali: quel che voglio dire è che io sono il professor
Sergio Zulli e che oggi, per me, è il diciotto settembre duemilaventidue. Per
te che stai guardando sono esattamente ventidue anni fa. Giusto?
- Giusto - esalò
con un fil di voce il professor Zulli.
- Ecco, visto che è giusto non perdiamo
tempo in chiacchiere. Vorrei subito rispondere a un paio di domande che ti sono
sorte spontanee: prima, perché non sono venuto di persona ad incontrarti, visto
e considerato che ho/hai/abbiamo inventato una macchina del tempo. Ecco, il
fatto è che... insomma... bo', ma tu hai un'idea delle implicazioni della cosa?
- Eh, io no. -
Eh, io nemmeno. E se poi succede uno di quei paradossi
complicatissimi per cui con il nostro incontro annichiliamo l'universo intero?
Eh? E io che ne so, eh? E allora ho pensato: "meglio lasciar
stare...". Oh, be', una sbirciatina la sono venuta a dare, ma veloce
veloce, e tu non mi hai visto.
- E la seconda domanda?
- Ecco, un attimo. La
seconda domanda è: "come cappero ho fatto a inventare una macchina del
tempo, visto che mi occupo di cristallografia delle superfici?".
- Ah, già.
Eh, come ho fatto a inventare una macchina del tempo?
- Ecco, vedi, è che
"noi", lasciami dire "noi" con le virgolette per intendere
tu/io/noi, non l'abbiamo inventata manco per niente.
- Ah no?
- Eh, no.
L'abbiamo scoperta.
- E cioè?
- Un bel giorno, lo ricordo benissimo, era il
diciotto settembre del duemila, sono entrato nel mio ufficio, alle dieci e dieci
circa del mattino, e ho trovato sulla scrivania uno strano pacco. Conteneva due
DVD (a proposito, apprezza almeno lo sforzo che ho fatto per riuscire a
registrare il messaggio e il progetto su una tecnologia così obsoleta). Uno dei
due lo stai guardando in questo momento. L'altro conteneva il progetto della
macchina del tempo, che poi ho coscienziosamente costruito, e...
Al professor
Sergio Zulli cominciò a girare la testa.
- Eh lo so - disse l'immagine sullo
schermo - sei un po'... come dire... confuso? Sapessi io. Ma... che stavo
dicendo?
- Il progetto...
- Ah, sì, il progetto. Be', sta lì, nell'altro DVD.
Oh, non ti anticipo niente. Guarda, ammira e costruisci. Ci metterai vent'anni,
giorno più, giorno meno. Ma dopo... Eh, dopo...
- Dopo che?
- Non ti anticipo
niente. Guarda, non ti anticipo niente perché non voglio rovinarti la sorpresa.
Ma insomma, andando a spasso nel passato (che è l'unica cosa che possiamo fare
con questa macchina, salvo poi ritornare al punto di cronopartenza) ci siamo
tolti un bel po' di curiosità storiche.
- Tipo?
- No, guarda, non ti anticipo
niente perché non ti voglio rovinare la sorpresa. Ti dico solo questo: non ti
sembra che somigliamo veramente tanto a nostro nonno Sergio? Voglio dire, un po'
troppo, no?
- In effetti...
- Be' - disse il professor Zulli sullo schermo - il
fatto è che nostra nonna Jolanda da giovane era proprio una gran bella
sgnacchera.
Al professor Zulli, davanti allo schermo, si addrizzarono i capelli
sulla nuca.
- Adesso non mi fare il moralista. Oh, senza di "noi"
sarebbe rimasta zitella, eh? E chi la inventava poi la macchina del tempo?
-
Ma... il Paraguay... le sigarette...
- Macché sigarette. Sono tornato indietro
a missione compiuta.
- Missione compiuta?
- Eh. Oh, hai capito, no? Carino, eh?
Il professor Zulli, davanti allo schermo, si sentì venir meno.
- Ah, un altro
paio di cose, prima che ti manchino i sensi - disse il professor Zulli sullo
schermo: - uno, non ti sentire in colpa per quella stupida faccenda dei
dinosauri. Ci ho pensato su un bel po', ma alla fine ho capito che non è stata
poi, in fondo in fondo, tutta colpa nostra.
- I dinosauri?
- Due: tuo figlio
Casimiro...
- "Casimiro"?!
- ... hai capito bene, Casimiro...
- Ma io
non ho un figlio che si chiama Casimiro!
- ... che nascerà tra un paio d'anni,
a sedici anni e mezzo diventerà arancione e fuggirà in Tibet. E' tutta colpa
di una tale Margherita Persichetti, noto transessuale: guarda un po' che potrai
fare a suo tempo perché non so tu ma io ci sono rimasto parecchio stranito.
-
...stranito...
- E un'altra cosa e poi basta: oh, guarda che lo so io, dico io,
io lo so quanto sei, cioè sono, cioè siamo, distratti. Bada bene che se non
invierai indietro nel tempo i DVD, e soprattutto il progetto, non riusciremo mai
a inventare la macchina del tempo. Cerca di ricordarti, guarda un po' che puoi
fare. Magari un nodo al fazzoletto! Ah ah ah!
- E che c'è da ridere adesso?
-
Ma è ovvio, no? Non ti puoi dimenticare, visto che stai guardando questo
messaggio. Be'... ok, mi sembra più o meno tutto. Ci si sente, eh?
- No,
aspetta!
- E non mi chiedere chi ha vinto lo scudetto nel duemilauno che tanto
non te lo dico.
L'immagine sullo schermo svanì.
Il professor Zulli passò
gli anni successivi, tra una distrazione e l'altra, a costruire la macchina del
tempo, a cercare di figurarsi come evitare che il figlio Casimiro s'invaghisse
senza scampo di un transessuale di nome Margherita Persichetti (ma Margherita
solo dopo l'operazione) e a immaginarsi, non senza scompensi ormonali, la calda
accoglienza del talamo nuziale di Jolanda. E poi, un giorno via l'altro, arrivò
il diciotto settembre duemilaventidue, e dopo aver preparato, non senza fatica
per via del fatto che i DVD erano ormai diventati obsoleti, il pacchetto da
inviare nel passato, pensò bene di concedersi un caffè prima del cronolancio.
Uscì dall'ufficio chiudendosi dietro la porta a scatto, sorridendo al pensiero
dello scherzetto che stava preparando al se stesso di ventidue anni prima, e
solo al bar si rese conto d'aver dimenticato le chiavi sulla scrivania. Il
professor Zulli cercò invano per due ore la donna delle pulizie, l'unica ad
avere una copia delle chiavi, e infine, in un parossistico crescendo d'ansia, si
risolse allo scassinamento della finestra. La ventata improvvisa scompigliò i
fogli sulla scrivania e le chiavi, in bilico sul bordo, caddero su un cavo
scoperto, provocando un cortocircuito devastante, con corollario d'incendio
immediato. L'università al completo, cronoveicolo e progetto e tutto, andò in
fumo nel giro di poche ore, e in conseguenza di questo fatto la macchina del
tempo non fu/è stata/sarà mai inventata.