Domenica in Casa Bartoloni



Quand'è venerdì pomeriggio, Andrea e Margherita riempiono una sacca ciascuno di vestiti leggeri, raccontano una bugia qualsiasi ai rispettivi genitori, salgono in macchina e partono per il mare, verso una villa nei pressi di Sabaudia: il legittimo proprietario della quale, secondo l'anagrafe e, per quanto ci è dato di sapere, secondo la biologia padre di Margherita, sospetta ampiamente l'uso a cui la sua magione marittima è adibita durante i weekend nei quali preferisce comunque rimanere rintanato nella sua villa di città a godersi in santa pace il gran premio di formula uno, forza-Schumi-sei-tutti-noi, che se ci fosse stato lui alla Ferrari le cose sarebbero cambiate da un pezzo, altro che McLaren.

L'ingegner Bartoloni, di preclare ascendenze padane, dopo duri anni di gavetta era riuscito a ritagliarsi una posizione di tutto rispetto nella bolgia magna dell'edilizia capitolina. Alla veneranda età di anni cinquanta, portati con disinvoltura e con una certa baldanza ancora tutta giovanile, a dispetto di alcuni fastidiosi cuscinetti di adipe che circondano il suo non morigerato addome e del sarcasmo della legittima consorte (il matrimonio con la quale era stata una, e i più maligni insinuano fosse la più cogente, in vista delle considerevoli fortune recate in dote dalla legittima, delle cause del trasferimento del futuro ingegner Bartoloni in quel di Roma, provenienza Madunina via Politecnico) che insiste a chiamarlo, ma solo nell'intimità, "sarciccetta mia", e festeggiati sontuosamente in un recente giorno di fine febbraio, duecentocinquanta invitati che erano duecentocinquanta, scalmanati ed entuasiasti dell'aperitivo a base di centrifugato di mango, succo di lime, martini extra-dry e soprattutto vodka che sembrava piovere dalle stesse cataratte che s'erano aperte durante i giorni oramai fortunosamente lontani del Diluvio Universale per punire, allora con semplice acqua distillata, la stessa umanità vociante che si ritrovava a inebriarsi dei succhi impudichi estratti da innocenti cereali, e letteralmente estasiati, gli invitati tutti, fatta forse eccezione della signora madre dell'ingegner Bartoloni stesso, ultraottantenne alle prese con problemi di idiosincrasia verso la puzza di pesce, dalle deliziose tartine burro belga e caviale, alla veneranda età di anni cinquanta, dicevamo, l'ingegner Bartoloni si trova alle prese con un problema di non facile soluzione: come impedire alla diletta figlia, oramai vaccinata e maggiorenne, commerci carnali con coetanei di sesso complementare - l'omoerotia non essendo minimamente contemplata dalla scarsa fantasia dell'ingegnere in questo genere di esperienze umane - senza sembrare un modello di padre oramai antiquato e fuori moda. D'altronde l'ingegner Bartoloni metterebbe come pegno di scommessa la mano sul fuoco a proposito dell'oramai avvenuta dilacerazione del prezioso velo imenico della pargoletta, a occhio e croce prima della di lei maggiore età, e quindi all'incirca un quattro cinque anni prima, per opera e virtù di un qualsiasi bruto foruncoloso demialfabetizzato: a onore della ragazza dobbiamo dire che l'ingegnere, nel caso, ritirerebbe intatta la mano dal sacro braciere della prova, essendosi in illo tempore svolti i fatti esattamente come la sua fantasia un po' bacata s'andava immaginando nei particolari più malati. "Il problema quindi", si dice l'ingegner Bartoloni mentre sonnecchia, grappino in una mano e toscano semispento nell'altra, disteso sulla comoda poltrona reclinabile di fronte ai quaranta pollici al plasma appesi come un quadro postfuturista alla parete larga del soggiorno, "il problema quindi è un falso problema, e nei fatti non sussiste. Speriamo solo che non mi porti un fagottino a casa prima della laurea, che allora m'incazzo di brutto. D'altronde con tutte le raccomandazioni che le abbiamo fatto, io e quella santa donna di sua madre... A proposito..."

- Cara... - sussurra l'ingegner Bartoloni nel deliquio della peptonizzazione postprandiale, proprio nell'esatto momento in cui una monoposto azzurrognola va a schiantarsi, senza troppo frastuono - il volume è al minimo - e fortunatamente senza nessuna conseguenza per il pilota, sulle recinzioni a bordo pista.

- Mmm... - mugola la legittima consorte, sdraiata senza ritegno sul divano, colta nell'attimo dell'ingresso nella fase pre-rem.

- Ma quell'Andrea di cui ho sentito parlare...

Le orecchie della signora, che in fondo in fondo si sente prima di tutto madre, moderna e comprensiva, e poi moglie (di cotale "sarciccetta", per giunta), a quel nome hanno un fremito visibile. Si drizza seduta.

- Sì?

- E' uno a posto?

- In che senso, scusa?

- Voglio dire... è uno a posto? - reitera l'ingegnere, il quale in certi momenti, soprattutto dopo una lauta porzione di fettuccine panna e funghi, sente venirsi meno qual si voglia propensione alla dialettica, ma che nonostante tutto intuisce, più per oscuro presagio che per severità di studi, che la ripetizione è il fiore più odoroso della retorica.

- Mah... Cosa ti fa credere che io ne sappia qualcosa più di te?

L'ingegner Bartoloni sorride con occhio liquido e fa un gesto contemporaneo di mani, che vuol significare, nelle sue intenzioni, "mica vorrai tirarmi scemo, vero?", ma che ha l'unico effetto d'incrostargli il prezioso cardigan di grappa traboccata dal bicchiere e di cenere ancora fumante. Biastima nel dolce dialetto natio, posa il bicchiere sul tavolinetto e provvede a scrollarsi di dosso la cenere. Osserva con malcelata ira il buchetto delle dimensioni di una lenticchia all'altezza dell'ombelico, verso sinistra, e la macchia umida alla stessa latitudine, ma su un meridiano decisamente spostato verso destra.

- Cazzo, il pulloverino nuovo.

- Si lava via, dài.

- Sì, e il buco?

- Ah, be', il buco no.

L'ingegner Bartoloni si riassesta nel suo decubito semiorizzontale:

- Vabbe', ma 'st'Andrea, allora? Non pensi che sarebbe il caso di conoscerlo? Scoprire se spaccia, se è un alcolizzato, un cacciatore di doti, un contrabbandiere di sigarette, un...

- E' un bravo ragazzo - risponde la signora Nadia guardandosi le unghie curatissime - e studia ingegneria, ed è in corso e in regola con gli esami.

- Questo vuol mica dire qualcosa - dice l'ex studente modello del Politecnico - anch'io ero in corso alla mia età, eppure...

- Eppure? - lo riprende con un lampo negli occhi la moglie che ha capito dove il marito vuole andare a parare, conoscendo i suoi trascorsi da giovine scapigliato nella Milano dei primi anni settanta.

- Niente, niente, dicevo così, per dire... Ma tu come sai tutte queste cose?

- Me le ha dette Margherita. E poi l'ho incontrato.

- Hai incontrato chi?

- Di chi stiamo parlando, scusa - sospira la signora alzando gli occhi al soffitto.

- Andrea? Hai incontrato questo... questo... Andrea? - ripete l'ingegnere, non senza prima essersi annodato la lingua. "Il puzzone", pensa mentre la lingua gli si intreccia inesorabile sul nome proprio, "punta alla pollastrella ricca".

- Certo, sì, l'ho visto una volta. E' anche un bel ragazzo.

- Anche? - strabuzza gli occhi l'ingegnere.

- Be', anche nostra figlia non è mica male - sorride la signora: - preferiresti per lei uno scorfano?

- Ma che c'entra! Ma uno belloccio... capisci... è una bambina... preferirei che pensasse a studiare, e non a...

- ... a?

- Niente, lasciamo perdere - conclude l'ingegner Bartoloni completamente annuvolato.

Si immerge di nuovo nella visione del gran premio. La signora, oramai svegliata dal suo semipisolo, si alza per andare a telefonare a un'amica. Il marito la ferma quand'è a mezza strada tra il divano e il telefono.

- Senti, ma sarà mica una cosa seria?

- Preferiresti una cosa poco seria?

- Dì, ma che modo è, di rispondere a una domanda con un'altra domanda?

- E tu che cazzo di domande fai?

L'ingegner Bartoloni sussulta sulla poltrona, ben sapendo che la signora Nadia si risolve all'uso di certe parole solo quando è molto ma molto ma molto irritata.

- Margherita - dice poi ancora la signora - vorrebbe portarlo a cena una sera, così finalmente vi conoscete.

La prospettiva di incontrare il "ragazzo" della figlia, finalmente concreta, atterrisce l'ingegner Bartoloni: come in un gorgo di transatlantico ch'affondi repentino nell'oscurità del profondo oceano, vede se stesso dare la mano a un giovanotto tutto abbronzatura, denti bianchi e muscoli in forma, poi portare all'altare la figlia in una nuvola profumata di petali di rosa, poi due mocciosi saltargli sulle ginocchia stanche, poi i problemi con la dentiera, magari la sedia a rotelle, la stanchezza oppressiva della vecchiaia, il buco nero finale del quale nessun viaggiatore mortale ha mai solcato le geodetiche in senso inverso alla norma: il tutto nel breve volgere d'un battito d'ali di farfalla.

- E lui che ne pensa? - chiede con voce quasi tremante alla moglie.

- Dice che ci deve riflettere, che forse è prematuro, e tutte le belle cose che dicevi tu prima di scoprire chi era mio padre.

- Cara, ma non dirai mica sul serio?

La moglie sorride:

- Certo che dico sul serio: ma è acqua passata. In fondo poteva andarmi peggio.

L'ingegner Bartoloni si riaccascia sulla poltrona: quell'Andrea, soprattutto se continua a tenersi alla larga dal suo desco serale, comincia a stargli simpatico.