lontano



Ulderico è appena arrivato in una grande città, in un paese straniero. Non conosce la lingua del posto. Vede scritte di cui non capisce il senso. Cerca di indovinarlo. Poi vede le stesse scritte in inglese e si rilassa. Trasporta due grandi valigie, una per mano, e un sacco sulle spalle, pesante come un ricordo sbagliato. Sa che il tragitto dall'aereoporto al posto in cui nessuno è ad attenderlo è lungo. L'ha studiato per bene sull'aereo. Deve prendere un autobus, una metro, un treno locale. Conosce a memoria i nomi delle fermate.

Si avvia barcollando - una valigia per mano e il sacco sulle spalle, pesante come un ricordo lontano. Non riesce a capire se pesi di più il sacco o il vuoto che sente al posto dello stomaco. Non è tristezza. Non è malinconia. Sentimenti troppo concreti per definire quel vuoto. A dirla tutta non è che senta qualcosa: avverte come un'assenza. Come se vedesse il mondo e sapesse che si tratta di un mondo lontano. Come se fosse un altro, e i suoi stessi occhi gli fossero ignoti. Quasi non riconosce le cose che gli rimbalzano nella testa come cose sue. Quasi non ha pensieri, ma solo una leggerezza in testa. Ed è una leggerezza difficile da trasportare. Solo un po' meno pesante del vuoto che sente al posto dello stomaco.

I dettagli non sono importanti. Ulderico conosce bene il nome di quel paese straniero, di quella grande città - abitata da uomini e donne e vecchi e bambini che parlano una lingua che lui non capisce. Ma sono solo dettagli, e nella sua mente il paese straniero è solo il Paese, e la grande città solamente la Città. Perché è quella, ma potrebbe benissimo essere un'altra, allo stesso modo lontana.

Non sappiamo se, nel posto da cui arriva, Ulderico abbia lasciato amori in corso o in disuso, amicizie fresche di giornata o vecchie come le montagne. Possiamo solo tentare di indovinarlo dall'assenza che gli vela gli occhi mentre sale sul treno.

Finalmente se ne rende conto: è solo, e intorno è notte. Il vuoto che sente al posto dello stomaco si fa un po' più pesante. Il silenzio più profondo. Avverte concretamente il sedile che sembra avvolgerlo, e in testa ha solamente due parole. Solo. Lontano. Cerca di farsi avvolgere ancora di più, di scomparire. Le luci della Città sfrecciano nel buio, appena fuori dai finestrini. Si fanno più rade man mano che il treno si allontana dal centro. Solo la notte e il silenzio. Nient'altro.

È arrivato. Non c'è nessuno ad attenderlo alla stazione. Rimette il sacco in spalla, prende in mano le valigie. È arrivato. Ma dove? Si incammina verso la stanza che aveva provveduto ad affittare prima della partenza. Intorno c'è un buio freddo, un'ossessione, un silenzio. Tutte cose che picchiano duro.

Dalla finestra si vede un lago. Non ha niente da mangiare, non ha voglia di uscire. Apre la finestra e si affaccia. L'acqua sembra petrolio liscio. Gli alberi sono solamente sagome nere. C'è uno spicchio di luna velato dalle nuvole. Ulderico accende una sigaretta. Inizia a piovere. È arrivato.