il teorema



Il ragazzo è seduto in poltrona. Attraverso i vetri, guarda le nuvole che si rincorrono. Nell'aria prendono vita le note di una fuga concertata. Il ragazzo segue il tempo picchiettando le dita sul bracciolo. La linea melodica del flauto, pura e solitaria. L'entrata del violino, distante una canonica quarta, mentre alla voce del flauto è affidato il modesto miracolo del controsoggetto. La viola, un'ottava sotto. La quarta voce: clavicembalo e bassi all'unisono. Finalmente l'orchestra procede compatta. Il ragazzo picchietta il tempo, e pensa al tempo. Il tempo che ci mette una nuvola ad attraversare l'angolo visuale offerto dai vetri della finestra. Il tempo di pensare un teorema. Uno qualsiasi. Il più semplice possibile: il teorema di Pitagora. Il teorema è lì, si dice il ragazzo. In qualche modo è fuori del tempo, come tutte le verità. La verità non ha bisogno di tempo. Io, però, ho bisogno di tempo per tirare le fila del discorso. Organizzare l'ipotesi, la tesi: la dimostrazione. Il teorema, si dice, è vero prima, durante e dopo la dimostrazione. E' vero, per così dire, in un attimo. E' un solo lucido concetto - indivisibile. Eppure il mio pensiero ha bisogno di tempo per dividerlo in parole, in modo che sia comprensibile. Crede di aver capito la fonte del problema. Il tempo viene speso in parole. Se fosse possibile pensare il teorema senza parole, si dice, sarebbe forse possibile coglierlo sul fatto: nell'istante preciso in cui il concetto, l'idea, precipita nel tempo sciogliendosi in parole. Le dita automaticamente seguono la musica sul bracciolo. Lui chiude gli occhi e cerca d'immaginarsi il triangolo. La somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull'ipotenusa. Pensa le parole a una velocità maggiore. Sempre più veloce. Cerca d'annullare il tempo pensando a velocità infinita. Si rende conto che così non ce la può fare: che nulla, nell'Universo, va a velocità infinita. No, non può essere quella la strada. Bisogna risalire la corrente. Lasciare che le parole muoiano nell'attimo stesso in cui stanno per essere pensate. Risalire la corrente, fino ad arrivare alla sorgente del tempo - e del pensiero. E all'improvviso come un lampo: il teorema è lì, senza parole. Fermo, eterno, immutabile. Come un diamante.

Ma in quell'attimo senza tempo un raggio di sole entra dalla finestra e colpisce gli occhi chiusi del ragazzo. La fuga concertata s'affievolisce nel lamento degli archi. Le dita, sul bracciolo, sono ferme. Al ragazzo, la cui testa ormai è di nuovo piena di parole, resta l'impressione amara di aver sognato tutto.