CAPITOLO SECONDO

  Questo capitolo è riassunto dalla seconda parte del saggio Odisseo in Etruria in corso di pubblicazione sul n. 42 della rivista AUFIDUS (red. Dipartimento Scienze dell'Antichità dell'Università di Bari), stampata con il contributo del Consiglio Nazionale delle Ricerche e del consiglio di Amministrazione dell'Università di Bari. 

 

 U L I S S E  

 VIVE   E   MUORE   IN     ETRURIA

1.  Erodoto. Già Erodoto (V sec. a.C.) conosceva un mito secondo cui Pan era figlio di Ermes e di Penelope[1].  Stando a Duride di Samo (340-260 a.C.), Penelope concepì Pan (gr. pas = tutto) dopo aver avuto rapporti sessuali con ognuno dei Proci[2].

 La stessa leggenda fu riferita da Elio Donato (IV sec.) nel commento all’Eneide : <<Si racconta che Ulisse, quando dopo aver girovagato tornò ad Itaca, trovò Pan nella sua casa; e si dice che questi fosse nato da Penelope e da tutti i Proci, come lo stesso nome Pan sembra dimostrare, quantunque altri tramandino che costui fosse nato da Mercurio che, mutatosi in capro, avesse avuto rapporti sessuali con Penelope. Ma dicono che Ulisse, dopo aver visto il deforme fanciullo, fuggì errabondo. Fu ucciso inoltre o dalla vecchiaia o dalla mano del figlio Telegono, armata con l’aculeo di un animale marino. Si dice, in ogni modo, che fuggendo continuamente, fu trasformato in cavallo da Minerva>>[3].

2.  Teopompo.  Teopompo (V sec.a.C.) disse che Odisseo, dopo esser tornato in patria ed aver saputo di Penelope, partì per l’Etruria ed abitò in Gortynaia dove morì [4].

Secondo l’erudito greco, o calabro grecizzato, Leonzio Pilato (?- 1365), l’eroe, dopo essersi accorto che Penelope aveva avuto un figlio di nome Pan da uno dei Proci con i quali lo aveva tradito, andò subito nell'isola di Gortina (ad insulam Gortinam), e vi abitò[5].

 Leonzio si recava spesso nella bizantina Costantinopoli dove, ai suoi tempi, poteva ancora reperire antichi documenti. 

Designare Gortina come un’isola trova il suo parallelo nel fatto che anche Eea, residenza di Circe e sepolcro di Ulisse, veniva designata come un'isola o come una località della marina etrusca. Esiodo, poi, aveva favoleggiato che i figli di Ulisse avessero abitato su sacre isole etrusche. Vedremo più avanti come si dicesse pure che Odisseo fosse andato a stanziarsi in Etruria vicino al mare, e che fosse morto in una località chiamata Torre di Mare.

  3. Ellanico di Lesbo e Licofrone. Ellanico di Lesbo (V sec.a.C.), stando a quel che riferiva Dionigi di Alicarnasso, avrebbe detto: << Enea, arrivato in Italia (Etruria?) dalla terra dei Molossi insieme ad Odisseo fondò Roma, e le diede il  nome di una delle donne troiane. Questa aveva istigato le altre donne, ed assieme a loro aveva appiccato fuoco alle navi, perché era stanca delle peregrinazioni>>[6].

A sua volta Licofrone (IV-III sec.a.C.) mise sulla bocca della profetessa Alessandra, detta anche Cassandra, queste parole: <<Enea verrà accolto dalla terra degli Etruschi dove il fiume Linceo (il Mignone presso Tarquinia) spinge la corrente delle acque calde, e da Pisa e dai campi di Agilla (Cerveteri) ricchi di ovini. E colui che gli era stato nemico unirà amichevolmente il proprio esercito al suo avendolo convinto coi giuramenti e con preghiere in ginocchio, un nano (gr. nanos = errante, appellativo etrusco di Odisseo)[7] che con il suo vagare esplorò ogni angolo della terra. E gli si uniranno anche i due fratelli Tarconte e Tirreno, figli del re della Misia [...], discendenti dal sangue di Ercole, i quali nella lotta son fieri come lupi>>[8]. 

L’antico parafraste greco di Licofrone esplicitò che Odisseo, <<dopo aver esplorato con il suo vagare tutto l'abisso della terra e del mare>>, arrivò <<come esule>> in Etruria e <<pregò Enea di concedere a lui ed ai suoi compagni del mare e della terra>>. Il parafraste aggiunse, poi, che anche <<Tarconte e Tirreno abiteranno in Etruria assieme ad Enea>>[9].

Secondo il parafraste, dunque, ci troveremmo nell’ultima parte della vita dell’eroe. Questi ha lasciato Itaca e trova sistemazione in Etruria dove Enea, arrivato prima di lui, gli concede una parte di mare e di terra. Secondo Teopompo, Odisseo si stabilì a Gortina, fosse o meno un’isola. Vedremo più avanti che si diceva pure che l’eroe, in Etruria, avesse finito i suoi giorni in una località detta Torre di Mare. E’ verosimile che si credesse ch’egli avesse comunque abitato vicino al mare.

  E’ opportuno tener presente che su due specchi graffiti etruschi[10], l'uno di provenienza ignota, l'altro trovato a Cere, città dell'Etruria meridionale costiera, sono compresenti le figure di Cassandra e di Odisseo. Cassandra, detta anche Alessandra, era proprio colei che, secondo la leggenda riferita da Licofrone, aveva predetto che l’eroe sarebbe venuto in Etruria.

   4. Plutarco. Secondo una tradizione raccolta da Plutarco (46-120 d.C.), Odisseo venne in Etruria per una diversa ragione. Lo scrittore racconta che i parenti dei Proci uccisi da Odisseo dopo il suo ritorno ad Itaca si sollevarono contro di lui. Allora, entrambe le parti invitarono Neottolemo, re delle isole antistanti l’Epiro, a giudicare la controversia. Costui riconobbe Odisseo colpevole, e gli sentenziò l’esilio. L’eroe allora <<si ritirò in Italia>>. Plutarco, inoltre, riferiva: <<Dicono che gli Etruschi conservano tradizioni secondo le quali Odisseo sarebbe stato di natura dedita al sonno, e perciò a molti poco simpatico>>[11].

Gli Etruschi avrebbero dunque avuto una loro particolare versione della figura di Odisseo, indipendente e diversa dalla tradizione greca.

   Secondo Tolomeo Efesto, << Odisseo, nella Tirrenia, partecipò alla gara di suono del flauto, e vinse; suonò poi la presa di Troia e l’opera di Demodoco>>[12].

Lo pseudo Aristotele, poi, riportava le due versioni dell’epitaffio che si dicevano scritte dagli Etruschi sulla tomba di Odisseo: 1) <<Questa tomba copre l'uomo assennato morto in questa terra, il più celebre dei mortali>>; 2) <<Questa è la tomba di quell’Odisseo a causa del quale i Greci ebbero molta fortuna nella guerra di Troia>>[13].

 5. Tolomeo Efesto.  Nell’Odissea, Omero narra che, nel mondo di morti, l’ombra dell’indovino Tiresia  predisse ad Odisseo che, dopo il suo ritorno in patria, sarebbe ripartito. <<Poi la morte>>, dice Tiresia, <<ti verrà dal mare (ex halòs), molto dolce, a ucciderti vinto da una serena vecchiezza; e  intorno a te vivranno popoli beati>>[14].

Sugli viluppi di questa profezia, nacque una tradizione riportata da Tolomeo Efesto (I-II sec. d.C.): <<Dicono che in Etruria c’è una torre chiamata Torre di Mare (Halòs Pyrgos), così denominata dalla maga etrusca Mare (Hals); questa, dapprima era stata ancella di Circe, ma poi fuggì dalla sua padrona. E’ presso di lei che arrivò Odisseo; ed ella, con la forza delle sue droghe, lo trasformò in cavallo, e lo trattenne presso di sé fin quando lui morì di vecchiaia. Grazie a questo racconto, si risolve la difficoltà del testo di Omero “Poi la morte ti verrà dal mare (ex halòs)”>>[15].

Secondo Elio Donato, invece, Odisseo, dopo aver preso atto dei tradimenti di Penelope, fuggì da Itaca e andò errando (fugit in errores); poi la dea Minerva, per assecondarne il continuo fuggire, lo mutò in cavallo (cum continuo fugiret, a Minerva in equus mutatus)[16]. Il cavallo divenne così il simbolo del continuo fuggire dell’errante Odisseo. Licofrone e i suoi scoliasti dicevano pure che, per quel suo continuo fuggire, gli Etruschi lo avrebbero chiamato nanos, nome che nella loro lingua avrebbe significato <<vagabondo>>. Potrebbe aver però qualche significato il fatto che nanus era anche il nome di una razza di piccoli cavalli[17]. E’ solo un’ipotesi, ma l’errante Odisseo, per la taglia umana della sua corporatura, una volta divenuto cavallo, potrebbe esser stato immaginato come un errante piccolo cavallo nanus.. L’appellativo poteva rientrare nelle sfumature comiche di una delle rappresentazioni teatrali sulla figura di Odisseo che, in antico, dovettero avvenire anche in Etruria. Infatti, insieme al nomignolo nanos, ricordato da Licofrone e dai suoi scoliasti, gli Etruschi, come riferiva Plutarco, <<conservavano tradizioni secondo le quali Odisseo sarebbe stato di natura dedita al sonno e perciò a molti poco simpatico>>.

Il mito della metamorfosi di Odisseo in equino potrebbe trovare un antico riscontro iconografico proprio in Etruria. Sul frammento di un vaso ceretano (550-500 a.C.) proveniente da Orvieto si vede un cavallo con braccia in luogo delle zampe anteriori[18]. E’ però anche probabile che si tratti di un compagno di Odisseo metamorfizzato da Circe.

Quanto al nome greco Hals-Halòs (= mare), attribuito alla maga etrusca ed alla Pyrgos (torre)  omonima poteva trattarsi di un accostamento con il prenome etrusco femminile Alsir di Preneste, o con il gentilizio tarquiniese Alsina, o con il toponimo Alsium che era un porticciolo davanti a Cere.

A sua volta, il nome greco Pyrgos (torre) richiama quello di città elleniche come Pyrgos (torre), Pergamon (rocca) e Pèrge (rocca). Pèrge, poi, per Licofrone, era anche la forma greca del nome del monte etrusco, presso Gortyna, dove fu sepolto Odisseo. Il greco Pyrgos ci riconduce pure alla forma latina del nome di località etrusche come Pyrgessa o Pyrgi/Purgus (torre?), il porto di Cere, ma soprattutto a quello di Aquae Purgo (acque della torre?), una cittadina che gli antichi itinerari dell’Anonimo Ravennate e di Guido ponevano vicino Tarquinia sulla via che conduceva a  Purgus[19].

 Il  nome di Aquae Purgo potrebbe esser stato recepito  in Greco come “Acque di Torre”, ed esser stato reso, per inversione, come “Torre di Mare (Halos pyrgos)”.

    Abbiamo due documenti archeologici, di cui almeno uno sicuramente tarquiniese,  che testimoniano la conoscenza, in Etruria, dei rapporti fra Odisseo e l’ombra di Tiresia.

1)      Su uno specchio graffito (430-400 a.C.) di provenienza ignota (Tarquinia?) si vede Odisseo  seduto di fronte all'ombra di Tiresia[20].

2)  La discesa nell'oltretomba <<era dipinta anche nella tomba tarquiniese dell'Orco II, ma il quadro è lacunoso: i personaggi conservati, stando almeno alle iscrizioni onomastiche apposte, sono Tiresia, Aiace, Agamennone, tutti ricordati nella descrizione omerica dell'episodio, ma almeno altri due, di cui uno quasi certamente sarà stato Odisseo, dovevano essere nello spazio interessato dalla lacuna>>[21].

 6. Centauri e sirene. I centauri, secondo lo scoliasta di Licofrone, dalla Tessaglia vennero nell’isola delle sirene, inseguiti da Eracle, ed affascinati dal loro canto persero la vita. Ma è interessante che, secondo Tolomeo Efesto, <<i Centauri, che attraversano l’Etruria, inseguiti da Eracle, morirono di fame perché rimasero ammaliati dal dolce canto delle sirene>>. Sempre secondo Tolomeo, <<Le Sirene uccisero Telemaco, quando appresero che era figlio di Odisseo>>[22].



[1] Erodoto., Storie, II, 145-146; vedi pure Apollodoro. Bibl., Ep., 7,38, e Cicerone, De Nat. Deorum., III, 22,56.

[2] In Tzetze, All’Alessandra, 772.

[3] Servio Danielino, All’Eneide, II, 44.

[4]  Scholia vetera, All’Alessandra, 809; Tzetze, All’Alessandra, 805.

[5] In G. Boccaccio, Genalogie deorum gentilium, V, 44.

[6] In Dionigi di Alicarnasso, Antichità Romane, I, 72.

[7] Scholia vetera,  All’Alessandra , 1242; Giovanni Tzetze, All’Alessandra, 1242.

[8] Licofrone, Alessandra, 1240, sgg.

[9] E. Scheer, Alexandra, vol. I (Parafrasi), 1242.

[10] LIMC, Uthuze, 49; 50.

[11] Plutarco, Moralia, Bernardakis, I, pag. 66; Quest. Graec., 14.

[12] Tolomeo Chenno, Nov. Histor., VII, Westermann, pag. 197, v. 20.

[13] Aristotele, Peplos, in Poetae lyrici graeci, Betgk, II, pagg. 367-376.

[14]  Omero, Od. XI, 134-137.

[15] Tolomeo Efesto, Novae Historiae, VII, in Photius, Bibliotheca, C 190.

[16] Servio Danielino, Ad Verg. Aen. II, 44.

[17] Cinna “I sec. a.C.”, in Gellio, Le notti attiche, 19, 13.

[18] LIMC, Kirke 59.

[19] A. Solari, Topografia storica dell’Etruria, Pisa, Spoerri, 1918, pagg. 105-106.

[20] LIMC, Uthuze 81.

[21] G. Camporeale, in LIMC, Uthuze, pag. 981.

[22] Tolomeo Efesto, op. cit., V; VI; VII; Schoia. Vetera,  All’Alessandra , 670.