CAPITOLO TERZO
Questo capitolo è riassunto dal saggio Odisseo in Etruria in corso di pubblicazione sul n. 42 della rivista AUFIDUS (red. Dipartimento di Scienze dell'Antichità dell'Università di Bari) stampata con il contributo del Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R.) ed del Consiglio di Amministrazione dell'Università di Bari.
ULISSE MUORE AD ITACA, MA E' SEPOLTO IN ETRURIA
1. Licofrone.
Nella profezia sul futuro di Odisseo, che Licofrone fa pronunciare ad
Alessandra, l’eroe greco, dopo la presa di Troia, compirà una lunga serie di
peregrinazione senza toccare l’Etruria, e infine tornerà ad Itaca, sua isola
natale. << Egli arriverà>>, conclude Alessandra, << certo,
arriverà ad Itaca, nel porto di Retro, rifugio delle navi, e alle vette del
monte Nerito; ma vedrà tutta la sua casa completamente rovinata dai Proci
cacciatori di donne; perché la baccante Penelope, per lasciarsi corteggiare, si
troverà in mezzo alle gozzoviglie e svuoterà la casa sciupando in banchetti il
patrimonio dell’infelice Odisseo. Lì egli, dopo aver patito più di quanto
fece dinanzi alle porte di Troia, consunto dalla fame e coperto di oltraggi,
sopporterà pazientemente con forte schiena anche le dure minacce dei suoi
domestici. E saprà sottostare perfino ai pugni e ai cocci lanciatigli addosso
[...]. Come un gabbiano che va sull’onda o una conchiglia tutta corrosa dal
mare, egli, dopo aver trovato i suoi beni finiti nei banchetti dei Proci dinanzi
a sua moglie consenziente, si allontanerà dalla riva del mare; e, allora,
finalmente, come un vecchio corvo, morrà colle armi in mano presso le selve del
Nerito. Morrà colpito ai fianchi da un’asta
micidiale, che ha in punta la spina velenosa d’un pesce di Sardegna; e suo
figlio Telegono sarà chiamato uccisore del padre. Morto lo onoreranno le genti
d’Euritania (in Etolia) e quei che
abitano l’alta cima di Trampia (nell’Epiro)>>[1].
In
nota a questo passo, Tzetze, riferì che Penelope, secondo
Duride di Samo (340-260 a.C.), aveva avuto rapporti sessuali con tutti i
Proci, e per questo aveva partorito Pan.
Quanto,
poi, al fatto che Odisseo fosse stato ucciso, ad Itaca, dalla spina velenosa di
un pesce di Sardegna, posta sulla punta
della lancia scagliatagli contro dal figlio Telegono, gli Scholia vetera, commentavano: <<Circe è etrusca; e l’isola della Sardegna e vicina all’Etruria>>.
E Tzetze ribadiva che poiché Circe abitava in <<Etruria>>,
aveva armato l’asta del figlio Telegono con la spina di un pesce del mar
Tirreno.
Telegono, diciamo noi, che, insieme alla madre Circe, abitava
nell’Etruria meridionale dove aveva fondato Agilla (Cerveteri), aveva munito
la punta della propria lancia con la spina
di un pesce del mar Tirreno che sta in mezzo fra l’Etruria meridionale
e la Sardegna.
La profezia di Alessandra continua così: <<Poi Perge (confr.
Halos pyrgos = torre di mare), montagna degli Etruschi, riceverà Odisseo
morto bruciato in Gortynaia (confr. isola
Gortina), quando spirerà la vita deplorando la morte del figlio Telemaco e
della propria moglie Circe>>.
Telemaco, infatti, figlio di Ulisse e Penelope, aveva sposato
Cassifone, figlia di Ulisse e Circe, ed aveva ucciso Circe per non doversi
piegare alla sua imperiosità; a sua volta Cassifone, per vendicare la madre,
aveva ucciso Telemaco. Odisseo, conclude Cassandra, <<dopo aver visto il
limite di tanti dolori, per la seconda volta si immergerà nell’Ade
inflessibile senza aver visto mai nella vita una giornata serena>>[2].
Già gli autori degli Scholia
vetera e Tzetze rilevavano che nella profezia di Cassandra c’erano a
rigore due fattori contrastanti. <<Come può avvenire, - osservavano, -
che Odisseo possa giacere in Euritania di Epiro e in Etruria? Odisseo fu
trasportato da Euritania a Perge, oppure Licofrone s’è rifatto al mito
secondo cui Odisseo fu ucciso da Telegono, ma Circe lo risuscitò con i farmaci,
e Cassifone sposò Telemaco, e Penelope poi nelle isole dei beati sposò
Telegono>>[3].
Stando
alla lettera del testo di Licofrone, a noi sembra che il poeta voglia dire che
Odisseo morirà e sarà cremato in Gortynaia,
dopo aver assistito alle vicende semincestuose ed alla tragedia dei suoi
famigliari. D’altra parte, come avrebbe potuto l’eroe commiserare la morte
di Circe e di Telemaco? Ma esiste, in merito, un ulteriore
fattore interno all’opera di Licofrone.
Nella
profezia che Licofrone fa pronunciare ad Alessandra su tutte le future tappe
delle peregrinazioni di Odisseo, dal momento della presa di Troia al ritorno ad
Itaca, non è inclusa l’Etruria. Solo dopo la morte, il cadavere dell’eroe
sarà portato in Etruria. Ora, nella profezia sul futuro di Enea, che lo stesso
Licofrone mette sulla bocca della medesima Alessandra, l’eroe troiano andrà a
vivere in Etruria dove incontrerà Odisseo. Questi gli chiederà perdono ed unirà
il proprio esercito al suo. Con più dettagli, l’antica parafrasi greca di
questo passo della Alessandra presenta
l’eroe come un esule che, dopo aver esplorato tutto il mondo, giunge in
Etruria dove chiede ad Enea <<di conceder loro del mare e della terra>>.
Siamo, dunque, nell’ultima parte della vita di Odisseo, quando questi ha
lasciato Itaca e trova in Etruria una nuova sistemazione.
In patria, l’eroe, è ucciso dal figlio Telegono. Questi,
assieme a Penelope e Telemaco, ne riporta il corpo presso Circe che lo risuscita
con i farmaci; poi Telegono sposa Penelope, e Telemaco sposa
Cassifone, figlia di Odisseo e Circe; ma Telemaco, per non piegarsi alla
imperiosità della suocera, la uccide; e Cassifone, per vendicare la madre,
uccide Telemaco.
A sua volta Odisseo, che aveva ottenuto da Enea, una residenza sul mare, muore
di dolore una seconda volta a Gortina,
ed è sepolto sul monte Perge.
Certamente,
Licofrone manipolava varie tradizioni condensandole come nel linguaggio allusivo
ed oscuro dei sogni e delle profezie sì che Tzetze, non so quanto
opportunamente, lo accusò di incoerenza.
Ma riprendiamo ora più da vicino il rapporto fra Odisseo e Gortynaia.
Abbiamo visto che Penelope, secondo una tradizione testimoniata da Erodoto,
Duride di Samo ed Elio Donato, aveva avuto rapporti sessuali con tutti i Proci
per cui aveva partorito Pan. Teopompo, inoltre, aveva specificato che Odisseo,
dopo aver conosciuto il fatto, andò in l’Etruira e abitò in Gortynaia
dove finì i suoi giorni. Le stesse notizie verranno riferite da Leonzio Pilato
con l’aggiunta che Gortyna è
un’isola.
Leonzio
Pilato (? – 1365) fu un erudito greco, o calabro grecizzato, scolaro di
Barlaam. Compì viaggi a Costantinopoli per procurarsi i testi degli antichi
scrittori greci. Morì, infatti, annegato
in un naufragio mentre tornava dall'ultimo viaggio. Egli tenne lezioni a Padova
e a Firenze. Fu il primo a tradurre dal Greco in Latino l'Iliade
e l'Odissea, ed insegnò la lingua
greca al Petrarca e al Boccaccio. Quest'ultimo lo cita spesso. Da una delle
citazioni apprendiamo: <<Leozio
dice che Ulisse, secondo Licofrone, dopo essersi accorto che Penelope aveva
avuto un figlio di nome Pan da uno dei Proci con i quali lo aveva tradito, andò
subito nell'isola di Gortina e vi abitò>>
[4].
Leonzio,
veramente, così come lo riporta il Boccaccio, non si rifà al testo di
Licofrone, ma a quelli di Duride e di Teopompo citati da Tzeze nel commento alla
Alessandra; ed aggiunge che Gortina è un’isola. E' probabile che
Leonzio, avesse tratto il particolare dell’isola dalla stessa opera alla quale
aveva attinto Tzetze, forse il testo originario di Teopompo, o un manuale che lo
comprendeva, o comunque altre fonti a quel tempo ancora disponibili in Oriente.
D'altra parte, designare Gortina
come un'isola trova il suo parallelo nel fatto che pure Eea, residenza di Circe
e sepolcro di Odisseo, veniva designata come tale o come una località marina
etrusca. Qui, Telegono, secondo quanto si diceva, avrebbe riportato da Itaca il
cadavere del padre. Esiodo, poi, aveva favoleggiato che i figli di Odisseo
avessero abitato sulle sacre isole della Tirrenia. Conosciamo infine
la tradizione di Odisseo che vive e muore in Etruria nella località
marina di Alos pyrgos (Torre di Mare).
Si noti che, sia foneticamente che semanticamente, pyrgos
(torre) richiama in qualche modo il nome del monte Perge
(rocca) dove, secondo Licofrone su sepolto Odisseo.
Gli antichi dovettero ritenere che la residenza etrusca di
Odisseo (Gortynaia o Torre di Mare che
sia), e la sua tomba (Perge
“rocca” o Pyrgos “torre” che sia) non dovessero
trovarsi troppo lontane da quella <<parte di mare e di terra>> che
l’eroe, secondo il parafraste di Licofrone, aveva ottenuto da Enea. Questi,
secondo lo stesso Licofrone, era sbarcato
fra Pisa e Agilla, alla foce del fiume Linceo (il Mignone presso Tarquinia[5]). Né si dovette ritenere
che Telegono dovesse aver avuto motivo di riportare a Circe, in Etruria, il
corpo del padre, ma di andarlo poi a seppellire in un posto troppo lontano dalla
città di Agilla (Cerveteri) che lui stesso aveva fondato.
A quale località etrusca corrispondesse esattamente la mitica
città che i Greci chiamavano Gortyna
è difficile dire. Nel XVII secolo, Luca Olstenio erroneamente
identificava Gortina con Cortona <<antichissima città dell’Etruria>>.
Ma, nonostante la somiglianza dei nomi, Cortona si trova in
provincia di Arezzo ai piedi dell’Appennino tosco-emiliano, nell’Etruria
settentrionale interna, mentre Gortynaia
dovrebbe essere stata un’isola o comunque un territorio vicino al mare.
Cortona, poi, rispetto alle altre lucumonie etrusche non è
<<antichissima>>. Pare, anzi, che la città non si sia formata prima
del V sec. a.C., come si può evincere dalla mancanza, fino a questa data, di
una necropoli unitaria. E’, dunque, poco probabile che Teopompo, se è, come
pare, colui che, nel V sec.a.C., scrisse la commedia Odisseo, le avesse riconosciuto il vanto di essere stata, in tempi
remoti, la residenza etrusca dell’eroe. Inoltre, mentre altre città etrusche,
come Tarquinia, Cerveteri e Chiusi sono ricche di reperti archeologici che
testimoniano la presenza del mito di Ulisse, Cortona ne è priva.
Lungo la valle del Mignone, nel territorio che poi apparterrà alla
Lucumonia di Tarquinia, sono stati trovati frammenti di ceramica micenea che
testimoniano contatti con la stessa civiltà alla quale apparteneva la figura di
Odisseo. La foce del Mignone, infatti, dovrebbe corrispondere a quella del fiume
Linceo presso Tarquinia, dove si doceva che fosse sbarcato Enea al suo arrivo in
Etruria.
D’altra
parte, come potrebbe essere avvenuto che Ulisse, morto ad Itaca, nella propria
terra, sia stato cremato e sepolto nell'Etruria settentrionale interna. Si
riteneva che Telegono avesse trasportato da Itaca il corpo del padre per
seppellirlo nell’isola Eea presso la madre Circe. Possiamo allora
immaginare che si dicesse che Telegono e i suoi, con un paio di giorni di
navigazione, avessero portato sulla marina etrusca il corpo di Ulisse, ma non è
pensabile che si credesse che poi avessero impiegato altri giorni, col rischio
di far puzzare il cadavere, per andarlo a cremare nel lontano entroterra, a
Cortona, vicino all'Appennino tosco-emiliano. Gli antichi dovevano immaginare
che Gortyna e Perge fossero
nell'Etruria meridionale costiera, non molto lontano da Agilla (Cerveteri),
che si diceva fondata dallo stesso Telegono, ed il cui porto si chiamava Pyrgi o Purgus, ed
un’altra vicina località collinare si chiamava Aquae Purgo (Halos pyrgos?).
2. Perge
(Aquae Purgo/Aquae Tauri?) e Gortynaia (Corythus/Tarquinii?).
a)
Il più antico reperto etrusco raffigurante Ulisse (675-650 a.C.) è stato
trovato a Cerveteri, l’antica Agilla-Cere fondata da Telegono. Pure a
Cerveteri è stato trovato uno degli specchi dove insieme alla figura di Ulisse
è graffita quella di Cassandra, proprio colei che, secondo Licofrone, aveva
predetto che Odisseo sarebbe stato
sepolto a Pèrge.
Nel lontano 1901, Emanuele Ciacieri propose, sia pure con
poca convinzione, di identificare Perge con Pyrgi/Purgus,
che era il porto di Agilla-Cere[6].
Però Pèrge, di cui parlava Licofrone,
non era un porto di mare, ma una montagna. Potrebbe allora trattarsi di
un’altura vicina alla marina; e la mente va alla località di Halòs
Pyrgos dove Tolomeo Efesto diceva che Odisseo fosse morto. Se Halòs
Pyrgos è identificabile con Aquae
Pyrgi, questa era una località che gli antichi itinerari dell'Anonimo
Ravennate e di Guido ponevano sulla via che da Tarquinia conduceva a Pyrgi/Purgus. La Tabula
Peutingeriana scrive però Aquae
Tauri invece di Aquae Purgo, per
cui già sia Konrad Muller che Arturo Solari ritennero che i due toponimi
appartenessero ad un’unica località[7].
Aquae Tauri era una antica cittadina etrusca del territorio tarquiniese alle
propaggini sud-occidentali dei Monti di Tolfa, fra Tarquinia e Cere. Divenne
municipio romano, ed ebbe il nome di Aquae
Tauri. Nel suo territorio, sulla marina , Traiano fece costruire nel 107
d.C. il porto di Centumcellae (poi Civitavecchia).
Non sappiamo come Aquae Tauri si
chiamasse in epoca etrusca. Aquae Purgo
potrebbe essere la trasposizione latina dell'antico nome etrusco. Potrebbe non
essere un caso che secondo una persistente tradizione medioevale, i
Civitavecchiesi credevano che il porto di Centumcellae
(oggi Civitavecchia) fosse stato costruito su una più antica località chiamata
Pirgi o Pirgo. Gli abitanti del luogo potrebbero, allora, aver serbato il
ricordo del nome dell'antico municipio
al quale il porto di Centumcellae era
appartenuto.
b)
Un altro antico documento con la figura di Ulisse (circa 600 a.C.) proviene da
Chiusi[8].
La città, infatti, fu ritenuta fondata da Telemaco figlio di Ulisse.
Altri antichi
reperti (VI e V sec.a.C.) sono stati trovati a Vulci[9],
a Cerveteri ed in altre località.
Da Preneste viene uno specchio graffito del IV-III sec. a.C.,
con le figure di Ulisse e Penelope[10]
.
C) Nessun reperto
archeologico che testimoni la presenza del mito di Ulisse è stato trovato a
Cortona. Da Tarquinia proviene, invece, una grande quantità di documenti
compresi fra il V e il III sec. a.C.[11].
Particolare rilievo assumono poi due affreschi della Tomba
dell'Orco II[12], appartenente alla
famiglia dei Murina. Il primo presenta
Ulisse che acceca Polifemo. Il secondo raffigura Tiresia nell’oltretomba in
atteggiamento profetico. La figura di Ulisse era presente nella parte
deteriorata dell'affresco.
Dietro Tiresia, si vede un albero attorno al quale volteggiano
le anime di coloro che attendono la reincarnazione. Allo stesso modo, Enea,
nell’Eneide, vedrà aleggiare
nell'oltretomba le anime di coloro che si reincarneranno nei suoi discendenti[13].
Verosimilmente i Murina
di Tarquinia si vantavano di discendere da
Odisseo.
Si tenga anche presente che si diceva che una figlia di
Tarquinio il Superbo avesse sposato il tuscolano Ottavio Mamilio discendente di
Odisseo[14].
Questa leggenda potrebbe riflettere un più antico connubio fra i Tarquini e il
mito di Odisseo. Si vedano pure le connessioni del personaggio virgiliano di Tarquitus con Fauno e Circe[15].
Lungo la valle del Mignone, nel territorio che poi apparterrà
alla Lucumonia di Tarquinia, a Monte Rovello (Allumiere), San Giuliano (Monte
Romano) e San Giovenale (Blera), e nella stessa Tarquinia, sono stati trovati
manufatti micenei, risalenti anche al XIV sec. a. C., che testimoniano contatti
con la stessa civiltà alla quale apparteneva la figura di Odisseo (mettere
una nota bibliografica). La foce del Mignone, poi, dovrebbe corrispondere a
quella del fiume Linceo dove, secondo Licofrone, era sbarcato Enea al suo arrivo
in Etruria.
Il quadro mitologico riferito nei paragrafi precedenti, la
grande quantità di materiale archeologico, i gentilizi etruschi Qurtinie di Veio, Qurtunianas
di Cerveteri e Crutl di Tarquinia,
nonché il nome della cittadina etrusco-tarquiniese di Cortuosa fanno pensare che Gortyna,
fosse o meno un’isola, possa essere ricercata nell’Etruria meridionale
costiera. Il nome riecheggiava forse quello della mitica città che la
tradizione virgiliana chiamerà Corythus[16],
e che Elio Donato e Servio, antichi commentatori all’Eneide di epoca romana, localizzavano presso la foce del Mignone a
nord di Centumcellae (Civitavecchia)
[17].
La tradizione medioevale, raccolta da Paolo Perugino e da
Giovanni Boccaccio[18], identificava Corytus
con la medioevale Corgnitus o
Corgitus, cioè con la odierna
Tarquinia[19].
Il fiume Mignone sfocia infatti in mezzo fra Tarquinia e Civitavecchia.
Lungo
la valle del fiume (a Monte Rovello, San Giovenale e Blera), nel territorio che
apparterrà alla lucumonia tarquiniese, e nella stessa Tarquinia, sono stati
trovati, peraltro, i documenti archeologici micenei risalenti al tempo in cui Odisseo avrebbe compiuto i suoi
mitici viaggi in Etruria.
3. Omero fra gli Etruschi. L’isola
di Itaca, patria di Odisseo, era uno dei luoghi dove si diceva che fosse nato
Omero. Ma è interessante che il poeta, secondo un raro frammento che ci è
rimasto di Eraclide di Lembo (II sec. a.C.), <<[ .?.] dalla Tirrenia si
era recato a Cefallonia ed Itaca dove, ammalatosi, aveva perso la vista>>[20].
Poiché
si diceva che Omero fosse nato ad Itaca, il frammento ci consente di ipotizzare
che, nella parte del testo non pervenutaci, Eraclide avesse riferito una
tradizione secondo cui Omero fosse nato in Etruria.
La tradizione che Omero fosse un Etrusco, o che comunque
avesse soggiornato in Etruria prima di recarsi ad Itaca, rispecchia quanto in
antico fosse viva la tradizione esiodea secondo cui Odisseo aveva viaggiato in
Etruria anche prima di tornare in patria.
Alberto
Palmucci
[1] Licofrone, op. cit., vv. 768-798.
[2] Licofrone, op. cit. , vv. 805-819; Scholia vetera, All’Alessandra , 805; 808; Tztze, All’Alessandra , 805; 808.
[3] Scholia vetera , All’Alessandra , 805; Tzetze, All’Alessandra , 805.
[4] Giovanni Boccaccio, Genalogie deorum gentilium, V, 44.
[5] A. Palmucci, Virgilio e Cori(n)to-Tarquinia, STAS, 1998.
[6] E. Ciacieri, La Alessandra di Licofrone, Napoli, Macchiaroli, 1982, nota a v. 805, pag. 252.
[7] C. Muller, Itineraria Romana, pag. …; A. Solari, op. cit.. 106; 117, n.1; 321, s.v. Aquepurgo; A. Palmucci, La virgiliana città di Corito, <<Atti e Memorie della Accademia Nazionale Virgiliana di Mantova>>, LVI, 1988, pag. 53; Il ruolo della città di Corito-Tarquinia nell ‘Eneide, <<Atti e Memorie, cit.>>. LVIII, 1990, pag. 11, nota 2; Virgilio e Cori(n)to –Tarquinia, STAS, 1988.
[8] LIMC Uthuze 60-61.
[9] LIMC Uthuze 62; 117; 118; Kirke 34.
[10]
LIMC Uthuze
127.
[11]
LIMC Uthuze
52; 58; 86; 70; 83; 131; 133; 134; 135.
[12]
LIMC Uthuze
58; pag. 981.
[13] Virgilio, Eeneide, VI, 703.
[14] Tito Livio, Storia di Roma, I, 49; Dionigi di Alicarnasso, op. cit., V, 45.
[15] Virgilio, Eneide, X, 550.
[16] Le forme Corythus e Gortyna potrebbero rientrare nelle normali varianti dei nomi etruschi di Città come nel caso di Vatalu e Vatluna (Vetulonia).
[17] Servio Danielino, Ad Verg. Aen. VIII, 597; 598; 603; IX, 1; 10; X, 83.
[18] G. Boccaccio, loc.cit. ; Esposizioni sopra la Commedia di Dante, I, 136; IV, 159; 165; 166; 169; 170; 172; XIII, 10.
[19]
Per l'identificazione della città di Corneto (Tarquinia), o comunque di Tarquinii,
con la virgiliana città di Corythus,
vedi A. Palmucci, Corito-Tarquinia, <<Archeologia>>, V, 25, G. A.
d'Italia, Roma, 1997; Virgilio e
Cori(n)to-Tarquinia. La leggenda troiana in Etruria, Tarquinia, S.T.A.S,
1988; Enea, Tarquinia e Roma,
<<Archeologia>>, VI, 7/8/9, 1998.
[20] Eraclide di Lembo, F. H. G. , pag. 222; A. Palmucci, Virgilio e Cori(n)to-Tarquinia. La leggenda troiana in Etruria, Tarquinia, STAS, 1998, pag. 198.