Classificazione degli impianti industriali

 

Produzione:

 

In base ai prodotti finiti: impianti tecnologici o di servizi;

In base alla natura di trasformazione e del prodotto finito: meccanici, chimici, ecc.;

In base alla relazione tra capitale e lavoro: capital intensive o job intensive;

In base al processo produttivo: flow shop, job shop, a celle di produzione;

In base alla natura del processo: per parti o per processo;

In base alla volume (mix): unitaria, intermittente a lotti, continua;

In base alla domanda: su commessa singola, su commessa ripetitiva, a magazzino;

 

Montaggio:

 

In relazione al tipo di impianto utilizzato:       Montaggio a posto fisso;

Montaggio a trasferimento: linee a ritmo non imposto;

           linee a ritmo imposto;

 

In relazione all’organizzazione del lavoro:     montaggi parcellizzati;

                                                                       montaggi ricomposti;

                                                                       montaggi ad isola;

 

 

                                                                    C

Produzione e montaggio:

Linee automatiche;

Linee semiautomatiche;

Linee manuali;

 

spezzata di minimo costo

                                                                                  Q1                   Q2                   Q

 

 

 

Vantaggi

Svantaggi

produzione

Job shop

Investimento ridotto

Alta flessibilità

Elevata elasticità

Scarsa obsolescenza

Rapido avvio di nuove produzioni

Alti tempi di attraversamento

Elevato W.I.P.

Scarsa saturazione

Alti costi di manodopera

Qualità non omogenea

Scarsa prevedibilità tempi di consegna

Difficile reperib. manodop. specializz.

Flow shop

Ridotti tempi di attraversamento

Ridotto W.I.P.

Elevata saturazione

Ridotto fabbisogno di manodopera

Qualità uniforme

Notevole rigidità

Investimenti elevati

Rischi di rapida obsolescenza

Vulnerabilità

Elevato tempo di avvio nuove prod.

montaggio

Posto fisso

Investimento ridotto

Lavoro vario

Controllo qualità semplificato

Rapido avvio di nuove produzioni

Alto tempo ciclo

Elevato W.I.P.

Flusso delle parti intrecciato

Notevole ingombro

Maggiori costi di manodopera

Difficile addestramento manodopera

Linea

Ridotti tempi ciclo

Ridotto W.I.P.

Ingombro limitato

Ridotto costo di manodopera

Flusso delle parti più razionale

Notevole rigidità

Investimenti elevati

Difficile bilanciamento

Lavoro ripetitivo

Maggior tempo di avvio di nuove prod.

 

 

Processi a ciclo tecnologicamente obbligato:          flusso produttivo minimo di pieno impiego;

                                                                                  flusso critico: produzione intermittente;

                                                                                                          produzione continua;

                                                                                  flusso ottimo tecnico;

                                                                                  flusso ottimo economico;

Processi a ciclo tecnologicamente non obbligato: produzione per reparto;

                                                                                  produzione a catena;

 

Flusso produttivo minimo di pieno impiego: è il flusso di produzione che satura l’impianto, coincide con la capacità produttiva se l’impianto è visto come un tutt’uno.

Flusso critico: flusso per cui conviene passare ad una produzione continua, pure essendo minore del flusso produttivo minimo di pieno impiego.

Flusso ottimo tecnico: il flusso che garantisce la produzione ai minimi costi.

Flusso ottimo economico: flusso tale da garantire il massimo utile.

 

 

 

 

 

 


C                                                                                costi di mantenimento a giacenza

                                                                                  costi di riattrezzaggio

                                                                                  somma dei costi

                                                                                  lotto ottimo di produzione Qo

 

            Qo                              Q

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


                                                                                              per mezzi produttivi

                       

                                               entità servita                

                                                                                              per persone

 

 

 


                                                                                              di alimentazione

                                  

Impianti di servizio                   tipo                             

 


                                                                                              di scarico

 

 

 

                                  

                                               funzione

 

 

 

Capacità produttiva: velocità di punta ideale di produzione

 

MCE = tempo tecnico / lead time

Lead time = t. Tecnico + t. Collaudo + t. movimentazione + t. attesa

 

Tasso di Rendimento Sintetico TRS: quanto del rendimento ottenibile è prodotto

 

Cause di perdita di rendimento:

 

 

  1. Impianto fermo:                       a. guasto                                                         disponibilità

b. riattrezzaggi

 

  1. Perdite di velocità:                   a. microfermate                                               efficienza

b. riduzione velocità    

 

  1. Scarti                                      a. scarti                                                           qualità

b. scarti per rilavorazione

 

t. disponibile

  1. tempo utile = t. disponibile – t. fermate                                     ID = t. utile / t. disponibile
  2. t. netto di funzionamento = t. utile – t. x perdite di velocità   EP = t. netto / t. utile
  3. t. operativo utilizzabile = t. netto – perdite x scarti        TQ = t. operativo / t. netto

 

TRS = ID * EP * TQ     

 

Flessibilità e elasticità: misura in cui si ritiene che il processo produttivo debba rispondere prontamente e senza sensibili aumenti del costo medio di produzione alle variazioni di mercato, sia quantitative (variazione di domanda – elasticità) sia qualitative (variazione delle caratteristiche del prodotto - flessibilità).

Condizione necessaria ma non sufficiente per la flessibilità è la versatilità. La flessibilità riguarda le risorse umane e intellettive e risorse tecnologiche. La versatilità è una caratteristica delle macchine.

 

Flessibilità:     -riassortire una vasta gamma

                        -industrializzare un nuovo prodotto

                        -modificare il piano di produzione

 

Versatilità:     -riconfigurabilità

                        -convertibilità

 

 

 

 

MATRICE PROCESSO-PRODOTTO

 

 

 

 

 

 

passaggio da processi flessibili a processi integrati,

 

job shop->produzione a lotti->flusso lineare su linee spezzate->produzione in linea->flusso continuo

 

si notano per il processo produttivo:

-         diminuzione della flessibilità ma migliore definizione del ciclo

-         attrezzature più specializzate

-         diventa possibile economia di scala

-         maggior sfruttamento delle attrezzature

-         diminuzione dei colli di bottiglia

-         difficoltà di passaggio a nuovi progetti e prodotti

 

per il prodotto:

-         diminuzione del numero di prodotti (mix)

-         aumenta la standardizzazione

-         la qualità assume meno importanza, viceversa per il prezzo

 

 

 

 

Studio del layout

 

 

Il layout comprende la progettazione e attuazione della disposizione ottimale delle risorse industriali, ivi comprese la manodopera, il macchinario le scorte i trasporti e i servizi nonché la progettazione della struttura.

 

Esso ha come scopo:

  1. ottimizzazione degli spazi
  2. riduzione al minimo dei costi dovuti ai trasporti interni;
  3. previsione di ampliamenti futuri;
  4. assicurare condizioni ambientali soddisfacenti nella massima sicurezza;
  5. riduzione al minimo degli investimenti di capitale.
  6. riduzione al minimo delle scorte (capitale immobilizzato);
  7. semplificazione del processo produttivo;
  8. facilità di interventi di manutenzione;
  9. utilizzazione efficace della mano d’opera:         a. diretta

b. indiretta

c. amministrativa

d. supervisione e controllo

 

Fasi di sviluppo del plant layout:

 

  1. raccolta dati di partenza;
  2. ricerca delle possibili soluzione;
  3. scelta della soluzione migliore.

 

Quando si esige un lavoro di plant layout:

 

  1. riprogettazione totale o parziale del prodotto;
  2. messa in linea di un prodotto nuovo;
  3. sensibili variazione della domanda;
  4. obsolescenza delle attrezzature;
  5. eccessiva frequenza di infortuni;
  6. atmosfera di lavoro insoddisfacente;
  7. variazione dei mercati;
  8. necessità di ridurre i costi.

 

 

Tipi di problemi:

 

  1. modifiche parziali la layout esistente
  2. trasformazione generali al layout esistente
  3. trasferimento degli impianti in uno stabilimento già esistente
  4. costruzione di un nuovo stabilimento

 

Dati di input:

 

prodotti finiti:             distinta base                       proveniente dal progettista

mix di produzione (costituito dall’assortimento di prodotti e dalle quantità in cui     sono prodotti.)

 

componenti:    analisi dei componenti

                        ciclo di lavorazione   

                        definizione del tipo e del numero di macchine

 

valutazione delle esigenze di spazio: a. spazio necessario agli interventi

                                                                       b. spazio necessario per l’immagazzinamento

                                                                       c. spazio necessario per i servizi e le attività

 

diagrammi di prodotto:

 


-         lavorazione

 


-         collaudo

 


-         trasporto

 


-         ritardo

 


-         magazzinaggio

 


-         operazioni combinate

 

fattori di influenza del layout:

  1. tipo di lavorazione
  2. tipo di trasporti interni
  3. costo di produzione
  4. presenza pregressa di un capannone
  5. superficie e forma del terreno a disposizione
  6. ampliamenti successivi
  7. flessibilità
  8. condizioni ed ambiente di lavoro
  9. flusso dei materiali

 


 

 

 


C = costo totale del trasporto interno (considerando ovviamente nulli i prodotti per i = j)

La doppia sommatoria è dovuta al fatto che i reparti vengono considerati una volta cedenti una volta riceventi.

 

Il metodo dell’intensità di traffico si basa sul concetto di avvicinare fra di loro le macchine o i reparti, caratterizzati da un maggior numero di collegamenti o trasporti.

Si considerano tali collegamenti come dei pesi che danno la misura di quanto sia importante avvicinare fra di loro certi posti di lavoro.

La soluzione ottimale è quella che minimizza il costo C. In quest’ottica, secondo i cicli di lavorazione, si calcolano i flussi fra i reparti Pij, mediante una tabella di trasferimento; si fissano poi i Cij, in base al tipo di trasporto interno e a questo punto è possibile dunque minimizzare C agendo su dij.

n.b.: software: corelap, adelp, craft.

 

 

Studio di fattibilità

 

 

Fasi

 

- Progetto tecnico

- Progetto economico

- Progetto finanziario

 

 

 

 

Progetto tecnico:

a. Analisi di mercato

1. Definizione del prodotto

2. Scelta della materia prima

3. Scelta delle tecnologie

b. Studio ubicazionale

c. Capacità dell’impianto

d. Studio del layout

 

L’analisi di mercato consiste nello studio della domanda e dell’orientamento del mercato in relazione ad una domanda. Un tale studio ci permette di capire se il mercato, in relazione ad un prodotto, non riesce ancora a saturare la domanda: in tal caso il nostro ingresso sul mercato avrà come primo target la conquista di quella fascia di mercato ancora libera

Se viceversa il mercato è già saturo, il che comporterà la nascita di una concorrenza in seguito al nostro ingresso sul mercato; in tal caso dovremo ritagliarci una fascia di questo mercato strappando clienti alle aziende preesistenti (il che, a parità di prodotto, oggi in particolare può essere fatto offrendo servizi sul prodotto e creando un buon rapporto di fidelizzazione col cliente).

 

 

Lo studio ubicazionale

Lo studio ubicazionale ha come fine la scelta del luogo geografico in cui verrà collocata l’azienda.

Lo studio parte da una analisi macroscopica per arrivare ad una microscopica: è ovvio che partirò con la scelta dell’area geografica in cui collocare la mia azienda, in relazione alla preminenza delle attività:     

1. raw material oriented

2. market oriented

3. labour oriented

Altri criteri di scelta macro saranno i finanziamenti o le agevolazioni destinate ad aree cosiddette depresse, o l’esistenza di leggi che possono eventualmente vincolare la nostra attività;

costi di costruzione (clima);

mercato, se concentrato o distribuito ;

distanza dalle materie prime, a seconda che siano o meno soggette a perdite di peso;

trasporti esterni dai fornitori verso il mercato.

 

Una volta scelta l’area geografica va determinata la collocazione esatta della nostra azienda in base a numerosi fattori di influenza, ma conoscendo l’area e la forma che ci servono:

 

 

In generale, tra le considerazioni di tipo micio da fare in relazione alla scelta del terreno, c’è la seguente:

-         zone urbane: sono le zone collocate direttamente nei centri urbani; una tale collocazione comporta il reperimento di manodopera numerosa e molto specializzata, possibilità di usufrutto di servizi cittadini, e di rapporti continui con i fornitori, migliori mezzi di comunicazione;

-         zone suburbane: sono zone a ridosso dei centri urbani; una tale collocazione comporta il reperimento di manodopera mediamente specializzata che eventualmente vive nelle vicinanze dello stabilimento, una riduzione dei costi di acquisto e di edificabilità, minori costi di trasporto degli operai e tempi di arrivo degli stessi (il che ha per pro un migliore rendimento e minor rischio sul lavoro), possibilità di espansioni maggiori;

-         zone periferiche: sono le zone lontane dai centri urbani; possibilità di reperimento di molto terreno a basso costo per unità di grandezza, minimizzazione della tasse, reperimento di manodopera poco specializzata, poco cara e disponibile a ritmi di lavoro anche sostenuti, minori vincoli antinquinamento sia legislativi che morali.

 

In generale l’orientamento in Italia ma anche in Europa, è il decentramento delle zone industriali.

 

Metodo del punteggio

Il metodo in generale utilizzato per la scelta ubicazionale, consiste nell’individuazione dei fattori critici, definibili esclusivamente in base alle nostre esigenze, e successivamente nell’attribuzione di un peso in valore numerico ad ognuno di questi fattori; una volta esaminate le possibilità su cui operare una scelta, per ognuna di esse verranno stabiliti dei voti da attribuire ad ogni fattore critico. In sostanza il peso è l’indice di importanza dei fattori, nella scelta di una ubicazione; il voto è l’indice di soddisfacimento di un certo fattore esaminato per una certa possibilità ubicazionale.

Infine si eseguono i prodotti tra i pesi e i voti e si sommano quelli relativi ad una possibilità ubicazionale: ovviamente sarà scelta la possibilità che ha ottenuto il punteggio maggiore.

Una caratteristica di tale metodo sta nella soggettività (metodo soggettivo): se l’attribuzione dei voti può essere obbiettiva, la scelta dei parametri critici, così come dei pesi, ovvero dell’influenza che essi hanno nella nostra scelta, sono del tutto soggettivi.

Progetto economico

Esso si basa sulla valutazione di un conto economico di previsione all’inizio del funzionamento dell’impianto ed a regime. Da tale conto economico, si vede se il progetto – da un punto di vista economico – è conveniente – e pertanto fattibile - o meno. L’impresa sarà ovviamente “conveniente”, se esiste un utile netto di esercizio.

Le voci da prendere in considerazione per la valutazione del piano economico, all’avvio e a regime, sono i costi di esercizio = costi fissi + costi variabili + costi semivariabili;

dove:

costi fissi: ammortamenti e manodopera

costi variabili: (energia, materie prime, manutenzione)

            costi lineari

costi meno che proporzionali alla produzione

costi più che proporzionali alla produzione

costi semivariabili: costi di trasporto

in generale nei costi suddetti rientrano:

costi industriali:             1. materia prima (come consumi, e non come acquisti)

                                   2. materie sussidiarie (come consumi, e non come acquisti)

                                    3. manodopera diretta

                                   4. altri (lavorazioni esterne, ecc..)

                                   5. macchine adoperate

                                   6. energia spesa

                                   7. ammortamenti solo dei cespiti di natura tecnica

                                                          

spese generali: 

      1.amministrative

2. commerciali (sconti reali)

oneri finanziari:             1. interessi finanziari , attivi o passivi

imposte tributarie

Per le materie sia prime che sussidiarie, vanno considerati i consumi = acquisti – rimanenze finali + rimanenze iniziali. I costi industriali rappresentano in generale 80% - 85% dei costi di esercizio.

in particolare si definisco i costi di impianto che rientrano sotto i costi di esercizio come costi fissi:    

costo del terreno;

costo del montaggio;

opere murarie;

costo delle macchine e dei sevizi speciali;

costo di ingegneria;

impianti antinquinamento;

infrastrutture;

interessi passivi;

capitale circolante;

una ulteriore classificazione in relazione all’imputabilità del costo al prodotto sia ha tra;

costi diretti: direttamente imputabili al prodotto

costi indiretti: non direttamente imputabili al prodotto

R = Ricavi

Q = Quantità

P = Prezzo unitario del prodotto

Ricavi - Costi di produzione = Reddito lordo sulle vendite

Ricavi - Costi di produzione – Spese generali = Reddito lordo di esercizio

Ricavi - Costi di produzione – Spese generali – Oneri finanziari = Utile lordo di esercizio

Utile lordo di esercizio – Imposte = Utile netto di esercizio

Nella voce Ricavi sono stati eventualmente sottratti gli sconti fittizi

 

 

 

Analisi del

Break Even Point

 
 


Fra i costi fissi vanno inoltre considerati gli ammortamenti. Questo è un sistema previsto per legge, consistente nel ripartire alcuni costi – in particolare quelli di impianto - su più esercizi piuttosto che uno. Il numero di anni e, dunque delle quote fisse di ammortamento, su cui quest’ultimo viene distribuito, è fissato dalla normativa tributaria su una stima del deprezzamento del cespite in funzione del tempo. L’ammortamento in buona sostanza implica una uscita per l’esercizio di acquisto del cespite, e un costo distribuito negli esercizi successivi. L’ammortamento generalmente inizia nell’esercizio in cui avviene l’acquisto, mentre per le aziende di nuova costituzione dall’anno dei primi ricavi; esso può essere inoltre ritardato o accelerato in funzione di un dichiarato utilizzo più o meno intensivo del cespite, tale da portarlo ad un deprezzamento minore o maggiore di questo previsto dal codice tributario. Si definisce valore contabile, il valore della quota non ancora ammortizzata. La manutenzione può essere scaricata nell’esercizio fino al 5% del costo del bene riparato; la restante quota va normalmente ammortizzata. I beni ammortizzabili si dividono in: beni materiali (immobili, macchinari, ecc.) e beni immateriali (brevetti, licenze, marchi di fabbrica).

Valutati i costi fissi e quelli variabili, e i ricavi, posso infine valutare il Break Even Point (B.E.P. – punto di pareggio).

Uno dei nostri obiettivi deve essere la sostituzione dei costi variabili a dei costi fissi, in modo da operare una riduzione dei rischi; quanto più basso è il B.E.P., tanto minore è il valore di Q che pareggia ricavi e costi (e dunque minore il rischio). Da ciò deriva una tendenza attuale ad assegnare lavorazioni esterne.

In ultima analisi l’obiettivo deve essere vendere a tal punto da pareggiare i costi variabili, che sono in buona sostanza i costi “vivi”, piuttosto che i costi totali; infatti i costi fissi saranno comunque presenti. Su questa valutazione devo pertanto fissare il prezzo.

Se il conto economico risulta in passivo anche dopo la fase ritenuta di avviamento, bisogna rivedere il piano tecnico.

Progetto finanziario

Dal piano economico deriverò il fabbisogno finanziario  pertanto dovrò individuare le fonti di copertura:

- fabbisogno finanziario:        1. capitale d’esercizio(liquidità):

a. scorte (m.p., semilavorati, p.f.)

                                                                                              b. capitale circolante

                                               2. costo d’impianto

 

- dimensionamento scorte e capitale circolante

 

- fonti di copertura:   

 

ovviamente dovrà essere fonti di copertura > fabbisogno finanziario

 

dimensionamento scorte e capitale circolante:

il capitale d’esercizio è un indice della liquidità dell’azienda, e dunque della sua capacità d’investimento.

Le scorte sono relative a materia prima e sussidiaria semilavorati, prodotti finiti e ricambi.

Le scorte di materia prima si calcolano in base alla: reperibilità, deperibilità, deterioramento.

L’obsolescenza  è un problema tanto maggior quanto più ci si avvicina al prodotto finito.

Le scorte di semilavorati dipendono dal lead-time (es. per un job shop nell’ordine di mesi), e dunque dal tempo di flusso e dal tipo di organizzazione aziendale.

Il loro costo sarà:

                        costo materia prima(100%) + costo tecnico(50%).

Tempo di flusso

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Le scorte di prodotti finiti dipendono dal tipo di produzione:

costo materia prima(100%) + costo tecnico(100%).

Il loro costo non include pubblicità, spese amministrative e commerciali, ammortamenti.

Il capitale circolante va dimensionato in base alla lunghezza del ciclo produttivo e al tempo medio in cui avvengono i pagamenti; non include ammortamenti e imposte.

Costi di gestione = materie prime + costo energia + costo personale + spese generali.

Tutto ciò deve esser equilibrato in modo tale che, anche se il conto economico è in attivo, non si rischi di fallire finanziariamente per cessazione del capitale d’esercizio.

 

 

 

Pratica di finanziamento

 

 

 

Sono molti gli interventi dello stato a favore delle attività incipienti, con particolare attenzione alle zone depresse, alle categorie lavorativamente critiche (come i giovani, le donne); un esempio è la legge 64, ma anche la 44 della I.G., la 625 sul prestito d’onore, ecc.

Nel caso di investimenti per ammodernamenti o di ampliamenti, essi si sommano – come valore – al valore contabile residuo, pregresso della mia azienda.

Un investimento può anche essere finalizzato alla produzione di nuovo prodotto – investimento sostitutivo – e nel caso in cui l’iniziativa sia finalizzata al recupero di personale in cassa integrazione (almeno il 50% + 1), questa verrà agevolata, dallo stato; questo in quanto che lo stato, oltre a vedere assolto un suo compito (cioè l’assunzione di altre persone) – sebbene questo è opinabile – trarrà da ciò un vantaggio economico, non dovendo sostenere le spese per il numero di operai reintegrati.

 

Al fine di compiere delle valutazioni sull’azienda, si introducono degli indici di struttura (ratios), utili a capire l’andamento della stessa a regime e la fattibilità e rischi in fase preventiva. Questi, spesso, sono tabellati, standardizzati; pertanto in sede di analisi di fattibilità, una volta individuati quelli utili al caso in esame, potranno essere confrontati con quelli di altre aziende dello stesso settore.

 

MA     immobilizzazioni materiali

SE       sistemazione del sedime di impianto

TE       acquisto di terreni

OM     opere murarie:             

·        fabbricati industriali (lavorazioni, depositi, centrali di stabilimento)

OI       opere infrastrutturali:

MP      mezzi produttivi (e assimilati):

·        impianti, macchine, attrezzature, dotazioni, (per reparti di lavorazione, magazzini, reparti e servizi sussidiari)

·        impiantistica generale

IA        impianti antinquinamento

AT       attrezzature e arredi per uffici e servizi

AU      automezzi (civili, commerciali, industriali)

IM      immobilizzazioni immateriali

·        Prestazioni professionali (progettazione, direzione lavori, consulenze tecniche, legali, notarili)

·        Permessi, concessioni, licenze, brevetti, know-how

·        Oneri vari di impianto (imballi, trasporti, sdoganamenti, montaggi, collaudi)

·        Oneri di avviamento (addestramento personale, produzioni sperimentali)

 

 

IF = IM + MA

 

Indici di struttura della produzione

 

 

 

 

m =      indice di struttura degli investimenti fissi, dà risalto all’incidenza sugli investimenti fissi che compete a beni materiali durevoli.

s =       dà una valutazione della scelta ubicazionale

f =        dice se si è al cospetto di un investimento industriale o immobiliare

s ed f evidenziano la consistenza immobiliare del programma di investimenti fissi e forniscono un primo orientamento per la stima cauzionale dell’impianto.

p =       più di ogni altro caratterizza in senso industriale il programma d’investimenti; può darci un’idea dell’ammissibilità del programma d’impianto a speciali agevolazioni finanziarie (es. legge 219/81 la quale prevede il rispetto della condizione: p > 0.50 f)

a =       quota più esigua del programma d’investimento in senso industriale

 

c =       grado di capitalizzazione per addetto, può essere alcune volte grado di meccanizzazione

k =                  grado di meccanizzazione

k’ =     dà un’altra idea del grado di meccanizzazione

 

 

 

Indici di rigidità


danno una valutazione di quanto il programma di investimento è rigidamente legato al processo produttivo.

Per la categoria MP occorre valutare:

 

 

 

Indici economici

Detti  R = ricavo, CT = costi totali, Ci = classe di costo, ci,k = voce della classe di costo

1)                 ci,k / Ci indica l’incidenza per ogni voce di costo nell’ambito della corrispondente classe di appartenenza;

2)                 Ci / CT indica l’incidenza di aggregati di costi omogenei sul costo totale;

3)                 ci,k / CT indica l’incidenza di costi singoli sul costo totale;

4)                 ci,k / R, Ci / R, CT / R, indici comparativi, gli inverso danno gli indici di produttività, e misurano l’output di ricavo corrispondente ad un input unitario di costo rispettivamente delle singole risorse, delle classi di costo e del costo totale;

 
                     

5)                                                      indice di redditività sulle vendite; raffronta  al previsto ricavo il   risultato economico netto;

 

6)                 raffronta al previsto ricavo valori progressivi del risultato economico lordo;

7)                   incidenza dei costi interni sui costi totali esprime il grado di integrazione conferito all’iniziativa;

8)                   incidenza dei costi esterni sui costi totali esprime il grado di dipendenza conferito all’iniziativa;

9)                   valore aggiunto per addetto;

10)                velocità di rotazione degli impianti esprime l’output di ricavo atteso a fronte dell’input unitario di investimento fisso;

11)             redditività degli impianti, pone in rapporto l’utile netto revisionale agli stessi investimenti;

12)                redditività globale, a denominatore gli investimenti totali comprensivi dei fabbisogni finanziari per l’esercizio;

 

 

gli investimenti possono classificarsi in:

P.I.P.O. (point in point out): unico esborso unico rientro

P.I.C.O. (point in continous out): unico esborso continui rientri

C.I.P.O. (continous in poin out): continuo esborso unico rientro

C.I.C.O. (continous in continous out): continuo esborso continuo rientro (impresa industriale)

 

Parametri di un investimento:

 

Classificazione in base allo scopo:

§   potenziamento (verticale)

§   diversificazione (orizzontale)

 

 

Pay-back (periodo di recupero)

 

È il tempo in cui si prevede di rientrare dall’esborso iniziale. Tale risultato si ha quando il flusso di cassa va in pareggio:

sommatoria di flussi di cassa =  0

 

vantaggio:         semplicità

svantaggio:       non prende in considerazione il diverso valore del denaro nel tempo

 

Valore Attuale Netto (V.A.N.)

 

Questo metodo utilizza oltre alla durata utile e ai flussi di cassa nei vari anni anche il tasso di attualizzazione supposto costante

 

V.A.N. = sommatoria di flussi di cassa attualizzati = = 0

 

Nel caso di prestito bancario i rappresenta il tasso di interesse.

Nel caso di autofinanziamento i rappresenta il valore medio dei tassi di rendimento di capitali nell’azienda, calcolato su dati storici.

n è il numero di esercizi contabili; dopo un certo valore i termini avranno un peso trascurabile ciò è indice da una maggiore incertezza.

 

Valore finale

Si capitalizza tutto all’anno n:

 

esso può essere discorde rispetto al V.A.N.; in generale si preferisce il primo perché attualizza all’anno zero.

 

Tasso Interno di Redditività (T.I.R.)

 

Se V.A.N. > 0, esiste un i tale che V.A.N. = 0; questo i  = T.I.R. ovvero il tasso di interesse che annulla la somma dei flussi di cassa attualizzati all’anno zero.

Diciamo i* il tasso di interesse per il quale si annulla il V.A.N.

Tra due investimenti con i diversi scelgo quello con i minore per avere più probabilità di trovarci a sinistra di i* e quindi con V.A.N. maggiore, in quanto ivi il V.A.N. decresce con i.

Il rischio si ha se le cose si evolvono in modo differente,  e varia n i o Fi. Il rischio è la probabilità che si abbia minore di zero.

Per valutare il rischio si conduce un’analisi probabilistica; innanzitutto si effettua un’analisi di sensibilità.

Il V.A.N. è funzione di n, i e f che a loro volta sono funzione di numerosi parametri.

Nella mia analisi di sensibilità individuerò innanzitutto le variabili critiche e le altre potranno essere assimilate a costanti riducendo così il numero delle variabili.

Ad ogni variabile associo tre valori: pessimistico, ottimistico e probabile e per ognuno di questi valori ne definisco la probabilità.

Poi calcolo il V.A.N. per tutte le possibili combinazioni e per ognuna di essi la probabilità che si verifichi. Ordinando queste probabilità ottengo un grafico.

 

 

 

 

 

 


           

 

 

V.A.N.

 
 

 

 

 

 



FABBRICATI INDUSTRIALI

 

 


Dallo studio di layout si ricavano le caratteristiche del fabbricato:

                                                          

Altri vincoli:

 

 

 

 

classificazione dei fabbricati industriali:

 

 

Sistemi costruttivi:

 

 

 

 

 

Costituenti di un fabbricato

 

·        Fondazioni: si distingue tra f. del fabbricato e f. dei macchinari in quanto quest’ultime sono sottoposte a sollecitazioni dinamiche; le f. possono essere: continue, a plinti, su pali, a platea; la scelta dipende dai carichi da sopportare  dalle caratteristiche del terreno (terreni compatti, sciolti, inconsistenti).

·        Strutture portanti:           tengono conto dei carichi permanenti (peso proprio della struttura), sovraccarichi sismici, sovraccarico di venti e neve, e di carichi sospesi, coperture e pareti.

·        Coperture e pareti: fattori vincolanti sono: illuminazione naturale (irraggiamento diretto attraverso finestre, riflessione su pareti esterne e interne), acclimazione dell’ambiente (coibenza termica, permeabilità specifica all’aria, capacità termica).

·        Pavimenti: caratteristiche principali: resistenza agli urti e alle vibrazioni, bassi costi dei materiali e della posa in opera, non sdrucciolevole, buon assorbimento dei rumori, isolamento a caldo e freddo, elasticità, antipolvere, facilità di manutenzione riparazione e pulizia, facilità di installazione dei macchinari

·        Strutture varie: cancelli e porte, scale, serramenti, grondaie, fognature

 

Infine risulta importante sugli effetti psicofisiologici degli operai l’uso di colori che limitino l’affaticamento visivo e creino un ambiente confortevole, oltre a ciò bisogna prendere in considerazione la funzione preventiva del colore; si distinguono pertanto colori di sicurezza e c. convenzionali.

 

MAGAZZINI INDUSTRIALI

 

Scopi: 

 

Aspetti dell’importanza dei magazzini:

 

Eventuali problematiche:

 

Tipi di magazzini:

 

 

Si ricorda che aumentando l’altezza utile del fabbricato , rispetto ai metri cubi cresce il costo di costruzione ma diminuisce il costo di esercizio, ne deriva che il costo unitario globale per metro cubo diminuisce all’aumentare dell’altezza.

 

 

 


Casella di testo: Variazione 
percentuale

altezza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Classificazione in relazione alla meccanizzazione:

non meccanizzati – meccanizzati – automatizzati

 

modalità di immagazzinamento:

 

 

Indici caratteristici

 

Indice di utilizzazione superficiale Is = Au/At = superficie utilizzata/superficie totale

esso fornisce un’indicazione del grado di sfruttamento del piano pavimento.

 

Indice di utilizzazione volumetrica Iv =Vu/Vt

 

Questi due indici consentono di effettuare utili confronti fra diverse  soluzioni.

 

Indice di selettività: rapporto fra il numero di voci che si possono prelevare o depositare senza spostare altre voci e il numero totale delle voci immagazzinate; può essere uguale a 1. Quanto più ci si avvicina ad 1, tanto più risulta difficile ottenere buoni rendimenti superficiali e volumetrici.

 

Indice di manodopera: rapporto fra le tonnellate arrivate o spedite dal magazzino in certo periodo di  tempo e il numero di ore lavorative degli addetti.

 

Indice di potenza: rapporto fra le tonnellate arrivate o spedite dal magazzino in certo periodo di  tempo e la potenza elettrica installata  i kwh consumati.

Questi due indici consentono di valutare il grado di meccanizzazione.

 

Fasi di progettazione:

 

 

 

Mezzi di trasporto

 

 

 

 

 

In generale la scelta del sistema di immagazzinamento viene fatta alla luce di due fattori:

Si può dire che la soluzione migliore sotto diversi punti di vista, qualora ve ne sia la possibilità, è stoccare all’aperto la merce.

 

Modalità di immagazzinamento

1)      unità di carico: può avvenire per sovrapposizione delle stesse, o mediante scaffali quando il numero di unità di carico per ogni voce è piccolo  o quando la capacità portante del pavimento consente la sovrapposizione di poche unità; in ogni caso gli scaffali devono: essere incombustibili, sopportare i carichi senza deformarsi, resistere ad eventuali urti da parte dei mezzi di trasporto; la loro altezza dipende dal sistema di movimentazione. Ricordiamo gli s. a gravità, che assicurano la rotazione della merce (F.I.F.O.) e gli alti scaffali (h> 20-30 m) che spesso sopportano le strutture di copertura del fabbricato.

2)      Colli e materiali vari: comprendono quei prodotti che non possono essere considerati materiali alla rinfusa e non consentono di esser raggruppati in unità di carico; spesso i colli vengono disposti in scaffali serviti dall’uomo.

3)      Prodotti speciali: materiali che per la loro forma, il loro peso o le dimensioni determinano particolari problemi di stoccaggio; quando è possibile si ricorre a depositi all’aperto.

4)      Materiali alla rinfusa: questi materiali vengono per lo più raccolti in: mucchi, tramogge, sili  contenitori.

5)      Liquidi e gas: vengono immagazzinati in appositi serbatoi e confezioni, che possono essere rigide o pieghevoli; spesso si raggruppano l confezioni in unità di carico con evidenti vantaggi per la movimentazione.

 

 

 

 

 

 

 


project management

 

Il fattore forse maggiormente critico nell’analisi di fattibilità è il tempo per diversi aspetti:

aspetto di mercato, aspetto tecnico, variazione dei prezzi, cambia l’aspetto finanziario.

Per controllare il tempo si utilizzano diversi metodi.

 

Diagramma di Gantt

Si scompone il progetto in attività elementari correlate alcune in serie e altre in parallelo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Il lato maggiore del rettangolo è proporzionale al tempo di realizzazione.

Il vantaggio di tale metodo è la semplicità, per contro il diagramma non è univoco,e pertanto non evidenzia i vincoli tra le attività.

 

Tecniche reticolari (pianificazione, controllo, ottimizzazione)

Anche qui c’è la scomposizione in attività elementari, rappresentate da segmenti orientati che nascono in un evento i e finiscono in un evento j; nessun evento si può considerare raggiunto se non sono state terminate tutte le attività che conducono ad esso, il che risolve il problema dei vincoli suddetto.

All’evento è associata una data, all’attività una durata; sono infine da considerare dell’ attività fittizie ( linea tratteggiata) che introducono nel reticolo un vincolo logico, il quale non richiede tempo  risorse.

Il tempo dell’evento di arrivo Tj = Ti + tij  con Ti =tempo dell’evento di partenza, tij = durata attività

Al fine di calcolare il tempo minimo di realizzazione del progetto si sceglierà il percorso tracciato dalle attività di maggior durata. Tuttavia bisogna considerare un fondamentale parametro esterno al progetto: la scadenza  L(può essere <>= tempo di realizzo).

Le scadenze degli eventi saranno Li = Lj – tij

Se un evento ha due diverse scadenze sceglierò quella minore.

Lo slittamento di un evento Si = Li – Ti

Se Si <0 abbiamo un ritardo, se Si > 0 abbiamo margine.

Eventi critici saranno sicuramente il primo e l’ultimo, inoltre quelli che presentano slittamenti minimi; le attività che passano per eventi critici possono essere critiche, per individuare l attività critiche h bisogno di un ulteriore parametro: lo scorrimento ammissibile per l’attività Sij ( il ritardo ammissibile per ogni attività compatibilmente con le scadenze finali) Sij = Lj – (Ti + tij ).

Il percorso critico dunque è quello formato dalle attività con scorrimento minimo.

L’utilità di questa tecnica consiste nella forte possibilità di monitoraggio sullo sviluppo del progetto, in particolare il nostro monitoraggio rivolgerà attenzione a tutte le attività critiche un ritardo delle quali comporta un pari ritardo sul tempo di realizzazione; e  sarà su queste attività che andremo ad intervenire in caso di ritardo, ad es. spostando le risorse da attività non critiche ad attività critiche fino al limite di ottenere una situazione in cui tutte le attività hanno uguale scorrimento.

Si noti infine che quest’ultima situazione è caratterizzata da una forte rigidità tale da non consentire alcuna variazione.

 

PERT (program evaluation & review technique)

Il metodo ha una caratterizzazione probabilistica, adatto quindi per progetti composti da attività la cui durata è di difficile valutazione.

Infatti si stimeranno tre tempi: to ottimistico, tp pessimistico, tm medio.

Inoltre ipotizziamo che la curva della densità di probabilità sia di tipo b e non gaussiana.


Nel reticolo non considereremo nessuno di questi tre tempi bensì un quarto tempo detto tempo atteso

 



 Per definire in maniera univoca la curva si definisce la varianza:


Essa esprime anche il grado di attendibilità della data finale:

Se il numero di attività è elevato, per un teorema di statistica, essendo il tempo atteso verificabile al 50% potrò estendere tale probabilità a tutto il progetto.


Prendiamo ora in considerazione le scadenze e introduciamo il fattore di probabilità normalizzato

Con sc varianza delle attività critiche; questo è un discorso dinamico in quanto col procedere del progetto eliminerò delle attività critiche e quindi i loro rispettivi sc facendo diminuire il denominatore; in altri termini intendiamo che l’incertezza diminuisce con l’avanzare del progetto.

 

Lf = Tf abbiamo il 50% di probabilità di rispettare la scadenza

Lf > Tf è Zf > 0 è probabilità maggiore del 50%:


 

 

 


Lf < Tf è Zf < 0 è probabilità minore del 50%:


                       

 

 


CPM ( critical path method)

A differenza del PERT il CPM e’ un metodo di tipo deterministico, usato per progetti nei quali la durata normale delle attività è definita con chiara relazione tra tempo e costi.

Con il CPM ci si pone il problema di ottimizzare il costo totale dell’esecuzione del progetto oltre che di programmare i tempi di esecuzione delle attività.

Per ogni attività posso individuare una serie di punti rappresentativi di costi interni, determinati in relazione a dati storici, essendo il CPM usato per progetti consolidati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 Sulla curva si individuano tre punti corrispondenti a tre possibili tempi/costi

A abituale: tempo massimo al costo maggiore del minimo (scarsa organizzazione)

N normale: tempo maggiore del minimo al costo minimo (buona organizzazione)

C accelerazione (crash): tempi bassi per ottenere i quali aumento i costi

Questo discorso non è valido al limite, infatti superato il punto L continuando ad aggiungere risorse il tempo riprende ad aumentare (effetto provocato da un fattore caos): legge della produttività marginale.

Analizzando la relazione tempo-costo si possono presentare 3 casi particolari:

- relazione orizzontale ( accelerazione senza aumento di costo es. personale superiore che effettua straordinari senza paga addizionale)

- casi discontinui (esistono solo i punti normale e accelerato senza continuità tra essi)

- caso di attività fittizie (costo=tempo=0).

 
Definiamo costo di accelerazione: 

 

 

incremento di costo da sostenere per ridurre di un’unità il tempo di realizzazione, approssimando alla curva la retta per L ed N; infatti l’aumento di costo per unità di tempo economizzato è la pendenza della curva di costo. Il percorso critico sarà costituito dalle attività che presentano Ca basso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


La scelta dei tempi non è banale in quanto Cn considera solo i costi interni mentre la nostra analisi deve prendere in esame quelli totali.