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Il fenilbutirrato incrementa l'espressione genica SMN: breve riassunto della ricerca
Dott.ssa Christina Brahe, Istituto di Genetica Medica, Università Cattolica, Roma, Italia


Abbiamo indagato sugli effetti del fenilbutirrato, un piccolo acido grasso, sull'espressione genica SMN. Prima di tutto abbiamo trattato diverse colture cellulari di pazienti SMA con il farmaco per 2-24 ore e osservato che in quasi tutte le colture si era verificato un aumento dei livelli dei precursori della proteina SMN. In alcune di queste colture si è anche misurata la quantità di proteina SMN, trovandola altresì incrementata. Abbiamo quindi effettuato un piccolo trial pilota nel quale il farmaco è stato somministrato a 6 pazienti SMA tipo II e III per un periodo di 7 giorni. Campioni di sangue sono stati prelevati prima dell'inizio del trial e dopo 5 giorni dalla prima somministrazione del farmaco. In almeno uno dei campioni di sangue prelevati durante il trattamento abbiamo osservato un incremento dei precursori della proteina SMN nei globuli bianchi. In tutti i casi si è avuto un miglioramento soggettivo, notato dai pazienti o dai loro familiari. Stiamo ora preparando un trial clinico in doppio cieco su circa 100 pazienti per valutare gli effetti del farmaco sulla forza muscolare.



La Cronistoria di una ricerca tutta italiana
dal Bollettino ASAMSI I° semestre 2003


Siamo nel settembre del 2000 a Lido delle Nazioni dove si svolse il 7° incontro nazionale dell’ASAMSI. La prof.ssa Christina Brahe ci illustrò le potenzialità, appena scoperte, del gene SMN2. La sua relazione, come sempre molto chiara ed incisiva, suscitò immediatamente l’interesse dei presenti soprattutto perché ci comunicò che erano in corso delle ricerche ad ampio spettro per individuare se in natura esistessero delle sostanze che potessero in qualche modo attivare in questi geni la produzione di proteina. Fu deciso di mantenere i contatti con l’università Cattolica di Roma, dove la prof.ssa Brahe svolge la propria attività di docente e ricercatrice, nell’auspicio che quello che all’epoca poteva rappresentare una delle varie ipotesi di approccio per una terapia, potesse trovare eventuali riscontri positivi. Ciò si verificò nel corso dell’anno successivo: ad agosto Christina Brahe ci fece sapere di una pubblicazione relativa ad uno studio condotto a Taiwan su dei modelli animali che erano stati trattati con butirrato di sodio. I risultati non erano stati eccezionali, si era notato un aumento di proteina di circa il 10%, e ciò non faceva presagire, a giudizio dei ricercatori, che un trattamento sugli umani potesse sortire dei risultati importanti. Secondo la prof.ssa Brahe invece questo evento fu di grande rilevanza perché ciò costituiva per i suoi studi, che si erano sviluppati nel frattempo, una ulteriore conferma delle potenzialità di questa sostanza. In sintesi presso il suo laboratorio erano già stati eseguiti degli studi proprio con questa molecola su alcuni frammenti di fibroplasti (tessuto connettivo) prelevati su dei pazienti con sma ed i risultati ottenuti (in vitro) erano stati notevolmente superiori alla percentuale riscontrata a Taiwan sui topi. L’assoluta novità quindi era che lo studio romano probabilmente si trovava in una fase più avanzata in quanto i risultati, seppur ottenuti su un campione molto ridotto di cellule, potevano far supporre che con un adeguato dosaggio della sostanza si potessero ottenere riscontri migliori.
La nostra associazione e Famiglie SMA, che nel frattempo si era costituita a Roma, decisero di sostenere il prosieguo di questo studio costituendo una borsa di studio per una valente ricercatrice, che già lavorava nel settore negli USA, per permetterle di coadiuvare il gruppo della Cattolica nello sviluppo del progetto che prevedeva innanzitutto una verifica su un campione più consistente di fibroplasti. Se anche questa prova avesse fornito i riscontri auspicati si sarebbe poi passati alle fasi successive per arrivare ad un eventuale trial clinico. Si tenga presente che in quel momento non si era ancora a conoscenza dell’esistenza in commercio di un farmaco la cui composizione fosse prevalentemente a base di sodio butirrato.
Avvenne quindi il reclutamento di 10 volontari, tra i pazienti affetti dalla forma II e III, disposti a farsi eseguire una biopsia cutanea allo scopo di fornire i fibroplasti necessari. Analogo intervento venne eseguito anche su uno dei genitori (portatore sano della malattia) per ulteriori controlli di laboratorio. In questo periodo si verificò un’altra circostanza fortunata: la prof.ssa Brahe apprese che in commercio esisteva un farmaco che poteva adattarsi alle nostre esigenze. Si trattava di un composto prodotto per la cura dei disturbi provocati nei bambini dal ciclo dell’urea. Essendo anche questa una patologia piuttosto rara, il farmaco viene fabbricato in quantitativi limitati e distribuito, solo agli ospedali, ad un prezzo molto elevato. La notizia dell’esistenza di questo farmaco comunque fu accolta con giusto entusiasmo. Inutile rimarcare che se ciò non si fosse verificato, il percorso per arrivare ad una eventuale somministrazione della sostanza sui pazienti sarebbe stato molto più lungo e difficoltoso e sicuramente non saremmo stati in grado, con le nostre sole forze, di ottenere le autorizzazioni dal Ministero competente.
Nel frattempo anche i risultati delle prove in vitro sui 10 pazienti stavano confermando quanto di positivo ci si poteva aspettare. La casa farmaceutica, messa a conoscenza di quanto si stava facendo e dei risultati ottenuti, si dimostrò interessata e assicurò che avrebbe fornito gratuitamente il farmaco per un trial che avesse coinvolto almeno una settantina di soggetti per la durata di 13 settimane. Obiettivo finale è quello di ottenere la prescrivibilità di questo farmaco anche per la sma con spese a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Il resto è storia dei nostri giorni.
In questo momento si è in attesa del parere favorevole dei Comitati Etici dei Centri ove avverrà la sperimentazione. Questa autorizzazione è assolutamente necessaria quale primo passo per l’ufficializzazione della sperimentazione e dei fini che si vogliono perseguire. Siamo comunque fiduciosi; il dott. Bertini (Ospedale Pediatrico Bambino Gesù), ed il prof. Mercuri (Policlinico Gemelli), sono molto impegnati anche per superare velocemente questa fase. Lo studio, che si svolgerà in doppio cieco con placebo, coinvolgerà bambini affetti da sma di tipo II e III in età compresa tra i 30 mesi e i 12 anni. Sette saranno i centri interessati e più precisamente:
- Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma
- Policlinico Gemelli di Roma
- Clinica Nigrisoli di Bologna
- Ospedale Pediatrico Gaslini di Genova
- Università degli Studi di Messina
- Università degli studi di Pavia
- Istituto Carlo Besta di Milano
ove i partecipanti si recheranno per la distribuzione delle dosi personalizzate ed i relativi controlli clinici. Occorre di nuovo ricordare a tutti che la fascia di età dei partecipanti ed il tipo della malattia sono stati decisi dal comitato scientifico dei medici al quale le due associazioni hanno affidato il compito di condurre al meglio, cioè nel minor tempo possibile con il massimo dei risultati, la fase della sperimentazione. Se i risultati saranno quelli sperati allora si potrà finalmente ottenere per tutti, a prescindere dall’età e dal tipo (quindi anche per il tipo I) il farmaco attraverso il Servizio Sanitario Nazionale.
Se la fortuna ci assiste probabilmente entro l’anno in corso sapremo molto di più per quanto concerne le aspettative di tutti. Per terminare si ringraziano tutti colori che stanno rendendo possibile l’attuarsi di un evento che, a prescindere dai risultati, segnerà comunque una svolta per quanto riguarda gli approcci terapeutici nei pazienti con SMA.


 

 
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Ultimo aggiornamento 23.9.2003 by Underrunner