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Bombardamento di Urbania

La presente pubblicazione, che certo non tiene conto degli atti numerosissimi di eroismo rimasti nascosti o tali non considerati da chi li ha compiuti umilmente come un dovere, vuoi far conoscere, soprattutto alle giovani generazioni, uno dei capitoli più tragici della nostra storia durantina, che lo Stato, conferendo la Medaglia di Bronzo al valor militare al nostro Gonfalone, riconosce fra le pagine più belle della Resistenza italiana. In questa particolare circostanza penso di interpretare la volontà degli Urbaniesi dichiarando di essere ancora tutti disposti nel momento in cui gravi disordini turbano violentemente l’intero Paese, a riaffermare la volontà di continuare a difendere, con maturazione politica, quei valori posti in pericolo dalla disumana violenza di una minoranza irresponsabile. La Medaglia ai valor militare assegnata alla nostra Città non può e non deve essere solo il simbolo di una formale riconoscenza della passata nostra partecipazione ad eventi di grande importanza nazionale, ma stimolo per ognuno di noi a restare sempre vigilanti e previdenti per la conservazione ed il miglioramento delle nostre istituzioni democratiche. L’Amministrazione Comunale, mentre porge un doveroso sentito ringraziamento al Presidente della Repubblica a motivo della concessa decorazione, vuole anche esprimere la gratitudine a quanti hanno fatto propria la causa di Urbania, lunga e purtroppo sofferta. Iniziata dal sindaco Umberto Giordani il 18 agosto 1957, la pratica per il riconoscimento ufficiale del contributo degli urbaniesi alla guerra di liberazione è stata ripresa con tenacia dal sindaco Aldo Cantucci il 27 luglio 1961. Poi alla Camera e al Senato dal concittadino On. Ermido Santi è stata presentata una proposta di legge il 20 febbraio 1969, e contemporaneamente dal sen. Giovanni Venturi il disegno di legge n. 249, alle quali iniziative ha fatto seguito la delibera comunale del 19 novembre 1970, che ha avuto in risposta il Decreto presidenziale di concessione della Medaglia di bronzo al valor militare del 21 aprile 1977. Riconoscimento ufficiale che pone la nostra città tra le più distinte ed attive della giovane Repubblica Italiana per la conquista della libertà. Se un rammarico mi turba nel riesaminare la documentazione presentata agli organi ufficiali, e qui sostanzialmente pubblicata, è la certezza che molte, moltissime azioni operate da semplici cittadini, da famiglie contadine, da parroci di città e di campagna, non sono ricordate perché affiorano soltanto ora e attendono che qualcuno le raccolga e le tramandi alla storia. Ma nella medaglia che fregierà il Gonfalone di Urbania tutti sono simbolicamente ricordati, noti ed ignoti, e a tutti, compresi gli anonimi e i nascosti, va la riconoscenza perenne nostra e di chi vivrà nella pace, nella giustizia e nella democrazia

Il sindaco - Ebe Biagetti

Ricompensa al Valor Militare

RICOMPENSA AL VALOR MILITARE

PER ATTIVITA’ PARTIGIANA

Decr. del Presidente della Repubblica 21 aprile 1977 registrato alla Corte dei conti, addì  11 luglio 1977 registro n. 18 Difesa, foglio n. 307

E’ concessa la seguente ricompensa al valor militare per attività partigiana:

MEDAGLIA DI BRONZO

Comune di URBANIA (Pesaro e Urbino). Durante la lotta contro l’oppressione nazi-fascista, la popolazione di Urbania, coraggiosamente, a costo di dure rappresaglie, sosteneva le proprie formazioni partigiane dando cospicuo contributo di combattenti, sangue generoso, distruzioni e sofferenze subite, alla causa della libertà della Patria. Zona di Urbania, gennaio-luglio 1944. (Dalla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana - n. 226, del 20-8-1977). In tutto il periodo bellico e nella lotta per la conquista della libertà, la città di Urbania, si è distinta per eccezionale coraggio, virtù civiche e patriottiche, spirito di sacrificio e disprezzo della vita, dimostrati dai cittadini per conseguire il bene e la conquista della libertà. Occupata dai nazifascisti che ne fecero centro delle loro azioni belliche e di rappresaglia, Urbania, con le sue frazioni San Lorenzo in Torre, Orsaiola, Pieve del Colle e Muraglione, Ca' Mangano, resistette ad ogni violenza, sabotò il nemico in ogni circostanza, si organizzò in formazioni partigiane, tese imboscate cd aiutò le forze della Resistenza, i perseguitati politici, le forze alleate, sopportando ogni tragica conseguenza con indomito coraggio e sempre maggiore coscienza. Per preparare l’avanzata delle forze alleate e l’azione soprattutto delle formazioni partigiane della VIII Brigata Garibaldi, fu sottoposta il 23 gennaio 1944 a violento bombardamento aereo che costò la vita a 250 cittadini, provocò un numero incalcolabile di feriti, ebbe la forza di insorgere contro il presidio « repubblichino » che mise in fuga e cacciò dalla città. Nell’azione di sminamento, per liberare le arterie stradali principali, e soprattutto quelle campestri praticate dalle forze partigiane, decine di urbaniesi persero la vita o sono rimasti mutilati ed invalidi. Nelle località più atte alla resistenza, come Montiego, Orsaiola, Pieve del Colle, Muraglione, Torre, Ca' Mangano, si diedero con coraggio alla caccia del nemico, non temendo né violenze, né rappresaglie e tutta la popolazione del centro urbano e della campagna in particolare si sacrificò per provvedere viveri, armi, rifugio, protezione ai partigiani, agli sfollati, ai disertori della parte avversa, ai paracadutisti, agli ebrei internati, agli ex prigionieri slavi. La conseguente rappresaglia nemica fu sopportata con fucilazioni ed eroismi vari nei fatti di San Lorenzo in Torre, nelle azioni partigiane di Orsaiola, di Pieve del Colle e di San Bartolo e nella rappresaglia di Ca' Garavino dove caddero fucilati alcuni militari. Accanto alle forze armate organizzate opera la popolazione civile e per soccorrere i fratelli rischiano la vita il primario chirurgo dott. Antonio Cinti Luciani e tutto il personale sanitario dell’Ospedale; insorge il Vescovo Giovanni Capobianco con tutto il clero e i fratelli delle Scuole Cristiane che meritarono la medaglia d’oro della civica amministrazione;  le monache di Santa Chiara nascondono in convento tre giovani partigiane straniere braccate dalla Feldgendarmerie; assistenti sanitarie dei partigiani sono imprigionate e poi fucilate;  tutta la popolazione insorge contro le ulteriori resistenze tedesche e fasciste, non ostante gli arresti, le carcerazioni e le fucilazioni. Altrove cadono partigiani urbaniesi, come il giovane pittore Ernesto Pasinetti. Per l’eccezionale coraggio delle popolazioni urbaniesi e le virtù civiche e belliche della cittadinanza è stata conferita la medaglia di bronzo al valor militare nel corso della seconda guerra mondiale ed in particolare nella lotta della Resistenza, per il numero delle vittime, di deportazioni, di invalidi e di mutilati civili a Urbania, una delle città più martoriate delle Marche e indiscutibilmente la più martoriata della Provincia di Pesaro-Urbino e fra le più efficienti nella lotta partigiana.

 

DELIBERA DEL CONSIGLIO COMUNALE

PROPONENTE MEDAGLIA DI RICOMPENSA

AL VALOR MILITARE

TESTO DELLA MOTIVAZIONE

 

BOMBARDAMENTO DEL 23 GENNAIO 1944

La città di Urbania, fin dalle prime azioni belliche dopo la caduta del fascismo, fu considerata dai nazifascisti un luogo di particolare interesse strategico e quindi occupata dalle forze tedesche e da quelle repubblichine. La gioventù urbaniese osteggiò e sabotò l’accaparramento delle braccia da lavoro per la T.O.D.T. operante a pochi chilometri nella linea gotica e l’arruolamento fra le forze repubblichine. Alcuni giovani caddero nell’imboscata nemica e furono presi e, come avvenne di Carlo Campana, di Alberto, furono fucilati o deportati e nulla più si seppe di loro. Ma la maggior parte si affiancò alle forze partigiane che operavano a corona in Urbania nelle frazioni e località più adatte alla guerriglia con la VIIIa brigata partigiana Garibaldi, con le formazioni partigiane « Matteotti », « Guadalajara », « Gasperini ».  

Il corso Vittorio Emanuele bombardato

Il corso Vittorio Emanuele bombardato

Urbania - Il corso Vittorio Emanuele dalla Torre Civica alla P.zza S.Cristoforo il 31-1-1944

Sul cielo di Urbania avvenivano numerosi scontri  aerei e gli anglo-americani abbattuti trovavano rifugio e salvezza nella campagna urbaniese, dove ogni agricoltore sentiva il dovere di proteggerli, sfamarli, nasconderli a rischio della propria vita, agganciarli alle formazioni partigiane. Il 23 gennaio 1944 Urbania fu terribilmente bombardata da aerei alleati, un atto di guerra voluto, non fortuito come si credette in un primo tempo, per distruggere soprattutto le vie di comunicazione e con esse bloccare i rifornimenti al nemico e costringerlo alla guerriglia e alle imboscate preparando il terreno alle forze partigiane. Ma il bombardamento costò la vita a 250 cittadini urbaniesi e provocò un numero di 515 feriti e di danni materiali immensi, fra cui 284 case distrutte e 1636 danneggiate. I superstiti dovettero abbandonare la città inabitabile che nello stesso momento di quell’azione bellica ebbe il coraggio di insorgere contro il presidio repubblichino. Il colonnello Umberto Giordani disarmò i repubblichini più facinorosi, altri cittadini si scagliarono contro gli oppressori e fra essi il parroco d. Carmine Giorgini, che fu imprigionato e deportato a Pesaro. Per quei giorni Urbania fu libera. 

 La via Girolamo Crescentini e il centro del Corso

 La via Girolamo Crescentini e il centro del Corso

URBANIA - La via Girolamo Crescentini e il centro del Corso poche ore dopo il bombardamento - I primi soccorsi

Questo sacrificio venne ulteriormente aggravato dalla rappresaglia dei tedeschi i quali, alla vigilia della liberazione, fecero saltare i cinque ponti interni, isolandola. La rabbia tedesca si scatenò contro l’atteggiamento fermo della popolazione e della autorità ecclesiastica e così avvennero incarcerazioni nei locali più angusti del vecchio palazzo ducale, ove subirono maltrattamenti fra gli altri numerosi urbaniesi perché avevano fiancheggiato l’opera partigiana: Salvatore Catani, il Segretario comunale Salvatore Patri, Lorenzo Ferri, Settimio Ercolani e le infermiere dei partigiani Rosa Vergari e le figlie Palma e Maria che furono fucilate in Forlì dai tedeschi in ritirata.

 

RAPPRESAGLIA DI SAN LORENZO IN TORRE

Nella notte tra il 5 e il 6 luglio 1944, un maresciallo delle SS tedesche veniva ucciso da una azione di partigiani lungo la strada Urbania-Piobbico in località Ponte dei Tre Archi ed un altro soldato tedesco veniva gravemente ferito. All’alba del 6 luglio iniziò l’azione di rappresaglia delle SS tedesche. Fu appiccato il fuoco a cinque case coloniche; nel predio « Valpietro » Basilio Aluigi di anni 80, Carlo Bedini di 20 anni e Francesco di 18, Giuseppe Sideri di 35 anni, dopo resistenza, furono presi, fucilati e poi bruciati assieme alle loro case. Mentre l’abitazione del podere « Le case » bruciava, la contadina Concetta Ioni in Canti cercava di raggiungere il fabbricato per salvare i suoi piccoli bambini che giacevano nel letto avvolto dalle fiamme; ne venne però impedita da un soldato tedesco che la fermava brutalmente e la colpiva violentemente alla bocca con il calcio del fucile. Ma ciò che non poté fare la mamma riuscì il piccolo Giuseppe Canti di otto anni il quale, elusa la sorveglianza dei tedeschi, liberava dalle fiamme il fratellino Mario di anni due e la sorellina Maria di anni uno. 

Conferimento medaglia al valor civile a Giuseppe Canti

Conferimento medaglia al valor civile a Giuseppe Canti di S.Lorenzo in Torre. Urbania - Monumento ai caduti

Con decreto del Presidente della Repubblica 9.6.1959 veniva concessa al Canti la medaglia di bronzo con la seguente motivazione: "Con grave rischio della propria incolumità penetrava nella propria abitazione in fiamme a seguito di una azione di guerra, riuscendo, malgrado la sua giovane età, a trarre in salvo i due fratelli minori". Compiuta questa azione, i tedeschi presero sotto il fuoco un settantenne che correva a porgere aiuto, quindi fucilarono gli ostaggi Andrea Canti (anni 67), Francesco Cignali (anni 76), Pietro Cuccarini (anni 19), Quinto Cuccarini (anni 16), Ubaldo Cuccarini (anni 56), Francesco Ioni (anni 18), Salvatore Morelli (anni 54), Giuseppe Morena (anni 69), Giovanni Riminucci (anni 70), Biagio Rossi (anni 70).

 

RAPPRESAGLIA DI ORSAIOLA

Abbiamo ricordato come la zona di Orsaiola fosse diventata un centro di azione delle forze partigiane. Qui operava il capitano Luigi Tacchi che aveva formato la "Banda di Orsaiola" con l’altro grande eroe Francesco Tumiati, sorpreso in un rastrellamento all’Orsaiola e fucilato poi a Cantiano dai Nazifascisti il 15 maggio 1944 (medaglia d’oro al valor militare). Il Tumiati era protetto in Urbania dalla famiglia Feligiotti, presso la quale depositava armi e munizioni per la guerriglia. L'azione di quelle bande e il pieno appoggio di tutte le famiglie di quella vasta zona montuosa fu ben noto ai tedeschi e alle camicie nere della Tagliamento. Nei giorni 7 e 8 luglio 1944 iniziarono i rastrellamenti. Alle 9 del mattino molteplici squadre di legionari perquisirono la casa del parroco, di Mongiardino, la Valle, il Sodello, sottoposero il parroco a interrogatori e sevizie, catturarono il sergente Vincenzo Londei della « Valle » che cercava di sfuggire alla milizia fascista perchè aveva addosso documenti che compromettevano i partigiani, presero il capitano Luigi Tacchi che si era presentato per liberare i due figli partigiani Aldo e Giuseppe, a questi aggiunsero il giovane partigiano Giuseppe Mistura e il dottor Venanzio Zaccarelli. La sera dell’8 luglio 1944, in località San Giorgio, il capitano Tacchi e il Mistura venivano seviziati e fucilati e il 14 luglio nel forte di Urbino venivano pure fucilati il giovane dottor Zaccarelli e il sergente Vincenzo Londei. La casa di "Mongiardino" che tante volte aveva accolto i partigiani, veniva incendiata con tutti i mobili per distruggere anche la memoria del comandante partigiano Tacchi che da quella casa dirigeva le azioni e formava la gioventù ai nuovi ideali di uguaglianza e libertà.

 

RAPPRESAGLIA DI NEVE DEL COLLE E DI

SAN BARTOLO

A Pieve del Colle, nella vasta area del Metauro fra Urbania e Fermignano dove i tedeschi avevano creato un campo di aviazione di fortuna, nella notte fra il 27 e 28 giugno 1944, in uno scontro a fuoco fra i partigiani locali e i tedeschi lungo la ferrovia, già oggetto di atti di sabotaggio, veniva ucciso un ufficiale tedesco e catturato materiale bellico che veniva nascosto dai contadini per consegnare ai partigiani. Il parroco don Giuseppe Rinaldini, già segnalato quale fautore dei partigiani, ed in particolare della banda di Petralata comandata dal "Toscano", e ausilio dei profughi slavi, è fatto segno di rappresaglia, la sua casa e circondata dai tedeschi, egli viene fucilato e insieme a lui vengono feriti il fratello e la sorella; i fratelli minori Romano e Domenico sono deportati e torturati a Cagli, ma non sveleranno al comando tedesco i nomi migliori delle forze della resistenza. Al Rinaldini, miracolosamente sopravvissuto, è stata conferita la medaglia d’argento al valor militare. Nel piano di San Bartolo, nel fosso di confine è stata operata una azione di sabotaggio. Carri tedeschi carichi di munizioni sono stati rovesciati e abbandonati nello stesso fosso. I contadini prelevano cassette di munizioni e le nascondono per consegnare ai partigiani, ma vengono scoperti e il colono Paolini Domenico, settantenne e paralizzato, viene preso e, perché non vuole tradire, viene portato, assieme a Paolo Falasconi, all’operaio Cristoforo Giorgiani di Fermignano, presso il comando della Va divisione germanica alpini e a "Lancialunga" con altri 11 partigiani, uno alla volta, mani legate sopra la testa con filo di ferro spinato, viene finito a colpi di fucile mitragliatore. Ciò pochi giorni dopo la fucilazione di don Rinaldini.

 

RESISTENZA DI CA’ MANGANO

Nel maggio 1944 nella villa di Ca’ Mangano si asserragliano  diversi repubblichini capeggiati dal pesarese federale Gasperini. I partigiani della zona di "Battaglia" decidono immediatamente l’attacco. Noncuranti del pericolo gravissimo di combattere allo scoperto, assaltano la villa ben difesa, si arrampicano sulle inferriate delle finestre, ma una scarica di mitra sparata dallo stesso Gasperini uccide il partigiano Elso Ruggeri e ne ferisce gravemente un secondo. La popolazione rurale della zona insorge e accorre in aiuto. Recupera il partigiano morente, gli presta le prime cure e, dopo averlo tenuto nascosto a "Battaglia ", lo porta all’ospedale di Urbania dove viene curato e salvato e dove, con l’aiuto deciso del personale sanitario e col rischio della fucilazione del primario chirurgo, riesce a fuggire nonostante il picchetto dei tedeschi e dei repubblichini che minacciano inutilmente gravi rappresaglie.

 

DALLA LETTERA PASTORALE DEL VESCOVO DIOCESANO GIOVANNI CAPOBIANCO DOPO

L’INCURSIONE AEREA SU URBANIA

Fratelli e Figliuoli carissimi,

risuona ancor pauroso e angoscioso negli animi nostri l’eco del terribile bombardamento che, la Domenica 23 gennaio, alle ore 12,45, quando la gente uscita dall’ultima Messa affollava straordinariamente il corso principale, colpiva la nostra città di Urbania e, in pochi istanti, faceva piombare tante famiglie nel lutto più profondo e nella desolazione più atroce. E, poiché pochissimi poterono ascoltare le brevi parole che, tra l’agitazione ed il pianto, rivolsi ai fedeli e alle Autorità, nel primo funere celebrato in suffragio delle vittime in S. Francesco; e il mirabile discorso, detto più col cuore che con la voce, da S. E. Rev.ma Mons. Del Signore Vescovo di Fano, nel funere di trigesima, se fu ascoltato con commozione da molti, non si è potuto avere manoscritto, sento il bisogno di far giungere a tutti gli ammonimenti salutari, che dobbiamo trarre dal triste avvenimento. Non si cancellerà più dalla mia memoria e dal cuore quanto provai in quel giorno, allo sgancio, affatto inaspettato, degli ordigni infernali della guerra moderna, che meglio passeranno alla storia

Conferimento medaglia al Vescovo Giovanni Capobianco

 

Conferimento della medaglia d’oro al merito cittadino al Vescovo Giovanni Capobianco.

Urbania, Teatro Bramante, 27-7-1958

 

 

come esponenti di una barbarie senza esempio e senza nome. Dinanzi a me e dinanzi a quanti, per grazia di Dio, rimanemmo incolumi, si parava uno spettacolo terrificante: numerose case diroccate, abbattute, polverizzate, non eccettuata la casa di Dio, il caro tempietto dello Spirito Santo; centinaia di vite stroncate; e i loro corpi straziati, mutilati, intrisi di polvere e sangue giacenti quasi irriconoscibili su le pubbliche strade; altri sepolti sotto le macerie o inabissati nel sottosuolo; centinaia di feriti doloranti e gementi trasportati su barelle improvvisate o su veicoli d’ogni specie, nell’ospedale nostro e nei vicini; lo sgomento e lo strazio sceso nell’animo di tutti, specie di coloro che, attribuendo a prodigio la propria salvezza, erano solleciti per la sorte dei propri cari; con le ondate di polvere salente da ogni parte un clamore confuso di lamenti, di grida, di esclamazioni, di implorazioni, di benedizioni e, purtroppo, anche di bestemmie e di imprecazioni. Ed io col mio Clero correva di qua e di là, dove più urgente apparisse il bisogno, per assolvere e ungere i trapassati e i morenti, benedire e confortare i feriti, mentre altri Sacerdoti, insieme con i religiosi Carissimi del Collegio S. Arcangelo di Fano e i Seminaristi, formavano le prime squadre di pronto soccorso, cui se ne aggiungevano poi altre, giunte dai paesi e dalle città vicine. Ormai, dopo un mese, è quasi al termine anche l’opera, nei primi giorni affannosa, di sgombero delle macerie, di disseppellimento delle vittime e della loro composizione nelle bare, compiti questi riservati ai Carissimi coadiuvati dai Sacerdoti ed eseguiti con delicata e religiosa pietà; e, sebbene per mancanza di una previa organizzazione di personale apposito e di attrezzi necessari non si poté attuare il dovere imperioso, «di non cessare né giorno, né notte, dalla remozione delle macerie» per evitare che i sepolti (i quali possono rimanere in vita più giorni) muoiano poi della più orribile morte, è significativo, istruttivo e degno della più alta lode il riuscito disseppellimento, avvenuto nella tarda notte del 26 gennaio, di Angelo Morelli, non appena nel silenzio serale fece udire qualche lamento. Dopo tre giorni e mezzo di giacenza sotto le macerie, grazie alle cure prodigategli nel nostro ospedale, poté tornare in sé, parlare a lungo, ricevere i conforti religiosi e, la mattina dopo, addormentarsi pienamente nel Signore. Su la pacifica cittadina regnano ora la quiete e il silenzio, che succedono alla tempesta; perché la popolazione, atterrita, è sfollata e dispersa nella campagna e non riesce a trovare la serenità e il coraggio per il ritorno. Sembra che la sciagura, come il rombo del nembo distruttore, sia del tutto passata; e non è che una vana illusione. Rimane la moltitudine delle spose e delle madri e, più numerosa ancora, la schiera mesta dei fanciulli e dei bimbi orfani (appartenenti nella grande maggioranza al ceto campagnolo) che piangono sopra i loro cari perduti; e non sanno consolarsi, perché più non sono. Bastò, come dissi, il rombo fulmineo dell’incursione, per suscitare schiere di volonterosi dalla città nostra e dalle vicine per l’opera urgente e nobilissima di soccorso agli sventurati fratelli. Sacerdoti, religiosi, militari, operai, sanitari, professionisti, si videro, incuranti del sacrificio e del pericolo, solidali con le Autorità locali e provinciali per  tutto quanto occorresse. E quando più tardi si aprì una pubblica sottoscrizione per i più gravi bisogni dei sinistrati, da ogni parrocchia delle Diocesi e anche da fuori affluirono le offerte dei ricchi e dei poveri. Quanto conforto ha arrecato questa anticipata primavera, aulente di rose purpuree della più squisita carità, sbocciate nel crudo inverno dell’egoismo, dell’odio e delle divisioni di parte! Impossibilitati a ricordare tutti i benemeriti e generosi collaboratori nostri, nelle varie incombenze: di soccorso ai sepolti sotto le macerie, di estrazione di cadaveri e loro composizione nelle bare, di cura ai feriti e di assistenza alle loro famiglie; a tutti e a ciascuno, dal più alto al più umile, vada la nostra gratitudine commossa e imperitura e l’invocazione fervente della più copiosa retribuzione da parte di Colui, che dichiarò come fatto a sé quanto si fa al più piccolo dei fratelli.

I resti della Chiesa dello Spirito Santo

I resti della Chiesa dello Spirito Santo

URBANIA - I resti della Chiesa dello Spirito Santo e del centro urbano, nell'inverno dopo il bombardamento 

Quando il centro abitato della città, in quel meriggio luminoso e triste, crollava in un attimo, frantumato e inabissato, travolgendo nelle rovine la chiesina dello Spirito Santo, apparve sola, ancora intatta e ritta sul suo trono, l’immagine bella e venerata della Madonna, Madre di Misericordia che, appoggiando la sua alla testa del Figlio, ne sostiene e guida la mano benedicente. Questo fatto è un auspicio lieto e incoraggiante. La Madre di Dio e madre nostra celeste, che sostenne i figli morenti nel terribile passaggio, che confortò i feriti doloranti, si rivolge ora ai superstiti, avvolti nel lutto, particolarmente alle vedove desolate e ai piccoli orfani, e fa loro intendere che chi si appoggia come Lei a quel Dio, che abbatte e suscita, che affanna e che consola, non rimane mai deluso e smarrito. E la nostra Urbania deve presto risanare le sue ferite e risorgere moralmente e materialmente con l’aiuto di Dio e della Vergine e l’efficace cooperazione degli uomini di buona volontà. Sicuro di interpretare il comune desiderio, ho domandato al Genio Civile di Pesaro e al Capo della Provincia che la chiesina dello Spirito Santo venga quanto prima ricostruita su lo stesso disegno e nelle medesime proporzioni di prima. Il risorto tempietto sarà: monumento sacro alla memoria e al suffragio delle vittime della sciagura, i cui nomi verranno incisi nel marmo delle colonne parietali; testimonianza pubblica di fede e di gratitudine a Dio, da parte dei superstiti prodigiosamente preservati da morte; auspicio e avviamento alla restaurazione di Urbania e dell’Italia nostra. (Dal Bollettino Diocesano. 23 febbraio 1944). Il vescovo Giovanni Capobianco, aderendo al voto unanime del clero e della popolazione, ricostruì la chiesa e la aprì al culto il 21 gennaio 1948 «destinandola a monumento sacro alla memoria e al suffragio delle vittime della guerra » e in particolare dei morti di quel ferale bombardamento e delle 34 vittime della rappresaglia nazifascista compiuta a S. Lorenzo in Torre. Così testimonia l’iscrizione ripetuta in lettere di bronzo sull’attuale facciata:

O SANTO DIVINO SPIRITO

IL. RISORTO TEMPIO A TE DEDICATO

MEDIATRICE LA VERGINE DI MISERICORDIA

SIA MONUMENTO

SACRO ALLA MEMORIA E AL SUFFRAGIO

DELLE VITTIME

DEL BARBARO BOMBARDAMENTO

DEL 23 GENNAIO 1944

LEVI AL CIELO L’INNO RICONOSCENTE

DEI SUPERSTITI

CHE NEL TUO AMORE AFFRATELLATI

CON OPRE DI GIUSTIZIA E DI PACE

SI ACCINGONO A RICOSTRUIRE LA PATRIA

La nuova facciata del Tempio Votivo dello Spirito Santo

URBANIA - La nuova facciata del Tempio Votivo dello Spirito Santo

 

MEMORIA AI CADUTI DEL BOMBARDAMENTO

Agostini Pasquale 

Albertucci Ettore

Alessandroni Carlo

Alessi Dina

Aluigi Giuseppina

Aluigi Marino

Amatori Zeno

Arduini Ida

Arseni Anna

Arseni Giovanni

Arseni Luigi

Azzolini Domenico

Baiocchi Cipriano

Baiocchi Vittorio

Balsamini Seconda

Barilari Edoardo

Bartolomei Mariano

Bartolomei Pietro

Bartolucci Cornelia

Battazzi Azelina

Bedini Mario

Belpassi Luigia

Bernardi Ebe

Bertozzi Luisa

Bettini Domenico

Bianchi Rossana

Biani Agostino

Bifaro Arcangelo

Bifaro Giuseppe

Bifaro Salvatore

Bolognini Domenico

Borghi Aldina

Campana Virginia

Cantucci Pietro

Cantucci Riccardo

Cantucci Tina

Capuccini Ada

Carigi Emilio

Castellucci Vincenzo

Cellini Alessandro

Cirillo Ettore

Colacchi Francesco

Contucci Eliana

Contucci Terenzio

Cosmi Giuseppe

Crostelli Francesco

Curzietti Mario

Damiani Adolfo

D’Andrea Maria

Di Marchi Iole

De Lorenzi Domenico

Dini Concetta

Dini Primo

Donninelli Pietro

Ducci Giovanni

Empoli Domenico

Empoli Gervasio

Errani Zina

Fabbri Adelaide

Fabbrizi Luigi

Federici Maria

Faggi Giuseppe

Falasconi Angelo

Falasconi Franco

Falasconi Giuseppe

Falasconi Nella

Falasconi Settimia

Falasconi Teresa

Falconi Maria

Farroni Carlo

Federici Maria

Feduzi Dante

Feduzi Inferminio

Ferri Angela

Fetri Antonio

Ferri Francesco

Ferri Giuseppe

Ferri Pasquale

Ferri Pietro

Fini Alberto

Fini Antonietta

Fini don Giuseppe

Fini Pasquale

Formica Domenico

Formica Maria

Foschi Fosco

Foschi M. Antonietta

Franceschi M. Pacis

Franceschi Paolo

Francucci Americo

Fulvi Cesare

Galeotti Costantino

Gasperini Andrea

Giacomini Luigi

Gorbi Angelo

Gostoli Alfredo

Grassi Dante

Guerra Adolfo

Guerra Caterina

Guerra Giuseppe

Guerra Maria

Guerra Natale

Guerra Settimio

Guidi Francesco

Gulini Celeste

Gulini Luigi

Imbornone Matteo

Ioni Francesco

L’Abbate Edoardo

Lani Antonietta

Lani Domenico

Lani Luigi

Leonardi Teresa

Leoni Giuseppe

Leoni Anna

Londei Gervasio

Londei Pietro

Longhi Luigi

 

Longhi Rosa

Lucarini Iolanda

Lucciarini Giuseppe

Lupi Giuseppe

Lupi Luigi

Macciaroni Maria

Maffei Agostino

Maffei Andrea

Magnanelli Cesira

Magnanelli Giuseppe

Magnanelli Ilde

Mari Fernanda

Marini Antonio

Marini Domenico

Marsili Veronica

Martelli Dina Perfetti

Martini Edoardo

Marzi Michela

Matteucci Maria

Matteucci Veronica

Mauri Giovanni

Mazzanti Maria

Miliffi Adolfo

Meliffi Alfredo

Meliffi Antonio

Miliffi Gino

Mistura Francesco

Montanari Nino

Morelli Angelo

Morelli Arnaldo

Nanni Giuseppina

Nardi Augusto

Neri Gina

Omiccioli Erpalice

Omiccioli M. Maddalena

Orazi Maria

Paci Ida

Paci Iolanda

Paci Raffaele

Pacini Giuseppina

Paiardini Fermino

Paoli Concetta

Paolini Pietro

Paolucci Margherita

Paradisi Firmino

Pascucci Settimio

Passeri Ada

Passeri Alfonso

Patrignani Assunta

Patrignani Lazzaro

Pazzaglia Teresa

Perla Pietro

Petrelli Arcisia

Pierini Giuseppe

Pierini Mario

Poeti Alfredo

Raffaelli Federico

Ragnucci Domenica

Ridolfi Augusta

Rigucci A. Maria

Rigucci Costanza

Rigucci Cristoforo

Rigucci Emma

Rigucci Giovanni

Rigucci Mario

Rigucci Rolando

Rigucci Silvio

Rimei Teresa

Romagnoli Celso

Rossi Francesco

Rossi Palma

Rossi Sabatino

Rupalti Francesco

Saltarelli Giuseppe

Salvatori Aldo

Salvatori Angela

Salvi Agostino

Salvi Irmo

Santi Teodolinda

Scalbi Giuseppe

Scatassi Agenore

Scatassi Giuseppe

Scopa Arcangelo

Scopa Maria

Simoni Rosa

Tacchi Matilde

Tacconi Corrado

Taiolini Antonio

Talozzi Giuseppe

Talozzi Mario

Talozzi Pietro Domenico

Tanfulla Egisto

Tassi Barbara

Tiberi Franco

Tiberi Gaetano

Tiberi Valentino

Tontini Marziano

Topi Giovanni

Topi Salvatore

Topi Vero

Torcolacci Angelo

Torcolacci Lucia

Torcolacci Luigi

Valdarchi Jda

Valentini Luigi

Vandini Pietro

Vasari Albina

Vergari Augusto

Vergari Filomena

Violini Cristoforo

Violini Francesco

Violini Giuseppe

Violini Pasquale

Visino Michele

Zucchi Carlo

Zucchi Luigi

Zucchi Pierina

 

 

Interno del Tempio Votivo dello Spirito Santo

URBANIA - Interno del Tempio Votivo dello Spirito Santo

 

NELLA RAPPRESAGLIA DI S. LORENZO IN TORRE

Aluigi Basilio

Bedini Carlo

Bedini Francesco

Canti Andrea

Cignali Francesco

Cuccarini Pietro

Cuccarini Quinto

Cuccarini Ubaldo

Ioni Francesco

Morena Giuseppe

Morelli Salvatore

Riminucci Giovanni

Rossi Biagio

Sideri Giuseppe

 

NELLA RAPPRESAGLIA DI ORSAIOLA

Londei Vincenzo

Mistura Dante

Tacchi Luigi

Zaccarelli Venanzio

 

NELLA RAPPRESAGLIA DI PIEVE DEL COLLE E DI S.BARTOLO

Paoloni Domenico fucilato a Lancialunga

 

IN ALTRE AZIONI BELLICHE

Braccioni Anselmo            mitragliamento aereo 

Campana Carlo                  deportato

Cignali Cesira                     azione partigiana

Cignali Domenico              azione partigiana

Cignali Enrico                     azione partigiana

Cignali Maria                      azione partigiana

Di Carlo Alessandro          rappresaglia tedesca di Ca' Garavino

Fantini Alfredo                    scoppio residui bellici

Ferri Astorre                        scoppio residui bellici

Giacomini don Giovanni   II bombardamento aereo

Latini Aldo                           rappresaglia tedesca di Ca’ Garavino

Paci Riccardo                        scoppio residui bellici

Ruggeri Elso                          Rappresaglia di Ca’ Mangano

Tomasetti Rosa                     fucilata a Forlì

Vergari Maria                        fucilata a Forlì

Vergari Palma                       fucilata a Forlì