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La Chiesa dei Morti e la 

Confraternita della buona morte

 

A seguire sulla via Ugolini si prospetta un notevole portale gotico in pietra grigia e rosata: è l’accesso alla Chiesa dei Morti, nata come piccolo oratorio. Val la pena di soffermarsi ad ammirare la struttura e la ricca decorazione del portale: gli stipiti a tre pilastri, due colonnine tortili ed una lanceolata, sormontati da capitelli a mensola con decorazione a foglie di acanto. Il tutto rimarcato da una ghiera dentata ed impostato su

Decollazione di Giovanni Battista

Artista metauranse, Decollazione di Giovanni Battista

 alto zoccolo su cui sono scolpite una colomba e una chimera. La fascia a   vista reca elementi vegetali stilizzati entro girale continua. Databile all’epoca di costruzione dell’edificio, che ha radici lontane nel tempo: a metà del XIV secolo il vadese Cola di Cecco, dopo aver sposato una durantina, si trasferì a Casteldurante nel 1380, a loro spese, i coniugi eressero l’oratorio nominando erede delle loro sostanze la Confraternita della Misericordia. Nel 1567 venne istituita la Compagnia della Morte, che assolveva, tra gli altri, al compito di trasportare gratuitamente i cadaveri, assistere i moribondi, specie i giustiziati. Detta Compagnia, formata inizialmente da 120 confratelli, otterrà in seguito la cappella Cola. Una parete divide l’interno in due vani; fra le due porte che si aprono nel muro divisorio sta l’altare. All’altare maggiore è conservata la Decollazione del Battista, significativa opera di un artista metaurense portatore dei valori formali del manierismo locale al quale è da collegare il Martirio di Santa Lucia collocata nella parete di sinistra, opera di Giorgio Picchi. Su alcune parti dell’intonaco sono rimasti i resti di decorazioni ad affresco risalenti a fine Trecento. Oltre alle significative opere che vi si trovano, la chiesa è conosciuta per il Cimitero delle Mummie, la cui esistenza si deve ad un insolito ritrovamento. L’editto napoleonico di Saint Cloud (1804) aveva decretato, per motivi sanitari, lo sgombero dei cadaveri sepolti sotto le chiese o nelle immediate vicinanze e la costruzione dei cimiteri extra muros. Nel corso dei lavori di riesumazione nel piccolo cimitero di questa chiesa, con sorpresa, i corpi apparvero discretamente conservati; nel 1833 la Compagnia provvide a sistemarli dietro l’altare della cappella Cola che da allora prese il nome di "Chiesa dei Morti". Artefice della mummificazione naturale sembra essere una muffa, Hipha bombicina pers, in grado di provocare l’essiccazione dei cadaveri.

 

CHIESA DEI MORTI (Confraternita della Morte) di Raimondo Rossi

Confratello mummificato

Confratello mummificato

 

E' una delle ultime Confraternite sorte a Casteldurante, ma certamente una delle più importanti. L’istituzione si deve allo zelante sacerdote durantino don Giulio Timotei. I Confratelli si riunirono per la prima volta l’11 giugno 1567 sotto il patronato di San Giovanni decollato; si promulgò lo Statuto in 31 Capitoli che poi il Cardinale Giulio Feltrio della Rovere sanzionò l’11 aprile 1571. Venne stabilito che i soci fossero in numero di 120, in memoria dei discepoli di Cristo. Scopo precipuo di questa Confraternita  era il trasporto gratuito dei cadaveri, l’assistenza ai moribondi e specialmente ai giustiziati, la registrazione in appositi libri dei defunti, la distribuzione delle elemosine ai poveri. Per meglio comprendere il valore sociale e caritativo della pia istituzione stralciamo qualche disposizione dai Capitoli: «Nella compagnia non se debba ne possi mettere ne accettare alcuno biastimatore de Dio, ò della Gloriosa Vergine Maria, ò Santi; né Usuraij, né Concubinarij, né giocatori di carte, ò dadi né Homiccidiarij, o altri enormi delinquenti, se prima non lassano tal vitij; li quali da loro lasciati con effetto, si possono accettare come gl’altri, et non altramente». Si scorge qui un’opera moralizzatrice della società del Cinquecento, in special modo circa il male diffusissimo dell’usura in una zona dove gli ebrei erano frequenti, e del gioco d’azzardo, contro il quale non molti anni prima si era scagliato il Beato Giovanni Pili da Fano, fondatore del Monte di Pietà di Casteldurante. Anche per quanto riguarda la sepoltura dei morti le indicazioni sono chiare: «si abbia a estrarre quattro fratelli quali sapendo dove sarà morto alcun pover homo lo habbino a portare alla sepoltura, et sepelirlo, per l’amor de Dio,  et portando   in mano le torce secondo ordinarà la compagnia, et chi contrafarà pagherà bolognini doi per volta»; il denaro delle "multe" andava poi elargito ai poveri. Particolare insistenza è poi riservata al "visitare gli ammalati e i carcerati"; vi si stabilisce che gli "infermieri" debbano

recarsi almeno tre volte alla settimana a prestare le loro cure ai poveri infermi, e all’occorrenza anche più spesso,  relazionando scrupolosamente al priore le necessità riscontrate. Anche nel dispensare le elemosine, più che elargire denari, la Compagnia si preoccupava che «cose da mangiare come pane, vino, et altri cibi, se debino dispensare a poveri bisognosi, pregioni, ò altri che fussero nelli Hospidali». Non mancano accenni alle possibili discordie: «li odiosi si procuri di pacificarli, non volendo far pace se cassino (cioè si cancellino dagli iscritti)»; l’espulsione dalla compagnia era sempre la pena più grave perché significava l’esclusione dai l’esclusione dai benefici  riservati ai confratelli. La chiesa nacque come Cappella Cola, dal nome del suo fondatore Nicola di Francesco (Cola di Cecco) nel 1380. Costruita in stile romanico, venne rimaneggiata con la facciata adorna di un portale goticizzante che tuttora  reca sulle pareti curiosi graffiti dell’epoca. All’interno, ristrutturato durante il tempo, gli ultimi restauri hanno messo  in luce  tracce di antichi  affreschi e la base di un cero pasquale in colonnina tortile. Fino a pochi anni fa nell’altare maggiore troneggiava l’eccezionale Crocifisso proveniente dall’attigua chiesa di S. Francesco, tavola di Pietro da Rimini (1309), oggi collocata nella cattedrale. Al posto suo figura il dipinto della Decollazione di San Giovanni Battista dato al pittore durantino Giustin del Vescovo; la tela del Martirio di Santa Lucia è nella parete sinistra. Dietro l’altare maggiore nel 1831 fu costruito un cimitero semicircolare dove sono esposti alcuni corpi mummificati, grande attrattiva di turisti curiosi. Entro 18 nicchie stanno in piedi personaggi già appartenenti alla Confraternita, estratti dalle tombe una volta circostanti, rimasti mummificati, sembra, a causa di una muffa hipha bombicina pers che ne provocò l’essiccazione.

 

 

Gonfalone della confraternita

Gonfalone della Confraternita