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 Monastero Benedettine

Santa Maria Maddalena

In via S. Veronica Giuliani si incontra il monastero di S. Maria Maddalena, denominato del "Gorgozzo" perché di fianco gli corre il fossato omonimo. L’archivio relativo a questa Comunità Benedettina, oggi in numero di sedici, è andato perduto, ma essa è ricordata già nel 1298 e molti documenti asseriscono che aveva annesso un ospedale. Il convento fu devastato nel XIV secolo quando il Cardinale Albornoz, per riconquistare la terra di Durante, fu costretto ad abbattere la prepotenza dei Brancaleoni che si erano arroccati nel monastero; si è conservata una supplica della badessa Caterina che richiedeva alla Comunità il risarcimento dei danni, ottenuto a seguito della delibera del sei giugno 1385. Il vecchio complesso, ormai in rovina, costrinse le monache a vendere i loro beni per le riparazioni, fino a quando, intorno al 1575, il convento fu completamente ricostruito grazie all’intervento del duca Francesco Maria II Della Rovere e della stessa Comunità durantina. La predilezione mostrata verso le Benedettine di Santa Maria Maddalena è collegata anche al fatto che, mentre l’altro monastero delle Clarisse veniva considerato il convento dell’aristocrazia paesana ed estera, esso accoglieva generalmente giovani del basso popolo. La piccola chiesa del monastero, ricostruita nel ‘500, è stata ulteriormente restaurata nel 1964 e consacrata il primo settembre 1968 da Mons. Pietro Palazzini, come testimonia un’epigrafe collocata sulla parete sinistra. Gli altari laterali, anticamente dedicati all’Annunciazione e al Rosario, ospitano due dipinti settecenteschi: quello a destra, eseguito dal durantino Maurizio Sparagnini, raffigura San Benedetto con i SS. Placido e Scolastica, quello a

Maddalena Penitente

Guido Cagnacci, Maddalena Penitente

sinistra, di Giuseppe Luzi, l’immagine di Maria Bambina. In questa chiesa  si venera infatti un’effigie in cera di Maria Bambina che la tradizione vuole realizzata da Santa Veronica Giuliani e da lei inviata nel 1718 alla compaesana Olimpia Gasperini, badessa a quell’epoca del convento di Santa Maria Maddalena. In occasione della festività della Vergine l’urna dove è conservata viene esposta sull’altare maggiore, riccamente intagliato e dorato, dove normalmente si può ammirare una bella tela di Guido Cagnacci raffigurante la Maddalena penitente (1637), presentata genuflessa davanti ad una croce con lo sguardo rivolto al cielo e inserita in uno sfondo spoglio che rimanda all’austerità e alla penitenza. A questa pala si lega una delle poche date certe che fanno luce sulla cronologia del pittore: infatti in un libro contabile non più esistente ma consultato da Enrico Rossi (1936) risulta che il 6 dicembre 1637 le monache pagarono "scudi 56 per il quadro, tela e telaio a messer Guido Cagnacci". Il pittore sperimenta in questo dipinto una nuova monumentalità stemperata da una luce chiara che avvolge il corpo aggraziato della Santa inginocchiata; questa luminosità soffusa nella quale le ombre perdono il consueto spicco, unita alla gamma cromatica perlacea e alla stesura morbida dei colori, rimandano all’influenza che Guido Reni esercitò sull’artista. 

 

ESTRATTO DAL DEPLIANTS

Chi abbia letto la storia di questo monastero di Santa Maria Maddalena, chi ne abbia visitato la Chiesa o avuto occasione di parlare con una delle monache si chiederà: chi è una monaca? Quale senso ha la sua vita? Che cosa significa entrare in un monastero benedettino oggi? La vita di un monaco o di una monaca si comprende solo se radicata nel mistero della Chiesa, il corpo di Cristo. "Come infatti "Come il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte,  sono un corpo solo, così anche Cristo"

Crocifisso a bassorilievo su pietra del secolo VII

Crocifisso a bassorilievo su pietra sec. VII

(1 Cor 12-12). Le monache vivono nel cuore stesso della Chiesa e nel cuore di Cristo. Tutta la loro corpo solo, così anche Cristo" (1 Cor 12-12). Le monache vivono nel cuore stesso della Chiesa e nel cuore di Cristo. Tutta la vita è una risposta di amore all’amore. Leggiamo in San Giovanni: "In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi... Carissimi, se Dio ci ha amati, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri" (Gv 4,10-11). Le meraviglie del Signore della creazione e della redenzione, non soltanto per tutto il mondo, ma anche per ciascuna monaca nella sua vita personale, portano a vivere una vita di lode e   di ringraziamento, di lavoro e di sacrificio. La vita benedettina è stata così definita: "cercare Dio" (cf. La Regola di San benedetto 58,7). Ma le monache sanno di cercare Dio perché lui le ha cercate per primo, come scrive San Basilio: "Dio noi cerca, noi desidera,  lui vuoi rimanere dentro di noi" (Admonitio ad filium spiritualem 3). Contro il pericolo dell’esteriorità sono imposti orari comuni, abiti comuni, ecc. perché la risposta personale di ciascuna monaca sia il più possibile oggettiva e

        impersonale. La gente potrebbe pensare che tutte le monache siano uguali, invece dentro ciascuna la grazia e l’attività dello Spirito Santo spingono ad offrire  la sua vita nella sua dimensione più profonda e personale come "sacrificio vivente, santo e gradito a Dio" (Rom 12,1). In questo contesto della vita della Chiesa e dell’attività dello Spirito Santo nelle sue membra, le monache sono guidate dalla Regola di San Benedetto da lui dettata a Montecassino (nel VI secolo) e tutt’oggi seguita da migliaia di monaci e di monache sparsi in tutto il mondo.  Nel senso della "liturgia", che è l’unire delle nostre vite a quella di Cristo e offrirle al Padre, la vita benedettina può essere considerata come "partecipazione ad una liturgia già cominciata".  Quando Dio ci crea, ci inserisce ad un certo punto della storia della salvezza. Egli ci chiede di giocare il nostro ruolo nella storia attraverso la partecipazione con tutto il cuore e di comunicare la nostra fede, speranza, carità alle generazioni successive.  In questo modo, siamo  santificati e santifichiamo i nostri fratelli di fede ed il mondo. Diventiamo così un sacerdozio regale perché proclamiamo le opere meravigliose di lui che ci ha chiamato dalle tenebre alla sua mirabile luce (cf. 1 Pet 2,9). Nel contesto di questa liturgia,  certi elementi della vita benedettina risaltano in modo speciale. La Lectio divina, il modo di leggere, in atmosfera di

Interno Chiesa del Monastero

Chiesa del Monastero, interno.

Suore in preghiera

Suore in preghiera

preghiera, la sacra scrittura, i padri della Chiesa permettono alla monaca di riconoscere e sperimentare in modo pieno l’amore di Dio per lei e la sua cura e provvidenza per tutta la famiglia umana. La lectio apre il cuore a rallegrarsi con chi è nella gioia, a piangere con chi è nel pianto (Rm 12,15),  e conduce ad accogliere e presentare le preoccupazioni  al cuore  di Dio il cui amore sorpassa ogni conoscenza (Eph 3,19). L’opus manuum, il lavoro manuale, è esercitato come un modo di praticare la carità e di provvedere ai bisogni della comunità e degli ospiti. Nel lavoro manuale la monaca è solidale con tutti coloro che devono guadagnare il pane  quotidiano. E’ inoltre un modo di mantenersi in contatto con l’attività creatrice di Dio e le permette di sviluppare  i suoi

talenti e le sue abilità per il bene del monastero. L’elemento centrale della vita benedettina è, però, l’opus Dei, "il lavoro di Dio" — questo è il termine di San Benedetto per la sacra liturgia — a cui nulla si deve preferire (cf. RB 43,3). Le monache si riuniscono sette volte al giorno per la Liturgia delle Ore. Le Vigilie,

L'eterno padre (inizio secolo XVI)

L'eterno Padre(inizio sec.XVI)

 

 dette anche Ora dell’Ascolto, sono un tempo di preghiera in cui le monache attendono il ritorno del Signore alla fine dei tempi. Le Lodi sono celebrate al sorgere del sole in memoria della resurrezione del Signore, mentre i Vespri si recitano al tramonto nel ricordo del Signore sulla croce. Le altre Ore aiutano le comunità a riconoscere l’azione di Dio attraverso tutta la giornata e chiedono il suo aiuto. Il Concilio Vaticano Secondo insegna che "la liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa ed, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù" (Sacrosanctum Concilium 10). Questo trova la sua espressione più alta per le monache nella santa Messa celebrata ogni giorno comunitariamente, culmine e fonte di tutta la loro giornata, durante la quale ogni monaca offre la vita in unione con il sacrificio di Cristo e nell’eucaristia riceve la  sua carne che è il vero cibo (Gv 6,55) e che la nutre durante il suo pellegrinaggio al

 Signore. A fondamento della lectio divina,  opus manuum, e opus Dei stanno il silenzio e la solitudine,  la capacità di ascoltare ed imparare, un cuore aperto  alla  purificazione, uno spirito di sacrificio ed un generoso servizio soprattutto verso la comunità e gli ospiti. San Benedetto, nel prologo della sua Regola, scrive: "Ecco, nella sua bontà il Signore ci fa vedere la via della vita" (RB, prol.   20). La monaca benedettina  cammina su questa via verso  la pienezza della vita, ha riconosciuto il sentiero della vita ed ha pregustato la vita del cielo. Come il mercante nel Vangelo,  in cerca di perle preziose  (Mt 13,45-46) ha venduto  tutti i suoi averi e comprato la perla di grande valore. Per affrontare i tempi di difficoltà e di scoraggiamento che indubbiamente ci saranno, San Benedetto offre nella Regola consolazione e incoraggiamento  proprio con le parole con cui egli apre e chiude la Regola: "Obsculta... pervenies" cioè, Ascolta... arriverai.

 

 

 

Suore nell'orto del Monastero

Suore nell'orto del Monastero

 

COME SI DIVENTA MONACA

Dopo alcuni contatti con il monastero, si può esprimere alla Madre il desiderio di entrare in monastero. Segue un periodo di candidatura o postulato che dura da sei mesi ad un anno, durante il quale la candidata è iniziata in maniera informale alla liturgia delle ore e alla vita comune. Verso la fine del postulato, la comunità e la

 candidata considerano la sua ammissione al  noviziato, un periodo di intensa e prolungata formazione che dura uno o due anni. Sotto la direzione e il consiglio della Maestra delle Novizie, essa comincia a studiare più profondamente la Sacra Scrittura, la Regola, la sacra liturgia, e il canto. Dopo il noviziato, se la novizia desidera veramente dedicarsi a Dio nella vita monastica,  e se la comunità e la Madre ritengono che lo può, fa la professione monastica per tre  anni. Se, dopo questo periodo di professione temporanea, la candidata persiste nella sua decisione e se la comunità e la Madre la considerano idonea, può emettere i voti solenni, con i quali si dedica a Dio senza riserva per tutti i giorni della sua vita.

 

Alle prese con la macchina

Alle prese con la macchina

ORARIO DELLA GIORNATA

 

Alzata......................................................................................................................................5,00

Ufficio delle Letture.....................................................................................................5,30

Lodi del mattino.............................................................................................................6,45

Santa Messa e preghiera di Terza.......................................................................7,15

Colazione e lavoro.........................................................................................................8,00

Preghiera di Sesta........................................................................................................11,00

Pranzo..................................................................................................................................12,00

Riposo, tempo libero................................................................................................13,30

Ora di Nona e S. Rosario........................................................................................15,00

Lavoro.................................................................................................................................15,45

Lectio Divina..................................................................................................................17,00

Vespro................................................................................................................................18,00

Cena.....................................................................................................................................19,00

Ricreazione.....................................................................................................................19,45

Compieta.........................................................................................................................20,45

Riposo...............................................................................................................................21,30

 

LE BENEDETTINE NELLA STORIA

La Regola benedettina si diffuse nella Valle del Metauro vivente lo stesso Benedetto. Nel secolo X le monache benedettine erano presenti in un cenobio ben definito nelle forme e dimensioni dell’attuale, alle dipendenze dell’ordine benedettino di San Cristoforo del Ponte di Castel delle Ripe, poi Casteldurante (1284). Nel 1298, ricordato come monastero di Santa Maria Maddalena del Gorgozzo, per il torrente che vi scorre vicino, aveva annesso al convento un ospedale. Durante l’assenza dei Papi in Avignone, il monastero, trasformato in baluardo di difesa della Comunità durantina, subì una devastazione e alla fine del ‘500 il convento fu ricostruito completamente. Le benedettine, allora in numero di 70, soffrirono la fame per carestia e continuarono la loro vita negli stenti fino alla soppressione napoleonica, quando furono costrette a lasciare il monastero e rifugiarsi in case private oltre che presso le proprie famiglie. Tuttavia le religiose non cessarono mai di vivere la loro vocazione, di custodire il loro cenobio e di essere fedeli alla regola benedettina, soprattutto nel campo dell’ospitalità e dell’accoglienza, nello spirito di San Benedetto.

Urbania all'inizio del 900 con il Monastero in primo piano

Urbania all'inizio del 900 con il Monastero in primo piano