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Chiesa e Convento di Santa Chiara

Percorrendo via Garibaldi si trova il complesso delle Clarisse formato dalla chiesa di Santa Chiara, consacrata l’11 agosto 1339 e oggi chiusa al culto, e dall’ex convento (in origine delle Damianite) che, fondato intorno al 1322, è ormai da molti anni sede dell’Istituto Tecnico Commerciale per Geometri. L’antico convento, che fu ricostruito nel ‘500 e successivamente restaurato e ampliato dopo il terremoto del 1781, fu sempre considerato uno dei più celebri del Ducato di Urbino, tanto che molte giovani venivano qui a prendere i voti anche da paesi lontani. Nella seconda metà del ‘500 chiesa e convento furono una vera e propria

Stemma ligneo della famiglia Ubaldini

Stemma ligneo della famiglia Ubaldini

 fucina figurativa, profondamente legata ai duchi di Urbino e alla famiglia Ubaldini che trovò sepoltura proprio all’interno di essa: vi si ritrova infatti lo stemma dei conti Ubaldini, testa di cervo sormontata da stella a Otto punte. Un’iscrizione che corre lungo  le pareti della chiesa indica che essa fu  restaurata nel 1623 e riconsacrata nel 1639: RESTAURATUM MDCXXIII F.M.II. V.D.VI EIUS AB EXEMPLO MONIALES DISCITE MORES - DEO OPTIMO MAXIMO - IN HONOREM SERAPHICAE CLARAE CUIUS AB EXORTU VIRTUTUM NOSCITE

     FLORES A. D. MDCXXXIX DIE XI AUGUSTI CONSECRATUM FUIT. I lavori di rifacimento coinvolsero anche gli arredi e a tale periodo risalgono gli altari, finemente intagliati e dorati, assegnati al vadese Giovan Pietro Zuccari. L’altare maggiore ospita un bel dipinto raffigurante la Madonna con Bambino in Gloria e Santi di Girolamo Cialdieri. Sopra l’altare, nella grande lunetta dell’abside, si può ammirare un affresco raffigurante il Paradiso, opera di Giustino Episcopi autore, insieme a Lucio Dolci, anche dell’affresco che si trovava dietro l’altare raffigurante l'Ascensione al cielo di Gesù, attualmente conservato nel Museo  Diocesano e realizzato probabilmente intorno al 1560. Nei due altari laterali sono invece conservate due opere raffiguranti l’immacolata Concezione (attualmente trasferita sulla parete destra per poter permettere la visione dell’affresco sottostante) e la Crocifissione, entrambe del durantino Domenico Peruzzini.

Crocifissione

Domenico Peruzzini, Crocifissione

 

La prima era posta sin dal 1631 alla venerazione nell’altare di sinistra: dopo un restauro comparì in basso a destra il semibusto di un’anziana nobildonna in devota preghiera, ovviamente l’offerente, indicata dal distico latino dipinto sul fronte del gradino ligneo dell’altare che dice: "QUID MIRUM HAEC ICON SI TAM PRETIOSA REFULGET / ORNATRIX HUIC MARGARITA PANETIA PERSTAT". Si tratta di Margherita Panezia (figlia di Orazio Gatti, appartenente alla prima nobiltà durantina) che, raffigurata con abiti scuri, funge da mediatrice tra lo spettatore e l’immagine dell’Immacolata che poggia i piedi sulla mezza luna ed è attorniata da una serie di angeli ripresi dal campionario di Federico Zuccari.  L’apparato ligneo dell’altare destro è sovrastato dalla scritta "Mors mea vita tua" ed ospita una

Immacolata Concezione

Domenico Peruzzini, Immacolata Concezione

 

Crocifissione con ai  lati della croce la Vergine e San Giovanni Evangelista, tela nella quale è evidente una monumentalità che conferisce alle sacre immagini un’altissima dignità. I due dipinti andarono a coprire due affreschi, uno raffigurante la Madonna con Bambino e i Santi Francesco, Ambrogio, Chiara e Orsola con le Vergini, l’altro una Crocifissione; il primo si trova ancora oggi in loco, sulla sinistra, ed è stato assegnato a Timoteo Viti in virtù dell’indicazione vasariana che lo segnalava attivo a Casteldurante, anche se potrebbe essere stato eseguito più tardi da un artista in parte influenzato da Raffaellino del Colle allora presente nella cittadina. Il secondo, di Giustino Episcopi, è stato invece strappato e collocato nel Museo Diocesano: esso fu dipinto sopra un ulteriore affresco raffigurante l’Adorazione dei Magi realizzato a fine Trecento; della Crocifissione cinquecentesca è ancora visibile la sinopia. Quando la chiesa fu rimessa a nuovo, nella prima metà del Seicento, venne così coperta una delle fasi più felici dell’arte manierista locale che in quel contesto si esprimeva attraverso l’attività di Giustino Episcopi e di Lucio Dolci. Alle soglie del nuovo secolo, nel 1601, ormai morto il Dolci ed essendo l’Episcopi anziano, fu chiamato a dipingere nel monastero, forse anche per la parentela con una suora, un altro importante artista durantino, Giorgio Picchi, attivo a Roma, in patria e in numerosi altri centri dove aveva già realizzato le sue opere più importanti (morì nel 1605), caratterizzate da un uso particolarmente vivace del colore e da una grande espressività. Tali affreschi furono scoperti da don Corrado Leonardi dopo che nel 1975 le monache lasciarono il convento per stabilirsi sul colle dei Cappuccini, dove tutt’oggi si trovano, nel monastero un tempo dei Padri Cappuccini. Sul fondo della chiesa è conservata una lastra commemorativa della famiglia Ubaldini che sottolinea il rapporto intercorso con la vita religiosa della cittadina. Il Monastero annesso attualmente ospita una Istituzione scolastica e reca ancora tracce notevoli attraverso la sua stessa struttura architettonica e dipinti murali della storia passata.