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I Brancaleoni

Di questa nobilissima Famiglia molto si è scritto e stampato in addietro: Don Antonio Tarducci ha tentato scoprirne l’origine e tesserne la genealogia nella sua opera - Piobbico e i Brancaleoni -.  Noi lasciando in disparte ogni discussione possiamo asserire con fondamento, che i Brancaleoni Ripensi e Durantini riconoscono la loro origine dai Conti di Piobbico e di Rocca Leonella. Il primo di cui si abbia memoria è Alberico vissuto alla fine del XII secolo; egli signoreggiò su Castel delle Ripe ed a lui il Sindaco di Città di Castello richiese il dazio annuo dovuto dai Ripensi a questo Comune; Alberico rispondeva esser pronto a pagare, ma pretendeva che Castello stesse ai patti firmati nel 1211. Nel comando di Ripe gli succedette il figlio Oddone e, dopo questi, il nipote Monaldo del quale si conservavano nell’archivio Mattarozzi due piccoli sigilli ritrovati dopo qualche secolo nel suolo ove era fabbricato Castel delle Ripe. In uno leggesi "Signum Monaldi D.ni Oddonis de Ripe"; nell’altro: "S. Monaldi de Castro Riparum ". Uno di essi rinvenuto qualche anno fa da un antiquario del paese, fu riscattato e depositato nell’Archivio segreto del nostro Comune. Al tempo dell’ edificazione di Casteldurante troviamo Monaldo non già signore del nuovo paese, ma rivestito di tanta autorità da essere primo tra i consiglieri e con lui vediamo il cugino Brancaleone di Armanno trattare i più vitali interessi della Comunità Durantina, come è stato già accennato. Monaldo, chiamato il Pater Brancaleonum Durantinorum fino dai primi giorni del Castello, dovizioso qual’era aveva fabbricato un grande palazzo per la sua dimora, posto parte sopra le mura castellane di ponente e parte sopra quelle a nord sul Metauro. Ne troviamo cenno in un rogito Parisi del 31 luglio 1296: "Primirano di Guido promette di dare e consegnare entro l’agosto a Monaldo  del Sig. Oddone in Castel Durante sei mila mattoni ben cotti per 30 soldi al mille". Che il palazzo fosse grandioso e forte prova il fatto di avervi eretto un torrione o bastione col suo ponte levatoio. Infatti il 30 agosto 1307 il Comune durantino e il Signor Grazia di Giacomo di Città di Castello capitano in Casteldurante prendono a mutuo 80 libbre in denari per rendere di diritto pubblico comunale torrionem et pontem domus Munaldi. Figli di Monaldo furono Brancaleone e Francesco (che poi fu Vescovo di Camerino) e Capoleone. Quest’ ultimo lo si trova presente soltanto nei privati affari di famiglia, mai s’ interessò di pubbliche faccende. Francesco, invece, anche dopo la sua elezione all’Episcopato, si vede spesso in patria nel maneggio della pubblica cosa. Brancaleone, detto anche Branca, è chiamato nei documenti il magnifico uomo potente e il grande condottiero, e passò la sua giovinezza e la virilità nell’esercizio delle armi. Da Caterina di Magio di Petramala, sua sposa, ebbe cinque figli: Paola maritata a Pandolfo Malatesta, Antonio di cui restano poche memorie, Nicolò-Filippo, Pierfrancesco e Gentile. Quest’ ultimo fu padre di Bartolomeo feudatario di S. Angelo in Vado e di Mercatello, dove la moglie Giovanna Alidosi eresse al marito il bel mausoleo nella Chiesa di S. Francesco che tuttora si ammira. Brancaleone, dopo aver dato il suo braccio e militato a pro della Chiesa, circa la metà del sec. XIV ottenne dal Papa, per sè e figliolanza, la Signoria di Casteldurante e di altri luoghi della Massa Trabaria. In questa elargizione non era compreso Mercatello, che più tardi, cioè nel 1361, il Branca comprò dal Legato Pontificio per cinquemila fiorini d’ oro, tanto è vero che non avendo egli in pronto tutta la somma, nel mese di maggio mandò il figlio Antonio a Firenze a prendere a prestito 500 fiorini. Ma venuto in Italia quale Legato il Card. Albornoz con la precisa volontà di purgare lo Stato Pontificio da tanti signorotti che la facevano da padroni assoluti, il Brancaleoni subornato dai Signori di Pietramala donde aveva tratta la sposa, strinse alleanza coi ribelli della Chiesa. Il Legato allora volle il Branca in Ancona dove, unitamente al figlio, lo tenne prigioniero fin dopo la sottomissione di Casteldurante. Soltanto dopo la morte dell’Albornoz (23 agosto 1367) il Brancaleoni  poté tornare alla Signoria della sua patria, mantenendovisi fino al suo decesso che accadde intorno al 1380, anno in cui il comando passò ai suoi tre figli Nicola - Filippo, Pierfrancesco e Gentile (Rog. Bart. Tani). Nicola - Filippo aveva condotto in moglie Elisabetta figlia di Cione Marchese di Monte S. Maria che  gli aveva partorito tre figli: Galeotto, Capoleone e Rengarda; da Caterina, sua seconda sposa, n’ebbe altri tre: Ermanno, Alberico e Venanzia . Ermanno fu il primo Abbate Comm. di S. Cristoforo e vescovo di Imola; Galeotto, il primogenito, datosi in giovane età alle armi divenne valoroso capitano di ventura. Gentile Brancaleoni aveva impalmato Agnese di Federico di Montefeltro, da cui ebbe figli: Capoleone, Luigi e Bartolomeo. Quest’ ultimo, nelle divisioni coi cugini (febb. 1413), si ebbe la signoria di S. Angelo in Vado e di Mercatello. Giovanna Alidosi di Imola sua moglie gli partorì Gentile che andò poi sposa al grande Federico di Urbino, oltre un’altra figlia Piera morta in giovane età. Pierfrancesco sopravvissuto a tutti i suoi fratelli, fu il più illustre della schiatta. Non dovevano essergli  mancati in giovane età forti studi che, uniti a un bell’ingegno, gli aprirono poi l'adito alle più alte cariche e dignità fino a giungere ad essere Senatore di Roma e di tanta autorità presso la Curia Romana. Già, fin dal 30 aprile 1394 anno 6°, Bonifacio IX gli aveva concesso con bolla la rettoria di Casteldurante, Sassocorvaro, S. Angelo in Vado, Montelocco, Montemaggio, Sorbetolo, Arsiccio, Lunano e Petrella di Massa, e perché dalla sua consorte, figlia di Nolfo di Montefeltro, ebbe un solo figlio, Lamberto, premorto al padre, dispose in modo che degli stessi suoi diritti fossero investiti i nipoti Galeotto del fu Nicola-Filippo e Copoleone di Gentile. Fu Pierfrancesco che ottenne al nipote Ermanno la Commenda della nostra Abbazia e poi il Vescovato di Imola. A lui dobbiamo lo smembramento dalla diocesi urbinate di tutto il territorio durantino, vadese e di Sassocorvaro (anno 1402). Non ci fu possibile stabilire la data della morte di Pierfrancesco, ma l’ultimo atto che di lui ci resta, è del 23 febbraio 1403, col quale egli con tutti i suoi nipoti, di cui era tutore, vende al Comune di Durante due poderi ed altri terreni al fine di tacitare definitivamente il Monastero di S. Cristoforo per certe pensioni e diritti rimasti ancora in piedi. Deceduto Pierfrancesco gli erano sopravissuti tre soli nipoti: Galeotto, Alberico figli di Nicola e Bartolomeo di Gentile; a questi erano passati i diritti di signoria su Casteldurante e su parte della Massa Trabaria. Ma, come era da prevedersi, mancato il senno e l’esperienza del vecchio, venne meno anche l’accordo fra loro e si videro costretti alle divisioni. A Bartolomeo toccò il dominio di S. Angelo in Vado e di Mercatello, agli altri due quello di C. Durante, Sassocorvaro, Lunano, Monte Locco ecc. Galeotto ed Alberico, cresciuti di potenza e di ricchezze anche per i lasciti fatti loro nel 1414 da Giovanni di Oddone Brancaleoni morto senza prole, non furono più i padri amorevoli dei popoli, come lo erano stati i loro antichi, ma con insoliti balzelli, con prepotenze vessavano i loro sudditi. Ma Dio, vindice dei popoli oppressi, fiacca ben presto la tracotanza dei tiranni e li atterra. Nel corso di queste memorie vedremo qual fosse la fine ingloriosa di questi ultimi Brancaleoni.