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Le prime fabbriche

Che l’Abbazia di S. Cristoforo fosse, fin dal sec. XI, grandiosa, solidamente fortificata ed atta a resistere alle continue incursioni nemiche di quei fieri tempi medioevali, è fuori d’ogni dubbio; lo prova il fatto che, i limitrofi nemici, assaltarono più volte Castel delle Ripe e finalmente la distrussero, ma non azzardarono cozzare col Cenobio benedettino potentemente difeso dalla natura e dall’arte. Né si dica che, in quei tempi, si rispettassero chiese e monasteri per puro sentimento religioso, giacché ne abbiamo un esempio non lungi da noi nella Badia di Gaifa che fu rifabbricata dopo essere stata bruciata per ben due volte. Quando il 1° settembre 1284 (come vuole la tradizione) si inaugurò Casteldurante, l’abitato era tutto chiuso nell’ambito dell’antica cinta monastica; verso il 1320 le mura a mezzogiorno vennero spinte più avanti verso il fossato Maltempo. Sotto tali mura era stata allora scavata una profonda fossa tenuta costantemente piena di acqua. Nello spazio dietro codeste mura, a terrapieno, si fabbricarono abitazioni che, incominciando dal vetustissimo Pontevecchio, si stendevano su su fino alla rocca, formando il Borgonuovo che continuò a chiamarsi così fino al sec. XIX: né ciò meravigli perché "Case Nuove" chiama ancora il popolo quelle case che, ai piedi del colle dei Cappuccini, si dicevan "Nuove" anche ai primi del sec. XVII, mentre continuò a dirsi "di porta nuova" il ponte sul Metauro eretto nei pressi della chiesuola di S. Pietro e che pur fu costruito nei primi del ‘300. Il Borgo terminava verso la fortezza con una vasta piazza, in mezzo alla quale era una capace cisterna o pozzo il cui parapetto ottagonale rinnovato nel ‘500 a riquadri di travertino era decorato con gli stemmi del Duca e di famiglie imparentate ai Rovereschi. Tre erano le vie principali di Casteldurante, cioè quella che noi oggi chiamiamo Via Garibaldi, il Corso e l’altra che dalla casa Amantini (via Bramante Lazzari) filava dritta fino a Portacelle comprendendo l’attuale via Filippo Ugolini. I costruttori bolognesi avevano date a queste strade la caratteristica delle loro città munendole tutte di portici e loggie tanto a destra quanto a sinistra, cosa comoda in verità pei giorni di maltempo, ma che rendeva oscure ed estremamente anguste le nostre vie cittadine. Quattro erano le porte che chiudevano la Terra ed ogni porta aveva il suo baluardo o torrione di difesa: Porta superiore o del Barco, anticamente detta di S. Cristoforo, col ponte levatoio, fatta atterrare da Lorenzino de Medici nel 1518. Rifatta poco appresso aveva nel suo interno l’affresco del Santo Patrono. Rimessa a nuovo nel 1620 su disegno di Pierfrancesco Leonardi ad onore di Claudia de Medici sposa al Duca Federico Ubaldo, venne demolita mezzo secolo fa, ma ne rimane il disegno nel sipario del nostro Teatro Bramante. Porta di Pontevecchio, fu abbattuta intorno al 1865 allorché fu costruita ed aperta l’attuale via conducente al cimitero ed a Fermignano. Da qui partiva la strada ancor allora chiamata del Castagnolo, che dopo breve tratto si biforcava: l’una saliva il monte, per poi discendere a Piobbico, l’altra per Rimaia (rivo maio) costeggiava la ripa destra del Metauro, per S. Maria del Borgo, conduceva ad Acqualagna. Questa è stata per quasi trecento anni la via battuta dal postino o postiglione, sin da quando (nel 1587) fu istituito un regolare servizio postale tra Casteldurante ed Acqualagna. Porta Celle fu distrutta invece nel 1849, allorché il ponte antistante venne rialzato di Otto piedi. La porta aveva in alto uno stemma in pietra che ricordava i Gesuiti, le celle dei quali erano sparse qua e là lungo la ripa sinistra del fiume. Porta Nuova verso il sobborgo di S. Maria Maddalena. Si chiamò così perché posteriore alle altre di una cinquantina d’ anni; nella parte superiore vi abitava una famiglia. Rozza e ridotta in istato deplorevole fu abbattuta ai nostri tempi. Altra porta - detta Porta Franca - conduceva al molino dell’abbazia, ed era situata all’imbocco del molino Negroni (oggi distrutto). Otto erano i custodi delle porte del paese modicamente retribuiti dal Comune e provvisti d’alloggio gratuito in locali contigui alle porte predette o sopra le porte stesse. Avevano inoltre qualche incerto o donativo di pedaggio ed, in occasione di colera o di rumori di guerra o di banditi, si accresceva loro la paga acciò raddoppiassero la vigilanza. I PONTI - Ponte vecchio sul torrente Maltempo, unico e di veneranda antichità fu quello da cui ebbe il nome l’Abbazia detta appunto Badia di S.Cristoforo del Ponte. Nell’aprile del 1539 il Comune commette a Mastro Guido Zandrini di rifare dalle fondamenta il pilastro versus Castagnolum e condurvi l’arco. In quella circostanza - come riferiscono cronache scritte - fra le altre monete del tempo, fu collocato nelle fondamenta del pilastro centrale del ponte, anche un esemplare della rarissima medaglia onoraria con la nota scritta: Ponte di Porta Celle in origine m. 2,60 al di sotto del presente è, al pari d’ora, d’un solo arco e che (come vuole la tradizione) i Serenissimi Duchi si prendevano vaghezza di chiudere con serracinesca, per poi in barchetta andare dalla Corte al loro Parco. A questo fine avevano fatto scavare a scalpello un foro nello scoglio perché non mancasse l’acqua al molino. Dal ponte di Porta-celle l’odierna strada maestra che conduce in Urbino fu aperta nel 1816, detto dal popolo l’anno della fame. L’altra via che va al Peglio, da qualche secolo aveva un altro ponticello chiamato dei Campiresi o dell’Arcavata (anticamente dell’ Orocavato).Ponte di S. Maria Maddalena o di Porta Nuova. Antico quanto Casteldurante, a principio doveva essere ponte levatoio che la sera si alzava per essere abbassato al mattino. Circa il 1325 fu fatto a muratura. Il viandante, appena passato il ponte, aveva alla sua destra l’ospedale del fuoco sacro; a manca la strada detta della Via Crucis (ora via Casteldurante). In cima all’abitato la strada si bipartiva: quella a sinistra, fino al 1650, costeggiava le alte ripe del fiume e finiva a Portacelle. Lungo questa via erano alzate 14 Colonnette con le stazioni della Via Crucis, mentre l’altra strada saliva il monte della Cittadella e conduceva, con strada breve ma disagevole, in Urbino. Dal ponte di Portanuova aveva principio la via che, costeggiando le pendici del Castellano e dei colli successivi, portava a Fermignano, incontrando due ponti sul Metauro, l’uno detto di Vallecorta di rimpetto a S. Lazzaro, l’altro in località detta oggi del Muraglione ed allora chiamato Ponte delle grate. Dove c’era il Tirò a segno Nazionale, trovavasi un grosso macigno caduto ab immemorabili dal colle sovrastante chiamato dal popolo - Il sasso di S. Carlo - perché ricordava il luogo ove il Duca Francesco M.a II si accomiatò da S. Carlo Borromeo venuto nel 1579 a Casteldurante. Il macigno fu sfaldato nel 1866 per massicciare la nuova strada provinciale conducente a Fermignano epoca in cui fu eretto l’attuale ponte che noi chiamiamo dell’Asilo, contiguo com' è all’Asilo Infantile cittadino. I primitivi edifici eretti nel Paese furono il Palazzo Comunale e quello dei Brancaleoni, de’ quali si farà cenno in appressò.