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Mons. Guglielmo Durante

Il fondatore della patria nostra fu uno dei più dotti e più celebri giureconsulti del sec. XIII. Francese di nascita, ben presto lo si vide in Italia lettore di diritto canonico in Modena. Eletto Papa Clemente IV della stessa provincia Narbonese, Guglielmo sali di dignità in dignità, prima canonico di Narbona, poi, al tempo di Gregorio X, Cappellano Pontificio, Uditore del S. Palazzo, Legato papale al ConciIio di Lione, finalmente nel 1286 eletto Vescovo di Mende, Rettore Generale della Romagna, di Toscana, Bologna, Urbino e Massa Trabaria. Morì nel 1296 e fu sepolto in Roma nella Chiesa della Minerva, lasciando opere insigni di diritto da meritarsi il titolo di Speculatore. Per quel che riguarda i nostri luoghi, sappiamo come l’arcidiacono eletto nel 1276 Rettore della Marca, Bernardino di Narbona, appena insediato, si associò in qualità di Uditore il concittadino canonico Durante già di costumi italiani e bene addentro negli affari politici del tempo. Da una pergamena lacera della Biblioteca Gambalunga di Rimini, conosciamo che, il 18 settembre 1278, il Comune riminese giura fedeltà alla Chiesa Romana nelle mani di Guglielmo Durante. Appena distrutto Castel delle Ripe i maggiorenti degli scampati corsero solleciti a presentare le loro querele al Rettore Pontificio, implorando a gran voce pronto e valido soccorso. Questi inviò subito il suo Uditore a rendersi conto delle urgenti necessità e a provvedervi. Ed ecco Mons. Durante, per la prima volta, accolto come salvatore dei disgraziati ripensi riparati alla peggio o sotto le piante del bosco monastico o in trabacche improvvisate. Era ben giusto che un popolo così funestato dai ghibellini per la sua mai smentita fedeltà alle Somme Chiavi, trovasse nel Legato Pontificio il benefattore insigne, il padre comune a tergere le copiose lagrime dei figli. Reggeva allora il monastero di S. Cristoforo l’Abbate Oddone, uomo, (si rileva dai documenti e dai fatti) di grande senno e di cuore magnanimo; egli, come già aveva accolto le famiglie ripensi entro il recinto del fortificato suo Cenobio, così, alle richieste di Mons. Durante di rialzare il paese attorno al monastero, annuì prontamente, cedendo subito il terreno boschivo e coltivato senza avanzare pretese di sorta. Accettata l’offerta a nome della Chiesa di Roma, il prolegato deve aver lasciati i nostri luoghi, per riferire il tutto al suo Superiore e provvedere idonei mastri e fondi necessari a tanta opera. Molto probabilmente il Legato Pontificio soggiornava allora in Bologna, dove giunto Mons. Durante, e presi i dovuti accordi, scelse una forte compagnia di mastri muratori bolognesi che spedì tosto a rifabbricare il paese. A capo di costoro doveva esser quel mastro Gilio de Bononia che già vedemmo teste nel 1284 nell’accordo tra l’abbate e la costituita Comunità durantina. Mons. Durante tornò ben presto tra i nostri con ampli poteri e fornito di mezzi sufficienti alla grande impresa. Sotto la sua personale vigilanza sorsero le prime fabbriche, si tracciarono le prime piazze. E mentre egli curava l’assetto edilizio del nuovo paese, riuniva le sparse membra della Comunità, nominando la prima Magistratura coi suoi ufficiali che reggessero la pubblica cosa, sempre però a nome della Chiesa Romana e sotto un giudice da lui eletto. Nominato il Durante Rettore Generale di Romagna, della Città e Distretto di Urbino ecc, lasciò il nuovo paese dopo avergli dati i primi statuti. Ma però anche dall’alta nuova carica, guardò sempre con occhio di specialissima predilezione il Castello del suo nome e della sua tenerezza. Tanto è vero che, anche il 15 maggio 1290, da Rimini, spedì un ampio diploma in cui, lodata l’integrità e la devozione dei Durantini alle Somme Chiavi, concede loro la piena facoltà di presidiare la rocca del Castello e gli altri luoghi forti del contado, di percepire le multe inflitte ai danneggiatori delle campagne, la capacità giuridica di eleggersi il proprio notaro e il camerlengo, proibendo sotto gravi pene ai podestà o vicari di prendere possesso o ingerirsi nella custodia della fortezza. Mons. Durante a dirimere poi ogni futura occasione di conflitto con la vicina Urbino, usando de’ suoi alti poteri, staccò definitivamente dal contado urbinate il territorio durantino determinandone i confini. Per questa ragione gli atti della fine del sec. XIII e di tutto il XIV, allorquando si parla dei terreni e luoghi compresi entro i limiti del nostro Comune, scrivono: in comitatu olim Urbini.