Torna alla Home Page         Torna a storia e arte di Urbania         Torna a libro Casteldurante-Urbania

 

Notizie tratte dagli Archivi Comunali

Secolo XIV

I libri di Riformanze o Atti Consigliari del Comune durantino giunti fino a noi cominciano nel 1504 con qualche interruzione, per questo ben poco sappiamo della vita cittadina dei primi due secoli del nostro paese. Qualche rara notizia ci hanno tramandato incidentalmente, gli antichi notai che io ho raccolto fra i molti loro volumi e appuntate in queste carte.

1300. Ogni forestiero che venisse ad abitare in Durante, dopo averne ottenuto l’ autorizzazione dal potestà e dei priori, davanti ai medesimi prestava giuramento " di essere guelfo e mantenersi tale, nonché soggiacere a tutti gli obblighi gravanti gli altri cittadini ".

1338. —  In quest’anno terminò la lite che si trascinava da quarant'anni tra la Comunità nostra e quella dell’Orsaiola per i confini del loro rispettivo territorio. Di comune accordo si fecero le divisioni e posti i termini.

1357. Negli ultimi di aprile di detto anno fu tenuto un Parlamento Generale in Fano, dove l’Albornoz fece leggere, approvare e pubblicare il libro da lui stesso composto delle Costituzioni dèlla Marca, dette poi in suo onore Costituzioni egidiane, monumento insigne della sua portentosa intelligenza e sapienza giuridica. Tale codice andò subito in vigore e (con poche modificazioni) resse le nostre province fino al secolo passato. In virtù di tali leggi sapientissime le città dominate dall’ Albornoz si mantennero nella maggior libertà, poiché fu posto valido freno alle prepotenze dei signorotti, stabilendo che si scegliessero ad officiali dei Comuni persone atte e prudenti. Nessuno degli eletti dal popolo poteva rifiutare la carica e, se fossero fuggiti, dovevano essere dipinti, a lor vergogna, nel palazzo del Comune. Proibì le cause giudiziali in tempo della mietitura e della vendemmia e chiamollo tempo feriato. Ogni città e terra doveva tenere sulle porte, nella piazza e sulla facciata del Comune lo stemma della Chiesa e del Pontefice regnante. Infrenò le cupidigie dei potenti, sollevò i miseri e leggi severe emanò pure per gli ecclesiastici, che desiderò e volle lontani dalle crapule e dagli scandali e specchio di virtù. Fu legislatore lealissimo che riconosceva abusi da qualunque parte venissero e li volle repressi tanto se fossero opera di laici quanto di religiosi. Non appartenne a quella schiera, purtroppo non piccola, che, per zelo interessato o malintesi, cerca sempre di coprire ogni abuso e crede di avervi ben provveduto, quando tutto ha nascosto. Nel Castello di Buon Riposo, presso Viterbo, l’Albornoz colpito da pestilenza il 21 giugno 1367 rese la grand’anima a Dio. Il trasporto della sua salma da Viterbo a Toledo di Spagna fu un vero trionfo. Il Pontefice accordò l’indulgenza plenaria a quei che ne avessero portata la bara e tra essi vi fu il Re di Spagna coi suoi grandi. Dove passava il feretro si celebravano solenni esequie, e, per indulto papale, fu tolto da molti luoghi, per la circostanza, l’interdetto.

1359. Tra Nolfo Signore di Urbino e i Brancaleoni durantini avvenne una furiosa battaglia nei piani di S. Giorgio con la perdita di questi ultimi e con la morte di molti durantini, tantoché non ritrovavasi più alcuno che rogasse testamenti e atti notarili. Si noti che in questi tempi in Durante molti erano i notari ed erano chiamati tali quanti sapevano leggere e scrivere correttamente, avendo buona cognizione delle leggi vigenti e dopo aver subito un esame presso qualche Collegio di Dottori e più tardi presso il Collegio di Urbino instituito dal Duca Guidobaldo I (Decreto 26 - 4 - 1506).

1362. Giovanni de Coccha o de’ Buratellis vicario in Durante ottiene facoltà dall’ Uditore di S. R. Chiesa di poter punire i giocatori, i portanti armi, i preti delinquenti e quanti fossero trovati la sera fuori di casa dopo il terzo suono della campana.

1363. L’Albornoz, ottenuta con la forza la resa di Casteldurante obbligò un uomo per ciascuna famiglia, ad entrare nella milizia in difesa dei diritti della Chiesa Romana.

1367. Il Consiglio durantino dei Sessanta deputa suo procuratore Antonio Brancaleoni per assistere al Parlamento in S. Angelo in Vado davanti al rettore di Massa Trabaria per difendere i diritti della Terra nostra.

1368. Aldimaro di Agrifoglio, Rettore della Massa Anconitana e del Contado già di Urbino, concede ai durantini alcuni privilegi. Altro diploma confermante le esenzioni di cui erano stati arricchiti dal Mons. Durante venne rilasciato dal Card. Egidio Albornoz.

1371. Viene fatto ed approvato il primo Catasto di C. Durante.

1374. Cecchino Leonardi Bentivegna durantino è eletto connestabile del Comune di Firenze, mentre altri due concittadini cioè Gioacchino di Ser Cecco e Francesco di Gerio Nicolutio venivano nominati Connestabili di S. R. Chiesa.

1377. Dinnanzi al Commissario del Legato della Marca Anconitana Card. Anglico, si agitò una lunga causa tra il Comune Durantino e la Tesoreria Apostolica, la quale pretendeva la metà delle multe provenienti dalle condanne. La sentenza arrise al nostro Comune in forza di privilegi ottenuti in antecedenza.

1378. C. Durante contava in quest’anno 507 fuochi o famiglie. Ognuna di esse pagava 50 soldi per una tassa detta "sussidio ". A fine d’ anno il Comune ne percepiva 211 fiorini d’oro e 15 soldi.

1383. Una terribile epidemia colerica invase in quest’ anno l’Italia settentrionale e la centrale. Il Muratori narra che, nella sola città di Venezia, morirono circa 56.000 persone. Il territorio nostro non fu risparmiato, anzi, da un codice della Cancelleria Vescovile, risulta che la peste mieté moltissime vittime sì da distruggere intiere famiglie. Quattordici poderi dati a fitto dai Benedettini di S.Cristoforo, tornarono al Monastero propter generationem finitam tempore mortalitatis presentis anni.

1387. Il Magistrato durantino, per 63 fiorini d’ oro e 40 soldi, dà in appalto a Mascio di Ser Vanni la tassa di pedaggio da riscuotersi da tutti quelli che passeranno per Durante o suo territorio: due terzi di essa andavano a beneficio del Comune, un terzo ai Brancaleoni. Allo stesso Ser Mascio si appalta la tassa per l'uso della stadera comunale per tre fiorini e 14 danari. Altri due cittadini, invece, assumono il diritto della mina e dei crivelli comunali per 14 fiorini, nonché il diritto di raccogliere gli stracci per 16 fiorini e 40 denari.

1388. Gli atti legali del tempo chiamano Pierfrancesco e Gentile Brancaleoni difensori, governatori e vicari per la S. R. Chiesa di Casteldurante, di alcuni Castelli di Massa Trabaria, del contado già di Urbino, e luogotenenti pel magnifico Nicola-Filippo, rettore di Massa.

1388. Il Comune durantino da 12 anni non aveva pagato l'annuo censo dovuto alla Tesoreria Papale, per questo il paese era stato scomunicato. Il Card. Andrea di S.Marcello, venuto fra noi, e riscossa l’ arretrata pensione, sciolse la Comunità dalle censure. La scomunica era allora la pena maggiore che la Chiesa infliggesse ad uno Stato o Città ed anche a singole persone. A funebri rintocchi veniva chiamato il popolo nel tempio, dove il Superiore ecclesiastico dal pergamo leggeva la bolla della scomunica, poi in un gran vaso posto in mezzo alla Chiesa si spegnevano l’una dopo l’altra le candele sull’ acqua benedetta. Licenziato il popolo si chiudeva il tempio ed ogni festa o solennità, ogni funzione pubblica era proibita, nessun Sacramento veniva conferito se non privatamente; non più squillo di sacri bronzi, non pompe funebri di sorta, non pubblica benedizione di nozze.

1396. È Istituita la fiera di S. Cristoforo. I merciai accorrenti non pagavano gabella di sorta. Potevano affluire liberamente da qualunque località, eccezione fatta di fatta di banditi e di uomini di mal’ affare.

1398. La Repubblica di Firenze domanda ai Podestà ed ai Priori durantini quattro notari, de’ quali due per adibirli al servizio del Podestà fiorentino, uno alla Curia del Capitano del popolo, l’ altro all’ Esecutore della giustizia. Il magistrato nostro, 13 giorni dopo, manda i notari richiesti, ringraziando dell' onore che si faceva al paese e donando al mazziere fiorentino, venuto per la richiesta, un braccio di panno scarlatto.

 

Secolo XV

1400. Non siamo sicuri che famiglie ebree avessero stanza permanente in Durante. La popolazione nostra fu loro sempre ostile, pur tuttavia, fin dai primi di questo secolo, s’ erano infiltrati nel Castello diversi di costoro provenienti da Urbino, da S. Angelo in Vado ed anche da Arezzo e, approfittando delle necessità paesane, prestavano denari con forte usura, tenevano a pegno oggetti preziosi, tanto che lo stesso nostro Comune, nelle sue frequenti strettezze, era piombato sotto le loro grinfie. Durante tutto questo secolo i tribunali ebbero filo a torcere in riguardo degli Israeliti che, senz’ombra di coscienza, vessavano la povera gente afflitta dalla miseria e da circostanze luttuose. A nulla valsero le grida dei provvidi Duchi, a nulla approdarono i lamenti anche clamorosi del popolo. Il vanto d'aver tolto il paese dalle unghie giudaiche lo dobbiamo ai francescani, quando, a loro impulso, si eresse il S. Monte di Pietà.

1407. In una nota di spese comunali troviamo: A Lamberto Brancaleoni andato a Fermo per visitare il Marchese (Marchese d’Ancona Ludovico Migliorati, Signore di Fermo) duc..... A un nunzio dei fiorentini, venuto in Durante a notificare l’ acquisto di Pesaro fatto dai fiorentini, donate 12 braccia di panno scarlatto. Spese circa lire 6 per 14 libbre e 8 once di polvere da bombarda comprate a Morciano. Nello stesso anno la Comunità di Pesaro annuncia ai nostri d’avere istituiti per la festa di S.Pietro martire nuovi giochi di bersaglio, cui possono concorrere quanti sono pratici nell'arte del saettare. Chi coglierà nel segno avrà il premio di un panno rosato del valore di 25 ducati.

1413. — Per gli atti Clavari vadese: i Brancaleoni durantini divisero l’avito dominio. Ad Alberico e Galeotto toccò Casteldurante e suo distretto: a Bartolomeo S. Angelo in Vado e Mercatello. Ognun d'essi fece bando che non fosse lecito ai loro sudditi entrare nella giurisdizione dell’ altro, pena la confisca dei beni.

 

1424. — Sino a quest’ anno il Rettore di Massa Trabaria risiedeva in S. Angelo in Vado, considerata capitale della predetta Provincia. Casteldurante ,già de Comitatu Urbini, ne era fuori. Ora per decreto del Montefeltro (non ostante le continue opposizioni dei vadesi) la Terra nostra venne dichiarata capitale di Massa, e da allora il Rettore ebbe il titolo di Commissario e doveva risiedere col suo cancelliere in C. Durante e giudicare le cause di tutta la Provincia.

1429. Bolla di Papa Martino V con cui, riconoscendo solennemente C. Durante alle dipendenze della S. Sede con tutto il territorio e libero da qualsiasi altra potestà, l’assume sotto la diretta protezione di S. Pietro e della Sede Apostolica e l’ erige in Contea, volendo che quanti saranno a capo di esso abbiano e gli si riconosca il titolo di Conte.

1430. Il Conte Guidantonio di Montefeltro, che da sei anni aveva ottenuto il governo di C. Durante, nel febbraio di quest’anno con 600 pedoni andò in campo contro i Brancaleoni e tolse loro Sassocorvaro, Lunano e Montelocco che ancora rimanevano in loro mani.

1442. Nell’ agosto del presente anno il Comune spende sette bolognini pro reducendis nottis tempore nostris colonis, il che fa supporre che, per la generale carestia, i contadini avessero abbandonato in massa i loro terreni.

1444. Nella villa della Stretta nasce Donato di Angelo detto BRAMANTE il sommo Architetto: è battezzato nella Pieve di Monte S. Pietro. È questa la verità storica proclamata dal Vasari e dal Serlio scrittori contemporanei al nostro Grande; e questa la non mai interrotta tradizione nostra confermata dall' analista durantino Flaminio Terzi vissuto non più di cinquant' anni dopo la morte di Bramante.

1449. Il Comune registra la spesa per honorare la venuta  di Ludovico del Medico durantino. Egli tornava in patria ad esercitarvi la professione di farmacista, detta allora aromentaria; i suoi nipoti Betto e Girolamo Medici furono insigni architetti ed ingegneri militari.

1450. Circa questo tempo si stabilì in Durante la nobile famiglia detta Teutonica assumendo dal luogo di origine il cognome. Da questa ebbero i natali valentissimi uomini che tanto onorarono la patria adottiva. Altra illustre prosapia, quasi coeva, prese fissa dimora tra noi: quella dei Piccolpasso. Oriunda da Bologna, il capostipite Cipriano nel 1480 era notaro durantino; il nipote, dello stesso nome, fu veramente celebre e come architetto militare e come trattatista dell’ arte della maiolica. Di lui ha trattato in più lavori e con vera competenza il Prof. Liburdi.

1466. Un ducale decreto raccomanda caldamente ai durantini la guardia assidua alle porte del paese e alla torre di palazzo per timore di nemiche incursioni e per guardarsi dal contagio.

1468. I priori dei Peglio pregano la Comunità nostra di potere avere accesso in Durante per la fiera di S. Luca.

1472 (27 aprile). Con solennità grandiosa il popolo nostro accoglie il Card. Bessarione il quale, accompagnato dal Duca e da magnifico corteo, è apportatore dell’ insigne Reliquia della S. Spalla di S. Cristoforo ancor conservata nella nostra Cattedrale.

1473. Bandi vari del Podestà con cui si comminano gravi pene ai bestemmiatori, ai detentori di armi, a quanti buttano immondizie dalle finestre, non meno che ai giocatori di Riffa e Perdevenga

1483 - 1486. In questi due anni infierì nei dintorni la peste bubbonica. La Comunità, per esserne preservata, fa voto di andare in pellegrinaggio al Santuario di Loreto. In particolari necessità era molto in uso il pellegrinaggio a qualche rinomato Santuario. Si andava a piedi, preceduti di qualche ora da un cavaliere annunciante alla città o paese più vicino dove i pellegrini si fermavano per rifocillarsi o per dormirvi. Poi veniva dietro il grosso degli uomini portanti indosso un distintivo comune sotto un vessillo o stendardo che apriva il corteo. In coda era un carro su cui si caricavano le vettovaglie o per raccogliere qualcuno che ammalasse durante il tragitto. Prima di giungere alla città o paese di tappa venivano incontrati dai trombettieri del luogo, dove, celebrate alcune funzioni, si depositava il labaro per riprenderlo la mattina seguente e rimettersi in cammino. Giunti al Santuario, salmodiando lo percorrevano ginocchioni, iniziando cosi le loro funzioni solenni.

1497 (26 gennaio). Papa Alessandro VI, scrivendo ad Ottaviano Ubaldini Luogotenente del Duca di Urbino Guidobaldo I, gli parla del conflitto tra le genti papali e i nemici Orsini e Vitellozzo presso Bassano con la perdita delle armi papali, nella quale battaglia il Duca stesso, condottiero del Pontefice, era rimasto prigioniero. L’Ubaldini, a sua volta, partecipa la triste notizia ai Priori durantini, assicurandoli che il Duca " Non averia possuto portarse più valorosamente... et è da ringratiare Dio che di tanto periculo sia uscito sano et salvo de la persona... et in prigionia è trattato come se fusse a casa sua et servito ". Conchiude " exortandone a star mancho de rea voglia che sia possibile

1499. Terribile epidemia colerica che desolò tutte le contrade dell’alta Marca. Nel solo territorio di C. Durante morirono più di 900 persone. In tale luttuosa circostanza per voto pubblico si eresse la or scomparsa Chiesa di S.Rocco e, in quasi tutte le parrocchie rurali, si volle l’ immagine di questo santo o di S. Sebastiano considerati come speciali protettori contro il male contagioso.

 

SECOLO XVI

1502. Entrato in possesso del Ducato di Urbino il famigerato Cesare Borgia detto il Valentino, volle con un diploma da lui stesso firmato encomiare la devozione del popolo durantino, confermandone anche i privilegi. La verità è questa sola. Il nostro popolo, così legato a suoi legittimi Signori, all'appressarsi di questo prepotente che, forte di tutta la protezione papale, circondato da potente esercito, vista l’ impossibilità di resistergli, conoscendo che anche il Duca aveva dovuto fuggire da Urbino, col silenzio più glaciale lasciò che il Valentino entrasse nella Terra, facendo buon viso a cattiva sorte.

1503. — Il Duca chiede ed ottiene da C. Durante 50 soldati per portarli a combattere a S. Leo ed a Cesena.

1506. — Il Pontefice Giulio II si partì da Roma per andare all’impresa di Bologna. Passò per Viterbo, Gubbio e, dopo aver pernottato all’Acqualagna, alle ore 23 del 24 settembre veniva accolto con ogni dimostrazione solenne in Urbino dal Duca suo nipote. Il Comune di C. Durante, oltre un’offerta in denaro fatta al Principe per sostenere le spese, mandò cento letti in Urbino, pagandone il nolo ai privati ed obbligando i contadini a trasportare frasche per adornamento delle strade di quella città. Enorme era il corteo che accompagnava il Papa, attorniato da 16 Cardinali. Altra spesa incontra il Comune per letti e fascine al ritorno di Giulio II in Urbino.

1510. — Da qualche decennio in Durante si spendevano somme favolose da privati nell' abbigliamento delle donne in occasioni specialmente di funerali. Il colore delle vesti muliebri era, come oggi, il nero per le donne maritate, per le giovani il verde, gli uomini portavano il cappuccio. Il Duca più di una volta aveva fatto grida per frenare quest’ abuso, ma quasi sempre inutilmente. Insiste in quest’anno su questo abuso fonte di miseria, e detta leggi savissime pei trasporti funebri, specificando quali persone possano portare il lutto e la stessa durata del medesimo.

1514 (11 aprile). — Muore in Roma a 70 anni Bramante il celebre architetto nostro  concittadino, ed è sepolto nei sotterranei di S.Pietro.

1514. — Mastro Giovanni dalle Fratte di Perugia promette di fabbricare 150 schioppi per gli uomini di Massa Trabaria al prezzo di un ducato d'oro ciascuno. 

1525. — Mastro Giacomo di Domenico da Lugano, stabilitosi in Durante, chiamato dai nostri Priori " ad fatienda laboreria comunitatis cum certis pactibus et conditionibus " prende a socio in detti lavori Mastro Alessandro di Taddeo Simone Zandri durantino. Sono questi i due primari artisti cui vengono commessi i molti lavori del Comune, tra gli altri la fabbrica del palazzo pubblico che era al tutto in rovina.

1526. — Nella notte dal 28 al 29 gennaio si spegneva la nobilissima esistenza della Duchessa Elisabetta Gonzaga, vera madre del suo popolo. Casteldurante le va debitore del S.Monte di Pietà eretto il 29 aprile 1511.

1535. — Il Duca dichiara caccia riservata i dintorni di Durante per più di due miglia da ogni lato.

1561. — In quest’ anno, e precisamente il 5 maggio, sotto la facciata della torre comunale eretta poco prima da mastro Antonio Longobardo, Girolamo Onofri da Sassoferrato fondeva la campana maggiore. Il Duca Guidobaldo II sostenne la spesa della fusione; Il campanone pesa 19 quintali ed è in tonalità di si  bemolle. L’anno appresso Stefano di Giampaolo da Tirinio di Gubbio fece l’orologio pubblico che batteva "da sei hore in sei hore ". Dopo due secoli e mezzo circa, essendo del tutto rovinato, il vadese Antonio Podrini rifece nuovo per una spesa di tremila lire (1872).

1576. — È prossima la venuta in Durante del Card. di Montalto, poi Papa Sisto V. Il guardiano di S. Francesco prega il Magistrato durantino ad interessare l’Eminentissimo a pro’ di questo Convento per toglierlo dalle strettezze in cui vive.

1580. — Da quest’ anno, e per un decennio et ultra, il territorio nostro e quello di Massa Trabaria fu infestato da ladri e banditi. Le popolazioni n’erano atterrite, le vie malsicure, ovunque rapine, furti, uccisioni. I pochi militi posti a tutela dei paesi non azzardavano opporsi direttamente per l’ enorme numero dei malfattori che si credeva superassero i 300.

1581. Il Convento di S. Maria Maddalena è rifatto quasi ex novo. L’ arcivescovo di Urbino vorrebbe che le religiose dalle loro case ritornassero nel monastero, ma i Priori non permettono l’entrata perché non trovano gli ambienti abbastanza asciutti.

1582 Il Consiglio generale è chiamato a scegliere il maestro di scuola. I voti cadono questa volta su Sebastiano Macci di cui alcuni consiglieri fanno grandi elogi. Tra gli altri v’è il pittore Luzio Dolci che dice del Macci: "che per ogni respetto et bone lettere". Viene accettato a pieni voti, e più tardi, oltre la casa e cento scudi annui, gli si concede l’aiuto di altro insegnante col titolo di ripetitore. Valente maestro agli stipendi di Casteldurante fu anche il qui ricordato Livio Vitali Orosio di Montesanto di Spello che insegnò dal 1573 al 1579.

1584 Il vecchio codice degli Stat’uti comunali era ridotto male in arnese, abbisognavano ancora molte riforme ed emendamenti adattati ai nuovi tempi. Il Consiglio commette al Dott. Terenzio Venanzi il compito della riforma. Il Venanzi accetta l’incarico e, dopo pazienti elucubrazioni, presenta il lavoro alla Commissione eletta che lo approva pienamente e lo manda all’ approvazione ducale. Il Serenissimo, dopo un decennio, ne richiede la stampa che poscia viene fatta nel 1596 in copie 149 dai tipografi urbinati Bartolomeo e Simone Ragusi.

1585 Il vaiolo mieté molte vittime in tutto il territorio. Per il pericolo del contagio il principino Federico - Ubaldo, figlio del duca, fu allontanato da Casteldurante e mandato presso la zia.

1585 Si riaccende questione per i confini tra la nostra Terra e quella di S. Angelo in Vado. La Commissione mista giudicatrice sentenziò in nostro favore, precisamente come era stato deciso nell’anno 1430.

1586 Il boia di allora reclama il suo salario prima di eseguire la sentenza emanata contro Bernardino di Angelo dell’Arcella condannato "incidi tenaliis, suspendi laqueo " per avere ucciso il durantino Ser Girolamo Salvi vicario della Carda.

1587 Fino a quest’anno lettere e comunicazioni si ricevevano a mezzo di corrieri privati. Orazio Rossi si offre al Consiglio comunale per postino pubblico cioè per andare all’ Acqualagna una volta alla settimana a prendere e consegnar lettere dietro salario di tre scudi annui. Viene accettato a pieni voti. Il magro stipendio più tardi venne raddoppiato, quando il postino fu litterato e per due volte la settimana promise andare all’Acqualagna.

1590 - 91 Grande carestia di ogni sorta di derrate di cui approfittarono gli strozzini. Il Duca con grida del 17 luglio, a metter fine all’esose esorbitanze, cassò tutti i contratti usurai fatti durante l’enorme penuria ed ai contravventori minacciò la forca e la confisca dei beni. Fu allora tanta la fame della povera gente che molti morivano d’inedia. I registri mortuari dell’annata hanno ogni tanto questa frase: "redutto a la terra morse" ossia costretto dalla fame a mangiare la terra morì... Il Principe diede a prestito tre mila scudi senza interesse di sorta, mentre a provvedere grano, aveva scritto a Venezia, al Viceré di Napoli e altrove.

1591 Si poté ottenere grano venuto dalla Sicilia a Senigallia, ma la necessità superava di gran lunga le provvidenze. Fu permesso estrarre dal Monte di Pietà oro e argento pignorato, per portarlo poi alla Zecca di Pesaro e aver danari per darlo ai poveri. Il Consiglio comunale dal 3 febb. al 29 aprile tenne 22 adunanze e tutte per escogitare rimedi a tanta miseria. Ai primi di maggio si poterono avere 50 some di grano, più staia 124 comprato a Livorno. Intanto il Duca dava ordine che si cacciassero dal paese inesorabilmente "tutti i fuorfanti, vagabondi et simili": si facesse sollecita guardia alle porte e la Terra fosse tenuta netta e pulita per tema di malattie infettive.

 1593 Il Comune che ha fatto venir da fuori un giovane barbiere "che serve con molta diligentia et ha un bello mobile per l’esercizio suo fa bando che non fosse alcuno di Casteldurante che havesse ardimento di far tosi, conciar barba et lavar testa se non andasse dal detto barbiere". Pena dieci scudi anche "perché sta per venire al solito tempo il Duca in Durante".

1595 Il pittore Cesare Ventura rifà lo stemma grande del Duca col toson d’oro da mettersi sopra il portone del Palazzo comunale, lo indora e lo dipinge in guisa da resistere all’intemperie. Gli si danno quattro scudi di fattura, rinumerandolo così anche "pro mascarono faciendo". Credo che questo stemma del Ventura esista tuttora. Ricordo d’averlo veduto io stesso buttato tra le ciarpe comunali, Il mascherone! In tempi men leggiadri e più felici, quando ancor noi eravamo ragazzi, si aspettava con ansia l’apparizione che faceva sulla ringhiera esterna del palazzo comunale questa simbolica figura. Segnava l’inizio dei divertimenti carnevaleschi. Era una tavola rotonda ov’ era dipinto un faccione dalle gote gonfie e rosse, due occhioni imbambolati da briaco ed una bocca larga fino alle orecchie. In antica data erano i serenissimi Padroni che ne autorizzavano l’esposizione senza la quale non si potevano iniziare i pubblici balli. E quando si esponeva il mascherone lo era con una certa solennità, mentre poi l’ultima sera di carnevale ne avveniva il seppellimento. Allora tolto dalla ringhiera di mezzo a’ suoni e maschere era portato in giro per il paese tra una serqua di monelli chiassosi e urlanti a squarciagola: Carneval non te n’andare - t’ho ammanito una pelliccia - ogni pelo una salsiccia - per poterti consolar. - Ei va!".

 

SECOLO XVII

1607 La libreria ducale. Desiderando il Duca Francesco Maria II lasciare alla patria nostra un inestimabile pegno di sua benevolenza in quest'anno aveva commesso ai capimastri durantini Gabriele Mambrini, Stefano Cicolini, Donnino Bartolini la fabbrica della Libreria ducale sotto la direzione del romano Pietro Vanni. Il Principe nel suo diario lo ricorda: "Ai 28 novembre 1607 si pose la prima pietra nei fondamenti della libreria di Casteldurante" ai 5 giugno 1609 cominciarono a venire i miei libri". Erano incunaboli ed altre preziose edizioni che egli e i suoi maggiori avevano acquistato e fatto acquistare dovunque con ingente spesa, sì da formarne una biblioteca di 15 mila volumi a stampa che, unitamente alla preziosissima raccolta ducale dei codici manoscritti rimasti in Urbino, veniva giudicata allora terza d’Italia per importanza dopo la Biblioteca Vaticana di Roma e l’Ambrosiana di Milano. La sala grande misura 20 m. di lunghezza e 10 di larghezza; il Duca vi accedeva dal suo palazzo a mezzo di un corridoio costruito sopra le mura castellane di ponente. La spesa totale, computate le scansie, per le quali occorsero duecento tavole di abete, fu di cinque mila scudi d’ oro. Ma ben presto tanto tesoro suscitò l’invidia e il dispetto di città vicine e di qualche potente forastiero, tanto che nove anni appena dopo la morte del munifico donatore, si cominciò a temerne la perdita. Si era fatto credere a Roma che molti libri fossero stati smarriti, altri venduti per pochi soldi, la grande maggioranza non custodita e tante altre fandonie da suscitare la più grave tempesta. Il Consiglio durantino avvertito del pericolo nel 1640 scrisse pressanti lettere al Card. Protettore ed agli E.mi De Medici e Pallotta perché impedissero tanta iattura. Per allora sembrò scongiurata la bufera e si dormi sonni tranquilli fino al 1667, anno in cui, quasi a ciel sereno, nel gennaio giunse fra noi Mons. Marcantonio Buratti latore di lettere di Papa Alessandro VII al Proposto del Crocifisso di Urbania. P. Francesco Maria Mini, con cui si intimava il trasporto immediato di tutta la libreria ducale a Roma. All'infausta nuova il popolo fremette e sì temè un insurrezione, ma il Legato Pontificio la prevenne facendovi accorrere un buon numero di sbirri. Mons. Onorati, il primo, nostro Vescovo e il Conte Bernardino Ubaldini sedarono la procella interponendo i loro buoni uffici e consegnando al pubblico le loro private librerie, di più l’Ubaldini donò al Comune 800 scudi ducali per la manutenzione della nuova libreria pubblica. Così ebbe inizio l’odierna biblioteca, cui oltre 500 volumi lasciati ex gratia dal Buratti si aggiunsero altri lasciti di privati cittadini, oltre (nel finire del secolo successivo) i libri provenienti dai soppressi conventi. Oggi essa conta circa diecimila opere a stampa, tra le quali figurano circa 40 incunaboli. Vi si custodiscono inoltre 141 manoscritti, 185 pergamene senza contare tante belle incisioni e quadri di buon disegno. Ricordiamo ancora tra le rarità i due mappamondi del Mercatore, il terrestre del 1541, il celeste del 1551 meglio conservati (a quanto dicesi) di quelli di Cremona.

1631 Morto il Duca, la Comunità spedì ambasciatori al Pontefice per fare atto di sottomissione. Nel maggio ebbero luogo solenni esequie nella Chiesa del Crocifisso per l’anima del defunto Principe. La funebre orazione fu letta dal Signor Raffaele Pierio, pubblico maestro della Comunità. Il 9 giugno il Consiglio elesse due primari cittadini per complimentare l’ecc.mo Card. Antonio Barberini Legato Pontificio, ed il 7 luglio fu stabilito che, onorando di sua presenza la nostra Terra il detto Cardinale, alla porta del paese gli si presentassero le chiavi sopra un bacile d’argento legate con nastri turchini e gialli, livrea della Comunità, oltre il fare le seguenti dimostrazioni di giubilo: "Si apparasse la strada dalla porta fino alla Corte, che si facesse una fontana di vino in piazza ed una statua che rappresentasse la nostra Terra con l’api in una mano e l’altra poggiasse sopra uno scudo con una croce di Malta impresa del Cardinale. Che si facesse una salva di mortaletti, che le milizie lo vadino ad incontrare alli confini che se li faccia incontro con giovani a cavallo con quel maggior numero possibile". Tra le grazie da chiedersi (e furono poscia accordate) vi fu quella di mantenere nel nostro paese il Tribunale di prima istanza tanto in materia civile quando in criminale.

1632 Come diffusamente si è detto nel 1° vol. delle nostre Memorie Eccles. di Urbania, nel 1402 Papa Bonifacio IX ricordata la fedeltà mai smentita alle Somme Chiavi del popolo nostro, decretò che: " Casteldurante, S. Angelo in Vado, Sassocorvaro, Montelocco, Montemaggio e Sorbetolo con tutti i loro territori non fossero più soggetti alla giurisdizione dei presuli di Urbino o suo capitolo, ma in perpetuo soggiacessero alla giurisdizione ordinaria e giuridica dell’Abbate Commendatario di S. Cristoforo ". Da quest’epoca, e per 300 anni e più i Vescovi di Urbino ed anche i Santangiolesi suscitarono opposizioni continue e liti interminabili nei tribunali romani a disturbare i diritti acquisiti per la Bolla Pontificia del 1402. Da qui agitazioni e liti senza fine e spese immense sostenute dal Comune, dal Clero e dai cittadini abbienti a mantenere procuratori ed avvocati in Roma quasi di continuo. Dopo immani sforzi contro tali e tante opposizioni, i diritti dell’Abbazia restarono fermi ed inconcussi, e cominciò ad aprirsi l’adito e alla concessione del Vescovato e all’esaltazione della Terra a Città.

1636 Ed ecco come il Card. Barberini, ultimo Commendatario della nostra Abbadia, scrisse al magistrato durantino: "Ill.mo Sig. Nel Concistoro celebrato lunedì mattina la Santità di N. Signore si degnò pronuntiare cotesta Terra col nome di Città, e per qualificare maggiormente l’ honore commutò il nome antico nel proprio che la Santità sua tiene chiamandola Urbania, acciocchè maggiormente, e con più chiaro testimonio apparisca perpetuamente alla posterità la paterna dilettione di S. B. verso di essa, e le SS. VV. che la rappresentano, alle quali però il tutto significo d’ordine della S. S. acciò che ne restino consolate et continuino a pregare Dio benedetto per la conservatione della Beatiss. sua Persona, che io intanto mi raccomando loro con tutto l’animo. Di Roma 20 febbraio 1636. Al piacere delle SS.VV. Nello stesso anno, il 15 agosto, arrivò in Urbania la nomina del primo Vescovo Mons. Onorato Onorati.

1636 (1 marzo) Il nuovo Consiglio della Città di Urbania si convoca sotto la presidenza del Gonfaloniere Simone Mignini. Si ordina la formazione dei nuovi sigilli con la scritta: "Città di Urbania " e si manda un editto nelle Terre e città dello Stato annunziando il novello nome assunto e la grazia ottenuta dal Pontefice. A perenne memoria e a debito di riconoscenza si delibera che venga eretta nella piazza la statua di Urbano VIII e che si facciano luminarie ed altri segni di letizia per la prossima venuta del Vescovo.

1639 — A somiglianza delle altre città dello Stato Pontificio, anche Urbania decise di scegliersi per la tutela dei bisogni della città un Cardinale Protettore. La scelta cadde sopra l’ E.mo Pallotta, al quale si ricorreva in ogni necessità cittadina. Nel 1640 occorse l’opera sua quando si tentò di portare a Roma la biblioteca ducale, e due anni poi allorché il Granduca di Toscana, per non so quale matto intendimento, aveva stabilito demolire il grandioso palazzo della Corte, di cui era padrone, quale erede dei beni allodiali del Serenissimo Francesco Maria II.

1644 — Il 29 luglio, dopo 21 anni di glorioso Pontificato, muore Papa Urbano VIII "restando - scrive il Muratori - perenne memoria del suo vivacissimo spirito, del suo amore alla giustizia, della sua letteratura e d’averla fatta fiorire in Roma ai suoi tempi, siccome ancora delle tante fabbriche per ornamento e difesa della stessa Roma e di altri luoghi dello Stato Pontificio". Gli urbaniesi ebbero amaro cordoglio della sua morte e, a pubbliche spese si fecero funebri onoranze. Temendosi dalla Comunità di qualche sconcerto durante la vacanza della Sede, si nominò allora e in altre consimili circostanze una Commissione di pubblica sicurezza pel mantenimento dell’ordine cittadino.

1651 Il nuovo Legato Card. Vidman nel giro di visita per le terre ducali giunto che fu nella nostra città viene accolto con pubbliche dimostrazioni di onore e con feste, ma l’E.mo, considerando che certe solennità e ricchi donativi erano di grande aggravio al Comune ed al popolo, con grida del 19 luglio 1652 al Commissario di Massa, proibì severamente qualsiasi sfarzo sotto pena d’ammenda pecuniaria ai promotori delle spese.

1666 Il Delegato Giulio Mincelli ci ha lasciato la classifica della rispettiva importanza delle varie località della Provincia di Massa Trabaria; Urbania gradi quattro e mezzo - S. Angelo gradi quattro - Mercatello gradi doi - Lamoli gradi uno - Frontino gr. uno - Peglio gr. uno - Lunano mezzo grado - Carda gr. uno. Totale gradi 15. Tale prospetto di "Gradi della Massa" figura anche fra i documenti aggiunti agli "Statuti di Peglio" editi a cura di S. Vanzolini nel vol. III, p. 237 della "Coll. di doc. storici antichi ined. ed editi rari delle Città e Terre Marchigiane" diretto da C. Ciavanini - Ancona, Tip. del Commercio, 1874.

 

SECOLO XVIII

1700. Eletto Papa Clemente XI (Card. Gianfrancesco Albani), si fecero feste solenni in Urbania descritte dal notaro Tomaso Luzi. Nato in Urbino era gloria della nostra Legazione. In questi tempi il Consiglio comunale era composto di un Gonfaloniere, tre Priori e trenta consiglieri. Nel loro possesso, prestato giuramento avanti il notaro e il segretario, aveva luogo la pubblica funzione. Il Gonfaloniere vestito di paonazzo con tutto il Magistrato assisteva alla Messa cantata dal Vescovo o suo rappresentante; a suono di trombe e tamburi tornavano a Palazzo dove da un primario cittadino veniva letta un orazione sui doveri dell' amministratore. Poi gonfaloniere e Priori col commissario di Massa s’affacciavano alla ringhiera, gettando di lassù denari all’acclamante popolino. Poi accompagnato il Commissario alla sua abitazione, tornavano a Palazzo ad inaugurare la prima seduta.

1706. Ad istanza del Vescovo si stabili che nelle agonie sia dato segno anche con la campana grossa del Comune.

1708. Per una grande gelata si seccarono tutti gli olivi. Entro quest’anno condotti dal Capitano Aurelio Luzi partivano 105 soldati urbaniesi per la guerra che il Papa aveva contro l’imperatore Giuseppe d’Austria.

1709. Muore in Urbania il Sig. Antonio Savini che aveva legato tutti i suoi beni all’Ospedale civile.

1710. Ricognizione solenne della reliquia di S. Elio martire il cui corpo posto in un urna ad intaglio dorata, giace oggi sotto l’altare maggiore del Duomo.

1722. In tutto il secolo, come nei precedenti, all’inaugurazione del magistrato comunale, c’era l’oratore che ricordava i doveri dei novelli amministratori, retribuito sempre con un paio di guanti.

1725. Come nei secoli scorsi così anche in questo il Comune nominava quattro pacieri - due nobili e due ecclesiastici per impedire spese giudiziarie e per sedare le piccole controversie.

1738. La Legazione di Urbino sottostò a grave spesa per l’epidemia bovina nei nostri territori, ogni comune dové pagare la sua rata.

1743. Guerrantonio Boscarini oriundo da Corinaldo, avo del nostro Vescovo, ottiene la cittadinanza urbaniese.

1769. La Congregazione del Concilio ringrazia il Vescovo di avere ospitato in Urbania 120 gesuiti profughi dal Portogallo. Ebbero stanza nella corte ducale e vi si mantennero fino alla morte. Ma l’arte quattrocentesca non ci guadagnò davvero.

1769. L'onorario del commissario era di 4 scudi al mese, più altri 4 scudi si davano per la fiera di S. Luca, mentre il potestà percepiva soltanto 3 scudi al mese.

1776. Lo scultore Pantanelli di Pesaro al quale era stato commessa la statua di Urbano VIII assicura d’averla condotta a termine. Il nobile Sig. Pompeo Savini scultore e mosaicista dimorante in Roma ottiene un diploma d’onore.

1772. 4 ott. Consacrazione solenne delle Monache di S. M. Maddalena. Uscite dal Monastero, ognuna in mezzo a due dame, in processione col Vescovo, Magistrato, Capitolo e nobili di città e forestieri vanno in Duomo addobbato, accolte da scelta musica. Durante il corteo cadde e si ruppe il battaglio del campanone di libbre 106 strisciando il braccio del Gonfaloniere senza arrecargli gran danno.

1775. Il Comune dà 8 scudi per la nuova statua di S. Cristoforo venuta da Napoli.

1781. 4 aprile. Alle ore 3,22 di notte una tremenda scossa di terremoto sveglia l’impaurita popolazione. 3 giugno - festa di Pentecoste - alle ore 11,15 un’altra e più terribile scossa di terremoto a guisa di turbine portò lo spavento e la desolazione nella Città e nei dintorni. Il popolo fuggi all’aperto e sotto le tende improvvisate, poste fuori della porta del Barco, si celebrò il pontificale. Il pubblico Consiglio si adunò d’ urgenza a provvedere alle istanti necessità ed agli enormi danni cagionati in quel giorno e nei susseguenti, nei quali si ripeterono le scosse del terremoto. Le chiese rurali caddero quasi tutte, nella città i danni non furono ingenti, nessuna vittima umana.

1796. Sanate appena le piaghe aperte dal terremoto, dense nubi si addensano sull’orizzonte della vita politica. La rivoluzione francese che aveva dilagato sulla nostra sorella latina, minaccia, come male contagioso, anche le nostre contrade. Ordini pressanti da Roma impongono di tenersi preparati ad ogni evenienza. Si provvedono in Urbania 500 libbre di polvere e 1500 di piombo.

1797. — Il pubblico Consiglio alla difesa della città decide fondere qualche pezzo di artiglieria, per cui il Vescovo aveva concesso diverse campane. Tutto inutile! La valanga travolge per un biennio anche Urbania dove si proclama la repubblica e s’alza l’albero della libertà.

1797. 22 febb. Giungono improvvisamente in città il Commissario francese Gerard coi suo cancelliere Giacomo Giuliani di Pesaro. A mano armata impongono che si consegnino loro tutti gli argenti delle chiese. Dalla Cattedrale ne estrassero libbre 104 in candelieri, turiboli, calici e lampade, dalle altre chiese libbre 66. Penetrarono in tutti gli uffici pubblici e dove trovarono denaro fecero il repulisti; dal palazzo Albani asportarono 27 carri di grano, svaligiarono la cassa frumentaria rubandovi 816 scudi. I predoni con tutto il bottino fuggirono; giunti a Cal-Mazzo vennero rincorsi dalle truppe del Sig. Giambattista Marelli, vicario e comandante dell’armata del Peglio, si ritolsero loro tutti gli argenti ed i coloni che erano stati costretti portare il grano a Pesaro, furono fatti tornare indietro. La mattina del 23 febbr. quando il Gerard col suo cancelliere, cui si era unito il tenente Papi, s’avviavano alla volta di S. Angelo per ripetere le loro galliche prodezze, una ventina di contadini armati, sotto la condotta del Marelli e di un frate di Lunano appostati vicino alle Lame diedero loro addosso e li uccisero.

1799. Il 20 agosto il Consiglio generale del municipio si aduna nell’Episcopio presente il Vescovo "Lamentando i due anni passati sotto il giogo, oggi liberati per misericordia divina e per compassione del Sovrano Francesco II d’Austria. Il prode guerriero De-Iacobi abbatté il nemico e mise le cose a posto". Conferma la magistratura, elegge Commissario e Vicepodestà il Nob. Ottaviano Leonardi e per Comandante della milizia Agostino Angeloni purché tolga dalla guardia urbana, alquanti bricconi e sussurroni.

 

SECOLO XIX

1808. 13 maggio. L’ Imperatore Napoleone I entra in possesso di tutto lo Stato d’Urbino, per conseguenza Urbania fu unita al Regno Italico dipartimento del Metauro. Mons. Paolo Antonio Zamperoli, nostro dotto e zelantissimo Vescovo chiamato al giuramento del nuovo ordine di cose, negò il suo assenso, ma dové andare in esilio a Como ove moriva quattr’anni dopo. La popolazione di tutto il nostro comune era allora di 1931 persone.

1810. Il 25 aprile emanato il decreto di soppressione delle corporazioni religiose, Urbania perdette i frati Minori che da cinque secoli avevano il loro Convento in S.Francesco, i Chierici Regolari del Crocifisso chiamati dall’ultimo Duca, i Zoccolanti del Barco richiamati per poco tempo alla custodia del Ricovero Invalidi, e i Cappuccini ritornati fra noi dopo aver ricomperato il Convento.

1814. Il Papa Pio VII, caduto Napoleone, ritorna al possesso dei suoi Stati.

1816. Anno di carestia. I nostri vecchi ce lo ricordavano con episodi dolorosi per la povera gente del paese. Ci dicevano che in quest’anno si sistemava la strada che da Urbania conduce, in Urbino e gli operai erano pagati con poche libbre di polenta americana al giorno; in detta circostanza venne atterrato l’antico Castello di Pezzolo (oggi detto di S. Giovanni in Pozzuolo) e coi ruderi si massicciava la strada. Raccontavano ancora che i miserabili correvano a razzolare la bozzima che cadeva di sotto ai telai per isfamarsi.

1829. 31 agosto. Si votano dal Consiglio tre iscrizioni lapidarie, l'una ad onore del Cav. Fulvio Corboli che tanto oprò per ottenere la costruzione della strada provinciale da Urbania ad Urbino, l’altra al Card. Albani per l’apertura della fabbrica delle maioliche, la terza finalmente al Governatore di Roma Mons. Cappelletti per averci ottenuto la costruzione della strada da Urbania a S. Giustino.

1836. Racconta il Prof. Giuseppe Raffaelli come in quest’anno sotto il tetto della casa del Conte Clemente Mattarozzi fece il nido una rondine bianca.

1840. Il Sig. Gaetano Cozzi, bravissimo suonatore di corno, viene nominato maestro di cappella della Cattedrale.

1847. Il Consiglio comunale all’unanimità vota un affettuoso indirizzo "di profondo, filiale amore e leale sudditanza all’ immortale Pio IX".

1848. Si decreta un prestito di cento scudi per provvedere al vestiario e agli altri bisogni dei volontari per la guerra della Lombardia. Si prendono energici provvedimenti contro i Santangiolesi che vogliono contestarci la conservazione della Sede Governativa in Urbania goduta ab immemorabili.

1849. Repubblica romana sotto il triunvirato Mazzini, Saffi, Ermellini, segretario il nostro Filippo Ugolini, dall’8 febbraio al maggio 1849.

 (15 Maggio). Alle ore 3 pomer. 150 soldati condotti dal Pianciani di Spoleto assalirono improvvisamente Urbania. Si tenettero gravi disordini e devastazioni, ma intervenuto Mons. Vescovo Boscarini (che conosceva personalmente il Pianciani da quando studiava in Perugia) ottenne dal Capitano pronta ritirata, sborsandogli soltanto 150 scudi.

 (12 giugno). Alle 11 di notte, cacciati da Urbino, giunsero 900 Piancianisti inaspettati in Urbania: il dì seguente partirono, ma tranne molto panico, non fecero danni di sorta.

(26, 27, 28 luglio) una banda di Garibaldini forte di più che 4 mila uomini condotti dal loro Duce supremo calati dall’Appennino, minacciavano Urbania. Scontratisi però cogli austriaci in località Pian di pietra furono sbaragliati e fuggirono verso il Montefeltro.

1855. Il terribile morbo asiatico fin dal 20 agosto era entrato in Urbania, tra cittadini e quelli della cura foranea furono 56 i decessi, tumulati parte vicino alla Chiesa del Crocifisso (oggi ospedale) ed uno nel nuovo cimitero di Mastro Paolo. Cessato nel novembre il pericolo, Consiglio e cittadinanza emisero pubblico voto. Proibizione di pubblici e privati divertimenti fino a tutto il 1856. 2° Dono alla Madonna dei Portici e a S. Cristoforo. 3° Vigilia e digiuno nelle due feste dei Portici e di S. Cristoforo fino al 1860. Il primo nov. il Gonfaloniere Antonio Albertucci con tutto il Consiglio solennemente presentò in Duomo al Vescovo le due corone d’argento alla Madonna e le chiavi pel Protettore perché le benedicesse e le imponesse. Decretato anche l’obelisco a S. Cristoforo se ne fece l’inaugurazione nel 1870.

1860. 10 sett. La nuova Giunta di governo italiano prende consegna dell’ufficio municipale dalla vecchia Amministrazione, che protesta per la violenza. Assumendo il governo della città, spedisce a mezzo dell’ufficio di S. Sepolcro telegramma di formale dedizione di questa città al Monarca Vittorio Emanuele II.