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Palazzo Ducale

Il Palazzo Ducale di Urbania fu costruito nell’antico edificio di proprietà della famiglia Brancaleoni. Il fabbricato risalente agli anni 1296-1297 iniziato sotto Monaldo di Ottone Brancaleoni, fu trasformato da Federico da Montefeltro che provvide ad integrarlo ed a farne una delle residenze ducali già citata nell’elenco di Vespasiano da Bisticci. Attribuito variamente agli architetti Baccio Pontelli e Paolo Scirri ed allo stesso Bramante, risulta tuttavia legato all’opera di Francesco di Giorgio Martini a cui sono stati dati alcuni elementi, come il secondo cortile, la scala elicoidale in pietra che porta dal piano terra a quello superiore, e i beccatini sul fianco che guarda il Metauro ampliamente fortificato. Il Marchini ha anche supposto che il cortile e i

  peducci siano opera di Giorgio Orsini da Sabenico, già eseguita per il palazzo ducale di Urbino, e lì utilizzati nel momento in cui il Laurana eseguì l’attuale cortile. In quello di Urbania si notano le rigorose scansioni armoniche dei rapporti dei quadrati, ancora leggibili nelle diagonali dei corrispondenti quadrati della pavimentazione sotto le logge. La trasformazione del palazzo continuò sotto Guidubaldo I e nel 1509 un anno dopo la morte del duca sappiamo che la parte a fortezza sul Metauro è trasformata e fornita di sale: «Actum in terra durantis in domo nostri Ill.mi in quondam salotto versus flumen Metauri supra clusam molenini Abbatis...». Nel 1539 il palazzo era probabilmente compiuto come testimoniano certi documenti d’archivio; soprattutto doveva essere finita la loggia  pensile o corridoio sul Metauro. Il Vasari nelle Vite annota che il palazzo ducale fu completamente rifatto dal Genga: «Mediante lui fece restaurare... la corte di Castel  Durante; in modo che tutto quello che vi è di buono, venne da questo mirabile ingegno». Il Leonardi attribuisce al Genga due interventi che si

Sala Maggiore del Palazzo Ducale

Palazzo Ducale, Sala Maggiore

 

 sarebbero svolti in due fasi, la prima anteriore allo esilio di Francesco Maria I, la seconda nel quarto decennio del secolo, ipotesi questa non accettata dal Pinelli e dalla Rossi nel lavoro sul Genga, poiché niente documenterebbe un’attività cospicua di architettura prima del 1522. Certe fonti d’archivio testimoniano tuttavia che il Genga fu impegnato tra il ‘32 ed il 35 oltre che all’Imperiale a Casteldurante. Le frequenti assenze dell’architetto portarono tuttavia ad un irrozzimento dei temi, come suggeriscono Pinelli e Rossi, ad esempio nel camino di palazzo ducale. Si segnala inoltre, per gli interventi del Genga e l’antica sistemazione del palazzo, il codice di casa Albani (propr. privata) opera dell’architetto Giuseppe Tosi di Urbino che li elencò nel 1756 prima delle grandi trasformazioni. La presenza del Genga è tuttavia rinvenibile, al di là delle continue trasformazioni quattrocentesche, anche nei particolari del palazzo, come nei mattoni incisi a quadrifoglio, oggi scomparsi, nelle volte delle scale, nei cassettoni di forme geometriche quadrati ed ottagonali, nella già citata loggia pensile, e nella recentemente scomparsa cappella ellissoidale dove fu celebrato il matrimonio di Francesco Maria II con la cugina Livia figlia di Ippolito della Rovere: «Adì 26 aprile 1599. Il lunedi a sera a hore 24 circa il Ser.mo Sig. Duca Francesco Maria della Rovere duca d’Urbino sposò la ser.ma Sig.a Livia figlia dell’Ill.mo Sig. Marchese della Rovere in corte della Cappella del Sig. duca. Il sposalizio lo fece mons.re Giulio Virgilio abbate di Casteldurante presenti li Ill.mi Sig. Uditori cioè il Sig. Minio, Beluzzi e Malatesta». Ci sembra interessante segnalare che nel 1703 era ancora visibile il giardino segreto del palazzo così come viene descritto nell’ ‘itinerario’ dei Mons.ri Origo e Lancisi: «Si passò per il corridore, che dal Palazzo portava alla descritta Libraria, e si guardò nel giardino segreto assai capace, perché ancora ne conserva con le spalliere la forma».