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Bentornato

Teatro Bramante

Se avessi potuto scegliere un solo motivo per cui valeva la pena assumere la responsabilità di sindaco di Urbania, senz’altro avrei optato per la riapertura del teatro Bramante. Ho vivo il ricordo di quando venne chiuso con un decreto della Prefettura, per la messa a norma, per effetto della legge approvata in seguito all’incendio di Torino. Ero assessore alla cultura quando sedici anni fa arrivò la lettera. Avevamo appena fissato una serata con Giorgio Gaber concordata con lui personalmente dopo lo spettacolo nel camerino allo Sperimentale di Pesaro, io e Pierino Omacelli. Era per il lunedì di Pasqua. Ma per Gaber valeva

 la pena fare un’eccezione. Da allora il lungo silenzio del teatro e la fatica nel trovare i fondi per il restauro. Il teatro non è un monumento come gli altri, non è solamente un gioiello architettonico e neppure una macchina per spettacoli. Il teatro rappresenta la storia, il simbolo, l’identità stessa di una città. Un teatro chiuso è  l’amputazione di una parte viva della città. Per Urbania ha voluto dire aver perso per un lungo periodo competenze, conoscenze, percorsi culturali, memorie. Ci sono generazioni che hanno passato le più belle serate della gioventù nel Cinema del teatro Bramante, tanto simili alle atmosfere del film “Nuovo Cinema Paradiso”, nei Veglioni di fine anno, nelle serate di spettacolo. C’è invece una generazione di giovani, quella dagli anni ‘80, che non sa neppure com' è fatto il teatro. Per questo la riapertura non puo che essere una festa popolare, e così l’abbiamo voluta: una festa di Urbania e di tutta la valle del Metauro, che recupera il suo teatro storico. Per questo abbiamo voluto questo libretto, che non è la storia del teatro, ma cerca di recuperare, almeno in parte, alcuni frammenti di memoria di una vicenda che ha attraversato la vita di tante persone e che vogliamo almeno in parte ricordare. Mi sento in dovere di citare

 

Interno del Teatro Bramante

 

Mike Bongiorno ospite al Teatro

    alcune persone per il ruolo particolare che hanno avuto nel recupero del teatro. Innanzitutto Aldo Amati, allora assessore alle finanze nell’Amministrazione Provinciale che ci consigliò e ci aiutò nell’acquisizione dei palchi e poi, il compianto notaio Cantelmo che si rese disponibile a trascrivere l’atto di un’operazione nient’affatto facile ed infine  il geometra Claudio Pollastrini, che nei primi anni ‘80, nella sua funzione di presidente dell’Accademia, contribuì a convincere i condomini a cedere i palchi al Comune. Da quando il teatro tornò, a pieno titolo, di proprietà della Comunità di Urbania, abbiamo potuto iniziare la ricerca dei fondi per il restauro. Abbiamo voluto un restauro a pelle, rispettoso delle caratteristiche

e delle tecniche originali, ricercando gli artigiani capaci di farlo. Il teatro è una macchina troppo complessa per meritare interventi di restauro invasivi di progettisti ambiziosi. Anche quando abbiamo dovuto reinterpretare il restauro, a causa dello scarso valore dei materiali o dei rimaneggiamenti successivi, abbiamo usato materiali rigorosamente locali: gli ultimi mattoni fatti a mano della fornace "Cellini", prima della   chiusura e le pietre dei nostri luoghi (quella rosa di Urbania, quella rosa del Furlo, l’arenaria). Ed oggi, di fronte ai risultati, tutti possono prendere atto che si e trattato di una scelta felice. Urbania recupera il suo teatro ed anche parte della sua memoria e della sua storia, delle sue tradizioni, della sua piazza, della sua natura. E un buon giorno per la città.

                                                    IL SINDACO

                                                           Giuseppe Lucarini

 

Cenni Storici

Una cultura teatrale antica è diffusa in tutte le città delle Marche. Urbania con i suoi portici, le sue architetture rinascimentali di Gerolamo Genga, architetto e scenografo della Calandria del Bibbiena, lo ricorda in maniera convicente. Non per nulla la tradizione vuole che la favola pastorale di Torquato Tasso l’Aminta sia stata suggerita dai luoghi arcadici sul fiume Metauro tra Casteldurante e il Barco dove il poeta era ospite, in uno dei suoi soggiorni presso la corte roveresca. La piazza San Cristoforo, già medievale piazza del Borgo, antistante al teatro si presenta come luogo scenico naturale e già dal 1488 almeno, vi si  svolgevano sacre

Teatro Bramante e Monumento di San Cristoforo

 rappresentazioni, così, infatti, racconta l’ambasciatore di Mantova nello stato di Urbino in una missiva alla sua corte di provenienza. Spettacoli teatrali, durante il carnevale, o in altre ricorrenze dell’anno ebbero sempre luogo per una esigenza diffusa, ora nelle sale della corte ora nella sala del Municipio. La Comunità locale provvide ristrutturando un ampio locale, dietro la chiesa di San Francesco, prima utilizzato per le scuderie ducali che fu destinato a teatro. Per conferirgli tutti i gradi di luogo teatrale furono avviati i lavori, grazie anche ad una Accademia Teatrale che nel frattempo si era costituita per tale finalità. Il Comune istituì un censo annuale di trecento scudi per realizzare il teatrino a due ordini di palchi, provvisto di confacenti scenari per i quali prestò l’opera il pittore Pietro Abbati. Purtroppo l’unica testimonianza degli interni di questo teatro ancora in uso nella prima metà dell’800 (il vecchio edificio profondamente rimaneggiato è ancora visibile in Via delle Mura) sono i frammenti di due belle statue di Tommaso Amantini raffiguranti “La Giustizia” e “La Verità” che ornavano  l’interno del vecchio teatro. Il secolo del Risorgimento italiano fu propizio ai teatri e in prossimità se non in coincidenza con l’unificazione italiana, fu inaugurato nel 1864 il nuovo teatro che si volle

intitolare all’illustre concittadino Donato Bramante. Il teatro Bramante venne realizzato cx novo sulle basi di un’antica fortezza trecentesca, poi mutata in Magazzino dell’Abbondanza nel XVIII secolo. L’Accademia Teatrale, questa società di cittadini primari che avevano a cuore l’attività teatrale, schermo artistico delle passioni politiche, fu decisiva per realizzare la nuova fabbrica. L'architetto del teatro Bramante Ercole Salmi, ne progettò l’erezione sui ruderi di un’antica fortezza; l’interno emisferico presenta quarantaquattro palchi, disposti in tre ordini con sopra uno spazioso loggione. Il faentino Romolo Liverani, pittore di sensibilità romantica, dipinse le belle scene, ora nuovamente godibili dopo il restauro, il pesarese Gay modellò i busti

Veglione 1953

Veglione 1953

degli insigni concittadini Donato Bramante e Girolamo Crescentini; quest’ultimo aveva deliziato, con la sua voce, le platee dell’Europa napoleonica; e all’interno sotto i palchi decorosamente ornati, con fregi, stucchi e indorature, si volle ribadire in medaglioni dipinti, le personalità collegate alla storia del nuovo Stato italiano e della comunità cittadina: Verdi, Raffaello, Bramante, Rossini, Francesco Maria II Della Rovere, Filippo Ugolini e Girolamo Crescentini, personaggi che tra Rinascimento   e Risorgimento, nel segno della creatività e dell'entusiasmo politico, avevano rianimato le piccole e grandi patrie. Gli scenari che replicano i tre generi del teatro e il sipario con la bella veduta della piazza antistante S. Cristoforo, opera anch'essi del Liverani, arricchiscono ancor oggi il teatro. Mentre la bella pittura del soffitto immette nell'ambito primordiale dei quattro

  elementi (aria, terra, fuoco, acqua) rivissuti attraverso una elegante mitologia dal pittore Lancisi di Sant'Arcangelo. Riaprire un teatro è come riaprire una porta sulla vita della città, ripercorrerne la storia e riannodare i fili del passato della comunità stessa, che ne è stata influenzata nella cultura, nell’economia, nei

 costumi. Anche Urbania, come tanti altri centri, ha edificato il suo teatro, fortemente voluto dalla popolazione, nel solco della tradizione e frutto di una esigenza diffusa, in un luogo particolare e strategico, quello dove sorgeva l’antica rocca di Casteldurante. E uno dei 113 teatri nelle Marche censiti nel 1868, dei quali, oggi, solo una settantina ha mantenuto la sua funzione originaria. L’esigenza locale non è stata solo di fruizione dello spettacolo teatrale, ma

Rossella e il mostro

    Lumacone d'oro: Porta Celle mette in scena l'opera "Rossella e il mostro" di R. Corona, 1965

anche di produzione propria. Infatti si hanno notizie di durantini prima e urbaniesi poi “recitanti” e di numerose filodrammatiche attive ed apprezzate. Già nel 1488, in epoca rinascimentale, in occasione delle nozze ducali tra Elisabetta Gonzaga e Guidubaldo I, i  durantini si esibirono nella corte del Palazzo Ducale attrezzata a teatro. Luogo, anche in tempi recenti, adibito allo stesso  scopo da compagnie locali e non solo. Esiste una continuità storica che si snoda e che non sempre si riesce a cogliere. Dai locali del Duca al teatro Bramante passano alcuni secoli, nei quali però la voglia di teatro degli urbaniesi si manifesta prima edificando un altro luogo, adatto al recitare, in Via delle Mura, poi, quando questo risulterà insufficiente, date le nuove esigenze della città, nascerà il nuovo “Bramante”. Quest’ultimo, come altri, nasce come “condominiale” per l’iniziativa di cittadini abbienti, nella seconda metà dell’Ottocento, e fu inaugurato nel 1864 con il Trovatore

Luciano Tajoli al veglione del cacciatore

Luciano Tajoli al Veglione del cacciatore

 

 di Verdi, che alla fama del grande compositore, aggiungeva il fascino di fremiti risorgimentali. Il melodramma era comunque diventato il genere di spettacolo più richiesto e più amato, verso il quale, fino ad allora appannaggio o quasi del ceto aristocratico, si avvicinano la borghesia e le classi popolari. Pur vero e che la civiltà teatrale consolidata nell’Ottocento è legata alle mutate e migliorate condizioni economiche. Come strettamente legate all’economia locale sono le rappresentazioni teatrali che seguono le stagioni del commercio scandite da fiere, feste patronali, carnevali, particolari solennità. Spettacoli popolari che comprendevano non solo opere in musica, ma anche prosa, concerti, burattinai, illusionisti, trasformisti e addirittura, nel fosco clima ottocentesco, quadri spiritici. L’andare a teatro costituiva anche un rito sociale, il rito forse più rappresentativo della “urbanità”. Anche logisticamente, l’edificio teatrale nella disposizione di palchi, platea, loggione, e addirittura nella divisione degli ingressi, diventa il simbolo della distinzione tra ceti sociali, tra ricchi e poveri, co come netta era quella tra città e campagna. Su questa scena tutti recitano il proprio ruolo, attori e pubblico, ognuno dà mostra e spettacolo di se. Con il mutare delle condizioni politiche e sociali, questa divisione tenderà a diminuire sempre di più, fino ad annullarsi completamente nella totale integrazione in feste, veglioni, divertimenti, spettacoli. Perché il teatro tende ad essere vissuto sempre più intensamente come patrimonio della intera comunità e anche la sua ubicazione, come abbiamo accennato, non a caso è al centro della città, la sua riconoscibile specificità architettonica che non si confonde con altre funzioni, caratterizza la piazza. E la parabola che, partita dal teatro in

 piazza, termina alla piazza del teatro. Benché l’edificio sia rimasto chiuso a lungo, ha fatto sempre sentire la sua presenza, restando il “Teatro”, luogo che emana odore di storia e di umanità. Ha partecipato alle vicende liete e tristi della città e anche nelle drammatiche ore di guerra, ha fatto la sua parte, ha ospitato spettacoli in favore delle truppe di passaggio, delle famiglie dei caduti in Africa, dei minorati dalle mine tedesche, fino

 alle manifestazioni per un “erigendo monumento ai caduti in guerra”. Nel bombardamento ha ricevuto ferite, ha ospitato attori e politici, laici e religiosi, ha visto nascere amori duraturi e divertirsi intere generazioni. Con l’arrivo del cinematografo ha aperto le sue porte a strati sociali finora esclusi. La nuova arte emergente attira un pubblico numeroso ed entusiasta che nel buio della sala partecipa alle emozioni che gli arrivano dallo schermo magico, mentre compone una sua colonna sonora, sgranocchiando con gusto brustolini. Diventa un personaggio anche il gestore-operatore del cinema che passa trentacinque anni della sua vita dietro la macchina delle proiezioni. Il cinema serviva anche per    intrattenimenti romantici, quando in mancanza di automobili comode e personali, ci si poteva abbandonare a un’effusione in più, al riparo di occhi indiscreti, nell’intimità dei palchi ceduti dai condomini in cambio di un modesto affitto. Se si esclude il periodo bellico, il teatro fu anche il fulcro della vita mondana, I veglioni erano appuntamenti cui era doloroso rinunciare, occasioni di divertimento, di incontri e sfarzo, di sogni fatti uscire dal cassetto. Se il teatro potesse parlare, quante storie avrebbe da raccontare, quante lacrime ha dovuto asciugare, quanti cuori ha sentito palpitare. Scavando nella memoria della gente, ognuno ha un ricordo, un aneddotto, una curiosità legata al teatro. Nel panorama del ‘900, ritornano alla mente, in un modo o nell’altro, tutti quei personaggi legati alle sue vicende e alla sua storia: Tancredi Pierini, Claudio Pollastrini, Serafina

Veglia bianca degli anni 70

Una Veglia bianca degli anni '70

Ranocchi, Giulietta Belli, il maestro Emilio Bianchi, Peppino Angelini, Florindo, Comelli, Chinetti, Feliciano Pierini, un universo umano ricco e variegato che ha lasciato lì, frammenti della propria vita. L’ultima generazione, purtroppo non ha goduto di questa realta, e ascoltando i racconti delle memorabili serate, i giovani pensano forse ad una favola resa bella dalla potenza del ricordo, ma sono contenti che anche per loro torni a battere il vecchio cuore del teatro della citta.

 

Il restauro

 

Il restauro del Teatro Bramante

In ogni fase del restauro sono stati scrupolosamente adottati gli accorgimenti per mantenere invariati sia il tessuto strutturale esistente, sia il corredo pittorico e decorativo, nell’adeguatamento non facile alle attuali esigenze normative. Pertanto, pur numerosi che siano stati gli interventi di consolidamento ed impiantistici, quanto al risultato estetico, nulla è visibile e nulla è stato variato. Il teatro viene quindi fedelmente restituito nelle sue caratteristiche originali, risultato di una continuità storica che non deve essere cancellata.

Il restauro decennale del teatro si e articolato nelle seguenti Casi:

· Consolidamento e impermeabilizzazione del tetto.

·  Rinforzi strutturali dei solai e delle murature interne mediante inserimento di un reticolo di profili di acciaio e di travature in legno.

· Costruzione della rete impiantistica fognaria, idraulica, elettrica, termica.

· Ricostruzione di intonaci e rivestimenti.

· Trattamento di ignifugazione delle componenti lignee strutturali.

· Rifacimento delle pavimentazioni: in mattoni della locale fornace per palchi e corridoi; in pietra rosa locale per ingresso e scalinate; in legno di acero per la platea; in legno di pioppo piemontese per il palcoscenico; in ceramica per i servizi.

· Restauro del perimetro esterno con sostituzione di migliaia di mattoni.

· Ripulitura e restauro pittorico dei pregevoli decori floreali e figurativi dei soffitti e delle pareti, del sipario storico, riproducente il teatro nel contesto della Porta Albani.

· Completamento dell’impiantistica con centralina, rilevatori d’incendio, apparecchi di controllo, quadristica.

· Montaggio dei drappeggi di scena e dei tendaggi in velluto.

· Per ultimo gli arredi, quali poltroncine di sala, seggiole di palco, specchi d’ingresso, mobili delle sale di rappresentanza.

 

 

Urbania in scena

 

Le Scuole di Urbania per iniziativa di nsegnanti capaci e volenterosi, si sono da sempre adoperate ad allestire spettacoli teatrali che, racchiusi nella cornice del teatro Bramante, acquistavano maggiore qualità e fascino.

Lumacone d'oro: vince il rione Porta Parco

Lumacone d'oro: Porta Parco festeggia la vittoria, 1965

 

Il lumacone d’oro

Per iniziativa del GAU (Gruppo Artistico Urbaniese) dal 1964 al 1968 si è svolta una sfida tra i quattro Rioni cittadini incentrata su spettacoli teatrali, che coinvolgeva totalmente gli urbaniesi in una gara appassionante di abilità e di creatività per la conquista del trofeo Lumacone d’oro”, opera in ceramica dell’artista Federico Melis.

Le stagioni teatrali

che si sono svolte al Bramante fino alla chiusura hanno sempre attirato un pubblico numeroso non solo da

 Urbania ma anche dai paesi limitrofi. Hanno calcato le scene del Bramante attori e compagnie di primissimo piano dello spettacolo: Salvo Randone, Ileana Ghione, Paola Quattrini, Franco Interlenghi, Adriana Innocenti, Massimo Girotti, Francesca Benedetti,  Corrado Pani, Nando Gazzolo, Paola Pitagora, Valeria Valeri, Stefano Satta Flores, Giuseppe Pambieri, Lia Tanzi, Carlo Alighiero, Elena Cotta, Renato Campese, Aldo Reggiani, Andrea Giordana, Renzo Giovanpietro, il Teatro dell'Elfo, la Cooperativa Attori e Tecnici, la Compagnia di balletto Cosi-Stefanescu. Portatori di una cultura teatrale che finalmente potrà riprendere.

 Manifesto cinematografico

Manifesto cinematografico

 

 

 

Il Cinematografo

Dai primi anni del ‘900 il teatro Bramante diventa anche sala cinematografica. Per tutto il secolo fino alla chiusura con tre o quattro spettacoli settimanali ha proiettato migliaia di pellicole. Ed e stato il Nuovo Cinema Paradiso di Urbania. Molti hanno conosciuto storie e paesi attraverso il cinema senza mai muoversi da Urbania. E' stato fonte di divertimento e di cultura. Molti ricordano che gli spettacoli erano soggetti al giudizio ecclesiastico cittadino con relative avvertenze pubblicamente affisse nell’atrio della Cattedrale. Vi si leggeva: per tutti, per adulti, adulti con riserva, sconsigliabile, escluso. Il cinema e stato quasi figlio del teatro, che lo ha reso quanto mai popolare e ancor più amabile per tutta la citta.

 I Veglioni

Numerose ed indimenticabili le feste danzanti in teatro. Ancora si favoleggia

Macchina per la proiezione dei film nel cinema

La macchina da proiezione utilizzata per il cinema

 

della loro unicità e della bravura degli organizzatori. Famosa la Veglia Bianca, il Veglione dei cacciatori, dello Sport, dell'Accademia Teatrale e quello del GAU, in cui veniva eletta anche la Miss, con conseguenti ed inevitabili strascici di commenti. Nei palchi si consumavano le attese di madri e figlie, di giovani resi audaci dall’atmosfera festaiola, di un pubblico che per una sera provava un brivido di mondanita.

 

Testimonianze

Musica e orchestra al teatro

Al suono del primo campanello si spegneva la stella, poi le luci dei camerini, mentre si accendevano quelle del golfo mistico sugli spartiti dell’orchestra. Al terzo, dalla porticina laterale della platea, entrava il maestro di musica accolto dagli applausi. A questa cerimonia iniziale, di prammatica in ogni teatro che si rispetti,

Concerto

Concerto

 

   partecipai anch ‘io, come maestro, titolo che mi era stato appioppato pur senza possedere quello vero, ma solo per esserlo diventato di fatto, per aver preparato orchestrina e attori negli spettacoli degli anni ‘60. Franco Uguccioni mi chiamò a dirigere l’orchestra del GAU tutta composta di elementi urbaniesi: gli strumenti a corda pro venivano dalla scuola del violoncellista Antonio Orazi, detto Togna, tra cui eccelleva il primo violino Cristoforo Bianchi, detto Cicigrigna, fra i secondi Vittorio Salvatori e Marisa Benedetti. Al contrabbasso Massimo Galeotti,  (Tabacòn), che nel taschino, all’occorrenza, teneva pronto anche l'ottavino. Gli ottoni e i legni venivano scelti tra i bandisti. Le prime trombe di Amilcare Catani, (Mimmo), e Peppino Angelini; il sassofono del fratello Settimio, (Gigagna); tra i più anziani il  clarinettista Alfredo  Lucchini, (Pocella),

  alla grancassa e piatti Francesco Spaccazocchi, (Checco d’la Guardia); Amedeo Bartolucci, (Bartocc’) ben si prestava a fare il bidello. Per gli spettacoli di varietà si ricorreva agli orchestrali delle sale da ballo, le chitarre elettriche, Maurizio Spaccazocchi e Rolando Palleri, una novità per quei tempi. L’organetto era quello di Giuseppe Bucci, (Ranchi), la batteria del figlio Bubu. Il fisarmonicista Antonio Psotti, (Miclòn), per dare più sprint al “Pro è vera “, ne compose la sigla da avanspettacolo. Una sera, alla fine dello spettacolo, tra gli applausi scroscianti, mentre calava il sipario, da un palco cadde un fiore sopra il pianoforte: era nato un amore, quello della mia vita.

                                                                             Raimondo Rossi

 

Il Teatro: una grande esperienza di vita! E quanto posso dire dopo i lunghi e magnifici anni passati al Bramante. Quale ricordo? Il primo quando nel 1936 nelle famose "recite" dei bambini dell’Asilo presentavo al

pubblico e alle autorità lo spettacolo annuale del quale ricordo ancora oggi le parole: fu la prima esperienza da bambino che non ho mai dimenticato. Poi, col passare degli anni  le paure, le inquietudini e a volte le  incomprensioni per i grandi concerti lirici che durano ancora e le ansie, fino all’apertura del sipario, per il freddo che sentivano gli attori durante le stagioni di prosa con le Compagnie nazionali: freddo che spesso veniva superato con un buon bicchiere di vino e una fetta di crescia delle nostre osterie. Li ricordo con gioia tutte le centinaia di artisti che hanno calcato le scene del Bramante negli ultimi trent’anni, molti dei quali sono rimasti cari amici e per essi ne cito solo quattro: il grande baritono Aldo Protti nella commemorazione di Mario Del Monaco, l’attore e regista Carlo Cecchi ne "Il Borghese gentiluomo" di Molière, la signora Ètoile Liliana Cosi e il premio Oscar Gabriele Salvatores del Teatro dell’ Elfo. Per il futuro? Due cose vorrei vedere: un gran Gala con alcuni grandi interpreti del passato e, soprattutto, il ripristino del "Lumacone d’oro". Per ora, comunque, la cosa più bella è riaprire le porte del teatro! Il resto, sono convinto, verrà da sé!

                                                                               Franco Uguccioni

 

 

Renato Campese e Corrado Olmi in Il matrimonio

Renato Campese e Corrado Olmi in "Il matrimonio" di N.Gogol

                   

 

Chi non rimpiange gli eleganti veglioni con orchestre e cantanti famosi che hanno fatto sognare coppie giovani e meno giovani? Quante recite che hanno dato la possibilità a tanti di vivere un piccolo momento di notorietà. Il teatro è un tesoro prezioso per la città ed è giusto che ne torni ad essere il perno della vita sociale e culturale.

                                                                       Elena Tacchi

 

Cenerentola

Scuola materna: "Cenerentola"  interpretata dai genitori degli alunni, 1982

Da un palchetto vedo tutto, dal palcoscenico non vedo nulla, però... quanta emozione! Tanta da volerci riprovare.                                                                      Lamberto Catani

 

Avevo appena tre anni quando andai a teatro per la prima volta. Il teatro è parte di me, quello che non ho potuto fare altrove l’ho fatto li. Quando vi entro da solo, mi prende l’odore forte che non si scorda e si apre il sipario della memoria. Mi sembra di rivedere mio padre, Chinetti, Florindo, e mi sembra di sentirli ancora discutere, forse sono ancora lì tra i palchi ad assistere ad uno spettacolo che solo loro possono vedere.

                                          Feliciano Pierini

 

Spettacolo di satira locale Prò è vera

         Gruppo Artistico Urbaniese:  "Prò è vera" spettacolo di satira locale, 1964

 

Tempi oramai lontani, ma ricordi presenti e vivi da cui riaffiora tutto un periodo di lavoro intenso e costruttivo. Tempi duri per fare teatro, mezzi economici scarsi, meccanismi teatrali piuttosto antiquati, riscaldamento limitatissimo, ma tanta voglia di fare, tanto entusiasmo e coinvolgimento. E il periodo delle operette, delle celebrazioni, delle commedie a cui partecipavano decine e decine di bambini, adolescenti, giovani con tanta soddisfazione per noi che formavamo una équipe grintosa e testarda. Ai ragazzi di oggi voglio dire: amate il teatro perché esso non è solo divertimento, ma soprattutto cultura, socializzazione, amicizia.                                                                 Giulietta Belli

 

                                                                        

 Il Coro Polifonico Durantino "Don Antonio Mangani” organizza dal 1973 la Rassegna Nazionale di Cori polifonici per diffondere gli alti valori della polifonia e creare un ‘atmosfera di amicizia tra componenti dei vari gruppi. Dal 1973 al 1983 le Rassegne si sono svolte nel teatro Bramante. ll pubblico era numerosissimo e l’emozione grandissima. Che dire quindi? Solamente che dal 2001 le Rassegne possano ripetersi nel nostro teatro.

                                                               Lucia Cleri

Durante la mia ultraventicinquennale presidenza dell' Accademia Teatrale di Urbania posso testimoniare che per la città di Urbania e per tutta l'alta Valle del Metauro il teatro Bramante e stato sempre un punto di riferimento e di incontro per manifestazioni di carattere artistico, musicale, sociale e religioso. Proprio per questo interesse generale e per contribuire in modo determinante all’ulteriore e futuro sviluppo l’Accademia Privata ed i suoi condomini hanno ritenuto giusto trasferire le loro quote condominiali ed i palchi di proprietà al Comune di Urbania. Mi corre il dovere di ringraziare come ultimo Presidente tutti gli ex condomini per la sensibilità allora dimostrata.

                                                                         Claudio Pollastrini

Coro polifonico di Don Antonio Mangani

Coro polifonico Don Antonio Mangani, 1983

 

Il nonno Florindo ha passato la vita in teatro dietro la macchina del cinema e io l’ho aiutato negli ultimi anni. Mi sembra ancora di sentire l’odore dell’acetone che serviva per riattaccare le pellicole che si rompevano o s’incendiavano, e quando avveniva questo ricordo i fischi e le urla che arrivavano dalla platea. Risento il suono dei passi, il rumore delle poltrone per sedersi, le porte dei palchi che sbattevano e le chiavi di apertura che tintinnavano. Da fuori ancor oggi se guardo in alto alle finestre rivedo il nonno sorridente che ci guardava da bambini mentre giocavamo nella piazza sottostante.

                                                                     Filippo Galeotti

 

Sono stato operatore cinematografico per diciotto anni per poche lire alla settimana che Florindo mi infilava in tasca. E' stato il periodo più bello della mia vita, era l’unico divertimento. Come tanti non vedevo l’ora di andare a vedere i cartelloni della programmazione e sognavo anche solo con quelli. Il cinema era molto frequentato finché arrivò la TV con Lascia o Raddoppia. Allora si mise un televisore in palcoscenico e così il pubblico poteva vedere anche Mike Bongiomo tra un tempo e l’altro del film.

                                                     Ettore Benedetti

 

 

La piccola fiammiferaia

Scuole elementari e medie: "La piccola fiammiferaia" di R.Corona, 1956

Sono stata Miss Libertas della Veglia Bianca in teatro, nel 1948, quando il veglione si trasferì dal Dopolavoro al teatro Bramante. Il veglione era a invito: prevedeva la prenotazione che consisteva in un chilo di farina, un etto di zucchero, due uova e cento lire (servivano per i dolci da distribuire a mezzanotte). Respiravo la musica in casa e ho partecipato con grande entusiasmo alle bellissime operette allestite in teatro sotto la direzione musicale del mio babbo.

                                                                    Ileana Bianchi

Sipario storico del Teatro Bramante

Sipario storico del teatro Bramante

Il sipario del teatro e opera del pittore faentino Romolo Liverani, artista di sensibilità romantica molto attivo in tutta la regione. Fu realizzato per l’inaugurazione del “Bramante” nel 1864. E' anche un prezioso documento che ci restituisce, subito dopo la costruzione del nuovo teatro, uno spazio cittadino prima di alcune demolizioni novecentesche. Vi si puo vedere la Porta Albani (Porta Parco) collegata con un tratto di mura cittadine alla vecchia fabbrica della biblioteca ducale, ancora integra fino alla metà del 900. Sulla sinistra, di fronte al loggiato, è visibile il palazzo nobiliare della famiglia Brancaleoni-Matterozzi.

 

Dati Tecnici

 

Vani: ingresso, atrio, bar, platea, 44 palchi, loggione, sala direzione, sala conferenze, sala prove, palcoscenico, 7 camerini, l0 servizi igienici, locali tecnici e di servizio.

 Dimensioni: Lunghezza m. 35,50; Larghezza m. 18,70; Superficie totale mq 640; Superficie platea mq 100; Superficie palcoscenico mq 162; Dimensioni boccascena m 8,10 x 6,00

 Capienza: Platea 105, palchi 190, loggione 38

Impianto dì riscaldamento: radiatori per corridoi, palcoscenico, camerini, servizi igienici. Ventilconvettori per ingresso, atrio, bar, sala direzione, sala conferenze, sala prove. Aria condizionata per platea e palchi.

 Impianto di controllo e regolazione: nel primo palco del primo ordine, con possibilità nel settimo palco del primo ordine e nella platea. Può essere installata una consolle con monitor per il comando di tutte le luci di sala e di palcoscenico e per la regolazione della diffusione sonora.

 Il teatro e dotato di: Impianto citofonico tra i vari reparti; Impianto di diffusione e amplificazione sonora; Impianto di luci di emergenza; Impianto di rilevazioni fumi con 66 sensori, sirene di allarme, pulsanti di segnalazione; Impianto antincendio a idrante, sprinkler ed estintori portatili; Dispositivi di ricambio dell’aria e di evacuazione dei fumi con comandi automatici e manuali.

 Apparato scenografico e scenotecnico: Sipario storico con riproduzione del teatro e della Porta Albani; 4 sipari fondali e 24 quinte per 4 ambientazioni (bosco, città, palazzo, marina); Sipario di esercizio in velluto, sipario fondale, 6 quinte e 3 celetti di tipo neutro (nero) per uso generico, 2 americane con 24 riflettori, 6 riflettori laterali di boccascena ed 1 di fondo sala.

 

Il restauro e stato realizzato in sedici anni per un costo complessivo di L 2.086.000.000. Hanno contribuito la Regione Marche, la Banca Nazionale del Lavoro, la Provincia di Pesaro e Urbino e il Comune di Urbania con fondi propri.

 

Il progetto architettonico preliminare è stato realizzato dall’architetto Anna Pozzi. Il progetto esecutivo, delle strutture e degli impianti, dei decori e degli arredi e la direzione dei lavori sono stati eseguiti dall’ingegnere Giuseppe Maria Leonardi.

 

Le ditte intervenute per i lavori di restauro sono le seguenti:

 Opere edili: Edile B.M. di Silvano Morelli - Fermignano     Edil C. - Acqualagna     Cooperativa edile Durantina - Urbania

Impianto elettrico: Imp.e di Gabriele Fantoni - Urbania

Impianto termico: Idrotermoelettrica di Carlo Girelli - Urbania

Restauro pittorico: Maurizio Ciaroni - Urbino

Decoratori:     Marco Saltarelli - Urbania      Valeria Belemmi - San Giovanni in Marignano

Drappeggi:     Ruggero Fabri - Senigallia

Pietre e marmi: Cave Salvi - Urbania     Oscar Marchionni - Urbania

Infissi:   Domenico Baffioni e figli - Urbania

Poltrone:    Gufran - Torino

Arredamenti vari: Cambioli mobili - Urbania

Opere in ferro: Feliciano Pierini - Urbania

Consulente arredi: Franco Pecchia

 La stoffa per le divise del personale di sala è stata offerta dalla ditta Italian Fashion di Urbania. Il marchio ricamato è stato offerto dalla ditta Joal Jeans di Urbania.

 

 Ringraziamenti

 

Vogliamo ricordare qui tutte le persone che hanno contribuito in qualche modo al recupero ed al restauro del teatro. Un ringraziamento speciale al sindaco Mario Santi ed al Segretario comunale Francesco Lucerna che nei primi anni ‘80 credettero alla necessità di acquisire il teatro ed avviarono le relative procedure; al sindaco Ebe Biagetti che riusci a reperire le prime risorse. Grazie anche ad Umberto Bernardini, Alberto Berardi e Vincenzo Tiberi, rispettivamente presidente, assessore e funzionario della Provincia, che ci aiutarono nel reperimento della tranche principale di finanziamenti presso la Regione; alla Regione Marche ed alla BNL, per aver concesso i finanziamenti; a Palmiro Ucchielli e Vittoriano Solazzi, presidente e vice presidente della Provincia per l’ultimo contributo dello scorso anno, necessario al completamento del restauro. Grazie ancora all’architetto Anna Maria Pozzi, redattore del progetto generale di restauro; all’ingegner Giuseppe Leonardi, redattore del progetto strutturale, degli impianti, del progetto esecutivo, nonchè direttore di lavori; a Franco Pecchia e Anna Maria Leonardi che lo hanno sostenuto in questi anni nelle scelte più delicate dei materiali di restauro e degli arredi e che ci hanno aiutato nelle scelte organizzative. Un grazie di cuore al direttore del Teatro di Cagli Sandro Pascucci, che ci ha trasferito la sua competenza per le incombenze organizzative degli ultimi mesi; al Teatro Stabile in Rete che ci ha supportato organizzativamente nella fase di apertura. Grazie al Palchettone che in questi anni di chiusura ha mantenuto viva la tradizione e l’interesse per la cultura teatrale; e grazie anche al gruppo Artealtro che negli ultimi anni ha sviluppato una particolare forma di sperimentazione teatrale. Grazie ad Amedeo Montanari e Francesca Sabetta, che hanno seguito con particolare dedizione le pratiche amministrative per i finanziamenti e la organizzazione del Teatro; al Club Le scaffe che nei primi anni 90, organizzò una mostra ed una raccolta di firme per promuovere il restauro del teatro. Grazie al gruppo di lavoro tecnico che ci ha supportato in questi mesi, a Paolo Orazi, Luigi Ciccolini, Feliciano Paoli e grazie alla Commissione Cultura del Comune. Infine un grazie speciale a Franco Uguccioni e con lui alla Pro Loco, che sul finire degli anni ' 70, in collaborazione con l’assessore Mario Rossaro della Provincia di Pesaro e Urbino ed il Comune rilancio l’immagine del Teatro con un primo vero Cartellone teatrale, portando in Urbania grandi artisti delle migliori compagnie. Nella nostalgia di quegli anni si è rafforzato l’impegno per la ricerca dei fondi per il restauro del Teatro.