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Urbino Metaurense

Nessuno mette più in dubbio l’esistenza di un antico municipio romano a sei chilometri ad est di Urbania: l’Urbino Metaurense. Fermi nel punto preso di adoprare soltanto materiale nostro, ricorderemo le molte medaglie e monete romane trovate in quei pressi un secolo fa, ove, anche oggi, vedonsi le vestigia dì vetusto ponte poco distante dal predio Taverna. Inoltre, nella sponda destra, a un mezzo miglio dal fiume, due anni fa, in un campo di proprietà Basili, si scopersero diverse tombe allineate nelle quali i resti umani, chiusi per ogni verso da larghi tegoloni, hanno tra la spalla e la testa un vaso fittile rotondeggiante trovato vuoto:  può ritenersi, senz’ altro, la necropoli dell’ Urbino Metaurense. Quarant’ anni or sono, allorché s’iniziarono i lavori della Ferrovia Urbino - Fabriano, nella località ove sorge la stazione di Urbania, si rinvenne un largo pavimento a mosaico e più tardi, in quelle adiacenze, furono posti alla luce pezzi di calcestruzzo, fondamenti, tubi di piombo, monete, anfore, piombo, ecc., tutto materiale archeologico andato miseramente disperso per ignoranza di operai e per golosità di soprastanti. Ed ecco, infine, un’ altra prova di questa esistenza, desunta da un documento del 1284. Edificandosi nella nuova Terra di Durante chiesa e convento dei Frati Minori, molti materiali (cioè colonne, capitelli, pietre concie e simili) vi si trasportarono amore Dei, come usavasi in quei tempi di fede, da un preesistente Monastero Francescano nella parrocchia di Monte S. Pietro in località detta anche oggi « Cai frati ». Ma i primi figli del Poverello dove avevano trovato tanta dovizia di lavoro in pietra? Si deve pur supporre che, mancando ne’ nostri luoghi qualsiasi cava da pietra, per erigere la loro prima dimora si fossero serviti degli sparsi ruderi dell’antico municipio metaurense. Intorno al secolo VI avvenne la distruzione della nostra vetustissima patria per opera (convien credere) dei Goti o dei Longobardi. Dal 574 al 578  l’Italia fu corsa per lungo e per largo da orde immani di codesti barbari che la misero a ferro e fuoco. Furono, quelli, anni terribili, spaventosi, descritti a brevi ma potenti note dai Pontefici Pelagio II e S. Gregorio Magno. Distrutti a1lora Fossombrone e Tiferno del Metauro, il nostro Urbinurn, posto in mezzo, subì certamente la stessa tragica sorte. I pochi scampati dall’ eccidio, dovettero rifugiarsi sui colli aspri verso ponente e quindi edificarono una seconda patria: CASTEL DELLE RIPE.