Un romanzo scritto a 4 mani

Alessandra e Roberto, amici dai tempi dei loro primi corsi di scrittura creativa, si cimentano in una prova ardua, ai limiti dell'impossibile. Un romanzo scritto a 4 mani, i cui protagonisti vanno alla ricerca di una donna scomparsa nel territorio indiano, e di certo questo sarà il pretesto e il momento giusto per conoscersi, riflettere e scoprire molto altro di sè.
Numerosi scrittori di fama mondiale - di cui non è possibile, per ovvie ragioni, rivelare i nomi - stanno cercando di scoprire il segreto letterario dietro queste prime pagine che di certo si stanno per rivelare come il caso editoriale del secolo (il XXI !).
Buona lettura a tutti.

(settembre 2010)






Anche oggi verrà a piovere, pensava Lucrezia mentre vedeva nubi grigie addensarsi fuori dalla finestra. E questo scombinava tutti i suoi piani per il resto del pomeriggio.
Tirò fuori l'ombrellino rosso a pois grandi. Era certa ormai che l'appuntamento con Luciano sarebbe saltato. Eppure ci teneva a rivederlo. E anche lui non sembrava insensibile.
Le era sempre piaciuto quell'ombrellino, qualcuno lo avrebbe trovato forse ridicolo. Ma da tempo aveva imparato a infischiarsene del pensiero altrui. Tranne di quello di Luciano.
Buffo, si erano conosciuti proprio in un giorno di pioggia.
Reggeva diverse buste e pacchetti. Era uscita dal portone di nonna Luigia correndo. Sulle strisce pedonali aveva avanzato troppo velocemente. Sbilanciata in avanti, la borsa più pesante aveva colpito Luciano, la cui bici era sbandata contro un Suv enorme, logicamente nero.
Lui non si era reso conto subito da dove provenisse il colpo, né come si fosse ritrovato addosso al Suv, miracolosamente in piedi e incolume.
- Ehi, guarda dove vai! - Gli aveva urlato l'autista sfrecciando via, fregandosene di lui e di controllare eventuali danni.
Lucrezia aveva lasciato cadere le buste e il loro contenuto sull'asfalto e si era precipitata verso Luciano. Davvero un bel tipo, si disse, mentre notava che gli si era strappata la camicia. Lui era confuso, come un bambino che non afferri l'accaduto. Si lasciò accudire dalla sconosciuta, che nel frattempo aveva riconosciuto la targa del Suv del suo ex-marito.
Sempre lo stesso, prepotente e incurante degli altri, pensò prima di concentrarsi nuovamente su Luciano. La camicia di lino azzurra ormai era da buttare. Come aveva fatto?
- Accidenti! - Esclamò cercando di sistemarsi alla meglio.
- Scusi, non l'avevo vista. Si è fatto male? - Oltre ad un bel torace Luciano possedeva due profondi occhi marroni.
Lui si toccava un ginocchio. Sul jeans chiaro luccicava una macchiolina di sangue.
Magari quel gradasso del mio ex sta facendo il lumacone con Luana o un'altra poco di buono, e il Suv gli serve come orpello per i suoi soliti giochetti da macho frustrato.
E se lo portassi a casa di nonna?
Lucrezia si sentiva in colpa, a causa della sua sbadataggine; per poco non ci rimaneva secco.
- Venga su, che la disinfetto. Non può mica andare in giro così.
- Sì, forse è meglio. - Rispose Luciano continuando a toccarsi il ginocchio. Un dolore, più che altro un indolenzimento, iniziava a farsi sentire.

Oddio, forse ho sbagliato a portarlo su dalla nonna, pensò Lucrezia in ascensore mentre non sapevano cosa dirsi. In fondo è uno sconosciuto.
Mentre la nonna aprì la porta, squillò il cellulare di Luciano.
- Oh, Paolo, sapessi...
Lui sembrava molto impacciato.
Paolo si era dovuto accontentare della promessa di un resoconto più dettagliato nel pomeriggio. La nonna era già pronta con il disinfettate e la garza, neanche fosse un'infermiera professionale.
Luciano guardò entrambe, sorrise e, afferrando il flacone dell'acqua ossigenata, disse:
- Signore, se permettete andrei in bagno.
Fu con quel sorriso che Luciano riuscì ad incrinare tutte le certezze di Lucrezia.
E poi perché era arrossito quando aveva risposto al cellulare? Perché si era affrettato a spiegarle che si trattava di un amico, per poi in seguito correggersi utilizzando quel termine ambiguo: "convivente"?
Comunque questo lo disse al secondo appuntamento, nella sala da tè un po' polverosa che era tornata di moda in tempi recenti. Lucrezia non disse nulla, e lui concluse dicendo che si conoscevano da molti anni. Paolo era il suo amico del cuore. L'amico con il quale aveva condiviso tutto: dagli studi ai primi amori, dalle prime delusioni ai progetti.
Ad occhi esterni poteva sembrare una strana liaison, ma forse entrambi si facevano scudo della loro amicizia per evitare altre delusioni.
Luciano aveva sposato Luisella, l'amore di sempre. Poi lei lo aveva mollato al rientro da una vacanza in India, folgorata da un santone che, a sua detta, le aveva fatto capire cosa era veramente importante. Lo aveva lasciato senza troppi rimorsi e preoccupazioni.
- E' meglio così. - Gli disse con l'unica valigia in mano il giorno della partenza.
Inutile dire che con il santone non condivideva solo la parte spirituale.
Da allora guardava le donne da lontano.
Ma questo Lucrezia lo apprese molto dopo, in effetti. Ben dopo quel timido bacio che lei gli porse al termine del loro terzo incontro, un pranzo nella trattoria in riva al fiume, una scolorita domenica di maggio.

- Ciao Lucrezia, allora ci vediamo? - La voce allegra di Luciano la raggiunse mentre era alla cassa del supermercato.
- Certo, ho un paio di commissioni da fare e poi sono libera. - Non voleva dargli la sensazione di aspettare la sua telefonata.
Dove sarebbero andati? Cosa si sarebbero detti? Sentiva che Luciano era attratto da lei, ma ancora non riusciva a lasciarsi andare.
E lei? In teoria si sentiva spavalda, ma poi... Provava ancora un vago senso di imbarazzo per quel bacio. E il tempo non era mai stato dalla loro parte. Chissà? Forse c'era un significato subliminale?
L'accompagnò dalla sarta della nonna per ritirare un vecchio tailleur da aggiustare e poi dall'amministratore del condominio per una rata scaduta. Luciano fu cortese e si dimostrò attento alle sue perplessità e alle sue incertezze.
Non aveva la macchina ma, oltre la bicicletta, una moto cromata che a Lucrezia piacque subito.
L'avevano lasciata parcheggiata sotto casa e si erano avventurati sotto la fitta pioggiorellina. Di certo non voleva causare un altro incidente.
- Ti va di andare a mangiare una pizza? - Le aveva chiesto usciti dall'estenuante conversazione con l'amministratore.
- Sì, ma non vorrei fare tardi. Domani mi aspetta una giornata pesante al lavoro. - Senza rendersene conto cominciava a fare la preziosa.
- Per me non ci sono problemi. Almeno ci sediamo e parliamo con calma.
Parlare di cosa? Si chiedeva Lucrezia. I suoi occhi color nocciola si facevano esplorare senza la timidezza che invece tradivano i gesti di lui.
Lei iniziò parlando del suo amore per i viaggi.
- Sai, con mia moglie... - tossì lui quasi interrompendola. Squillò il cellulare: - Ah, Paolo, ti chiamo dopo... Lucrezia accavallò nervosamente le gambe. Pur senza conoscerlo, quel tizio le dava sui nervi.
- Ma Paolo è fidanzato? - Chiese.
- Non direi. Si vede ogni tanto con una ragazza.
- Capisco. - Rispose Lucrezia addentando uno spicchio di pizza ai fiori di zucca.
- So che è difficile da capire... - Luciano non finì la frase, le avrebbe spiegato col tempo. Si stupì di questo pensiero.
- Allora, dimmi del tuo ultimo viaggio.- Riprese Lucrezia.
Lui abbassò gli occhi.
Sembrava avessero sfiorato un argomento decisamente tabù. Fissava il piatto giocherellando con la forchetta.
- Sai, con mia moglie... - riprese, poi deglutì. La guardò, infine. - Negli ultimi tempi eravamo diventati quasi degli estranei.
Lucrezia alzò lo sguardo, lo fissò per un attimo negli occhi.
- Eravate sposati da molto?
- Beh, ci conoscevamo da 20 anni.
- A volte subentra l'abitudine. Senza che te ne accorga dai tutto per scontato e piano piano nell'uno o nell'altra inizia a incrinarsi qualcosa. E sempre per abitudine si va avanti fino a quando non succede qualcosa che rompe l'equilibrio.
Lucrezia, dicendo questo, aveva assunto il contegno di grande esperta. Le apparve l’immagine dell’ex-marito e si fermò di colpo. Si assentò per un istante, fissando la coppia seduta accanto al loro tavolo.
- A te cosa è accaduto? - Domandò Luciano regalandole uno sguardo più morbido del solito. Lucrezia apprezzò la sua sensibilità.
Gli avrebbe dovuto raccontare del suo divorzio da Emiliano avvenuto tre mesi prima. Esitò.
- Sai, in realtà non sono mai stato sposato.
Lucrezia aggrottò la fronte.
- Stavo scherzando... E' come se la mente volesse rimuovere quel periodo.
Lucrezia gli accarezzò il braccio.
La sera prima la nonna le aveva letto le carte. Non aveva bisogno di vederle, quelle carte ruvide le riconosceva al tatto. Ovviamente Lucrezia le aveva posto un quesito su Luciano.
- Lo sapevo, il fante di coppe. - disse rovesciando la prima carta. - Eppure è un giovane così educato... Seconda e ultima carta, come le aveva insegnato una vecchia prozia ucraina. - Ah! - esclamò sorridendo - il tre di coppe! volevo ben dire.
Lucrezia le considerava stupidaggini. Anzi ad essere sincera le incutevano sempre un po’ di paura. Andare a sollecitare il destino, e poi se bastasse un mazzo di carte nella vita non si commetterebbero errori.
Questo rimuginava nel letto prima di prendere sonno. L'indomani aveva un'importante riunione con i fotografi e la redazione di Milano.

- Dobbiamo assolutamente invitarlo a pranzo.
La nonna era stata categorica. E aveva iniziato subito a preparare una invidiabile lasagna al ragù, le polpette al timo con piselli e la mitica torta ai mirtilli.
Era una domenica raggiante di sole. La signora Luigia aveva indossato un abito nero e la collana di perle, e imbandito la tavola come non accadeva dall'ultimo Natale trascorso con suo marito Ersilio.
Luciano si sentiva contento. Lucrezia gli piaceva, non poteva più negarlo a se stesso.
Era una donna solare, allegra.
- Buongiorno, sono in ritardo? - esordì sulla soglia della porta.
- Ciao Luciano, entra, accomodati. – Rispose la signora Luigia mentre poggiava la teglia con la lasagna sulla tavola.
Luciano mangiò con gusto, non più abituato a pasti molto sostanziosi.
Anche se non se la cavava tanto male ai fornelli.
Accompagnarono la torta con il vin santo che aveva portato Luciano.

- Oh, la Regina di spade! - esclamò la nonna.
Lucrezia si era irritata quando l'aveva preso per mano per farlo sedere al tavolino destinato alle consultazioni impegnative.
Si era guardato intorno, impaurito.
Quelle due donne riuscivano a sconcertarlo.
- Vedi, figliolo la carta rovesciata indica che non ti sei ancora liberato della presenza di una donna. Oh! - Fece la nonna.
- Cosa c'è? - Fece Luciano .
- Niente di interessante. - Rispose ricomponendo il mazzo.
Lucrezia conosceva quegli Oh! Erano sempre presaghi di qualche cambiamento.
Poi smise di fissare il cassonetto dei rifiuti sul marciapiede di fronte. La voce di lui si incrinò:
- Luisella... - stava quasi per piangere - è... morta e io...
- Senti Luciano, ti decidi a dire la verità? - Lucrezia non ne poteva più.
- In India... non so.. sei mesi fa ho ricevuto una lettera dal consolato italiano che mi comunicava la scomparsa di Luisella. - Si asciugò le lacrime con un lembo della camicia.
- Scomparsa? Che vuol dire?
- Morta, suppongo. - Riprese Luciano un po' più calmo.
- Scomparsa non vuol dire necessariamente morta. E tu non sei neanche andato ad accertarti di persona di cosa le fosse realmente accaduto? - Lucrezia non riusciva a credere alle sue orecchie.
- Bambina, calmati. - La esortò la nonna
- Avevo... ho paura. Preferisco crederla morta.
- Paura di cosa? E se non fosse morta? Se avesse bisogno di aiuto? O se anche fosse morta, non vorresti sapere come? Hai passato con lei vent'anni della tua vita. Non contano nulla?
La nonna scosse la testa .
Luciano la bloccò. Fu un gesto istintivo.
Lei lo guardò negli occhi, avrebbe voluto dargli un ceffone.
- Forse è meglio che vada. - Furono le uniche parole che gli uscirono di bocca.
Lucrezia rimase immobile. Luciano si avviò verso la porta; si voltò, ma Lucrezia era ormai lontana.

Aveva più volte pensato alla sua inspiegabile chiusura. Quell'uomo le piaceva, nonostante la sua abilità nel porre una algida barriera tra sé e gli altri. Qualcosa lo aveva ferito, forse la relazione con la moglie o chissà cos'altro.
Ma lei era disposta anche ad accompagnarlo in India pur di fare chiarezza sulla sorte di quella donna perduta. Una parte di sé credeva che ciò lo avrebbe potuto aiutare.
E suo cugino Mauro, grande esperto del mondo indiano e degli infiniti santoni presenti su quel magico suolo, sarebbe stato per loro una valida guida.
Avrebbe messo Luciano di fronte al fatto compiuto. Inutile dare spiegazioni. Il toro andava preso per le corna. Lei aveva sempre fatto così nella sua vita.
Non aveva creduto alle lacrime di coccodrillo di Emiliano quando aveva scoperto i suoi numerosi tradimenti e lo aveva lasciato senza esitazione. Ora non credeva a quell'ostinata chiusura di Luciano.
Si collegò ad internet alla ricerca delle migliori offerte per i voli.
- Mauro, ciao. Avrei una proposta da farti.
Se ne stava in canottiera a osservare il mondo dalla finestra di internet. La cassa delle birre era finita da un'ora abbondante e lui stava iniziando ad annoiarsi.
- Di santoni da quelle parti ce ne sono a migliaia. - sbadigliò. - Però se riesci a darmi qualche info in più, tipo in che anno lei se n'è sparita...
Altro sbadiglio.
- E poi guardati "Holy Smoke" con Kate Winslet ciao. - un ultimo sbadiglio prima di riattaccare.
Un tipo spiccio, Lucrezia lo sapeva.
Ma sapeva anche di poter contare sulla sua disponibilità.
Ora lo scoglio più difficile era capire perché Luisella aveva deciso di sparire.

- Non ci verrò mai! - Luciano si dimostrò molto deciso.
- Ascolta, so che non è... che non sarà facile. Ma non pensi sia ora che ti liberi di questo peso?
Luciano sentiva la stomaco contorcesi. Perché stava succedendo tutto questo?
Lucrezia ha una forza che io non ho, pensava fissandola, e questa è la sua bellezza.
- Non voglio coinvolgerti in una cosa che non ti riguarda. - Spiegò.
- Non mi hai costretto, ti sto offrendo il mio aiuto. - Lucrezia si avvicinò.
Lui si alzò. Sembrava barcollare.
- Ti ho detto che non posso!
Lo fissò sorridendo.
- Ci sarebbe un aereo domattina alle 10 per Delhi. - disse con determinazione.

Erano passati due mesi e non si erano più rivisti. Lucrezia pensava ogni tanto a quell'uomo che aveva continuato per lei a essere uno sconosciuto con i suoi segreti. Anche dopo la loro breve frequentazione restava un uomo che non riusciva ad aprirsi, che non voleva comunicare il suo stato d'animo. O forse non poteva.
Comunque lei non aveva avuto intenzione di continuare quel ruolo sterile di crocerossina.
Infatti ora stava fissando Emiliano di fronte al suo bicchiere di maritini rosso.
- Dobbiamo parlare. - Le aveva comunicato senza troppi preamboli, dandole appuntamento per il pomeriggio.
Il loro divorzio era ormai prossimo e lei non vedeva l'ora di chiudere con quella parte della sua vita.
- Ti trovo bene. - Esordì Lucrezia. Del resto perché non doveva essere così? Il lavoro lo gratificava, e la sua vita sessuale era a dir poco esuberante.
- A proposito del nostro divorzio. - Iniziò mentre ingollava l'ultimo sorso del suo drink. - Solo ora che siamo prossimi alla fine del nostro matrimonio, mi rendo conto del male che ti ho fatto.
Lucrezia guardò quell'uomo dalla barba ispida il cui corpo aveva raggiunto i centodieci chili, e ricordò l'intensa sensualità dei loro primi incontri. Come era possibile che tutto fosse cambiato? Forse riusciva ancora ad intravedere nel suo sguardo le tracce dell'uomo di cui si era innamorata.
Lui viveva ora con Luana in pianta stabile, una cassiera di cinema che probabilmente in gioventù aveva praticato altre professioni meno nobili. Aveva diversi anni più di Emiliano, ma tutto ciò non sembrava costituire un problema per lui.
Forse la rabbia era passata. Ora, almeno, riusciva a stare seduta con lui e a guardarlo negli occhi. All'epoca era solo una ragazzina...
- Ho un amico con un problema. Mi potresti aiutare? - le chiese con un sorriso.
E quella svampita di Luana? perché non lo chiedi a lei? pensò.
- Luana non è all'altezza. - Emiliano sembrò leggere nella sua mente.
- Si trova in qualche guaio? - Ignorò il commento di lui.
- Credo c'entri una donna.
Un sorrisetto increspò le labbra di Lucrezia.
- C'è sempre una donna di mezzo. - le capitava spesso di assumere un'espressione ironica davanti al suo ex.
- Ma questa è sua sorella. Ti spiace accompagnarmi da lui? Capirai.
Lucrezia lo seguì, non sapendo bene perché. Non voleva di certo riallacciare nessun tipo di rapporto con lui. E' solo curiosità, si disse mentre entravano in un portone poco accogliente.
Il numero civico era 17, e l'interno 13 era al terzo piano. In attesa davanti alla porta, Lucrezia sommava questi numeri. Il risultato era un numero divisibile per tre, e questo era un segno positivo. Fin da ragazzina si era abituata a fare giochetti matematici di sua invenzione, e di recente aveva associato tutto ciò a una abilità divinatoria che faceva più che sorridere quella falsa cartomante di sua nonna.
Un lento cigolio precedette di poco l'apertura della porta. Lei fu favorevolmente colpita dal sorriso sereno sul viso dell'uomo sulla sedia a rotelle.
- Salve, io sono Paolo. - disse accentuando il sorriso nel rivolgersi a Lucrezia.
- Salve - risposte secca.
- Questa è Lucrezia, la mia ex moglie. - Precisò Emiliano - Veniamo al dunque.
- Il dunque. - Paolo fece girare la sua sedia con un gesto agile verso la finestra. - Sono mesi che non ho più notizie di mia sorella.
Lucrezia fissava senza interesse un poster di un tramonto di chissà quale spiaggia esotica.
- Kuta, Bali. - disse Paolo.
- Sembra un bel posto. - Commentò. Il suo sguardo cadde sulle sue mani, robuste e affusolate nello stesso tempo.
E’ un tipo intuitivo, si disse Lucrezia.
I suoi occhi tornarono a frugare la stanza, sulla scrivania vide la foto di Luciano sorridente abbracciato, ad una giovane donna dai capelli rossi e dal viso aperto. Gli stessi occhi di Paolo.
Tornò a guardare i due uomini.
- Non so più nulla di lei. E suo marito si trova in una sorta di stato…
Emiliano stava per accendersi una sigaretta ma Paolo lo fulminò con lo sguardo.
- Oh, scusa...
Paolo li aveva fatti accomodare su un divano color albicocca e nel tavolino erano già preparati i bicchieri con alcune bottiglie contenenti liquidi rossastri, verdi, giallo pallido.
- Mi trovo in una situazione veramente difficile. Ho perso mia sorella e sto perdendo il mio miglior amico. La scomparsa di mia sorella ha coinciso con il mio incidente, sapete, forse ci sono delle probabilità che possa riprendere a camminare - disse più a se stesso che ai due. - Luciano non mi disse nulla mentre ero in ospedale - riprese - poi una volta ristabilitomi mi comunicò la notizia senza nessuna spiegazione.
Con qualche difficoltà Paolo frugò in una delle sue tasche. Ne tirò fuori una foto. Piccola, ma che Lucrezia osservò con molto interesse ancor prima di prenderla in mano per esaminarla meglio.
- Si tratta di un guru indiano, Swami Premananda. Mia sorella si era trasferita da lui, nel nord, ai piedi dell'Himalaya. Abbiamo ricevuto solo una cartolina... poi più nulla.
Emiliano si stava sporgendo troppo verso Lucrezia. Riconobbe il deodorante economico che usava da anni. - Eravamo andati tutti insieme a fare questa vacanza in India. All'epoca io stavo con Giulia. Notai in Luisella un crescente interesse per le filosofie indiane. Ma non gli ho dato peso. E' curiosa di carattere.
- E poi cosa è successo? - Domandò Lucrezia.
- Al rientro qualcosa iniziò ad incrinarsi nel rapporto tra lei e Luciano. Lui si chiudeva sempre più, lei stava sempre più fuori casa. Luisella era rimasta affascinata dallo Swami. A me era sembrata un persona poco credibile.
Entrando nell'appartamento di Paolo, Lucrezia aveva riconosciuto il profumo dell'incenso al sandalo che utilizzava anche la sua insegnante di yoga. Ora stava notando in un angolo della libreria alcune foto e altri simboli dell'India: Om, pietre dure, una campana tibetana, alcuni mala e un’immagine di Ganesh. Insomma una sorta di altarino con tanto di candele profumate.
Lucrezia si sentiva circondata da persone che poco avevano a che fare con il suo modo di fare e sentire. Nessuno sembrava sinceramente preoccupato di capire il perché di questo abbandono e dove fosse finita Luisella.
Ma le volevano veramente bene? Si trovò a pensare. Le voci di Paolo e Emiliano erano un'eco lontana. - Scusate, non vi ho offerto i biscotti alle mele e zenzero; li ho fatti io. - invitò il padrone di casa, indicando un piattino sul tavolo.
- Già, il nostro amico è un rinomato pasticciere di professione. – disse Emiliano.
La risata di Paolo si rivelò cristallina e aperta.
- No, Lucrezia, in realtà sono un avvocato penalista. – confessò con la sua allegria leggera.
- Ragazzi, devo scendere a spostare il Suv che ho lasciato in seconda fila. - disse Emiliano alzandosi con difficoltà dal divano. Raggiunse la porta d'ingresso; sembrava ben conoscere l'appartamento.
E pensare che quando l'ho conosciuto pesava neanche ottanta chili, si diceva Lucrezia mentre un altro pensiero la attraversò. Che voglia lasciarmi sola con Paolo?
Il tutto era assurdo, almeno poco chiaro.
Non sapendo cosa dire, afferrò uno dei biscotti di Paolo e iniziò a mordicchiarlo. Anche se si era riproposta di iniziare una dieta qualsiasi...
Paolo intanto stava controllando qualcosa al computer.
Si udì uno scatto della serratura.
- Paolo, son io.
Lucrezia scattò nervosamente in piedi perché riconobbe la voce.
Rimasero a fissarsi qualche secondo.
- Oh, Luciano. Emiliano è passato a trovarmi insieme a Lucrezia - La voce di Paolo spezzò l'imbarazzo. - Ciao Lucrezia, come stai? - Una leggera nota di sorpresa nella voce di Luciano.
- Bene, e tu?
- Non mi lamento. - Si lasciò andare sul divano.
- Non mi avevi detto che Paolo fosse un bravo pasticciere. Questi biscotti sono squisiti. – ad ogni incontro Lucrezia percepiva la fisicità di Luciano.
- Per la verità sono la sua unica specialità e li offre quando vuole fare colpo sugli ospiti. - Rise Luciano.
- Vatti a fidare degli amici. - Rispose Paolo ironico.
- Come mai questa visita? - Domandò Luciano cambiando tono.
- Ho chiesto io a Emiliano di venire. Volevo parlargli di Luisella. - Paolo ora fissava Luciano negli occhi. Un velo di disagio e tristezza offuscò il suo bel viso. Tuttavia non sembrava dispiaciuto di rivedere Lucrezia. - E' sceso a spostare la macchina. - Aggiunse Paolo.
Lucrezia voleva uscire da quella stanza che stava diventando sempre più soffocante.
- Ragazzi, dite a Emiliano che torno a casa a piedi. - E senza aspettare risposta si chiuse la porta alle spalle. Qualcosa non le tornava in tutta questa storia.






Queste sono soltanto le prime pagine del romanzo, che vedrà i nostri protagonisti intraprendere un lungo viaggio per gran parte dell'India (Delhi, Pathankot, Rishikesh). Sarà una ricerca difficoltosa, ma offrirà loro la possibilità di scandagliare i propri sentimenti e di scoprire angoli interiori poco noti. I colori e gli odori dell'India li travolgeranno, e forse non saranno più gli stessi.

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