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Gli Oblati in Uruguay


Il primo Oblato che giunse in Uruguay fu il futuro Superiore Generale, P. Labouré, proveniente dal Texas. Cercava una missione per gli Oblati della Spagna. Era il 1929. In quell' anno moriva José Batlle y Ordoñez, per due volte presidente della Repubblica che ispirandosi al social cristianesimo europeo aveva trasformato l' Uruguay in un paese moderno. Con una visione che anticipò i tempi attuali, propose e fece approvare leggi favorevoli ai diritti dell' operaio, della donna e del bambino. Le ridotte proporzioni della popolazione permisero uno sviluppo rapido di questo modello fino a raggiungere più del 90 per certo della scolarità, le 8 ore lavorative, la pensione e la protezione sociale, le ferie scaglionate in vari periodi dell' anno.

Però, a questo invidiabile progresso raggiunto già agli inizi del 1900, si aggiunse anche una organizzazione statale laicista di ispirazione massonica che promosse il divorzio, la netta separazione tra Chiesa e Stato, un paternalismo statale deleterio, la marginazione della fede a livello del privato. Il censimento del 1908 dà un curiosissimo risultato: i cattolici rappresentano solamente il 61 per cento e i liberi pensatori il 14 per cento (cifre astronomiche per quei tempi).


Gli Oblati, giunti per nave alla fine dell' anno 1929, fondano la prima comunità Oblata il primo gennaio 1930. La comunità missionaria si stabilì nella diocesi di Salto, al nord-est del paese e cominciò immediatamente a predicare missioni popolari nelle campagne. Nel 1932 P. Centurioni, P. Calleja e P. Diez predicarono 24 missioni di una settimana, cioè quasi 6 mesi di missioni. Nello stesso anno gli Oblati furono incaricati della parrocchia di Paso de los Toros, il seguente anno di quella di San Gregorio de Polanco, una delle più antiche dell' Uruguay (1866), quindi nel 1939 della parrocchia San Rafael, nella periferia di Montevideo.


La cultura gauchesca

Nelle campagne gli Oblati si sono incontrati con la cultura gauchesca nata da un fatto curioso: agli inizi del 1600, Hernando Arias de Saavedra, un proprietario terriero di Santa Fe fa sapere a Filippo III, re di Spagna, che le terre di Uruguay sono buone per l' allevamento. Ma il re é troppo occupato in faccende europee, sicché Hernandarias (cosí era conosciuto Hernando Arias de Saavedra), tra il 1611 e il 1617 fa trasportare dalle sue terre alcuni capi di bovini che per la benignità del clima e della pastura, si riprodussero fino a diventare una "miniera di carne e di cuoio" in contrapposizione alle miniere di minerali del Perù. Il cuoio e la carme attirarono l' attenzione di depredatori provenienti dall' Argentina e dal Brasile che, unendosi con le donne indigene diedero origine alla cultura gauchesca.


Un elemento da non dimenticare é che in questo momento la presenza indigena é molto forte, sia autoctona che proveniente dalle missioni gesuitiche del Paraguay (Charrúas, Chanás, Guaraní ecc.) che hanno lasciato molte tracce, non sempre ben accette al razionalismo, della loro presenza.


Il gaucho viveva senza fissa dimora e senza un lavoro stabile, spesso anche senza famiglia stabile. Dotato di un forte senso di libertà, partecipò a tutte le guerre di indipendenza. Però alla fine del XIX secolo le terre vengono divise e il gaucho perde il suo spazio illimitato. La pampa che si estendeva a vista d' occhio, sarà da allora una barriera di filo spinato. Molti scompariranno e molti saranno fatti oggetto di tiro al bersaglio allo stesso modo che gli indigeni considerati inferiori dalla mentalità "falsamente modernista" che stava prendendo il potere nella cultura e nella politica.


Come gli indigeni, così anche i gauchos saranno mano d' opera per intagliare la pietra e costruire le strade di Montevideo, la capitale. Molti saranno ridotti a semplici impiegati mal pagati e poveri, pur conservando il senso dell' autonomia, il semi-nomadismo, i costumi relativi alla cultura del cuoio e della carne: le corse ai cavalli, il rodeo, la criolla, la fiera degli animali, la yerra, la tosatura, l' arrosto alla brace, la fisarmonica, la chitarra, la milonga.
Con questi uomini si incontrarono e si incontrano ancora oggi gli Oblati nelle campagne. Qual' é stato ed é il metodo della loro Evangelizzazione?
Accompagnare e visitare le famiglie, condividere il mate e l' asado, battezzare, giacché é il sacramento che sentono più fortemente, rispettare il loro ritmo di lavoro che é intenso da marzo a dicembre, per cui nei mesi di gennaio e febbraio si approfitta per le missioni nelle campagne. Durante l' anno sono soprattutto le donne che portano avanti l' organizzazione comunitaria e la formazione dei bambini.
Pian piano si é aggiunta la catechesi per bambini e le riunioni di riflessione sul Vangelo.


Quale il frutto di questo lavoro?
I gauchos si sentono profondamente legati alla tradizione e alla fede cattolica. Ne sono una testimonianza  le comunità di San Gregorio de Polanco, di Achar, di Curtina, di Piedra Sola ecc., dove molti dei cattolici attivi provengono dalle campagne dove avevano ricevuto l' annuncio del Vangelo dagli Oblati.


Gli operai del Cerro
Come si é già detto gli Oblati arrivarono al Cerro, periferia di Montevideo, nel 1939: epoca in cui fioriva la esportazione della carne dall' Uruguay verso gli Stati Uniti e l' Europa. Negli stabilimenti frigoriferi del Cerro si contavano 10.000 operai.
Nel 1950 i Padri Oblati spagnoli fondarono un collegio per i figli degli operai ed alcune cappelle nei quartieri più distanti dal centro: La Boyada, Las Torres, Casabó.
Quando nel 1956 la crisi economica del paese cominciò a pigliar piede, il Cerro cominciò il suo triste cammino verso la povertà; aumentò la popolazione: da 20 mila persone a più di 100.000 attualmente, da un discreto benessere alla penuria, dalle case popolari alle baracche piene di miseria, dalla tranquillità alla insicurezza: sono 5 o 6 al mese gli omicidi per motivi di delinquenza nel quartiere.
Come rispondono attualmente gli Oblati a questa situazione?
Con la formazione dei bambini, delle piccole comunità nei vari settori del quartiere, con la promozione umana e la carità.

Uno sguardo d'insieme
Però gli Oblati non lavorano solamente in questi due settori, bensì sviluppano una pastorale d' insieme molto interessante;
1)    Le missioni popolari, tra cui si distinguono le missioni giovanili, fatte da giovani che testimoniano la fede con il brio e l' allegria che li caratterizza.
2)    Le Comunità Ecclesiali di base, presenti in tutte le parrocchie Oblate, con animatori laici e un incontro annuale di condivisione e formazione.
3)    La pastorale giovanile e vocazionale dentro della quale vari gruppi e vari livelli cercano di portare il Vangelo nel loro ambiente.
4)    La pastorale degli adolescenti che culminano con i campeggi estivi.
5)    La promozione umana: case per famiglie povere, adozione a distanza, cooperative, artigianato, appoggio a ragazzi poveri che vogliono studiare ecc.
6)    La formazione dei laici che vogliono conoscere meglio il carisma Oblato.

L'organizzazione
Come sono organizzati gli Oblati in Uruguay?
É semplice: tutto il gruppo é guidato da un Consiglio di tre persone cui fa capo il Superiore della Delegazione. Le comunità sono due: una comunità-distretto nel nord e una comunità-distretto nel sud. Per il lavoro pastorale si sono divisi in 3 équipe: pastorale giovanile e vocazionale, Missione, CEBs, pastorale sociale, laici e finalmente pastorale degli adolescenti. A queste équipe partecipano anche le COMI che condividono con gli Oblati il Carisma di S. Eugenio e il lavoro missionario. Due Oblati sono inseriti nella pastorale degli ammalati, un Oblato lavora nella pastorale biblica, diversi di loro sono inseriti negli organismi diocesani e uno é il direttore del Collegio di scuola elementare che gli Oblati hanno nel Cerro di Montevideo.

In totale si contano 14 Oblati di cui tre sono uruguayani e 5 Comi di cui 2 uruguayane.

Son pochi? é vero: perciò bisogna pregare perché aumentino e perché sorgano vocazioni Oblate e Comi in Uruguay!

P. Pippo Mammana

 

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