L'IMPERO DELL'ETERNITA'
Tristano nascerà!... Dobbiamo abbattere le
barriere della consuetudine, distruggere le regole del vile mondo egoistico. L'ideale deve
rinascere e nascerà. Marceremo avanti consapevoli della vittoria. Ludwig |
Eppure,
ahimé! - a mai non trovare la via della salute in un errare senza strada, qua e là mi spinse maledizione selvaggia: tormenti senza numero e lotte e battaglie m'obbligarono fuor del sentiero, quando già mi pareva riconoscerlo. Allora per forza disperazione mi prese; che potessi mai la reliquia salvare; per custodirla, per conservarla, ferite d'ogni arma io mi son prese; poiché di quella a me stesso non era lecito servirmi in battaglia. Incontaminata al mio fianco la porto e ora lei rendo alla sua sede, che risplende lassù augusta e sacra: lancia sacra del Gral. (R.Wagner Parsifal Atto III v.1032-1050)
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E' stato spesso notato come Vorderhohenschwangau
(fu chiamato Neuschwanstein solo dopo la morte del re) concepito inizialmente come una
replica del castello di Wartburg, dove si sarebbe svolta la famosa tenzone
poetica dei Minnesinger narrata nel Tannhauser, si sia poi trasformato in
una celebrazione del mito del Graal, passando attraverso il Lohengrin per giungere
all'apoteosi del Parsifal: esso è celebrato, appunto, nella grande sala dei Cantori
intorno alla quale era stato inizialmente concepito il castello. Il progetto si è via via
sempre più arricchito di simbologie di carattere religioso e sacrale coinvolgendo tutto
l'ambiente dall'architettura all'arredo fin nei minimi dettagli. |
"sie werden sich rächen, die entweihten Götter, und oben weilen bei Uns
auf steiler Höh', umweht von Himmelsluft" "Gli dei dissacrati saranno vendicati e staranno con noi sul ripido Hohenschwangau spirando giù dalla brezza celeste" |
Concepito come un luogo di eterno isolamento dove l'ideale poteva
vivere e conservarsi per poi riversarsi nel fondovalle per illuminare gli uomini spirando
dall'alto il castello
sviluppa soprattutto questa estrema celebrazione del sublime incarnata negli ideali del
Graal e dell'Impero e nella figura del "puro folle", il cui potere deriva
totalmente dal suo contatto con una dimensione soprannaturale della vita. A questo mira la
sala del trono, ma, del resto, anche gran parte dell'architettura esterna deriva dal
castello descritto nel Lohengrin di Wagner e nell'allestimento teatrale dello stesso. |
UNA FORESTA DI SIMBOLI
Più tutti si ostinavano a perdere il proprio cielo per "acquistare un biglietto falso" (secondo una definizione di Schiller) più Ludwig sentiva il bisogno di rendere visibile e splendente proprio quel cielo fin nei minimi particolari. Si considerino per esempio le stoffe utilizzate a Neuschwanstein: dai tendaggi ai rivestimenti che caratterizzano gli ambienti predominano fondamentalmente alcuni motivi fissi: il cigno, i gigli in campo azzurro, lo stemma dei Wittelsbach variamente rielaborato e i racemi dorati con grappoli d'uva su seta color rosso scuro. Il cigno, naturalmente, allude alla leggenda di Lohengrin figlio di Parsifal giunto nel Brabante per proteggere l'innocenza della principessa Elsa dalle infamanti accuse. Ma anche i gigli alludono al lignaggio del Brabante se è vero che questa casata, alla quale apparteneva Goffredo di Buglione, era di origine merovingica, e i gigli erano proprio il simbolo dei re di quella antica dinastia [v. L Gardner, La linea di sangue del Graal ed. Newton Compton]. Si noti bene che tali re vengono considerati da alcuni gli antichi custodi del culto del Graal. Che Ludwig nella decorazione abbia tenuto conto proprio di questi aspetti relativi alla cosiddetta "stirpe del Graal" è dimostrato anche dal fatto che nella sala del soggiorno dedicata al Lohengrin sono riprodotte sulle pareti proprio sotto il soffitto le insegne araldiche dei diversi protagonisti della vicenda (a dimostrazione appunto della loro importanza). Ciò potrebbe anche essere un riferimento alla fondazione dell'ordine dei templari visto che i cavalieri scelti direttamente da Bernardo di Chiaravalle provenivano tutti dalla nobiltà fiamminga e della Lorena. Del resto lo stesso Wolfram von Eschenbach parla dei custodi del Graal come Templesien con evidente storpiatura del nome dell'ordine. Inoltre i gigli sono anche un noto simbolo alchemico sempre legato al Graal. Ma simboli del Graal e allusioni al sangue sono sparse ovunque nel castello: per esempio il grande tendaggio della sala... è decorato con grandi racemi dorati su fondo rosso cupo. Si può dire che il castello sia concepito come un sacrario del Graal e in particolare a questo scopo doveva servire la sala del trono. |
LA GERUSALEMME CELESTE
Qui compari Tu in immagine, Gerusalemme, Sion
Celeste, tempio di pace per noi e speranza di fausta serenità Giovanni, l'Apostolo prediletto di Cristo, l'araldo della salvezza, ha veduto Te, o Città Eterna, che, nella loro fede vivente, gli antichi padri, i profoeti e gli apostoli hanno preannunciato scendente avvolta di splendore dal cielo, rilucente di stelle, rifulgente di oro puro e scintillante di pietre preziose! Guidaci Tu, Maria, o Madre, alla patria celeste! Federico, imperatore cattolico del sacro romano Impero, ha fatto principesco dono di questo lampadario ottagonale, esprimendo il voto che le sue dimensioni ed il numero delle sue luci corrispondessero a quelli che si fondono in armonica unità in questa nobile cattedrale! E adesso lo dedica devotamente a Te, Santa Vergine Maria! Stendi, o Stella del mare, radiosa più di tutte le costellazioni, la tua pietosa mano su Federico, umilmente prostrato ai tuoi piedi, e proteggi pure, Tu benevola, Beatrice, sua sposa! (Scritta dedicatoria del lampadario del Barbarossa ad Aquisgrana) |
Ma altri motivi si intrecciano a questo: bisogna considerare che il Graal è anzitutto una reliquia della croce e che come tale il suo culto della croce era associato nel Medioevo al potere imperiale (probabilmente legandolo alla figura dell'imperatore Costantino e di sua madre sant'Elena): tali reliquie per esempio a Treviri e ad Aquisgrana, a Fulda, e in altre zone della Germania, ma anche a Brescia o a Mantova, a Biella, solo per fare alcuni esempi, erano venerate in tempietti di forma circolare o comunque a pianta centrale (croce greca nel caso di Treviri) accanto alla cattedrale a pianta basilicale. A questo punto è interessante notare che Ludwig per la sua sala del trono ha voluto un impianto pressoché a pianta centrale con inequivocabile riferimento alla forma circolare dell'universo soprattutto nel mosaico pavimentale che rappresenta il globo terrestre. Ma i riferimenti all'impero sono davvero molti: dalla ispirazione al grande lampadario del Barbarossa per Aquisgrana, ai re medievali santificati, in una sorta di ripristino della sepoltura reale di Saint Denis o della galleria dei re dopo le mutilazioni subite dalla facciata di Notre Dame a Parigi. O, ancora, un'apoteosi dell'impero ispirata allo stile bizantino. Riferimenti al rapporto tra la Gerusalemme terrestre e la Gerusalemme celeste si trovano anche nel numero delle candele presenti nel lampadario tutte multiple di dodici, con la simbologia delle dodici porte docidi tribù d'Israele, dodici apostoli ecc. |
Quando
le pietre viventi sono congiunte in armonica unità |
A questo proposito la simbologia dei numeri nella sala del trono appare estremamente complessa: infatti nel suo insieme la sala è composta di 32 colonne tra piano terra e matronei e il numero è ricavato da 12 colonne per ogni lato disposte sui due piani nei lati lunghi più 4 colonne per ogni piano nel lato breve. se due volte 12 ricorda i 24 vegliardi e anche il 12x12=144 dei salvati, è interessante soprattutto l'uso del numero 4 (i quattro angoli del mondo sempre nell'Apocalisse) e il numero 8 figura nel Medioevo dell'annullamento del tempo nell'eternità cioè il conseguimento della vita ultraterrena (come suggerisce anche la forma del numero costituito da due cerchi uniti in un continuum) [v. J. Le Goff La civiltà dell'Occidente medievale, p.396). Si noti bene che anche il candelabro a soffitto porta il doppio delle candele di quello di Aquisgrana, non 48 quindi, ma 96, multiplo sempre di 12, ma ottenibile moltiplicando per 8, ovvero moltiplicando il numero delle colonne di un lato lungo per quelle del lato breve. Ma 96 si può ottenere anche moltiplicando 32 per tre, confermando così che proprio quest'ultimo dovrebbe essere il numero cardine della sala: vale a dire traducendo, la città celeste, i salvati, la vita ultraterrena moltiplicati per tre cioè la Trinità. Si noti anche che il numero 32 corrisponde, tra l'altro, al numero di colonne presenti tra piano terra e matronei nella rotonda carolingia di Aquisgrana e, quindi, tale numero assume un profondo significato storico come richiamo ad un antico impero ideale. Quando il nuovo Reich era ormai solidamente in mano ai prissiani e alla real politik di Bismark, Ludwig ricordava l'unica funzione veramente degna dell'Impero. Ci sia consentita infine un'ultima osservazione: 24 e 8 rappresentano anche, a quanto pare, la vera data di nascita dello stesso Ludwig, se è vero che la data ufficiale del 25 agosto sarebbe stata imposta dal nonno Ludwig I perché il nipote avesse il suo stesso genetliaco. In realtà Ludwig non sarebbe nato a mezzanotte e mezza del 25 ma alle 11 e 30 del 24 e solo in seguito sarebbe stata fornita la versione ufficiale per compiacere il nonno, come del resto venne cambiato il suo nome di battesimo da Otto a Ludwig, appunto. Una persona così attenta alla numerologia e al significato dei numeri e delle date come spesso si dimostra Ludwig nel suo diario segreto, probabilmente non ha ideato tutte queste corrispondenze per caso. |
Il fatto è che più si osservano le diverse simbologie e i
personaggi raffigurati nella sala più affiorano componenti misteriche ben chiare:
anzitutto la presenza di Ermete Trismegisto come legislatore insieme a Solone, Zaratustra,
Mosè e Augusto negli affreschi posti nelle pareti sopra i matronei è un esplicito
riferimento all'alchimia. A questo proposito sarà bene ricordare che Wolfran von
Eschenbach descrive il Graal come una pietra di smeraldo, la pietra exilis, e molti
hanno interpretato questa figura come un riferimento alla pietra filosofale. Sempre
relativamente ai simboli del Graal si segnalano i quattro angeli che si trovano sotto la
volta stellata: ognuno di essi porta un oggetto ovvero una coppa, un piatto, una spada e
una lancia: cioè i simboli legati appunto al Graal secondo gli antichi, ma si badi bene,
tali simbologie sono poi diventate i quattro semi degli arcani minori e si trovano, tra
l'altro, sul tavolo del primo arcano maggiore, cioè il Mago, ovvero l'alchimista. Ma,
ancora, nell'affresco dedicato a Zaratustra (?) sopra il matroneo del lato corto
della sala, il personaggio centrale è illuminato da una stella a sei punte formata da due
triangoli equilateri intersecati e tale motivo, non essendo casuale, è ripetuto sotto
forma di decorazione intorno all'affresco stesso. Tale simbolo noto come "sigillo di
Salomone" è un simbolo alchemico, associato anche ai templari (poveri cavalieri del
tempio di Salomone) e quindi al Graal ed è probabile che in questo senso sia stato
utilizzato. Ci sono poi i due uccelli che si cibano dell'albero della vita (la verga di
Jesse), molto probabilmente della conoscenza e il rapace che ghermisce la lepre è senza
dubbio un riferimento all'anima vile che viene colpita dalla divinità. Sempre nella
decorazione troviamo poi il fior del lys nella forma giudaica di una sorta di
verga con bastone e una rosa simile a quella poi attribuita ai Rosacroce posta appunto in
corrispondenza della chiave degli archivolti. Questi simboli cosmici dal profilo circolare
sono tipici del culto delle reliquie della Croce in generale, e del Graal in particolare,
come possiamo constatare in molti edifici esistenti. Altro elemento interessante sono i
frutti che pendono dalle palme poste nella decorazione absidale tra un re e l'altro:
dovrebbero essere datteri, ma in realtà appaiono di color rosso vivo e assai più
somiglianti a semi di melograno, allusione, questa, gravida di significati: le colonne del
tempio di Salomone portavano un capitello a melagrana e presso i pittori rinascimentali
questo simbolo è stato spesso connesso alla Passione di Cristo per via del colore dei
semi rosso sangue, ma anche alla sua resurrezione a causa della sua associazione precristiana con il concetto di abbondanza e rigenerazione.Questo uso di frutti rossi è
presente nel castello anche nel capitello della colonna con la quale termina la scala di
accesso ai vari piani, essa è associata in questo caso alla figura del drago scolpito ai
suoi piedi. Si noti bene che nella sala del trono il drago sconfitto da S. Giorgio si
trova proprio nella parete di fronte all'abside. Ma veniamo alla facciata del castello:
come è noto vi è rappresentato anche qui S. Giorgio che sconfigge il drago, ma di più
difficile identificazione appare la figura femminile che regge un bambino in braccio,
adorna di scettro e corona. Questa stessa figura, rappresenterebbe secondo alcuni non
soltanto la Vergine, sebbene ne riutilizzi ampiamente gli attributi, ma la "dea
protettrice di Ludwig". Ma quale dea? Ancora una volta ci vengono in aiuto i
commentatori della storia del Graal in chiave misterica: la dea potrebbe essere Astarte,
simbolo della infinita rinascita. Questo figura di donna è ripetuta nel castello
anche sotto forma di statua ed è posta proprio di fronte alla finestra della camera del
re. Particolare questo, davvero significativo. |
LO STILE
A proposito dello stile di Neuschwanstein si è molto parlato di neoromanico, ma tale interpretazione appare solo in parte convincente: infatti, a parte la forma degli archi a tutto sesto, gran parte della struttura esterna presenta carattere gotici e neogotici, come ci ricordano i pinnacoli stretti e svettanti, le torri scalari tonde, le torrette pensili poligonali gli spioventi ripidi del tetto. Ma se questo non fosse abbastanza persuasivo basterebbe ricorrere agli scritti di John Ruskin sui caratteri del gotico (The Stone of Venice cap. VI): egli infatti considera gotici monumenti che da noi oggi sono considerati romanici o bizantineggianti come S. Marco a Venezia o Il Duomo di Pisa. E' vero che Ruskin pone come una delle condizioni essenziali per definire gotico un edificio l'uso dell'arco acuto, ma poi ammette che anche questo non è essenziale, e risulterebbero importanti altri elementi quali l'estrema varietà della decorazione vegetale, l'uso "naturale" ma con armonia essenziale delle parti, e le strutture con tetto appuntito e svettante, pinnacoli e disegno con asimmetrie. Tutti questi elementi sono presenti nel castello di Neuschwanstein, tanto che Ludwig sembra addirittura aver voluto celebrare i vari aspetti di quello che appunto Ruskin chiama "gotico" con termine onnicomprensivo includendo varianti bizantine, romaniche e orientaleggianti: il secondo piano del castello, che non fu mai realizzato, prevedeva la copia dei saloni della Alahambra di Granada, secondo la convinzione che anche quello arabo era da considerarsi a tutti gli effetti stile gotico (il cosiddetto "gotico moresco"), ma d'altra parte, in un certo senso, come abbiamo visto nel caso di S. Marco, anche le costruzioni di carattere bisantineggiante. Quindi si può dire che in questo castello Ludwig tende a compiere un'operazione di sintesi dei vari stili del Medioevo, ispirandosi alle sopravvivenze romaniche delle costruzioni profane (oltre al già citato Wartburg). Potremmo leggere nelle logge della balconata forse anche dei riferimenti agli antichi palazzi imperiali come quello di Bad Wipfen (sempre del Barbarossa) o quello di Heilingenstadt presso Francoforte solo per citarne alcuni. Non dobbiamo dimenticare, però, che questo castello rappresenta Montsalvat cioè molto probabilmente il Monsegur dei Catari o al limite il Montserrat nei pressi di Barcellona delle guerre contro i Mori. In ogni caso si possono leggere senz'altro in Neuschwanstein degli elementi francesizzanti che si riflettono nella costruzione. In particolare ciò è evidente nel nitore della pietra utilizzata e nel tipo di torri e pinnacoli che ricordano molto da vicino quelli di diversi castelli quattrocenteschi della Loira e le successive elaborazioni neogotiche di quella zona e di altre presso Parigi come il restauro del castello di Pierrefonds a Compiegne opera di Violet-le-Duc. Inoltre un altro precedente interessante può essere quello del castello neogotico di Lichtenstein che risale alla prima metà dell'Ottocento, anch'esso bianco e posto in posizione rilevata a picco su una collina e con molte torri asimmetriche. Ecco per quale motivo il castello sfugge alla definizione di uno stile preciso, essendo una contaminazione di motivi medievali tedeschi e tardo gotici francesi. Insomma, nonostante diversi particolari neoromanici, nella decorazione interna e negli svettanti pinnacoli esterni più si riconoscono i segni del gotico, e soprattutto nella miriade di decorazioni vegetali dipinte e ricamate sugli splendidi tessuti di tende, coperte, rivestimenti, tappeti. Resta poi il riferimento allo stile bizantino, senza dubbio da mettere in relazione con il potere regale e imperiale. Ma chissà che il fondo oro non possa riferirsi anche alla Sainte Chapelle alle Concengerie? Sappiamo con certezza, ad esempio, che durante il suo viaggio a Parigi nel 1867 egli visitò tra l'altro il castello di Compiegne restaurato in stile neogotico da Viollet le Duc. Poiché si può dire, come è stato affermato, che l'rchitettura delo storicismo può presentarsi nella sua versione analitica o sintetica, si può concludere che l'architettura di Neuschwanstein appartiene a questa seconda categoria. La semplificazione che Ludwig ha voluto apportare al progetto finale sembra andare proprio nella direzione di un richiamo all'architettura imperiale e verso una interpretazione monumentale per certi aspetti purista del gotico e in generale dell'architettura neomedievale ricordando da vicino le considerazioni di Ruskin a riguardo. Anche il famoso critico inglese, per esempio, esaltava il colore del marmo naturale, in particolare bianco come è ampiamente usato a Neuschwanstein, privilegiando le ampie superfici nude delle pareti per il loro effetto di grandiosità. |