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Carta del Popolo U'WA
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"Per noi, la Madre Terra è sacra e non può
essere violata, sfruttata, venduta; deve invece essere accudita e
conservata. Per questo non possiamo permettere estrazioni di
petrolio nel nostro territorio."
Berito Kuwaruwa (detto Roberto Cobaria), uno dei leaders degli
U'wa
Noi nasciamo figli della terra, questa è una realtà
che non può essere cambiata né dagli indigeni
né dall'uomo bianco.
Più di mille volte ed in mille forme diverse abbiamo detto
che la terra è nostra madre, che non possiamo né
vogliamo venderla, ma l'uomo bianco sembra non capire, insiste
affinché vendiamo e maltrattiamo la nostra terra, come se
l'indigeno fosse anche lui uomo di molte parole.
Noi non domandiamo se è abitudine dell'uomo bianco vendere
sua madre. Non lo sappiamo. Però, noi U'WA sappiamo che il
bianco usa la menzogna, sa ingannare, uccide le sue creature
senza permettere ai loro occhi di vedere il sole né alle
loro narici di odorare l'erba. Tutto questo è ripugnante
ed abominevole anche per un "selvaggio".
La legge del nostro popolo si differenzia da quella dei bianchi,
perché la legge del "Riowa" (bianco) viene dagli uomini e
sta scritta su un foglio di carta, mentre la legge del nostro
popolo viene da Sira (Dio). Fu Sira (Dio) che la dettò e
la scrisse nel cuore dei nostri sapienti Werjayas (sciamani). Il
rispetto verso i viventi ed i non viventi, ciò che si
conosce e quello che non si conosce, fa parte della nostra legge:
la nostra missione nel mondo è quella di raccontarla,
cantarla e metterla in pratica per sostenere l'equilibrio
dell'universo. La nostra legge U'WA sostiene il mondo. La nostra
legge è antica quanto la stessa terra, la nostra cultura
si è organizzata seguendo il modello della creazione, per
questo la nostra legge della terra e la terra stessa sono una
cosa sola. "La nostra legge non morirà", ...
Sappiamo che il Riowa (uomo bianco) dà un prezzo a tutti i
viventi e perfino alla stessa pietra. Commercia con il suo
proprio sangue e vuole che noi facciamo lo stesso nel nostro
territorio sacro con la "Ruiria", il sangue della terra, quello
che loro chiamano petrolio...tutto questo è estraneo ai
nostri costumi...tutto quello che è vivo tiene sangue:
tutti gli alberi, tutti i vegetali, tutti gli animali, anche la
terra. Questo sangue della terra (Ruiria, il petrolio) è
quello che dà forza a tutti, a piante, animali ed
uomini.
Ma noi domandiamo al Riowa (bianco) "come si può mettere
prezzo alla madre e quale è questo prezzo?". Lo domandiamo
non per fare deduzioni, ma per cercare di comprendere: se l'orso
è nostro fratello, a maggior ragione lo è l'uomo
bianco. Chiediamo questo perché crediamo che egli, uomo
"civilizzato", talvolta conosca modalità per stabilire un
prezzo per sua madre e venderla senza cadere nella vergogna,
quella stessa vergogna nella quale cadrebbe un primitivo, in
ragione del fatto che la terra che calpestiamo non è solo
terra, ma è la polvere dei nostri avi e per questo
camminiamo scalzi, per stare in contatto con essi.
Il Riowa (bianco) non ha voluto capire che se ci separiamo da
nostra madre, il tempo andrà via con essa (lo spirito dei
nostri avi, il nostro presente, il nostro futuro). Tutto
accadrà fino a quando terminerà il tempo che Sira
(Dio) le ha affidato...adesso non avrebbe tempo, adesso non
avrebbe vita, siamo sopravvissuti grazie a lui ed egli è
sopravvissuto grazie al nostro rispetto. La nostra separazione
porterebbe un vuoto che inghiottirebbe tutto meno il
deserto.
Il futuro dell'uomo bianco si intorbiderebbe con ogni goccia di
olio che egli stesso versa nella trasparenza dei nostri fiumi, il
suo destino si fa più letale con ogni goccia di pesticida
che deposita in essi. I nostri fiumi comunicano con le nostre
deità. Essi sono messaggeri ed i messaggi fluiscono in
ambe le direzioni: se si sporcano o se muoiono sapremo cosa
vogliono le deità che non ascolterebbero più le
nostre invocazioni, e con le nostre lodi provocheremmo la loro
ira. I fiumi di tutta la terra adesso sono molto arrabbiati con i
bianchi.
I capi bianchi dicono alla loro gente che il nostro popolo
indigeno è selvaggio, ci presentano come loro nemici e
come nemici di un Riowa (bianco) maggiore che essi hanno chiamato
progresso. Prima che gli altri Riowa (bianchi) e tutti i popoli
del mondo debbono inginocchiarsi ad esso noi domandiamo "Che cosa
è più importante, la macchina o l'uomo che inventa
la macchina?". Tuttavia, quello che sappiamo è che tutto
ciò che attenta alla madre agisce contro i figli, chi
aggredisce la madre terra ci aggredisce tutti, quelli che vivono
oggi e quelli che verranno in futuro.
Per l'indigeno la terra è madre, per il bianco è
nemica; per noi le sue creature sono nostre sorelle, per loro
sono solo mercanzia. Il Riowa (bianco) siede con la morte, lascia
nei campi e nelle sue città tanti uomini tenuti come
alberi abbattuti nella selva.
Noi non abbiamo mai commesso l'insolenza di violare le chiese ed
i templi del Riowa (bianco) mentre egli è venuto a
profanare le nostre terre, e dunque noi domandiamo "Chi è
il selvaggio?".
L'uomo bianco ha dichiarato guerra a tutto, meno che alla sua
povertà interiore, ha dichiarato guerra al tempo e perfino
a se stesso, come ha detto un altro fratello indigeno di un
popolo lontano: "l'uomo bianco cavalca sopra il progresso verso
la sua distruzione". Non contento di dichiarare guerra alla vita,
ha dichiarato guerra anche alla morte, non sa che la vita e la
morte sono due estremità di uno stesso corpo, due estremi
di uno stesso anello,..."l'esistenza"...non c'è morte
senza la vita ma neanche c'è vita senza la morte, gli U'WA
si prendono cura del mondo materiale e di quello spirituale da
sempre, per questo comprendono questi concetti.
Al Riowa (bianco), che ha inviato uccelli giganti sulla luna, gli
diciamo che deve amare e curare la Terra, gli diciamo che non
può andare per l'universo facendo ad ogni astro quello che
è stato fatto ad ogni albero del bosco sulla terra. Ed
ancora domandiamo ai suoi figli: "Chi fece il metallo con il
quale è stata costruita ogni piuma che coprì il
grande uccello? Chi fece il combustibile con il quale si
alimenta? Chi fece lo stesso uomo che dirige e fabbrica
l'uccello?... Il Riowa (bianco) non deve ingannare ne mentire ai
suoi figli, deve insegnare che anche per costruire un mondo
artificiale l'uomo necessita della Madre Terra per questo bisogna
amarla e curarla.
Il Riowa (bianco) insisterà affinché noi vendiamo
la terra e ci dirà "Che importa la vergogna ad un
selvaggio che mantiene la sua faccia nascosta nello spessore
della selva, le ombre delle montagne e il velo della
nebbia?"...dunque, una volta ancora, cercheremo di fare capire,
che se questo accadrà, non solo la vergogna
paralizzerà gli U'WA ma accadrà anche che il
giaguaro, la volpe, il mais, la coca, e tutti i nostri fratelli
animali e le nostre sorelle piante, che da sempre hanno dato
compagnia e alimento al nostro popolo, moriranno di "kueken
awriar (tristezza) poiché, nella nostra grande famiglia,
non si conosce quello che il Riowa (bianco) chiama tradimento. Se
ciò dovesse accadere, la Terra piangerebbe tanto che
l'ultimo picco coperto di neve del Cocuy si scioglierebbe e
scenderebbe e la deità, custode delle acque maligne,
guiderebbe le lacrime della terra fino ad unirsi con Kuiya (il
padrone e signore della terra) e dalla loro unione sorgerebbe
dall'oscurità del mondo di sotto Yara, il terremoto che
porta dolore. Yara, dunque, come un gigantesco serpente di fango
prodotto dall'unione della deità custode delle acque
maligne con il signore della terra, si calerebbe fra le montagne
cercando le valli ed al suo passaggio inghiottirebbe sia indigeni
che bianchi, sia ferro che alberi, sia case che accampamenti.
Quando questo succederà non ci sarà chi canti per
mantenere l'equilibrio del mondo di su e di giù che
è lo stesso equilibrio dell'universo...
L'uomo prosegue cercando il Ruiria (petrolio) e, in ogni
esplosione che percorre la selva, udiamo il mostruoso passo della
morte che ci persegue attraverso le montagne.
QUESTO È IL NOSTRO TESTAMENTO
Al ritmo a cui va il mondo, verrà un giorno nel quale un
uomo sostituirà le montagne del condor con le montagne di
denaro, per questo, dunque, questo uomo non avrà chi
omprerà nulla, e, se lo avesse, questo qualcuno comunque
non avrebbe niente da vendergli. Quando arriverà questo
giorno già sarà troppo tardi affinché l'uomo
possa meditare sulla sua pazzia...
Tutte le sue offerte economiche riferite a ciò che per noi
è sacro, come la Terra ed il suo sangue, sono un insulto
per le nostre orecchie ed una corruzione per le nostre credenze.
Questo mondo non è stato creato dal Riowa (bianco)
né da nessuno dei suoi governi e per questo egli lo deve
rispettare. L'universo è di Sira (Dio) e noi U'WA lo
amministrano solamente. Noi siamo solo una corda del cerchio
tessuto, ma il tessitore è Lui. Per questo motivo noi U'WA
non possiamo cedere, maltrattare né vendere la Terra
né il suo sangue e neanche le sue creature perché
questo è contrario ai principi. Però il bianco
pensa di essere il padrone, sfrutta e schiavizza a suo modo e
questo non è una cosa buona: rompe l'equilibrio, rompe
Irokua. Se non possiamo vendere quello che non ci appartiene, non
ci si può impadronire di quello che non si può
comprare.
Da parte nostra non ci sarà nessun tradimento verso la
nostra Madre Terra, né verso i suoi figli che sono nostri
fratelli, né tradiremo la fierezza dei nostri avi
perché il nostro territorio è sacro e tutte le cose
in esso contenute sono sacre. Per noi è proibito uccidere
con il coltello, il machete e le pallottole; le nostre armi sono
il pensiero e la parola; il nostro potere è la
saggezza.
Anziché vedere i nostri principali elementi sacri
profanati (la terra, il petrolio ed altri) preferiamo la nostra
morte, il suicidio collettivo del popolo U'WA. Se nella lotta per
difendere i nostri principi dovremo fare un gesto estremo,
sarà questo; se per difendere la vita dobbiamo dare la
nostra lo faremo.
Alcuni capi bianchi sono inorriditi davanti al loro popolo
rispetto alla nostra decisione di suicidio collettivo come ultimo
gesto per difendere nostra Madre Terra. Ancora una volta ci
presentano come selvaggi; però, essi cercano di
confondere, cercano di screditare. A tutto il loro popolo noi
diciamo: "L'uomo U'WA si suicida per la vita, il bianco si
suicida per le monete. Chi è dunque il selvaggio?".
L'umiliazione del bianco verso l'indigeno non tiene limite, non
solo non ci permette di vivere, ma ci dice anche come dobbiamo
morire...non ci lasciano decidere sulla vita...ora decidiamo
dunque sulla morte.
Nel corso di più di cinque secoli abbiamo ceduto davanti
all'uomo bianco, davanti alla sua cupidigia ed alle sue
infermità, come il ruscello cede in tempo d'estate, come
il giorno cede alla notte,...il Riowa (bianco) ci ha condannato a
vivere come estranei nella nostra terra, ci tiene rinchiusi nelle
terre scoscese molto vicino le rocce sacre da dove il nostro
cacicco (sciamano) Guicanito e la sua tribù saltò
per salvare l'onore e la dignità del nostro popolo davanti
alla feroce avanzata prima degli spagnoli. Poi sono venuti i
missionari, ora le multinazionali petrolifere.
Prima, alla cupidigia ed all'ignoranza davano il nome di azioni
evangelizzatrici o civilizzatrici, ora le chiamano progresso,
questo fantasma che nessuno vede e che si è dedicato a
terrorizzare l'umanità...Prima l'oscuro cammino di
saccheggi, genocidi ed ingiustizia contro il nostro popolo era
perpetrato nel nome di Dio e di sua maestà, oggi è
illuminato con il petrolio e fatto in nome del progresso e della
maggiore delle maestà per la maggior parte dei non
indigeni: il denaro.
Prima l'oro era giallo, ora è nero; però il colore
del sangue che si paga per esso continua ad essere rosso,
continua ad essere indigeno. Noi U'WA procediamo tutti per una
stessa strada, siamo tutti (popolo ed autorità) una stessa
famiglia. Se è arrivato il momento che il nostro popolo
parta da questa terra lo farà con dignità!...
L'unica cosa che ci unisce ai nostri fratelli bianchi è il
fatto di provenire dallo stesso padre (Sira) e dalla stessa madre
(Raira) e di essere allattati dallo stesso capezzolo (la terra),
dividiamo lo stesso mondo fisico: il sole, la luna, il vento, le
stelle, le montagne, i fiumi, ...dividiamo lo stesso mondo fisico
però il nostro sentimento è diverso. La terra
è un fiore: l'uomo U'WA si avvicina ad essa per
alimentarsi con la stessa cura del colibrì, mentre per
l'uomo bianco è come il fiore che il maiale selvatico
calpesta sul suo cammino. Il cammino del Riowa (bianco) è
stato il denaro. Il denaro è il suo mezzo, è il suo
fine, è il suo idioma. Il denaro ha fatto ammalare il
cuore del nostro fratello bianco e la sua malattia lo ha portato
a costruire fabbriche come armi, a spargere veleni come sangue.
La sua malattia è arrivata alle acque, all'aria ed alle
nostre selve.
Una volta ancora l'uomo bianco viola le leggi di Sira (Dio),
quelle della terra ed anche le sue proprie leggi, quello che non
potrà evadere mai è la vergogna che i suoi figli
potranno sentire verso i padri che danneggiarono il pianeta,
rubarono la terra dell'indigeno e lo portarono alla sua
estinzione. Alla fine della fredda, dolorosa e triste notte, per
il pianeta e per gli indigeni, la stessa notte che sembrava tanto
perenne come l'erba, quando inizierà a scorgersi il regno
della morte contemporaneamente comincerà a fiorire
nuovamente la vita...perché non ci sono estati eterne,
né specie che possa imporsi sopra la vita stessa...
Se l'uomo agisce con cattive intenzioni, presto o tardi,
finirà con il bere il veleno del suo proprio fiele,
perché non si può tagliare un albero senza che
muoiano le sue proprie foglie e nel passaggio della vita nessuno
può lanciare pietre senza rompere la quiete e l'equilibrio
dell'acqua. Per questo, quando i nostri siti sacri saranno invasi
dall'odore dell'uomo bianco, sarà vicina la fine non solo
degli U'WA, ma anche del Riowa (bianco). Quando egli avrà
sterminato l'ultima tribù del pianeta, prima di
incominciare a contare i suoi genocidi, gli sarà
più facile incominciare a contare i suoi ultimi giorni.
Quando questi tempi si avvicineranno, i ventri delle figlie non
daranno alla luce alcun frutto ed in ognuna delle sue vite ancora
una volta spezzate, lo spirito dei suoi figli non
conoscerà serenità. Quando arriverà il tempo
nel quale gli indigeni resteranno senza terra, anche gli alberi
resteranno senza foglie; dunque, l'umanità si
chiederà "perché?"...e solo pochi comprenderanno
che tutti i principi hanno la loro fine e tutte le fini hanno i
loro principi, perché nella vita non c'è niente di
indipendente, niente che non sia legato alle leggi
dell'esistenza. Il serpente arriverà a mordere la sua
stessa coda per chiudere così il suo ciclo di distruzione
e morte...Tutto questo perché tutto è
intrecciato.
Forse noi U'WA potremo seguire il nostro cammino, dunque,
così come gli uccelli fanno i loro grandi viaggi senza
nessuna provvista, così noi seguiteremo il nostro viaggio
senza conservare il più piccolo rancore contro il Riowa
(bianco) perché è nostro fratello. Continueremo
cantando per sostenere l'equilibrio della terra non solo per noi
e per i nostri figli, ma anche per egli (il bianco) perché
ne ha bisogno. Nel cuore degli U'WA c'è preoccupazione per
i figli dell'uomo bianco, per questo se lo vogliono e lo
permettono non arresteremo l'aria che nasce nelle nostre montagne
ma i nostri fiumi dovranno partire dalle nostre terre così
limpidi come arrivarono. Così, la purezza dei fiumi
parlerà agli uomini del mondo "di sotto" della purezza del
nostro perdono.
Ogni volta che si estingue una specie l'uomo si avvicina alla
propria estinzione; ogni volta che si estingue un popolo indigeno
non è solo una tribù che si estingue, è un
membro in più della comunità che è partito
per sempre in un viaggio senza ritorno. Ogni specie estinta
è una grave ferita per la vita, riduce la vita e lascia
posto alla sopravvivenza...Forse, prima la cupidigia si
impietosirà dell'uomo bianco, prima gli permetterà
di vedere la meraviglia del mondo e la grandezza di un universo
che si estende più in là del diametro della
moneta.
Associazione delle autorità tradizionali U'WA, Werjain
Shita
Dal sito della Federazione dei Verdi: www.verdi.it/document/uwa/carta.htm
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