STRADA REG. MARGHERITA

 

Si tratta della maggior opera realizzata dal Conte Ceconi in Val d'Arzino. Fino ad allora le comunicazioni con il resto del territorio, erano assicurate da una impervia mulattiera di 12 Km che passava oltre il passo di Pradis, verso Clauzetto.

 

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Il primo progetto, redatto nel 1885-86 aveva un tracciato differente da quello poi attuato e passava anche per il contiguo Comune di Forgaria, fin su verso Pert. Ma i contigui valligiani, rappresentati dall'allora sindaco Giusto Vidoni, che secondo una legge del periodo avrebbero dovuto provvedere al finanziamento, all'esproprio dei terreni e alla manutenzione dei tratti appartenenti al suo territorio, si rifiutarono di collaborare. La strada venne successivamente ristrutturata nel 1940 dal Genio Militare, con impresa appaltatrice la Mondelli di Milano.

  

In alto a sinistra il bivio dei Ringans, dove il rio Gran Foce confluisce nell'Arzino.
Le immagini fotografiche, riportate in questa pagina e nella precedente, fanno parte di una serie eseguita da un autore ignoto e ritrovata casualmente.
Sono conservate nella Biblioteca Civica di Montereale Valcellina e risalgono alla fine del
1800. Sotto una veduta del ponte di Cerdevol.

 

 

 

   

 

 

Il testo che segue è liberamente tratto dalla presentazione redatta a cura di Tito Pasqualis nel volume "Vito d’Asio immagini per una storia", di Novella Cantarutti e Roberto Vattori, pubblicato da R. Vattori Editore, Udine 1998.

Nel secolo scorso, la popolazione della Val d'Arzino, dispersa nelle innumerevoli borgate, grandi e piccole, viveva per lo più al di fuori del contesto sociale dell’epoca; tuttavia, pur nell'isolamento, si poteva notare in questi luoghi un aspetto culturale che si manifestava tra l’altro come espressione estetica spontanea, soprattutto in alcuni particolari delle case. Le abitazioni, i cortili acciottolati, i portoni, alcuni dei quali vecchi di oltre trecento anni, ora quasi ovunque scomparsi, sono il ricordo di un passato povero, ma dignitoso nella sua armonia. Di quel periodo sono giunte fino a noi anche testimonianze letterarie e storiche di studiosi e cultori d'arte locali appartenenti al clero diocesano di queste montagne (ricordato anche dal Nievo nelle sue "Confessioni di un italiano"), custode inflessibile delle vecchie tradizioni ecclesiastiche, mantenute forse più vive che altrove anche da un contesto ambientale severo ed essenziale. Ma al di là delle manifestazioni architettoniche che si evidenziano nell'edilizia abitativa privata, nonostante l'economia povera, dopo la metà del secolo scorso assunsero particolare importanza anche alcune realizzazioni nel settore pubblico interessanti soprattutto la viabilità, gli acquedotti e l'edilizia scolastica. Alla fine del 1800 risale pure la costruzione della nuova sede municipale in Anduins, demolita dopo il terremoto del 1976 e ricostruita nello stesso luogo. Molti di questi lavori furono ideati, realizzati e spesso anche finanziati da Giacomo Ceconi, conte di Montececon, nato a Pielungo, dove egli ritornava nei brevi intervalli della sua molteplice attività imprenditoriale in Italia ed all'estero e dove dal 1905 si stabili definitivamente fino alla morte avvenuta nel 1910. Egli seppe ideare e portare a compimento molte importanti e significative opere, ma quella che più da vicino interessò la sua valle fu la strada "Regina Margherita", ricordata nelle immagini riportate in queste pagine. Pur con notevoli ristrutturazioni e miglioramenti, avvenuti nel corso degli anni, questa strada costituisce ancora oggi una importante via di comunicazione fra la pianura spilimberghese e la Carnia. Fino alla fine del secolo scorso l’unica via carreggiabile nella valle era quella che dal bivio per Flagogna, presso il ponte sull’Arzino, saliva ad Anduins, da cui proseguiva per Vito e Clauzetto, tratto quest’ultimo aperto dopo il 1870. La strada costruita dal Ceconi, si staccava dalla carrabile che saliva da Casiacco ad Anduins e, divergendo ad angolo retto, si inoltrava nella valle seguendo il torrente Arzino fino a raggiungere l’abitato di Pielungo, con un'estesa di oltre dieci chilometri. Il percorso si sviluppava in gran parte a mezza costa sulle impervie pendici del monte Clapîat; pertanto si dovettero effettuare notevoli sbancamenti con l’uso di mine e dei pochi mezzi consentiti dalle attrezzature di quei tempi. Il terreno attraversato era costituito da marne e da calcari fessurati e non si poterono costruire gallerie che avrebbero richiesto costosi rivestimenti. Dove fu possibile furono invece ricavate delle mezze gallerie; i muri di sostegno e di controriva vennero tutti eseguiti in muratura a secco con funzione drenante. Si rese inoltre necessaria la costruzione di cinque ponti con luci comprese tra i 10 ed i 12 metri: due sul torrente Arzino, uno sul rio Paveon e due sul rio Pielungo, tutti costruiti con arcate in pietrame. La larghezza del corpo stradale risultò di complessivi m. 3.80 compreso lo spazio per la cunetta a monte e per i paracarri a valle, che nei tratti più esposti della strada, erano formati da massi di pietra di dimensioni notevoli e perciò furono detti "ciclopici". Lungo il percorso, dopo ogni tratto di circa cento metri, fu inserita una piazzola per consentire l'incrocio dei veicoli. Alla fine dei lavori, che avvenne nel 1890, la spesa complessiva risultò di 595 mila lire; tale importo, rapportato ai valori attuali, costituirebbe tuttora un cospicuo onere finanziario. Questi documenti fotografici, realizzati da un ignoto viaggiatore del secolo scorso, servono a mettere in risalto l’importanza delle strutture eseguite (ponti stradali, muri di sostegno ed altri manufatti) opere che evidenziano un altro aspetto dell'ingegnosità e della laboriosità di questa gente. Sono frutto di una capacità tecnica ed imprenditoriale di notevole valore, per cui il termine di "artista" dato ai lavoratori artigiani ed edili della valle è anche per questo pienamente giustificato.