LE FONTI SOLFOROSE

Note fin dal XV secolo per le loro qualità terapeutiche, negli anni '20 facevano di Anduins un centro turistico che contendeva ad Arta lo scettro di località termale più rinomata del Friuli. Dopo una lungo periodo di penombra, si attende di vederle tornare a nuovi splendori.

Una immagine tratta da una cartolina degli anni '50 (Ediz. P.G. Udine).

 

 

 

 

Le più recenti analisi effettuate sulle Sorgenti del Barquet hanno rilevato la apprezzabile presenza di una vena di acqua oligominerale. Pertanto non è del tutto recondita la possibilità di poter ritrovare sulla nostra tavola, in un prossimo futuro, una di queste bottiglie.

 

Ogni stagione balneare veniva pubblicizzata con molta enfasi (nell'immagine il manifesto del giugno 1931). Anduins non veniva altresì disgiunto dal contesto paesaggistico in cui era inserito: le acque azzurre dell'Arzino, la pittoresca strada che conduce a Vito d'Asio e Clauzetto, la monumentale strada Regina Margherita, definita "meravigliosa nella sua orrida ed aspra bellezza", il castello dei Conti di Montececon a Pielungo.

Agli inizi degli anni '20, quando già erano stati ristrutturati il "Grande Albergo alla Fonte", dotato di 80 lussuose camere e i preesistenti "Alla Posta" e "Belvedere", si è stimato fossero all'incirca 500 i posti letto disponibili nella "Stazione Balneare Climatica di Anduins".

 

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Verso la metà del secolo scorso, in coincidenza con la realizzazione di collegamenti viari che consentivano un più agevole accesso agli abitati di Anduins e Vito d'Asio, provenendo dalla pianura, iniziarono le prime razionali valorizzazioni delle sorgenti del Barquet, le cui acque erano già note da secoli, ma che solo da tale periodo furono classificate come "idrosolforiche salino fredde", particolarmente ricche di sali magnesiaci e quindi con una elevata attitudine curativa. Di proprietà comunale, nei primi anni del secolo furono dotate di un vero e proprio stabilimento balneare, con 25 cabine per la balneoterapia, oltre che di locali e spazi riservati alo svago degli ospiti. Parimenti presero slancio anche tutta una serie di attività ricettivo-turistiche che, agli inizi degli anni '20, quando già erano stati ristrutturati il Grande Albergo alla Fonte, dotato di 80 lussuose camere e i preesistenti "Alla Posta" e "Belvedere", si è stimato fossero all'incirca 500 i posti letto disponibili nella "Stazione Balneare Climatica di Anduins". Calcolando anche la ricettività dei centri vicini, è realistico ipotizzare che fossero circa 700 le persone che giornalmente frequentavano gli stabilimenti, con picchi di oltre mille presenze nei periodi di maggior affluenza. Un simile flusso era supportato e garantito dalla linea ferroviaria Casarsa-Gemona, con stazione allocata a Forgaria del Friuli, dove vi era un trasbordo su carrozze a cavalli, fino all'abitato di Anduins. Nel periodo pre-bellico la crisi portò rapidamente ad un ridimensionamento dell'attività del centro termale, fino alla chiusura del Grande Albergo alla Fonte ed alla trasformazione dello stabilimento in albergo-ristorante. L'attività della sorgente si limitò alla gestione di un ridotto stabilimento balneare che, tramite la locale Pro-loco, evitava la totale chiusura dell'attività. Nel dopoguerra la ripresa fu abbastanza interessante, pur non raggiungendo mai le presenze degli anni '20. Le cure furono limitate alle applicazioni idropiniche, abbandonando completamente la balneoterapia. L'amministrazione comunale commissionò sul finire degli anni 60' un primo studio multidisciplinare per valutare le prospettive connesse ad un rilancio della struttura. Furono fatte indagini di ordine medico, clinico, geologico, idrico, urbanistico, nonché econometrici. Da tali studi sono emersi dati più che confortanti, tali da collocare la fonte di Anduins ai vertici qualitativi tra tutte le acque presenti in regione. Le difficoltà nel reperimento dei fondi necessari, hanno ritardato l'avvio di un progetto di sfruttamento alquanto ambizioso. Infine i gravi danni alle strutture e alla stessa portata idrica, riportati in conseguenza del sisma del '76, hanno decretato un momentaneo accantonamento del progetto stesso. Cessata l'emergenza post-terremoto, sono stati svolti nuovi e approfonditi studi che hanno confermato le potenzialità dell'iniziativa, dando quindi avvio all'esecuzione di una serie di lavori che hanno privilegiato il consolidamento dell'area, oltre che la presa e distribuzione dell'acqua. Un ennesimo nuovo progetto, prevede un'armonica integrazione con un piano più generale di valorizzazione dei beni storici, culturali e ambientali di tutta la Val d'Arzino: sarà la volta buona?