LA FRANA DI CLAUZETTO

 

 

E' il 21 marzo 1914. Quella che per gli abitanti di Clauzetto poteva essere una quieta giornata di primavera, diventa improvvisamente l'inizio di un lungo incubo.

Testi liberamente tratti dallo studio di Lelia Sereni, pubblicato sul volume "ÂS Int e Cjere", edito dalla Societât Filologjche Furlane.

 

 

La tavola di Beltrame sulla frana di Clauzetto.

 

Il venerdì il monte Corona aveva già dato qualche segno premonitore: piccoli smottamenti e cedimenti del terreno, che però non avevano destato alcun allarme. Nella zona si ricordavano ancora la recente frana che nel maggio del 1905 era caduta presso i casolari Volaes e le altre che si erano verificate in epoche precedenti lungo il versante meridionale del monte Pala da Clauzetto a Vito d’Asio e ad Anduins. Ma si era trattato sempre di fenomeni non molto preoccupanti e di limitata estensione. Non c’era dunque motivo di impensierirsi per qualche sasso in movimento. Il giorno seguente, però, tra gli abitanti della borgata di Triviat si comincia a percepire qualche segno di nervosismo. Nel pomeriggio, lungo la strada comunale che collega Clauzetto con Vito d’Asio, vengono notati alcuni cedimenti e più tardi, mentre si formano larghe crepe anche nel terreno circostante, il muro di sostegno della strada si gonfia e cede in più punti, sfasciandosi poi completamente. Durante la notte grossi massi cominciano a cadere sempre più frequentemente dall’alto, tanto che si è costretti a sgomberare in tutta fretta le case che si trovano sul terreno in movimento nelle immediate vicinanze della strada. Le povere masserizie vengono portate in salvo sotto lo scrosciare di una pioggia incessante mentre sotto le balze del monte Corona si sente crollare, travolta da un mare di fango e sassi, la stalla di Leonardo Simoni. Nel corso della domenica il movimento di slittamento del terreno si fa sempre più minaccioso e la frana continua inesorabilmente il suo cammino travolgendo la casa di Natale Fabricio costruita presso la sorgente del rio Lavandarie. Con l’aiuto di tutta la popolazione dei dintorni, accorsa prontamente in soccorso, prosegue lo sgombero degli edifici più esposti. Ma poiché le fenditure nel terreno aumentano a vista d’occhio il Sindaco di Clauzetto decide di inviare a Udine un’urgente richiesta di soccorso. Nelle poche righe di quel suo telegramma è dipinta tutta l’angoscia del momento: "La frana della strada Clauzetto - Vito d’Asio assume proporzioni spaventose. La borgata Triviât è in grave pericolo parecchie case furono abbandonate la popolazione è allarmatissima, attendesi sopra luogo genio civile. Federicio". L’appello viene accolto immediatamente e il giorno 23 arriva sul posto il geom. Carlo de Cillia, inviato dall’Ufficio del Genio Civile per controllare la situazione ed assumere la direzione del servizio di soccorso. A quel punto la fisionomia della frana appare già chiaramente delineata. La base del dirupo calcareo del monte Corona, ultima propaggine del massiccio carsico del monte Pala, si sta fendendo e sgretolando e profonde spaccature arcuate delimitano un’ampia zona di forma quasi ovale, larga circa 250 metri, che dal monte Corona scende per quasi mezzo chilometro lungo il bacino del rio Lavandarie. La discesa della massa franosa prosegue lentamente ma inesorabilmente, tanto che in quel punto la strada carrozzabile si è ormai abbassata di m.1.20 per una lunghezza di oltre 200 metri. Per allontanare il pericolo dei grossi macigni, che dall’alto minacciano di rotolare sulle abitazioni e le strade sottostanti, viene effettuato un primo intervento con l’impiego di parecchie mine, che distruggono i grandi massi calcarei lungo la falda in movimento. Non si verificano altri crolli di edifici, ma la minaccia della frana incombe sulle case della piccola borgata Fleuiart e sui due mulini presso le sorgenti del rio Lavandarie, che rappresentano le uniche industrie della zona. E proprio qui comincia a verificarsi uno strano ed inquietante fenomeno: nonostante la pioggia che dura ininterrottamente da tre giorni le acque del rio Lavandarie, che mettevano in moto i due molini, riducono la loro portata a meno della metà e più in alto sparisce, per non più riapparire, una piccola sorgente nei pressi della stalla Simoni ormai ingoiata dalla frana. Il giorno seguente, però, le acque tornano a sgorgare copiosissime, convogliando verso valle ciottoli e fango, che invadono terreni e abitazioni. E verso Vito d’Asio, sul limitare della strada che simile ad una serpe biancastra e tutta contorta resta ancora visibile si sente un forte rumore di acque sotterranee. La terra sembra ribollire, mentre scivola lentamente ma inesorabilmente verso il basso in un continuo scrosciare di massi e di ghiaie che tutto travolgono. Alla Prefettura viene richiesto il pronto invio di soldati e di agenti per il servizio di polizia. E’ infatti necessario accelerare le operazione di sgombero delle case nelle zone più direttamente minacciate, presso i molini e, più in basso, nelle località Flauignat e Scozzai. Un plotone di zappatori del Battaglione Alpino "Gemona", al comando del ten. Guido Dalla Bona, arriva a Clauzetto nel cuore della notte e si mette subito al lavoro per portare in salvo persone, bestiame e masserizie. All’alba del 2 di aprile si deve purtroppo constatare che la frana ha fatto passi enormi e si allunga ormai per quasi un chilometro. Acque sotterranee scaturiscono copiose da bocche improvvisate e, unite alla pioggia incessante, dilavano il terreno e convogliano ciottoli e fango distruggendo ogni cosa. Daniele Fabricio stenta a riconoscere nel fabbricato tutto deformato e spostato di quasi tre metri a valle il piccolo edificio quadrato in muratura che fino a ieri era il suo mulino e verso sera lo vede crollare definitivamente per effetto dello slittamento del suolo. E la frana non risparmierà neppure la sua casa attigua al "molino grande". In località Flauignat, dove Pietro De Stefano ha già visto crollare la sua stalla, rimane sepolta dall’alluvione anche l’abitazione di questo poveretto che in poche ore si vede togliere tutti i suoi averi. Presso il margine inferiore della massa franosa in movimento scompaiono una dopo l’altra la stalla e la casa di Luigi Fabricio e infine anche il suo mulino per la brillatura dell’orzo. Più in basso, in località Scozzai, si sfascia sotto il peso enorme del materiale trascinato dalla frana la casa nuova, appena ultimata, di Daniele Concina. Nella serata del giorno 25 si ha la sensazione che il disastro stia assumendo proporzioni sempre più allarmanti. Sulla strada per Vito d’Asio e Anduins le reti telefoniche e della luce elettrica sono scomparse, mentre la frana tende ad allargarsi verso Clauzetto. L’indomani il cammino della frana progredisce a vista d’occhio. In alto, il monte Corona appare come tagliato di netto e il sommovimento sulla nuova parete che si è formata ha messo in luce una piccola grotta interna con incrostazioni stalattitiche. Mentre altri edifici, la cantina e la stalla di Giovanni Pillin, le case di Giovanni Maria Zanier detto Pecol, di Regolo Gerometta e di Giovan Battista Colledani vengono investiti e letteralmente "mangiati" dalla frana. Si assiste allo strano fenomeno di alcuni tratti di terreno che sembrano galleggiare come delle zattere sulla congerie di materiale in movimento. In mezzo al terreno giallastro sono infatti perfettamente riconoscibili un campicello verde slittato una ventina di metri verso valle, ancora intatto con i suoi muretti di sasso e le erbe già alte, ed un altro, pure circondato dal muro di cinta, ma piegato ad angolo come un libro semiaperto. Il 27 marzo i fenomeni si intensificano, provocando nuovi sconvolgimenti. Il geom. de Cillia, che segue assiduamente l’evolversi della situazione, deve constatare che durante la notte il movimento della zona staccata si è accentuato, specialmente dalla parte di Clauzetto, e che la frana è già discesa di circa 30 metri con una velocità media di 10 o 20 centimetri all’ora. Sono più di 1500 metri quadrati di terra che scendono a valle e intanto dal ciglione del Corona è un continuo grandinare di massi e detriti calcarei sulla strada rovinata. Il sinistro rombo della frana è a tratti coperto dal suono a distesa delle campane di Clauzetto che avvertono i valligiani dell’arrivo di mons. Isola, vescovo di Concordia, il quale, abbandonato ogni altro impegno, è venuto a portare il suo conforto a questa popolazione tanto duramente colpita. Tutti gli abitanti di Clauzetto lo accolgono al limitare del paese e lo accompagnano in chiesa cantando le litanie. La commozione si fa più intensa quando, circondato dai sacerdoti, il vescovo benedice le case ed i presenti, pronunciando parole di consolazione e di speranza. Ma c’è qualcuno che, di fronte alle rovine della propria casa, sente vacillare la fede e si chiede se tutte quelle disgrazie non siano un castigo di Dio. E qualche altro sentenzia convinto: "E’ son i spirits dal mal chei che no furin guariz, che buttin iù la tiere". Sono gli spiriti che buttano giù la terra o le streghe, che nelle loro grotte sotto il Clap des aganes hanno ordito un intrigo ai danni dei poveri abitanti di Clauzetto? Chi si prodiga da tanti giorni per arginare il disastro e per prevenire in qualche modo i danni della frana, cerca invece di dare una spiegazione logica del fenomeno e di capirne le cause. "Il terreno superficiale e spugnoso - afferma il geom. De Cillia - beve l’acqua e questa filtrando fino a raggiungere le marne sottostanti le rende viscide, scorrevoli. Il terreno è ormai imbevuto d’acqua e prima che si arresti nel suo cammino anche se ormai non piovesse più, ci vorranno per lo meno tre o quattro giorni". Considerati perduti i fabbricati delle borgate di Fleuiart e di Scozzai, ora controlla quelli della borgata di Triviat e in particolare il palazzo Concina, le cui condizioni destano notevole apprensione, benché sorga su un ripiano in posizione abbastanza protetta. L’ampia e solida costruzione settecentesca resiste, ma ha già subito alcuni danni. Dapprima era stato lo spostamento di un pilastro ad impedire la chiusura del portone, poi si era notato un abbassamento di una parte del giardino ed erano comparse delle crepe nella parte nord del palazzo. E poiché la frana era lì vicinissima, a 5 metri di distanza, l’edificio era stato svuotato di tutti i mobili, tranne qualche vecchio quadro ad olio ed un pianoforte rimasti nel salone centrale. Il giorno successivo il pericolo sembra farsi ancora più vicino, poiché i sommovimenti nel terreno sconvolgono il giardino ed il frutteto del palazzo Concina, che a sua volta presenta nuove e gravi lesioni. Quel 28 marzo è tuttavia una giornata diversa dalle precedenti. Il tempo, dopo una settimana di pioggia ininterrotta, si è finalmente rasserenato e la ricomparsa del sole induce a sperare in un miglioramento. La frana, come sì vedrà in seguito, ha ormai raggiunto la sua massima ampiezza con un’estensione di circa 25 ettari, due terzi dei quali nel territorio di Clauzetto. Riprende a scorrere impetuoso il rio Lavandarie, ma le sue sorgenti, sepolte dalla frana, scaturiscono 21 metri più a valle sotto forma di un torrente di melma che trascina macigni, rami, tronchi e quant’altro viene a trovarsi sul suo cammino.

 

 

  Indice Clauzetto