VAL DA ROS 1917

 

 

..Tal viàrzisi il rescèl al deve un ciül c'al pareve il lament d'un puar ferît e del rest si sentive nome un riül cori cul so sanglòz alì da pìt. Mitudis jù lis dalminis di fûr, preave une fantate sot il mûr..

(da una lirica di Enrico Fruch)

 

 

 

 

 Indice Clauzetto 

Testi tratti dall'opuscolo edito dal Comune di Clauzetto e dalla Provincia di Pordenone " VAL DA ROS 1917 - La battaglia di Pradis".

 

 

 

Il 24 ottobre 1917 l’offensiva lanciata dagli Imperi Centrali nella zona dell’Alto Isonzo, nel settore compreso fra Pieno e Tolmino, porta allo sfondamento delle linee italiane e all’inizio di un movimento di ripiegamento generale che, secondo le iniziali disposizioni dei Comandi Italiani, avrebbe dovuto arrestarsi sulla linea costituita dal Fiume Tagliamento.

In ottemperanza agli ordini ricevuti, la mattina del 30 ottobre, sulla riva destra del tratto di Fiume che va da Preone fino a Peonis, si trovano schierate la 36ª, scesa dalla zona della Val Raccolana, oltre che della Val Resia, e la 63ª divisione di fanteria, in ripiegamento dalla zona di Gemona e Venzone.

Le due divisioni, prive di ordini precisi, impossibilitate a comunicare con le altre unità e ignare della progressiva avanzata del nemico che nel frattempo aveva forzato il Tagliamento nella zona di Cornino, si trattengono sulle loro posizioni fino aI 4 di novembre, quando ha inizio il deflusso verso la Vai d’Arzino, e il concentramento a S. Francesco.

Da S. Francesco, le due grandi unità, riunite sotto il comando del generale Francesco Rocca, avrebbero dovuto muoversi verso Pielungo e quindi, seguendo i due itinerari costituiti dall’attuale strada per Pradis di Sopra e dalla vecchia mulattiera, raggiungere la valle di Pradis attraverso Forno.

Il piano del comando italiano, a cui era legata ogni speranza di salvezza per migliaia di soldati, prevedeva di raggiungere la pianura, da dove sarebbe stato più agevole proseguire la ritirata verso il Piave, attraverso due itinerari: A (Paludon - Gerchia - Col Manzon - Travesio) e B (Orton - Clauzetto - Paludea).

Avviate le salmerie verso la VaI Tramontina attraverso la tortuosa ma più rapida via del Canal di Cuna, la mattina del giorno 5 novembre ha inizio da S. Francesco I’incolonnamento verso gli itinerari stabiliti.

Un primo scontro, nella stessa mattinata. avviene attorno all’abitato di Pielungo, dove i reparti italiani respingono l’attacco della 2ª Compagnia del Garde Reserve Jäger Battaillon, reparto dell’avanguardia prussiana giunto in zona seguendo il percorso della Forchia a nord del Monte Pala.

Nella stessa giornata, nelle ore del pomeriggio, ha luogo a Forno un ulteriore combattimento, nel quale le avanguardie italiane si trovano a fronteggiare l’intero Garde Reserve Jäger Battaillon, appena giunto in zona attraverso l’attuale strada che da Clauzetto conduce a Pielungo.

I reparti italiani hanno ancora una volta la meglio e respingono i germanici oltre il torrente Foce, dopo avergli inferto pesanti perdite, fra le quali lo stesso comandante del battaglione, Maggiore Von Stülpnagel, caduto in quello scontro.

A Forno, gli italiani apprendono per la prima volta di avere di fronte l’intera Deutsche Jäger Division, un rinomato reparto dell’esercito prussiano, tanto da far provare ai nostri persino un certo grado di soddisfazione. Scesa l’oscurità, la calma è assoluta su entrambe i versanti della valle, gli italiani sono concentrati dietro la stretta di Forno, la prima linea è costituita dal I° e 2° battaglione del 36° reggimento fanteria, quelli che nel pomeriggio erano stati impegnati nel combattimento.

Giunto sulle posizioni di Forno, il generale Rocca si rende immediatamente conto della necessità di riprendere il movimento verso sud.

Ordina quindi al 49° reggimento fanteria di scavalcare il 36° e di iniziare il movimento lungo l’attuale strada per Pradis di Sopra.

Sono circa le 23 del 5 novembre quando il 2° battaglione del 49°, in riga per quattro e a baionetta inastata, inizia la discesa sotto Forno, ma deve ben presto arrestarsi poiché il ponte è stato fatto brillare, a quanto si venne poi a sapere da reparti italiani in transito la mattina dello stesso giorno.

Grazie ad alcune persone pratiche del luogo viene immediatamente individuata, quale via alternativa, la vecchia mulattiera per Clauzetto che valica il torrente Foce nel tratto a monte, dove assume il nome di Rio di Molin, con un ponticello ancora oggi esistente.

Una volta individuato il nuovo itinerario, verso l’una di notte il 2° battaglione si mette in movimento, seguito dal 3° e dal btg. alpini VaI Fella, supportati da 2 compagnie di mitragliatrici e dalla 2I° batteria da montagna.

Superato il ponte, il percorso si apre in due distinte mulattiere: quella di destra, attraverso la borgata Fumatins arriva fin sotto la colletta della VaI da Ros, l’altra, verso sinistra, porta a risalire verso l’attuale strada.

Il 2° battaglione, prendendo l’itinerario di destra, ha come obiettivo la VaI da Ros, il 3° battaglione, seguendo il percorso di sinistra, punta sulla vicina borgata Tascans.

Le colonne in avvicinamento vengono immediatamente fatte segno di tiro di fucileria e di mitragliatrici appostate nel bosco, il comandante del reggimento, col. Zampieri, ordina che si attacchi alla baionetta.

Questo primo attacco avviene fra le 2 e 30 e le 3 e 30 del 6 novembre. L'attacco riesce, ma il maggiore Sisto Frairia, comandante del 3° battaglione alla cui testa si era lanciato in avanti, cade colpito a morte.

Sulla destra, la 2ª compagnia del 2° battaglione giunge ad occupare le alture attorno all’attuale rifugio ANA, che vengono definite come colletta di VaI da Ros. Nell’oscurità, prosegue l’avanzata anche sulla sinistra, verso Tascans e verso le alture sopra l’attuale strada, i progressi sono particolarmente difficoltosi per la continua presenza di elementi nemici nascosti nella boscaglia.

Sul far del giorno, lo schieramento si estende ad anfiteatro lungo la linea che va dalla colletta di VaI da Ros, alla Borgata Tascans e fino all’altura che sovrasta l’attuale bivio Orton, dove la strada che sale da Clauzetto attraversa il costone e inizia la discesa verso il canale di Foce.

La linea nemica è concentrica rispetto a quella italiana, spesso a stretto contatto con quest’ultima, ma in generale in posizione più favorevole poiché la luce del giorno precedente aveva consentito ai germanici una buona scelta delle posizioni su cui attestarsi.

Gli attaccanti si trovano schierati di fronte due reggimenti tedeschi. Il reggimento Bettendorf (11° Jäger) occupa la linea nel tratto che va dalla borgata Tascans e fino alla quota della Casera Polpazza sul Monte Pala, il reggimento Bibra (13° Jäger), con il comando a Cerchia, tiene la Val da Ros e le retrostanti borgate di Paludon e Blanchs, sull’itinerario verso Campone. All’alba, anche il 1° e il 2° btg. del 36° fanteria, insieme alla 56ª batteria da montagna, da Forno vengono avviati oltre il torrente, lungo la mulattiera che sale verso i Fumatins.

Alle sei, il generale Rocca attraversa il ponte per recarsi in ispezione alla linea di combattimento, per la mulattiera di sinistra risale verso la strada e, trovando su questa un carro ambulanza abbandonato, vi fissa una specie di comando avanzato.

Alle sette la situazione della linea è la seguente: sulla destra, il 2° btg. del 49° , al comando del magg. Morelli, tiene le alture della VaI da Ros, l’unico tratto in cui gli italiani sono riusciti a conquistare la sommità del ciglio che li separa dalla valle di Pradis.

Al centro, il 3° btg. del 49°, al comando del capitano Pollio, rafforzato dalla 269ª compagnia alpini del VaI Fella, tiene i Tascans e il gradino sotto il ciglio del costone oltre l’avvallamento che parte dall’attuale cimitero di guerra; sulla sinistra, una compagnia dei 49° fanteria tiene l’altura sopra l’attuale bivio di Orton, appoggiata anche dalla 21 a batteria da montagna. In riserva sta il battaglione alpini VaI Fella.

Il colonnello brigadiere Petracchi, comandante della brigata Parma e quindi di tutta l’avanguardia, nel mentre ispeziona il terreno per decidere il da farsi, si avvede che il nemico si sta muovendo in forze verso le alture della VaI da Ros e fa quindi avanzare le compagnie del VaI Fella a rinforzare le difese italiane.

Il generale, percorrendo la linea di combattimento fra i Tascans e l’altura sul bivio di Orton si rende conto dello stato di sfinimento delle truppe impegnate, valutata l’impossibilità di disporre dell’artiglieria da campagna, rimasta bloccata a Pielungo, ritiene opportuno concentrare gli sforzi per uno sfondamento in direzione di Campone.

Spingendo l’attacco sulla destra, cioè in corrispondenza dell’attuale rifugio, si sarebbe dovuta imboccare l’agevole mulattiera che scendeva verso Paludon e i Blanchs e quindi verso Campone: manovra particolarmente rischiosa in quanto avrebbe dovuto svolgersi sotto la pressione laterale dei tedeschi che tenevano tutto il versante di Cerchia nella valle di Pradis.

Da Campone, avrebbero deciso se proseguire per Meduno oppure per la Forcella Clautana. Alle 7 e 35, daI carro ambulanza sulla strada poco a valle del cimitero, il generale emana l’ordine per l’avanzata dei reparti rimasti a Forno e per la concentrazione dell’attacco verso la Val da Ros.

I tedeschi non sono però colti alla sprovvista, il loro comando, dimostrando quasi doti di preveggenza, nelle prime ore della notte, da Travesio, aveva emanato un ordine che prevedeva proprio il rafforzamento delle difese in direzione di Campone, in previsione di un concentramento degli sforzi italiani in quella direzione.

Alle 8 e 30, mentre il movimento italiano sta per avere inizio, si verifica quell’episodio che risulterà decisivo per le sorti della battaglia: il nemico attacca con violenza le posizioni sulla colletta della Vai da Ros e riesce a ributtare gli italiani sul versante verso il cimitero.

Il contrattacco italiano, nel quale si distinguono gli alpini della 270ª e 271ª compagnia del VaI Fella e la 6ª compagnia deI 49° fanteria, riesce a ristabilire una linea di difesa più arretrata e a impedire che i tedeschi tengano il ciglio superiore della VaI da Ros.

Durante questa azione, è l’artiglieria tedesca a far sentire la sua voce, probabilmente posizionata nella zona di Rope, concentra il tiro sui reparti che nel frattempo stanno giungendo da Forno.

A questo punto, il generale deve suo malgrado constatare che anche la via per Paludon è preclusa, per cui non resta che ripiegare verso S. Francesco e la via del Canale di Cuna.

Mentre sulla Val da Ros gli italiani arretrano, nella zona dei Mineres e dei Zattes, il battaglione alpini Pinerolo, alle 8 e 45 lancia un deciso attacco contro i Garde Schätzen appostati sul Cuel d’Orton.

Si tratta di una azione di cui l’avanguardia che combatte lungo l’anfiteatro attorno al cimitero non ha percezione, il btg. Pinerolo è infatti separato dal grosso delle divisioni italiane, ha infatti raggiunto autonomamente la zona dei Mineres dopo essere stato inviato, assieme ad altri reparti, per la via di Fruinz verso il monte Pala.

L'attacco è violentissimo, gli Schützen avrebbero probabilmente ceduto se non fossero intervenuti gli Jäger del 20° btln. Il Pinerolo lascia sul campo 12 alpini, di cui 2 ufficiali, oltre a 15 feriti. Alle 10, il generale Rocca rientra a Forno, dal posto di comando presso la cappelletta che ancora oggi è visibile sulla strada, purtroppo in stato di abbandono, compila l’ordine di ripiegamento che invia al colonnello brigadiere Petracchi.

Il comandante la brigata Parma riceve l’ordine alle 11 e 30 e convoca al posto di comando dei Fumatins i suoi subalterni impegnati in linea e impartisce le disposizioni per il ripiegamento in direzione di Forno, che avrebbe dovuto iniziare alle 15, con l’arretramento del gruppo Cantoni, i due reparti misti ultimi arrivati in avanguardia. Dispone affinché sulla linea vengano mantenute postazioni di mitragliatrici al fine di mascherare al nemico l’arretramento.

Dopo le 13, la pressione tedesca si fa meno intensa, sulla linea di combattimento scende una relativa calma: è probabilmente una calma apparente collegata al fatto che gli Jäger hanno già notizia dell’avvicinamento dei reparti austroungarici che stanno scendendo dalla Carnia per la Valle d’Arzino, alle spalle dei nostri.

Anche il generale Rocca è ormai persuaso che la via di arretramento per S. Francesco non è più praticabile, alle 15 e 25, da Forno, compila l’ultimo ordine diretto al comandante della brigata Parma. Il fonogramma non giunse mai a destinazione, fu raccolto da un abitante di Forno, tale Antonio Marin, il giorno dopo i combattimenti:

"Ritirata per S. Francesco non è più sicura. Mi segua per sentiero che possa o nord dì Monte Rosso. Comand. 15° bersaglieri appostato a Forno per proteggere sua ritirata le indicherà /a strada.        

Generale Rocca".

Compilato l’ordine, il generale si avvia sul sentiero che da Forno conduce alla malga Jovet. Fatte poche centinaia di metri, quasi colto da un richiamo istintivo, rientra alla cappelletta di Forno da dove segue le sorti dell’avanguardia in ripiegamento dalla VaI da Ros.

Il secondo e terzo scaglione non riusciranno a ripiegare. Oltre al fuoco che proviene dal costone della VaI da Ros e a quello sulla sinistra, in progressivo avvicinamento dalla zona dei Zattes e dei Minerei, si aggiunge anche la minaccia del Reserve Jäger Battaillon 21° che ha raggiunto nel frattempo le stalle di Palamaior risalendo da Pradis attraverso il Cuel da la Siere, dietro il Monte Dagn e batte la valle del Rio di Molin da quella posizione elevata.

Il comando della brigata Parma, il 49° fanteria, il btg. VaI Fella, una parte del gruppo Cantoni e le due batterie da montagna sono sopraffatti e perduti, presi da tre lati e con il quarto chiuso dal fuoco incrociato fra le posizioni di Palamaior e dei Zattes e Mineres. La battaglia di Pradis è finita.

Alle 16 e 30 il generale Rocca, con il comando della 63ª divisione, lascia definitivamente Forno, per la via del Monte Tajet.

Assieme ad un nucleo sempre più ridotto giungerà fino a Selis, nell’alta VaI Meduna. dove si svolgerà, il 9 novembre, l’ultimo combattimento.

Sfuggito alla cattura insieme a pochi altri, vagherà per i nostri monti e poi verso la pianura in cerca di una via per ricongiungersi alle truppe italiane oltre il Piave fino a quando, il 18 dicembre, sarà arrestato dai gendarmi austriaci nei pressi di Cesarolo.

 

 

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