Pietra-Legno-Colore. L'architettura tradizionale nel Verbano-Cusio-Ossola

Alla fine del 2002 e' stato realizzato un interessante volume, riguardante i sistemi contruttivi impiegati nel passato nel VCO. Autori Galeazzo Maria Conti e Gilberto Oneto, a cura dell'amministrazione Provinciale Verbano-Cusio Ossola, dal titolo "Pietra-Legno-Colore. L'architettura tradizionale nel Verbano-Cusio-Ossola". Purtroppo e' stato distribuito solamente nelle scuole, e non e' in vendita: mi e' stato consigliato di scrivere all'amministrazione provinciale per mettersi in lista in vista di una prossima ristampa, ma conviene che chi e' interessato trovi un amico il cui figlio lo ha ricevuto.
Consiste in 128 pagine piene di foto a colori e schizzi che documentano l'aspetto esterno delle costruzioni antiche della nostra provincia, in particolare: la disposizione degli insediamenti, la presenza di un albero importante nei pressi di edifici comunitari, la tipologia dei lungolaghi e la struttura degli edifici a piu' piani e piu' falde, le soluzioni delle facciate, i colori di facciata, le chiusure degli edifici agricoli, la struttura e le facciate degli edifici delle valli, le facciate dipinte, gli edifici in pietra a vista, le comunita' Walser, il sistema di costruzione a blockbau, i dettagli costruttivi delle coperture, con piode spesse e sottili, in paglia, in coppi, gli sporti di gronda (12 schemi), i comignoli (13 schemi), le finestre con aperture decorative (12 schemi), le gelosie, i balconi, le mensole in pietra sagomate (38), le ringhiere in ferro (37), i poggioli (6), le lobbie, i portoni, le rostre in ferro (9), le decorazioni, gli elementi apotropaici, i paracarri, il rapporto degli edifici con l'arredo vegetale, con la pietra, le pavimentazioni, scalinate e gradonate, fontane, l'architettura religiosa minore, le recinzioni, i muri a secco, le mulattiere, gli orti, il degrado .
Piu' di 350 foto a colori e un centinaio di schizzi, per documentare il passato, e piu' importante, attribuire il giusto valore a quanto e' purtroppo da taluni disprezzato.
Mi permetto di riportare testualmente qualche frase a questo riguardo:
"consolidate abitudini espressive sono state abbandonate, spesso con disprezzo, e sostituite da tecnologie imprudenti, e da stilemi privi di ogni verifica; la tradizione, tacciata di passatismo e sottocultura, e' stata soppiantata da modernismi, dalla piu' totale mancanza di riferimenti che ha prodotto in termini architettonici la piu' colossale confusione di stilemi e segni, e in termini ambientali dissesti faticosamente rimediabili. La sostanza edificata piu' antica e' stata abbandonata, sottoposta a restauri disastrosi o banalizzanti, o sostituita da nuovi interventi senza qualita'. ... la distruzione della ricchezza architettonica ha di fatto svilito la ragione stessa dell'attrattivita' ...". Riassumendo, esposizione del giusto, e critica degli errori.
Spero di avere incuriosito il lettore, tanto da fargli cercare questa introvabile pubblicazione, ogni copia che andra' a persone interessate, contribuira' a ridurre il degrado in futuro.
Un esempio degli schizzi e' questo allegato della sezione di posa di un tetto in piode: guardate questa splendida relizzazione di una struttura isostatica, che sopporta anche cedimenti parziali, e invece di smantellarlo e sostituirlo con pseudo piode bergamasche, alterando la struttura e la distribuzione delle forze, fatene la corretta manutenzione, sostituendo o rinforzando i correnti marci, rimettendo al suo posto la pioda che e' slittata in basso, togliete il muschio, sostituite la pioda nera marcita con qualcosa di piu' sano, non utilizzate il sottotetto chiudendo lo spazio fra le travi con una perlinatura, ma lasciate respirare il tetto, in modo che l'eventuale acqua che dovesse entrare per la pioggia di traverso possa evaporare agevolmente. Vivo in una casa di abitazione di trecento anni, posseduta sempre dalla stessa famiglia, con 50 tonnellate di piode originali sulla testa, che mostra tutti i segni della manutenzione ordinaria nel corso dei secoli. Il tetto e' ancora li, e mi sopravvivera', mentre quello di Milano e' stato rifatto dopo 80 anni.

Tuttavia auspico che questo libro sia solo un inizio, perche' oltre a conservare le soluzioni costruttive esteriori, mi sembra importante che un prossimo volume degli stessi autori prenda in considerazione l'interno delle costruzioni: scusate, ma sostituire un pavimento di larice di 400 anni con una perlinatura moderna, anche costosa, e' un atto che grida vendetta, come lo e' il sostituire un pavimento fatto di belle piode da pavimento, lavorate a mano, con i segni del calpestio di secoli e della lucidatura dei rilievi da parte delle scarpe chiodate, con serizzo segato a macchina, ancorche' fiammato. Solo perche' magari pende un po', o per non sentire commentare che non c'erano le finanze per cambiarlo. E buttare, perche' non perfettamente trasparenti, i riquadri delle finestre fatti con vetri soffiati, magari dall'antica vetreria ossolana dove venivano soffiate dall'alto le bottiglie, per poi aprirle e portarle in piano per avere i vetri da finestra. E non parliamo dell'arredamento, della formica che ha sostituito negli ultimi decenni le tavole di legno massiccio di dimensioni tali che non ci sono adesso alberi abbastanza grandi, ai serramenti, agli utensili, alle decorazioni. E i tramezzi originali, costituiti da travetti verticali, e da travettini di legno a triangolo, riempiti di scaglie e malta, ancora presenti in incognito in molte vecchie case perche' intonacati, quanti ne hanno visto uno integro, e hanno pensato di sistemarlo piuttosto che demolirlo? D'accordo, piantarci un chiodo che tenga qualcosa di pesante e' un problema, pero'! Sperando che l'invito sia raccolto, aspetto il libro, auspicando che per non togliergli valore, sia posto in vendita, piuttosto che regalato.

E per chiarire ulteriormente l'importanza di valorizzare localmente il materiale locale antico, perche' pensate che ogni settimana ai mercatini di Milano, ci siano almeno quattro banchi di ossolani che vendono attrezzi, mobili, di tutto, talvolta addirittura recuperato negli sgomberi pubblici?

Ringrazio qui ancora la gentile insegnante che mi ha procurato e regalato il libro, che inutilmente avevo cercato di procurarmi.