Castell'Umberto - S.Salvatore di Fitalia - Ucria - Longi - Galati Mamertino - Sinagra - Frazzanò - Tortorici

 

 

TAV 5.1

ASPETTI AMBIENTALI

Fin dai tempi antichi la posizione e il carattere dell’abitato sono stati influenzati da circostanze naturali. Condizioni climatiche, possibilità agricole, materie prime e mezzi naturali di comunicazione hanno posto le basi allo svolgimento della vita umana.

Il degrado della superficie boschiva della Sicilia ha fatto sì, che a partire dal medioevo, la pietra è diventata la materia principale nelle opere di architettura.

La città medioevale fino al 500 è la risposta figurata e concreta delle vocazionalità del luogo. La struttura dell’insediamento, infatti, si integra e si inserisce in modo flessibile con la natura, determinando con essa unità organica. I quartieri dei paesi di impianto medioevale conservano ancora la configurazione urbanistica assunta in quei secoli, costituita da articolati e oblunghi isolati collegati da vie strette, rampe estremamente ripide e sinuose su cui si affacciano umili case terragne.

Nella città del passato i segni fisici erano più rappresentativi, regolati da una logica insediativa. Il Castello, la torre, la Chiesa sono le forme che tendono a verticalizzare la simbolica presenza dell’uomo sul territorio.

Nel periodo che va dal XVI al XVIII secolo esistono in Sicilia due tipologie di insediamenti urbani di tipo feudale. Un primo tipo è costituito dai centri urbani già esistenti in epoche precedenti, che vengono rifondati dalla residenza del barone; un secondo tipo è costituito dai centri urbani di nuova fondazione creati dalla seconda metà del '500 ai primi decenni dell'800. Inoltre, la decisione di stabilire con la Chiesa il fulcro generatore del moderno nucleo urbano, proviene dalla consapevolezza e dalla propensione dei feudatari di riurbanizzare i centri rurali, trasferendo il centro di gravità verso siti contigui al vecchi impianto ma in posizione più aperta e meno arroccata.

Dal XVII secolo in poi, si fondarono numerosi centri urbani ma con una volontà d’intervento nel territorio diversa da quella che aveva caratterizzato gli insediamenti nati precedentemente. L’intenzionalità con cui è usata la nuova maglia è quella di favorire la gestione dell’assetto urbano da parte delle forze sociali economincamente e culturalmente più forti.

L’insediamento veniva organizzato costruendo le attrezzature primarie e sovrapponendo poi al territorio una maglia differenziata che non ha nessun rapporto con le caratteristiche morfologiche del luogo. L’unica differenza che questo modello comporta, sta nel fatto che da una parte si trova la struttura del potere simboleggiato (il palazzo baronale e/o la chiesa); dall’altra il tessuto indifferenziato, costituito dall’edilizia contadina.

L’architettura popolare in Sicilia si muove entro limiti costrittivi dovuti all’ambiente e all’economia.

La prima costrizione è dovuta alla scarsità di legname da opera e all’abbondanza invece di materiali litici. La seconda costrizione invece è rappresentata dalla povertà dei committenti e di buona parte dei costruttori.

La tecnologia costruttiva appropriandosi della materia prima offerta dall’ambiente, ne valorizza a pieno le caratteristiche raggiungendo un effetto mimetico straordinario e garantendo un inserimento nel paesaggio discreto, delicato, non violento.

Il centro di Tortorici, così come gran parte dei comuni del Nostro comprensorio, si è sviluppato in altezza e gli elementi costitutivi delle abitazioni si ripetono con grande uniformità.

Le abitazioni degli antichi insediamenti si presentano racchiuse in se stesse, autosufficienti, frutto di un’economia povera e autarchica.

Le campagne sono popolate e assumono forme intermedie tra l’insediamento in casali e case sparse. Ciò è conseguenziale alla diversa utilizzazione del suolo per le colture specializzate dei noccioleti, agrumeti , ortaggi, etc.

I vani dell’abitazione si dispongono a torre con il rustico a piano terra , le camere al primo piano e la cucina in alto. Accanto all’ingresso per la stalla si ha un portone per la parte civile, dal quale, tramite una ripida scala in legno, si accede ai piani superiori.

La casa contadina presenta una struttura muraria molto solida, formata da grossi blocchi di pietra grossolanamente sbozzata, i cantonali sono rinforzati da grossi blocchi di pietra arenaria squadrata, gli stipiti delle porte e delle finestre sono anch’essi costituiti da conci di pietra arenaria.

Dall’era industriale in poi, si rompe nella città l’armonia che proveniva dall’omogeneità.

L’ambito di lavoro non è più la natura con i suoi ritmi e i suoi cicli, ma sono adesso ambiti più o meno astratti, di tipo amministrativo, giuridico, organizzativo.

Schematizzando, si possono distinguere quattro fasi principali di sviluppo dei centri antichi del nostro comprensorio.

La prima è costituita dalla formazione per "aggregazioni", attorno alla chiesa o al castello e si sviluppa mediante annessioni di nuclei esterni all'area di primo impianto.

La seconda fase è costituita dalle "addizioni urbane". L'ampliamento, nelle aree esterne dell'abitato, scaturisce da una precisa pianificazione: la creazione di una strada che diventa l'asse portante dello sviluppo urbano e lungo la quale si generano degli impianti a scacchiera o lineari lungo assi longitudinali.

La terza fase è quella dell'assetto definitivo in cui le connessioni al nucleo primitivo, sono già racchiuse entro le mura e le espansioni successive avvengono per conurbazione. Queste aree esterne saranno funzionali al centro dove permane il potere politico, religioso e militare.

La quarta fase è caratterizzata dalle espansioni incontrollate, dagli sventramenti nei centri storici, dalla saturazione dei vuoti urbani e dallo sviluppo edilizio non pianificato.

Dall’era industriale in poi, si rompe nella città l’armonia che proveniva dall’omogeneità. L’ambito di lavoro non è più la natura con i suoi ritmi e i suoi cicli, ma sono adesso ambiti più o meno astratti, di tipo amministrativo, giuridico, organizzativo.

CENTRO URBANO

Situato a 450 metri s.l.m. con una superficie di 70.16 Kmq, è uno dei centri nebroidei di più antica tradizione, adagiato in una profonda valle che si ammanta di noccioleti.

Lo circondano alti e scoscesi rilievi, solcati da valloni, e fertili campagne che per l’intenso sfruttamento contadino appaiono popolate da grosse contrade e case sparse.

Il centro storico, perfettamente definito nella sua forma triangolare, si stende sulla confluenza dei torrenti Tortrici e Calagni, dalle cui piene fu più volte inondato nei secoli passati.

Lo sviluppo recente ha urbanizzato più volte a valle le sponde dei corsi d’acqua estendendo l’abitato verso i rilievi prospicienti. L’intero territorio è ricchissimo di acque, annovera alcuni laghetti: il Piperni, il Pisciotto e il bellissimo lago di Trearie, di grande interesse naturalistico e paesaggistico.

Città regia, nota sin dal 1500 sia per gli artigiani fonditori di campane e delle canne da organo, sia per gli intagliatori del legno.

Le origini sono avvolte nella leggenda. Si narra infatti che un seguace di Enea, dopo avere fondato Alunzio, spingendosi verso l’interno abbia trovato un luogo riparato dai venti e ricco di sorgenti e qui abbia deciso di costruire un castello da lui chiamato "Turiano" che diede origine all’attuale cittadina.

Un’altra leggenda racconta che a fondare Tortorici fu la principessa cartaginese Orice, in fuga dalla propria patria.

Altre fonti invece fanno derivare l’origine del paese dal nome "turturi", terra delle tortore, che ancora oggi nidificano nelle vallate.

Reperti archeologici di origine greca e romana, rinvenuti a Tortorici, testimonierebbero l’insediamento di abitanti sin da quell’epoca.

Inoltre, si sa che nel XII secolo nel sito di Tortorici esisteva già un casale o villaggio utilizzato da chi si incamminava verso Maniace o Randazzo.

In epoca Normanna la città sicuramente esisteva poiché Federico di Svevia concesse a Guidone di Polichino il titolo di signore di Tortorici. In quest’epoca venne pure edificato un castello.

Con i Normanni, la pastorizia divenne l’attività prevalente di questi territori. Un tipo di pastorizia condotta con metodi tradizionali e un tipo di allevamento in specie ovino, condotto a sistema brado transumante. Tutt’intorno, disseminati sui monti erano gli ovili per custodire il bestiame e per la mungitura e spesso, accanto ad essi, anche rudimentali luoghi di caseificazione in cui lavorare il latte prodotto giornalmente.

Nelle epoche successive, con la nascita del potere baronale, il borgo passò a varie famiglie nobiliari, tra cui gli Aragona, i Moncada, i Mastrilli e i Corbera.

Tra il 500 e 600, Tortorici si distingue per la notevole ricchezza delle cosiddette "arti minori".

In questo periodo, infatti, i Nebrodi si arricchiscono della presenza dei Gaginiani nelle opere di scultura e la pittura di Giuseppe Tomasi da Tortorici.

Sempre in quest’epoca, Tortorici fu centro di notevole prosperità e floridezza economica: la produzione di campane e di candelieri in bronzo, la produzione di organi con le relative cantorie in legno dorato e dipinto. Alla fine del 600 Tortorici, quasi a volere sottolineare la sua prevalenza culturale, possedeva una magnifica biblioteca ed era sede di un’importante Scuola di Filosofia e Teologia.

Nel 1628 il lungo giogo feudale si conclude e i tortoriciani riscattano il borgo ottenendo di passare definitivamente al regio demanio e ottennero un rappresentante nel Parlamento Siciliano.

Le alluvioni del 1682 e poi del 1753 diedero un durissimo colpo alla città, mettendo in crisi la florida economia sviluppatasi nel corso del XVI e XVII secolo, attraverso le fonderie, le filande, le botteghe dei falegnami, dei fabbri, dei ciabattini e grazie alla commercializzazione dei prodotti agricoli e zootecnici. Seguì un lungo lavoro di ricostruzione di case ed edifici ecclesiastici che, riutilizzando i materiali originari, portò, in alcuni casi, all’edificazione delle chiese e dei conventi in luoghi diversi da quelli originari.

Alla fine del XIX secolo, Tortorici è una città con una configurazione urbana già definita. Lo sviluppo successivo manterrà l'antico assetto tranne nelle aree di espansione di più facile impatto urbano dove si sviluppa un'edilizia caotica e poco controllata.

EMERGENZE MONUMENTALI

CHIESA DI SAN NICOLO’ – Ad unica navata fu ricostruita su una preesistente basilica bizantina, dal variopinto e caratteristico soffitto in legno, con statue e tele del XVII sec. Nell’alluvione del 1682 fu rasa al suolo, ricostruita quasi nello stesso luogo e completata nel 1800.

CHIESA SS.SALVATORE – Si conosce l’esistenza dal 1416.

L’alluvione del 1682 la interrò per circa un metro e venne ricostruita nello stesso sito nel 1935.

Questa chiesa ottenne nel 1552 il privilegio del rito della settimana santa. Per questo ogni anno, la sera del venerdì santo, da qui prende il via la processione delle varette.

CHIESA DI SAN FRANCESCO - La prima chiesa probabilmente risale ai secoli XIII-XIV quando nell’isola venivano fondati conventi dedicati a S. Francesco d’Assisi, ma era sita in altro luogo.

Nel XVII secolo spostarono chiesa e convento nella parte più alta della città.

All’interno vi sono statue di Antonio e Giacomo Gagini e un crocifisso della bottega di Frà Umile da Petraia.

Del convento rimane qualche colonna del chiostro, l’imponente scala, il campanile e l’orologio del 1700, ancora funzionante.

CHIESA MADRE – Costruita tra il 1753 e il 1775 con un trittico di marmo posto sulla facciata a tre portali, raffigurante la madonna fra due angeli e proveniente dalla chiesa di S.Maria de Platea distrutta dall’alluvione del 1682. Proprio dai materiali provenienti da quest’ultima chiesa è stata costruita la cattedrale.

Al suo interno opere del Gagini e di Giuseppe Tomasi e un organo settecentesco attribuito a Giovanni Platania di Acireale. Nel campanile spicca una delle campane di fattura locale, risalente al 1552.

CHIESA DELLA BAITA o dell’ANNUNZIATA – Costruita nel 1757 con i materiali in parte recuperati dalla vecchia Chiesa dell’Annunciazione posta al di là del fiume. Alla Baita era annesso il monastero delle Clarisse, del quale oggi non rimane nulla poiché con la soppressione delle congregazioni religiose, i locali furono destinati a carcere, poi a scuola e infine nel 1950, vennero demoliti del tutto. Una caratteristica significativa di questa chiesa è la presenza di una doppia facciata esterna, perfettamente identica e all’interno, una splendida Annunziata di Antonio Gagini del 1533.

TAV. 5.2

EMERGENZE DI INTERESSE TURISTICO – AMBIENTE EXTRAURBANO

  1. BATANIA e PAGLIARA

  2. SANTUARIO DELLE TRE VERGINI

  3. LAGO TREARIE o CARTOLARI

  4. MONTE S. PIETRO

  5. FIUME CALAGNI – Riserva naturale

TAV. 5.5

EMERGENZE MONUMENTALI – AMBIENTE URBANO

  1. CHIESA DI SAN NICOLO’

  2. CHIESA SS.SALVATORE

  3. CHIESA DI SAN FRANCESCO

  4. CHIESA MADRE S. MARIA ASSUNTA

  5. CHIESA DELLA BAITA o dell’ANNUNZIATA

  6. CENTRO DI STORIA PATRIA DEI NEBRODI

 
 
INDIRIZZO :Gal Valli Dei Nebrodi, Palazzo Municipale di Castell'Umberto
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