CINEMATICA
(IN ELABORAZIONE)
Occorrono le conoscenze del capitolo di Meccanica.

INTRODUZIONE          VELOCITA' E ACCELERAZIONE          TIPOLOGIA          ESEMPI

INTRODUZIONE:

A) COMPITO

La cinematica è quella parte della "fisica classica"(1) che studia il moto delle masse (genericamente dette "corpi") senza tener conto delle cause e delle conseguenze generate da quel moto(2).
Alla fisica classica si affianca (o si contrappone, a seconda dei punti di vista) la fisica applicata che studia i fenomeni, ma non solo, da un punto di vista applicativo, tenendo conto in modo specifico di "formule" o "leggi" che hanno tre caratteristiche peculiari: 1) valgono in ben determinate condizioni (non "sempre"); 2) derivano da esperienze ripetute che hanno dato luogo a risultati soddisfacenti(3); 3) sono modificabili in base a nuovi ritrovati e nuove applicazioni.
Per esemplificare: la fisica classica studia, in un certo ambito, i corpi rigidi(4), cioè suppone che esistano dei corpi assolutamente indeformabili; la fisica applicata studia, in un certo ambito, il comportamento dei corpi partendo proprio dalle sue deformazioni(5).

B) ELEMENTI FONDAMENTALI

Gli elementi fondamentali che occorre conoscere prima di addentrarsi nella cinematica sono due: 1) lo spazio; 2) il tempo.
1) Definire lo spazio non è difficile per me, ma, credo, per chiunque si accinga a tale compito. Quindi mi limiterò a dire qualcosa che sia nel senso comune, facendo affidamento su una conoscenza intuitiva dello spazio: lo spazio è quella "cosa" che separa due corpi permettendoci di dire appunto che sono due e non uno. Questo processo è quasi senza fine, nel senso che lo spazio separa fra loro le galassie ma anche gli atomi e i protoni al loro interno e un punto di un elettrone da un altro suo punto. In questo modo lo spazio è rappresentabile come i punti di una retta matematica: qualunque segmento, comunque piccolo, contiene infiniti punti(6). Immediatamente associato al concetto di spazio è quello di distanza, nel senso che la distanza è la "quantità di spazio" che separa due oggetti o due parti dello stesso oggetto. E anche la distanza è una quantità indeterminata, cioè fra due oggetti può esserci una distanza "più piccola di quel che si può pensare". E ancora associato al concetto di distanza c'è quello della retta: successione infinita di infiniti punti nella stessa direzione(7).
Parlando di spazio e di distanza è indispensabile accennare al sistema di riferimento: nei problemi quotidiani è quasi sempre superfluo precisare rispetto a che cosa avviene il movimento. Le ferrovie non hanno bisogno di dire se il treno ha una velocità di 120 km / h rispetto alla Terra o rispetto al Sole. Il riferimento è ovvio. Non è più ovvio però se il moto è studiato su una carta topografica (superficie piana) o su un plastico tridimensionale: nel primo caso per studiare il moto bastano due assi, nel secondo occorrono tre assi cartesiani. E se si studia il moto di un veicolo spaziale è inutile dire che va da Roma a Milano: occorre riferire il moto rispetto alle stelle. Ecc ecc ecc .....
2) Definire il tempo è ancora più difficile che definire lo spazio, anche perché noi ci accorgiamo del tempo solo quando "è passato" mentre non lo vediamo "durante". Possiamo ben dire per cominciare che il tempo "non esiste" nel senso che sul "passato" non possiamo più intervenire, sul "futuro" non possiamo fare affidamento e il "presente" passa così in fretta che neppure ce ne accorgiamo(8). Diciamo allora brevemente che il tempo è la "cosa" che ci permette di ordinare gli avvenimenti in una successione tale che possiamo dire: questo è avvenuto prima di quello. Possiamo allora fare un piccolo parallelo fra spazio e tempo: lo spazio si è detto ci permette di distinguere due oggetti, il tempo ci permette di distinguere fra due avvenimenti e quindi il tempo è la "distanza" di un corpo da se stesso(9). Anche il tempo come lo spazio è divisibile all'infinito: qualunque intervallo di tempo, per quanto piccolo, è divisibile a metà e quindi anch'esso può essere ridotto "piccolo a piacere" (o, viceversa, grande a piacere: qualunque intervallo di tempo può essere raddoppiato).
Parlare di tempo vuol dire parlare di orologi: l'orologio misura il tempo? Purtroppo no: esso misura angoli, o meglio misura la velocità di rotazione delle lancette e ogni scatto misura quanto tempo "è passato". Nello studio della cinematica però occorre un orologio perfetto che scandisce il tempo con assoluta uguaglianza degli intervalli: questa condizione è oggi assicurata da strumenti basati sulle proprietà dei materiali fissili come l'uranio e il cesio, ma ancora oggi si usano le stelle fisse, cioè lontanissime da noi, sia per la misura del tempo che come orientamento assoluto. In ogni caso si ipotizza che due orologi, in qualunque situazione, segnino sempre tempi uguali (tempo assoluto).

C) COMPOSIZIONE?

E' possibile comporre in una unità spazio e tempo? A mio parere si, anzi secondo me in natura non c'è divisione fra le due cose: l'uomo ha diviso il tempo dallo spazio per comodità di trattazione. In natura esiste una sola cosa e cioè la velocità: non c'è cosa nel nostro universo che stia ferma, tutto è in un continuo divenire (vedi l'articolo IL CALCOLO INFINITESIMALE DALLE ORIGINI AI NOSTRI GIORNI nota 1) attraverso il movimento delle masse e dell'energia (che sono poi in realtà un'unica cosa!). La natura conosce solo la velocità, noi ci siamo inventati il tempo e lo spazio per scrivere delle equazioni delle quali l'universo si impipa allegramente. Noi abbiamo bisogno di schemi per comprendere la natura, essa, la natura, non ha bisogno di nulla.
L'evoluzione fra due stati che a noi consente di definire il tempo, in natura è così "naturale" che non ha bisogno di "leggi e regole"(10). Noi invece ne abbiamo bisogno per capire il passato e prevedere il futuro: da ciò deriva l'invenzione del tempo. E questa necessità è stata così forte e impellente che è stato inventato il tempo oggettivo, cioè quello sempre uguale a se stesso, dall'eternità passata all'eternità futura(11).
Dunque, secondo me c'è una sola realtà: la velocità e ciò porta inevitabilmente a "pensare" che ci sia uno spazio e un tempo. I corpi infatti vanno da un luogo ad un altro, e prima sono in un luogo e poi in un altro; la domanda di fondo è però questa: se non ci fossero i corpi (o l'energia!) ci sarebbero ugualmente spazio e tempo? La risposta a questa domanda è il punto cruciale della divisione per esempio fra fisica classica e fisica relativistica: nella fisica classica la risposta è: sì, il tempo e lo spazio esistono indipendentemente dai corpi; nella fisica relativistica la risposta è: no, senza i corpi con la loro massa e velocità spazio e tempo non esistono(12).

D) DEFINIZIONI

Supponiamo, per comodità, che esistano tempo e spazio oggettivi e immutabili, dal più lontano passato al più lontano futuro.
Definizioni:
1) traiettoria: è l'insieme dei punti occupati dal corpo (o meglio dal suo baricentro, come vedremo) al trascorrere del tempo. Può essere di due tipi:
a) rettilinea: la traiettoria è rettilinea quando il corpo occupa in successione i punti di un pezzo di retta.
b) curvilinea: la traiettoria è curvilinea quando il corpo occupa in successione i punti di un pezzo di curva (circonferenza o altro).
2) vettore: la traiettoria può essere percorsa in un verso o nell'altro, può essere inclinata in un modo o in un altro, il corpo può percorrerne un tratto più o meno lungo. Tutte queste caratteristiche devono essere ben definite affinché il movimento sia individuato in modo univoco(13): ciò porta a parlare di una "cosa" che prende il nome di vettore, cioè un ente fisico - matematico dotato di tre parametri, detti modulo, direzione e verso, che in primo luogo si applicano alla traiettoria.
Rimandiamo il lettore alla relativa pagina del capitolo Meccanica per una trattazione sistematica del vettore. Qui per indicare un vettore metterò un asterisco * vicino al simbolo. Se non c'è l'asterisco si tratta del modulo.
3) unità di misura: le unità di misura dipendono in generale dal sistema adottato: per quanto riguarda la cinematica le unità fondamentali sono solo due: la lunghezza per misurare la traiettoria e il tempo. La lunghezza è di solito espressa in metri e il tempo in secondi; come unità derivate si usano il chilometro e l'ora: per una trattazione sistematica vedi la relativa pagina nel capitolo di Meccanica.
4) velocità: è il rapporto fra la porzione di spazio percorso (distanza) e l'intervallo di tempo impiegato a percorrerlo. La si può definire in due modi:
a) media: si prende tutto lo spazio percorso DS* e si divide per tutto il tempo impiegato Dt:
vm* = DS* / Dt
esempio: 600 metri percorsi in 24 secondi(14)
vm = DS / Dt = 600 / 24 = 25 [m / s]
b) istantanea: poiché in generale non è detto che in ogni secondo (o in un tempo più piccolo) si percorrano esattamente 25 metri (o spazi inferiori in tempi inferiori) ma invece la velocità vada cambiando in un certo modo crescendo e diminuendo, si definisce la velocità istantanea, cioè la velocità del corpo in un intervallo di tempo dt estremamente piccolo, almeno concettualmente. Diremo quindi che la velocità istantanea è il rapporto fra lo spazio dS* percorso in un tempo infinitesimo(15) (che non è detto che sia infinitesimo) e il tempo dt impiegato a percorrerlo
v* = dS* / dt
5) accelerazione (con una sola elle!): è l'espressione del cambiamento di velocità, cioè è il rapporto fra la variazione di velocità e il tempo durante il quale avviene quel cambiamento. E' di due tipi:
a) media: si prende la variazione totale di velocità Dv* e si divide per il tempo totale Dt impiegato ad effettuare la variazione:
am* = Dv* / Dt = (v2* - v1*) / Dt
Esempio: al tempo 4 secondi velocità 19 [m / s], al tempo 9 secondi velocità 31 [m / s]; l'accelerazione è stata di
am = Dv / Dt = (v2 - v1) / Dt = (31 - 19) / (9 - 4) = 2,4 [m / s2]
b) istantanea: poiché in generale non è detto che in ogni secondo (o in un tempo più piccolo) la velocità cambi esattamente di 2,4 m / s (o velocità inferiori in tempi inferiori) ma invece la velocità vada cambiando in un certo modo crescendo e diminuendo, si definisce la accelerazione istantanea, cioè la variazione di velocità del corpo in un intervallo di tempo dt estremamente piccolo, almeno concettualmente. Diremo quindi che la accelerazione istantanea a* è il rapporto fra la variazione dv* intervenuta in un tempo infinitesimo(15) (che non è detto che sia infinitesima) e il tempo dt impiegato a percorrerlo, cioè:
a* = dv* / dt
6) tipologia: le relazioni (leggi) che regolano il moto dei corpi hanno forma diversa a seconda dellla traiettoria percorsa, per cui distingueremo:
a) moto rettilineo: è quello che avviene lungo una traiettoria costituita da una retta; devono essere definiti l'equazione della retta e i versori, cioè vettori di modulo 1 giacenti sugli assi coordinati, se si vuole fare una trattazione matematica.
b) moto curvilineo: è quello che avviene lungo una traiettoria costituita da una curva; devono essere definiti l'equazione della curva e i versori, cioè vettori di modulo 1 giacenti sugli assi coordinati, se si vuole fare una trattazione matematica.
c) moto periodico: è quello che avviene lungo una traiettoria costituita da una retta o da una curva, ma il moto è del tipo "va e vieni" come quello di un pendolo; devono essere definiti l'equazione della traiettoria, i versori e l'equazione del tempo, cioè il legame fra tempo e spazio. Oltre che del pendolo è il moto caratteristico ad esempio di un corpo in moto "legato" ad una molla.

E) LE FORMULE

Parlando di fisica è naturale parlare di formule. E' anche normale sentir dire che la fisica è fatta di formule, cioè data la formula la fisica è "fatta". E ciò non è vero, altrimenti la fisica si sarebbe fermata per esempio a Newton (come d'altra parte è accaduto davvero dalla metà del 1700 sino al 1920).
La fisica è fatta di fenomeni, facili o difficili da decifrare, descritti per nostro comodo attraverso equazioni matematiche, sempre passibili di cambiamenti e precisazioni. Un collega tempo fa mi diceva che per lui il lavoro di insegnante terminava quando i suoi alunni avevano imparato, più o meno bene, una cinquantina di "formule". Per me il problema delle formule ha poca importanza, per me l'accento va posto sulla descrizione e la "spiegazione" del fenomeno, con annessi e connessi, sin dove mi è possibile. La formula viene dopo: ai miei alunni dico sempre che libri e professori esistono proprio per ricordare le formule: quel che si deve conoscere è il fenomeno e la sua interpretazione in funzione dei nostri scopi, conoscitivi o applicativi. Sapere a memoria che il momento d'inerzia polare di una sezione circolare vale J = p D4 / 32 ha relativa importanza (posso trovarlo nel Manuale); è invece importante sapere cos'è e come si adopera e dove serve e quali limiti ha (e anche in quale libro e in quale capitolo si può rintracciare!).
Da ciò segue il fatto che questo mio sito è pieno di "chiacchiere" accompagnate da formule e non viceversa (almeno spero; vedi la pagina Progetto, calcolo, verifica nel capitolo di Meccanica). E' molto meglio parlare di relazioni fra grandezze e di limiti o condizioni di validità, anziché di formule con un sapore miracolistico.

F) LA RAPPRESENTAZIONE GRAFICA

Spesso si usa la rappresentazione grafica dei fenomeni o delle sue interpretazioni: è il caso ad esempio delle operazioni sui vettori. Ciò rende più evidenti i rapporti fra le grandezze in gioco, ma introduce semplificazioni ed errori di calcolo qualche volta intollerabili. Un esempio semplice è quello del misurare angoli su un disegno: i goniometri da tavolo, molto più che i righelli, sono imprecisi perché non permettono la lettura delle frazioni di grado. Dovendo quindi misurare il modulo di un vettore ottenuto come somma di altri vettori è possibile introdurre errori veramnete macroscopici.
La descrizione dei fenomeni può però guadagnare molto dalla rappresentazione geometrica, facilitando di conseguenza il successivo calcolo algebrico (vedi alla pagina successiva). Questo tipo di rappresentazione per certi oggetti è così inveterato che addirittura la si pone per definizione: non è difficile sentire alunni che dicono che il vettore è un segmento orientato (o addirittura: è una freccia!). Naturalmente non è colpa loro, ma dell'insegnante che non è riuscito a far distinguere fra "oggetto" e sua "rappresentazione" (vedi il mio articolo I vettori nel capitolo di Meccanica).

G) L'EQUAZIONE DEL MOTO

Si chiama equazione del moto o legge del moto l'espressione algebrica che esprime lo spazio percorso da un corpo in movimento in funzione di: S0, spazio percorso prima di cominciare l'osservazione; v0, velocità raggiunta prima di cominciare l'osservazione; a, accelerazione, costante o variabile durante il moto; t tempo durante il quale avviene il moto. L'equazione si scrive:
S = S0 + v0 t + a t2 / 2
nella quale il termine t2 / 2 deriva da una doppia integrazione(16)
Esempio: un corpo, prima che si cominci l'osservazione, ha già percorso 300 m e ha raggiunto la velocità di 32 m / s; ora prosegue il moto per 26 s con l'accelerazione di 4 m / s2. Determinare: 1) lo spazio totale percorso, 2) la velocità finale, 3) il tempo necessario affinché la velocità diventi doppia di quella iniziale, 4) il tempo risparmiato se l'accelerazione cresce del 25 %.
1) Stot = S0 + v0 t + a t2 / 2 = 300 + 32 x 26 + 4 x 262 / 2 = 2.484 m
2)vfin = v0 + a t = 32 + 4 x 26 = 136 m / s
Come verifica calcoliamo l'accelerazione: il corpo ha incrementato la velocità da v0 = 32 a v1 = 136 m / s, passando dalla posizione S0 = 300 alla posizione S1 = 2.484 m nel tempo t = 26 s. L'accelerazione quindi è stata:
a = (v1 - v0 ) / t = (136 - 32) / 26 = 4 m / s2
3) v = v0 + a t = 32 + a t = 2 v0                  t = (64 - 32) / a = 32 / 4 = 8 s
4) Stot = S0 + v0 t + 1,25 a t2 / 2 = 2.484 m
L'incognita è t. Abbiamo quindi un'equazione di secondo grado che, ridotta alla forma canonica, si scrive:
2 S0 + 2 v0 t + 1,25 a t2 - 2.484 = 0           5 t2 + 64 t - 4.368 = 0           t1;2 = [- 64 ± (4.096 + 87.360)1/2] / 10
t1 = - 36,64 s           t2 = + 23,84 s
La soluzione t1 è da scartare perché non ha senso (il corpo avrebbe raggiunto le condizioni poste 36,64 secondi PRIMA di partire). La soluzione t2 = + 23,84 s ci dice che, se l'accelerazione fosse stata di 1,25 a, cioè di 5 m / s2, la condizione finale sarebbe stata raggiunta dopo 23,84 s risparmiando t = 26 - 23,84 = 2,16 s.
Verifichiamo questo risultato ripartendo dall'equazione del moto:
Stot = S0 + v0 t + 1,25 a t2 / 2 = 300 + 32 t + 5 t2 / 2 = 300 + 32 x 23,84 + 5 x 23,842 / 2 = 2.483,7 m < 2.484 m
La differenza dipende dall'approssimazione dovuta alla radice quadrata adoperata per risolvere l'equazione.


(1) La fisica classica è quella fondata da Galileo e sviluppata da Newton. L'altra fisica è quella relativistica, quella quantistica, ecc.
(2) La parte che studia le cause del moto si chiama statica; la parte che studia il moto si chiama dinamica. Nella cinematica per esempio non si tiene conto dell'attrito.
(3) La "soddisfazione" consiste nell'uguaglianza (più o meno accentuata) fra ciò che si desidera ottenere e ciò che si ottiene realmente. Per esempio: io vorrei correre i 100 metri in due secondi e invece impiego due minuti. La soddisfazione consiste nel rendermi conto che ho impiegato tutte le mie forze e che in due secondi non ci riesce nessuno e che per impiegare meno di due minuti avrei dovuto essere diverso, ecc.
(4) Questa posizione è giustificabile con la considerazione che il moto dei corpi è rappresentabile con il moto del suo baricentro, che, essendo un punto, è sicuramente indeformabile. Tuttavia, se il baricentro è variabile in posizione in modo non prevedibile, diventa impossibile mantenere tale ipotesi di indeformabilità; si pensi al caso di una automibile che percorre una strada sconnessa: ad ogni saltello corrisponde un movimento dei passeggeri che altera la posizione del barientro, mentre il sistema di molle, gli ammortizzatori, la deformazione delle gomme rende il tutto variamente variabile.
(5) Tutta la Scienza delle costruzioni è basata su tali premesse. La scienza delle costruzioni è quella parte della fisica applicata che studia con quali materiali, quali sezioni, quali forme si possono costruire gli oggetti che adoperiamo quotidinianamente, dalle case alle automobili, dagli aerei agli spilli.
(6) E' bene ricordare il ragionamento di un antico filosofo greco, del quale purtroppo non ricordo il nome, che aveva posto questo problema: Achille, il piè veloce, fa una gara di corsa con una tartaruga, dandole un vantaggio. Achille raggiungerà mai la tartaruga? Se limitiamo il nostro ragionamento allo spazio la risposta è: no, Achille non raggiungerà mai la tartaruga. Infatti egli dovrà passare dal punto medio del vantaggio, ma prima dovrà passare dal punto medio di mezzo vantaggio, ma prima dovrà passare dal punto medio di un quarto di vantaggio, ma prima dovrà passare dal punto medio ... e così via all'infinito, poiché ci sarà sempre un altro punto medio dal quale passare prima di annullare il vantaggio dato alla tartaruga. Questo ragionamento ci porta a dire che il movimento non esiste, cioè io non ho scritto nulla perché le mie dita non potranno mai raggiungere i tasti della tastiera che mi sta davanti.
Ovviamente invece Achille raggiunge la tartaruga e io qualcosa ho scritto: poiché la realtà "oggettiva", cioè basata sui fatti concreti, è in disaccordo con il ragionamento precedente, che appare anch'esso estremamente vero, da qualche parte deve esserci un inghippo. A mio parere l'inghippo è nel voler separare lo spazio dal tempo, come se fossero due entità distinte: se noi diciamo che la natura conosce solo la velocità, e quindi un legame così intimo che tempo e spazio NON POSSONO essere separati, allora tutto torna a posto.
(7) Anche questo è un bel rebus: la fisica moderna esclude che ciò sia possibile nella nostra realtà. Lo spazio è infatti intrinsecamente curvo a causa della presenza delle masse, per cui è non vero il poter andare sempre nella stessa direzione. Anche la luce, portata ad esempio di materializzazione della retta, percorre traiettorie curve in vicinanza delle masse, di qualunque grandezza esse siano. Tale deviazione è "misurabile" quando le masse sono grandi (le stelle) ma deve esserci, anche se non misurabile, anche quando passa vicino ad un ago! Ho usato la parola misurabile per indicare la possibilità di vedere la deviazione con uno strumento.
(8) Quando ho scritto la lettera r della parola "presente" la lettera "p" era nel passato e la lettera "e" nel futuro, cioè non esisteva ancora al punto che un qualche avvenimento avrebbe potuto impedire la sua "nascita".
(9) Lo spazio si può ben rappresentare con un segmento, il tempo con una freccia la cui coda individua il "prima" mentre la punta individua il "dopo".
(10) Man mano che cresce la quantità di scoperte, per esempio in astrofisica, ci si accorge che cresce anche la complessità dei fenomeni e quindi si moltiplica la quantità e complessità di quelle cose che chiamiamo appunto leggi e regole. Certamente i fattori primi sono pochi e relativamente semplici, ma al trascorrere del tempo tutto diventa plurimo e complesso, diversificandosi in quasi infiniti modi.
(11) Secondo la moderna teoria cosmogonica spazio e tempo sono nati al momento del Big - Bang e finiranno, se avverrà, al momento del Big - Crash finale. Se ciò è vero (e pare che lo sia) rimane assodato che però spazio e tempo non sono due entità separate visto che il Big - Bang è un momento di cambiamento e di movimento estremamente rapido legato alla nascita delle "cose" (ricordiamo ancora una volta che materia ed energia sono due modi di vedere un unico "ente").
(12) Basta ricordare che il tempo varia al variare della velocità delle masse: se le masse valgono zero, zero vale anche il tempo (vedi l'articolo Big - Bang e relatività).
(13) Univoco significa senza possibilità di errore, cioè dati determinati valori si individua un solo oggetto che soddisfa quei valori. In matematica si incontrano anche relazioni biunivoche, cioè tali che dati i valori di uno si trovano i valori dell'altro e viceversa (vedi per esempio le coppie di numeri associate ad un punto in un piano cartesiano).
(14) Per tentare di chiarire cosa è un vettore, in particolare quello che riguarda la velocità, facciamo questo esempio: due automobili partono dalla stessa piazza di Cagliari, una verso Monastir, l'altra verso Iglesias, a 100 all'ora. Domanda: hanno la stessa velocità? Assolutamente no! Infatti il modulo è lo stesso, ma la direzione è diversa. Possono essere sommate con le regole relative ai vettori? Assolutamente no! Infatti non appartengono allo stesso corpo! In una delle automobili c'è una mosca che svolazza: la sua velocità può essere sommata a quella dell'automobile? Assolutamente no! Invece la velocità dell'automobile può essere sommata a quella della mosca, rispetto alla mosca che viene trascinata!
(15) Qui darò una definizione assolutamente elementare e intuitiva di infinitesimo: si dice infinitesima una quantità "più piccola di quel che si riesce a pensare". Questo mio modo di "definire" l'infinitesimo è il reciproco della definizione di infinito: infinito è un numero "più grande di quel che si riesce a pensare". Infatti a qualunque numero si può aggiungere 1: a questo proposito ricordo una scena del film Miracolo a Milano nella quale due personaggi si sfidavano a chi voleva "di più" finché uno dei due dice all'altro "quello che dici tu più uno!". Così se per infinitesimo prendiamo un numero del tipo 0,0000...1, ne otteniamo uno ancora più piccolo aggiungendo un altro zero dopo la virgola!
La definizione algebrica di limite del rapporto incrementale, quando l'incremento tende a zero, in definitiva la derivata della funzione, viene affrontata nel corso di matematica. E' bene ribadire che in un tempo piccolo a piacere si può percorrere uno spazio molto grande, cioè se dt è infinitesimo non è detto che lo sia anche dS. Un esempio per chiarire: nel vuoto la velocità della luce è di circa 300.000 km / s, cioè 300.000.000 m / s. Se diciamo che 1 / 1.000.000 (un milionesimo) di secondo è infinitesimo, troviamo che in questo tempo al luce percorre 3 metri, che non è una quantità infinitesima (lo è però in relazione a 300.000.000!). Se poi un milionesimo ci sembra grande prendiamo un miliardesimo di secondo: in questo tempo la luce percorre 3 mm, che è una quantità piccola ma non infinitesima, e così via.
Con gli infinitesimi si possono anche eseguire delle operazioni aritmetiche (non tutte!) legate proprio alla loro natura: per esempio si possono sommare: dx + dy; oppure 5 + dx = 5; oppure dx + (dx)2 = dx; ecc. La seconda somma significa che aggiungere una quantità infinitesima ad una quantità finita come 5 non aggiunge praticamente nulla; la terza significa che se dx è infinitesimo il suo quadrato è "ancora più infinitesimo" (se si potesse dire) per cui non aggiunge nulla a dx. Si parla quindi di infinetisimi di primo, secondo, ecc., ordine.
Dal punto di vista grafico è abbastanza facile rendersi conto di quanto detto: se il diagramma della funzione è vicino all'orizzontale, dS può essere "più piccolo" di dt, se il diagramma è vicino alla verticale, dS può essere "più grande" di dt, come mostra la figura:



Nella figura dt non appare infinitesimo: basta però pensare che la scala di rappresentazione sia di 1.000.000.000...... a 1 (cioè il segmento che si vede è 1.000.000.000...... più grande del vero) per eliminare tale obiezione.
(16) Per il significato di integrazione si rimanda al Corso di Matematica. Se il significato è noto, le operazioni sono le seguenti:
dalla definizione di accelerazione si ricava
dv = a dt          integrando          Dv = a Dt
Dalla definizione si ricava anche, ricordando la definizione di velocità istantanea:
a = dv / dt = d(dS / dt) / dt = d2S / dt2          dalla quale          d2S = a dt2
Integrando due volte in modo indefinito si ottiene
S = C2 + C1 t + a t2 / 2
essendo C1 e C2 le costanti di integrazione. Tenendo conto delle condizioni ai limiti (al tempo 0 la velocità è v0 e lo spazio percorso è S0), si giunge appunto a scrivere
S = S0 + v0 t + a t2 / 2





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