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ESATTEZZA

(o approssimazione?)

Nel vocabolario Devoto - Oli la definizione della parola "esattezza" è: "inappuntabile coincidenza con la forma o la sostanza dovuta".
La definizione dell'aggettivo "esatto" è: "che si comporta nel modo dovuto, senza omissioni o negligenze".

Le parole chiave nelle operazioni di misura sono "coincidenza" e "senza omissioni": ebbene, in nessuna operazione è possibile esser certi della coincidenza e della mancanza di omissioni, volontarie o involontarie, soprattutto se sono piccole o addirittura microscopiche. La figura nella prima pagina di queste lezioni è utile per discorrere proprio di coincidenza: pensare di sbagliare con il compasso nel linguaggio comune è impossibile. Basta però pensare, anche, che nella punta di metallo ci sono miliardi di atomi e che la linea a matita, la più sottile, è "larga" anch'essa miliardi di atomi di carbonio, per concludere che è impossibile sostenere che due punti o due linee coincidano esattamente, coè senza omettere alcun atomo.
Noi diremo che "tutte le misure sono non esatte" e, inoltre, che non possiamo sapere "di quanto sono non esatte". Infatti, se conoscessimo quanto vale l'errore, conosceremmo la misura esatta. Il ragionamento è semplice: supponiamo di misurare un segmento e di trovare che la sua lunghezza è di 12 mm; se qualcuno mi dicesse che ho commesso un errore di o,ooo.ooo.ooo.ooo.ooo.ooo.ooo.1 mm direi che la misura esatta del segmento è 12,ooo.ooo.ooo.ooo.ooo.ooo.ooo.1 mm e non avrei più problemi. Poniamoci però una domanda: chi mi da la grandezza dell'errore?
Per esemplificare(*), supponiamo di voler misurare la distanza fra due punti di un segmento usando un righello. La prima operazione è quella di far coincidere lo zero della scala del righello con il primo estremo del segmento: l'occhio umano è in grado di distinguere differenze di circa 2 decimi di millimetro, per cui nell'operazione suddetta è possibile commettere un errore di quella grandezza.
Per vedere meglio la coincidenza, possiamo servirci di un microscopio, per esempio ingrandendo di 100 volte: le conseguenze sono due: a) l'errore sarà forse 100 volte più piccolo ma non sarà annullato; b) l'ingrandimento riguarda sia l'estremo del segmento che lo zero del righello, i quali appaiono più "larghi", cosa che rende più difficile definire la coincidenza dei due segni, i quali molto probabilmente non hanno lo stesso spessore. Immaginando di ingrandire ancora l'immagine, si giunge a vedere gli atomi e a dover decidere quale elettrone, in quale posizione di esso, in quale istante, ...
Attenzione: qualcuno potrebbe pensare che non è necessario che la distanza debba essere riferita a due punti materiali, come per esempio a due atomi. Ma allora la cosa si complica ancora di più perché occorrerebbe definire delle coordinate spaziali senza alcun riferimento certo e immobile, per cui bisognerebbe dire: la distanza dal punto x0, y0, z0 posizionato ..... dove? Qualunque riferimento ha bisogno di uno o più punti d'appoggio che possano essere individuati in modo esplicito e senza confusioni o incertezze. Per esempio si potrebbe dire: le distanze cominciano dal centro del Sole: bene! e come si individua il centro del Sole visto che la sua superficie è in continuo movimento? e poichè il Sole (e tutti gli altri oggetti del nostro universo) si muovono come è possibile ottenere una misura esatta? Inoltre, una sola indicazione non basta, occorre conoscere anche un angolo per determinare la distanza fra due punti, e quindi è necessario disporre di un altro strumento (un goniometro), anch'esso non esatto!
In conclusione, almeno per ora, diremo che una misura è affetta da un errore maggiore o minore, non che essa è esatta, o addirittura (errore, questo si, concettuale gravissimo) che una misura è "più esatta" di un'altra.

L'esattezza, come si ricava dalla definizione del vocabolario, è un parametro assoluto: o è o non è coincidente, o è o non è senza omissioni,
la misura o è esatta o è sbagliata, non può essere "più esatta" o "meno esatta"
.
Nel linguaggio comune è accettabile, non lo è più nel linguaggio tecnico, nel quale alla parola esatta sostituiremo la parola approssimata
in funzione degli strumenti usati e della capacità dell'operatore.
A questo proposito è bene osservare che sia in qualche libro di fisica che in qualche sito divulgativo su internet è possibile trovare frasi del tipo: "l'errore è la differenza fra il valore vero e il valore misurato"; oppure: "la misura vera può essere ottenuta solo casualmente". Dare credito ad affermazioni di questo tipo significa aver capito poco del problema della misura o addirittura essere in malafede. Ricordiamo sempre che la misura vera non esiste per sua stessa natura non perché non siamo capaci di ottenerla. Le operazioni di misura delle grandezze fisiche sono sempre riferite a fenomeni microscopici che interessano la posizione degli atomi o di sue parti, le quali sono in perpetuo movimento, il che comporta appunto la "non possibilità" di una misura "vera" (vedi il principio di indeterminazione di Heisemberg). Dobbiamo per forza tener conto solo della posizione media degli elementi microscopici che costituiscono la materia, e non di una loro posizione assoluta, e tale posizione media varia da istante ad istante.
Come sarà chiarito nel seguito di questo capitolo, noi eseguiamo dei calcoli rispetto all'errore, ma in realtà tali calcoli sono riferiti agli scarti, cioè alle differenze fra le misure e un valore (la media) al quale attribuiamo il significato di "valore vero" solo per convenienza mentale, non per significato reale. E, alla fine dei calcoli, diremo semplicemente che probabilmente il valore vero si trova all'interno di un certo intervallo di misure, con la precisazione che in altra situazione (analoga) si può avere un altro valore medio e quindi un altro valore probabilistico.


IL SOLE                                           IL MICROSCOPIO


(*) Vedi Elementi di Meccanica Applicata, paragrafo Le unità di misura.