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LA RESISTENZA DEI MATERIALI

DEFINIZIONE: nessun materiale è in grado di sopportare qualunque azione di qualunque tipo: tutti gli oggetti prima o poi, per una causa o per l'altra si rompono o si deformano, per quanto siano "grossi". La trave in figura, sotto l'azione della forza di trazione F, si allunga sempre di più al crescere di F, finchè si rompe.

PROVE DI RESISTENZA: è compito dei laboratori di tecnologia determinare i limiti di resistenza dei diversi materiali alle diverse sollecitazioni. In tali laboratori si preparano i "provini", cioè dei "pezzi" opportunamente sagomati e dimensionati, i quali vengono sottoposti a prove opportunamente condotte. I risultati ottenuti sui provini vengono estesi agli oggetti costruiti con lo stesso materiale e sottoposti allo stesso tipo di azione. Tali risultati sono alla base della Scienza delle costruzioni.
Poichè dalla resistenza delle costruzioni dipende la vita (e il denaro) di chi le adopera, le prove sono normalizzate, cioè devono essere condotte in modo conforme alle leggi vigenti nei diversi stati.
Si conducono prove di trazione, di compressione, di flessione, ecc. semplici o variamente combinate fra loro, di tipo statico o dinamico, con ripetizione periodica o uniche, a freddo e a caldo, speciali e normali, ecc. a seconda delle esigenze dei costruttori. Si eseguono prove su modelli per vedere la resistenza al vento, alle onde, ai terremoti, ecc.
Tutti i risultati sono riportati su tabelle o su diagrammi che consentono di costruire secondo preordinate condizioni.
ESEMPIO:

supponiamo (vedi figura) di appendere al soffitto, per mezzo di un gancio, un filo d'acciaio con un carico iniziale P0. Con un calibro misuriamo il suo diametro iniziale D0 e la distanza iniziale L0 fra due segni tracciati su di esso.
Aggiungiamo ora un altro carico(a), per cui sul filo ora c'è P1; misuriamo il diametro D1 e la distanza L1.
Aggiungiamo ora un altro carico, per cui sul filo ora c'è P2; misuriamo il diametro D2 e la distanza L2.
Aggiungiamo ora un altro carico, per cui sul filo ora c'è P3; misuriamo il diametro D3 e la distanza L3. E così via sino a quando:
Aggiungiamo un altro carico, per cui sul filo ora c'è Pn e il filo si rompe; riavviciniamo i due pezzi(b) e misuriamo il diametro Dn e la distanza Ln.
Abbiamo così costruito una tabella di Di, Li, Pi, costituita ad esempio di 20 valori. Dai valori del diametro ricaviamo i valori(c) delle aree delle sezioni Ai = p Di2 / 4 e da questi ricaviamo i valori delle azioni interne si = Pi / Ai.
Dai valori di L ricaviamo: ei = (Li+1 - Li) / L0. Il numero ei prende il nome di allungamento relativo. Abbiamo ora due serie di numeri (o meglio due serie di grandezze), si e ei, con le quali possiamo costruire un diagramma, detto diagramma sforzi - deformazioni, che lega appunto l'azione interna si alla deformazione e alla rottura del filo.
Questo diagramma ha una forma caratteristica per ogni tipo di materiale e per ogni tipo di azione esercitata. Usando opportunamente il diagramma, che in realtà vale esattamente per quel provino nelle condizioni dell'esperimento, è lecito costruire a norma di sicurezza.


LEGGE DI HOOKE:

Supponiamo di aver condotto una prova di trazione con un provino di acciaio da costruzione: otterremo un diagramma sforzi s - deformazioni e simile a quello riportato nella figura a lato.
Nel diagramma possiamo distinguere tre zone: 1 da C a E (zona dei grandi allungamenti e della rottura); 2 da B a C (zona degli allungamenti permanenti e dello snervamento); 3 da O a B (zona elastica e della legge di Hooke).
Zona 1: la rottura del provino avviene apparentemente nel punto E; in realtà il segmento D-E è dovuto solo all'inerzia della punta scrivente della macchina che traccia automaticamente il diagramma(d) e quindi è senza valore. La rottura avviene nel punto D sotto lo sforzo sR con la deformazione eR.
In questa zona si riscontra anche il fenomeno della "strizione", cioè il fenomeno per cui una sezione qualunque si restringe più delle altre e sarà sede, con maggiore probabilità, della rottura. La deformazione finale si ricava riaccostando attentamente i due pezzi e misurando la distanza fra i segni fatti sul provino. Gli allungamenti che avvengono in questa zona sono quasi completamente plastici, cioè permanenti.
Zona 2: qui si verificano i primi allungamenti permanenti (segmento curvilineo vicino al punto B), ma soprattutto si verifica lo snervamento che è caratteristico dell'acciaio da costruzione e di pochissimi altri materiali. Lo snervamento consiste in una microfessurazione dei piani cristallini in direzione longitudinale con scorrimento reciproco delle fibre. In pratica questo fenomeno produce due conseguenze, una apparente, l'altra sostanziale.
Quella apparente è rappresentata da un segmento oscillante nel diagramma, come se la resistenza crescesse e diminuisse disordinatamente.

Quella sostanziale consiste in un allungamento accentuato, a carico costante, non seguito dalla rottura, cosa che è un elemento importantissimo nelle costruzioni: la struttura si deforma molto, ma non ha esaurito la sua capacità di resistere alle forze, dando quindi il tempo di provvedere o di "fuggire" prima del crollo.
Questa situazione è tanto importante che è consentito prendere come sforzo di riferimento per il progetto proprio il valore ss (carico, o limite, di snervamento).
Zona 3: va dall'origine O al punto B, è rappresentato da un segmento rettilineo e prende il nome di zona elastica o degli allungamenti proporzionali. Rappresenta la base della scienza delle costruzioni poichè ci permette di prevedere il comportamento della costruzione da realizzare in funzione dei carichi che essa dovrà sopportare. Dal segmento rettilineo ricaviamo la legge di Hooke

s = E * e

In questa relazione (geometricamente è l'equazione rappresentativa del segmento rettilineo O-B) il simbolo E si può leggere in due modi: a) è il coefficiente angolare della retta: E = tga e quindi indica quale deformazione eA segue ad un certo carico sA; il materiale è tanto "migliore"(e) quanto più E è grande; b) rappresenta la elasticità del materiale, tanto maggiore quanto più grande è E e quanto più lungo è il segmento O-B. Solitamente lo si chiama "modulo di elasticità normale" o "modulo di Young".
Gli estremi valori di E sono forse per l'acciaio (E = 200.000 [N/mm2]) e per la gomma, la quale si deforma moltissimo anche per piccoli carichi. Ci sono anche materiali (le pietre, i mattoni, ecc.) che hanno un piccolissimo campo elastico (il loro diagramma è subito curvo) ai quali quindi non si può chiedere di reagire ai carichi variabili in modo proporzionale.

(a) I carichi vanno aggiunti in modo "statico", cioè lentamente, senza strappi.
(b) La prova non è valida se la rottura avviene fuori dell'intervallo L. Con l'acciaio, prima della rottura, si ha il fenomeno della strizione, cioè una qualunque delle sezioni si "stringe" di più delle altre.
(c) Il valore di "i" (detto indice mobile) varia fra 0 e n. I simboli adottati hanno il seguente significato: A4=p D42 / 4; A5=p D52 / 4; ecc. s4 = P4 / A4; s5 = P5 / A5; ecc. e4 = L5 - L4 / L0; ecc.
(d) La macchina usata per queste prove è detta "universale" poichè consente di effettuare numerose altre prove di resistenza ed è automatica, cioè effettua sia il carico sia la registrazione in modo autonomo. Se avessimo fatto carico e registrazione manualmente, il segmento D-E non sarebbe presente.
(e) Ricordiamo che non esiste il "migliore" in senso assoluto; il materiale migliore è quello che volta per volta realizza ciò che occorre.