PREMESSA           PROLOGO           1 - LA DISFATTA           APOLOGO

Desiderio, fantasia e realtà possono coincidere? ……

PROLOGO.

A Cagliari non ci sono molte piazze. Una delle più grandi è Piazza della Repubblica, che però ha ben poco delle classiche piazze italiane, cioè luogo di riposo, di sosta e di incontro di persone. Piazza Repubblica è quasi esclusivamente un luogo di arrivo e di smistamento di automobili. Un lato è occupato dal massiccio, grigio di pietra e di polvere, tetro, monumentale Palazzo di Giustizia. Gli altri lati sono costituiti da palazzi costruiti negli anni sessanta, anch'essi grigi e massicci. Nella Piazza confluiscono alcune strade importanti come Via Dante, Via Pessina e Via Alghero, nelle quali si aprono l'uno a fianco dell'altro negozi di tutti i generi e pizzerie e bar. Le vie sono luoghi di passeggio e di passaggio per una quasi ininterrotta fiumana di persone.
Ci sono soltanto due minuscole aree destinate al riposo del viandante, mentre le automobili si accumulano quasi l'una sull'altra in numero infinito. Davanti al Palazzo di Giustizia, in aiuole striminzite che servono come spartitraffico, si ergono, alti ed eleganti, alcuni bellissimi alberi di Jacaranda (o falso palissandro), che due volte all'anno riversano sull'asfalto un profumato tappeto di fiori violacei. Di fronte al Palazzo, dove confluiscono Via Deledda e Via Alghero, si trovano un'edicola e quattro panchine.
Un pomeriggio di primavera, dopo aver comprato una rivista, sedevo su una di esse, leggevo, fumavo e davo un'occhiata curiosa e distratta ai passanti, giovani e vecchi, che tutti apparivano frettolosi di raggiungere una qualche meta.
- Ciao Salvatore! Dove vai?
- Ciao Giovanni! Che fai seduto qui?
- Devo andare dall'avvocato, sono in anticipo e quindi aspetto. E tu?
- Fammi compagnia. Vado all'Archivio di Storia Patria qui vicino. Devo terminare una ricerca.
- L'Archivio? E cos'è?
- Vieni, vieni. Ci sono tutti o quasi i documenti antichi che riguardano la storia della Sardegna.
- Che tipo di documenti?
- Tutti i tipi: contratti notarili, lettere, poesie, trattati di pace, dichiarazioni di guerra, donazioni alle Chiese e ai conventi, liste di magazzino, eccetera, eccetera. Insomma tutto ciò che di scritto è stato lasciato e trovato nelle chiese, nelle preture, nelle case private.
- E tu cosa vai a fare?
- Ho individuato uno scaffale dove si trovano i documenti lasciati da un notaio del 1600. Spero di trovarci qualcosa di interessante per la mia ricerca sul XVII secolo in Sardegna.
- Ma mi permetteranno di entrare?
- Certo, certo, non ti preoccupare. Seguo il mio amico Salvatore in via Deledda, in un palazzone tutto rivestito di marmo, alto e squadrato. L'interno odora di carta sin dall'ingresso. Saliamo una rampa di scale ed entriamo attraverso una grande porta di scuro legno di quercia. L'androne è ampio e il soffitto è altissimo. Attraverso una porta spalancata intravedo una lunga fuga di scaffali di legno, alti sino al soffitto, carichi di faldoni in bell'ordine. Qualche piano d'appoggio è addirittura piegato sotto il peso. Poche lampade diffondono una luce non proprio bianca negli stretti corridoi fra gli scaffali.
Salvatore mi porta in un'altra stanza, ben illuminata, dove si trovano una diecina di tavoli con intorno alcune sedie. Quattro o cinque persone, tutte anziane, sono sedute ai tavoli, con il naso dentro mucchietti di carte. Due di loro hanno davanti i computer portatili aperti e leggono e scrivono in fretta. L'unico rumore nel vasto spazio è quello delle dita sui tasti. Salvatore ed io abbiamo le scarpe con le suole di gomma, non facciamo che pochissimo rumore, eppure tutte le facce si girano verso di noi e sembrano infastidite.
Il mio amico mi sussurra in un orecchio:
- Dammi la carta di identità e aspettami qui. Io vado a prendere il mio faldone.
Gli consegno la mia carta di identità e Salvatore sparisce in una porticina laterale. Dopo un poco ricompare con un cartellino per me e il suo faldone di carte antiche: evidentemente è di casa in quella chiesa della storia.
Non voglio annoiarvi ancora a lungo.
La fortuna ha voluto che, frugando sotto l'imbottitura della sedia sulla quale Salvatore mi aveva fatto accomodare, e che non era affatto comoda, per via di un bozzo che mi comprimeva la natica sinistra, la fortuna ha voluto, dicevo, che trovassi una buona porzione di pergamena.
La pergamena era vecchia e mal ridotta: infilata a forza per comprimere una molla che tentava di bucare il rivestimento del sedile, aveva assunto un milione di pieghe. Per non fare brutta figura davanti agli altri ospiti, con calma, senza bruschi movimenti, in assoluto silenzio, sfilai quel pezzo che credevo di carta, e lo infilai nella tasca della giacca, e lì lo dimenticai per qualche giorno, insieme ad un'altra quantità di carte inutili, secondo il mio solito.
Due settimane dopo, facendo pulizia nelle tasche, ecco che salta fuori il mozzicone di pergamena: lo spiego, lo stiro ben bene, lo tendo e provo a leggere. E' scritto in latino.
E' vero che ho frequentato, con relativo successo, il Liceo Classico in tempi non sospetti di lassismo, ma sono passati quasi cinquant'anni. Ho riesumato il mio bravo vocabolario (che spesa fu, acquistarlo, per mio padre nel 1952, insieme a quello di greco!), ho riesumato i ricordi più profondi, e alla fine, pur non avendo capito tutto alla perfezione …
Non vi racconto tutto il resto, ma solo la conclusione: si trattava di una lettera inviata da un Papa ad un Arcivescovo di Cagliari, nella quale si raccomandava che nessun male venisse fatto ad un generale pisano che aveva combattuto diverse guerre in Sardegna. La raccomandazione, anche a nome di un Imperatore, doveva essere fatta al Governatore del Giudicato di Cagliari. Nella lettera c'erano nomi e titoli nobiliari e funzioni dei protagonisti ed una breve cronistoria delle imprese del generale.
La storia che racconterò nelle pagine seguenti è un tentativo di ricostruzione degli avvenimenti che portarono un Imperatore ed un Papa a scrivere quella lettera.
Se il paziente lettore collega questo episodio del tutto fortuito (che ruolo ha il caso nelle vicende umane?) con quanto è scritto nella premessa, il lettore, dico, si renderà conto di quanto valore sia stato il ritrovamento della pergamena per chi, come me, ha sempre avuto un debole per la storia e per la Sardegna in particolare, tanto da spingerlo a cimentarsi nel vasto e periglioso mare delle lettere.
Se un giorno si trovassero altri documenti più espliciti, un altro che non io potrebbe scrivere la vera storia di Alberco e Magdala, e questo racconto finirebbe, giustamente, nel cestino.
Per ora, gentili Lettori, siate generosi: accontentatevi!


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