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CALORE SPECIFICO

DEFINIZIONE: il calore specifico è la quantità di calore necessaria per innalzare di un grado la temperatura di un kg di materia.

Dalla definizione appare chiaro che il c.s. dipende dal materiale; ma non basta: esso dipende anche dalla temperatura, cioè per riscaldare da 50 a 51 °C serve una quantità di calore diversa che per andare da 100 a 101 °C. Ma non basta ancora: la funzione che lega il c.s. e la temperatura non è lineare, cioè il c.s. cresce e decresce senza una legge fissa: e ciò rende i calcoli riguardanti la fusione e la vaporizzazione piuttosto aleatori, di modo che è più affidabile servirsi di formule e tabelle nate dall'esperienza "pratica", definibili con gli aggettivi "empiriche e sperimentali", proprio come accade per l'idraulica.

A) CALORE SPECIFICO NEI SOLIDI E NEI LIQUIDI.
Il problema del c. s. è quasi esclusivamente impiantistico, anche se è inserito nell'ambito della termodinamica, per cui la temperatura si misura correntemente in °C e si pone per convenzione Q = 0 [ Cal ] alla temperatura di 0 °C. In questo modo i calcoli sono relativamente più facili e più "intuitivi".
L'espressione elementare è:

D Q = c Dt [ Cal / kg ]              c = D Q / D t [ Cal / kg °C ]

Se il processo riguarda una quantità P di solido o di liquido, l'espressione diventa ovviamente Q = c P Dt [ Cal ] e ciò consente di calcolare quanto calore occorre fornire o sottrarre (vedi il paragrafo Trasmissione del calore).

B) CALORE SPECIFICO NEGLI AERIFORMI.
Per gli aeriformi si definiscono tre calori specifici: 1) come quello definito per solidi e liquidi "c"; 2) a volume costante "cv"; 3) a pressione costante "cp".
Ciò deriva dalla considerazione che, fornendo o sottraendo calore ad un vapore o ad un gas, la quantità di calore è diversa a seconda che non ci si preoccupi della variazione di volume e di pressione (c. s. "c"), oppure si proceda tenendo costante il volume (c. s. "cv"), oppure si proceda tenendo costante la pressione (c. s. "cp"). Infatti nei tre casi la quantità di calore è diversa: valore massimo per "c", valore minimo per "cv".
Nel caso 2) il calore è minimo in quanto esso interessa solo l'energia interna, producendo solo variazione di temperatura, per cui risulta semplicemente:

D Q = cv D T [ Cal / kg ];              cv = D Q / D T = D U / D T [ Cal / kg °K ].

Nel caso 3) il calore serve in parte per variare la temperatura (in aumento se il calore viene fornito, in diminuzione se il calore viene sottratto) e in parte per aumentare il volume (mentre la pressione resta costante) e quindi produrre lavoro. Ne segue che:

D Q = cp D T [ Cal / kg ] = cv D T + A D L [ Cal / kg ];           cp = D Q / D T = ( cv + A D L ) / D T [ Cal / kg °K ]

In questa espressione si è indicato con D L il lavoro termodinamico prodotto dal gas per effetto della sua variazione di volume. Da essa si ricava anche il perché cp è maggiore di cv.

C) ESPONENTE DELL'ADIABATICA.
Si chiama adiabatica la trasformazione che avviene senza scambio di calore con l'esterno. Tenendo conto di un certo numero di formule e di definizioni, si giunge a scrivere la sua equazione rappresentativa:

p vk = costante

nella quale k = cp / cv. Ovviamente k è un numero adimensionale; per l'aria vale karia = 1,41.
L'equazione p vk = costante ha una forma simile a quella dell'iperbole equilatera, più o meno "ripida" a seconda del valore di k. Equazioni dello stesso tipo hanno l'isoterma ( p v = costante ) e la politropica ( p vg = costante ). La differenza grafica sta proprio nella diversa pendenza(1) delle curve rappresentative (vedi il paragrafo Trasformazioni termodinamiche).


1) La pendenza, cioè l'angolo fra la tangente alla curva e l'asse orizzontale, rappresenta la rapidità della variazione della coordinata verticale. Nel piano (p, v) a parità di variazione del volume da v1 a v2, la variazione di pressione da p1 a p2 è maggiore per l'adiabatica che non per l'isoterma.