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POTERE CALORIFICO

E' LA QUANTITA' DI CALORE CHE SI OTTIENE BRUCIANDO UN KG DI COMBUSTIBILE.

La natura e lo "stato attuale" dei combustibili è così varia e variabile che i calcoli riguardanti la combustione sono piuttosto aleatori, di modo che è più affidabile servirsi di formule e tabelle nate dall'esperienza "pratica", definibili con gli aggettivi "empiriche e sperimentali", proprio come accade per l'idraulica.
Il problema del p. c. è quasi esclusivamente impiantistico, anche se è inserito nell'ambito della termodinamica, per cui la temperatura si misura correntemente in °C. In questo modo i calcoli sono relativamente più facili e più "intuitivi".
Il p. c. si misura usualmente in due modi:
1) potere calorifico inferiore (p. c. i.) che si usa in pratica.
Il p. c. i. è la quantità di calore che si ottiene dalla combustione completa di un kg di combustibile, non contando il calore asportato dal vapore d'acqua prodotto per effetto della reazione chimica dell'idrogeno con l'ossigeno.
E' di essenziale importanza l'aggettivo "completa"; è ovvio che nelle applicazioni spesso la combustione è incompleta, sia per mancanza di ossigeno sia per mancanza di tempo, ma ciò dipende dall'impianto e quindi ne determina il rendimento globale.
Nei motori d'automobile, la benzina ha così poco tempo per "bruciare" che si verificano fenomeni di dissociazione della CO2 nonché combustione incompleta nonché espulsione dei gas ad alta temperatura. Tutto ciò porta a sfruttare meno della metà del p. c. della benzina.
2) potere calorifico superiore (p. c. s.) che si usa in laboratorio.
Il p. c. s. è la quantità di calore che si ottiene dalla combustione completa di un kg di combustibile, quando l'acqua prodotta per effetto della reazione chimica dell'idrogeno con l'ossigeno è allo stato liquido. Per ottenere questo risultato è necessario che l'impianto sia costruito in modo da permettere la condensazione del vapore, sfruttando contemporaneamente il calore latente di vaporizzazione restituito durante tale fase. Naturalmente se manca lo sfruttamento, il p. c. s. è uguale al p. c. i.
Per capire la differenza fra p. c. i. e p. c. s. è bene ricordare che 1 kg di vapore d'acqua a 100 °C possiede circa 640 Cal, mentre 1 kg di acqua a 20 °C possiede solo 20 Cal. Quando il vapore viene espulso dalla macchina, porta via tutto il suo contenuto termico, e quindi a disposizione ne resta una quantità inferiore. Purtroppo in tutti gli impianti "aperti" è normale buttar fuori il vapore d'acqua prodotto nella combustione con danno notevole rispetto al rendimento(1).
Dal manuale Colombo riportiamo alcuni valori di p. c. i.: benzina 10.500 Cal / kg; gasolio 10.100; benzolo 9.600; legno 3.000; carbone di legna 7.000; carboni fossili da 5.000 a 8.000; metano 9.000 Cal / m3(2).

PROBLEMA.
Determinare il salto di temperatura di P = 8,5 m3 di acqua per effetto della combustione di G = 1,20 quintali di nafta; il rendimento del focolare sia h = 48 %.

SOLUZIONE.
Il calore assorbito dall'acqua è dato dall'espressione Q = c P Dt; il calore sviluppato dalla combustione del gasolio è Qtot = p.c.i. G = 10.100 x 1,20 x 100 = 1.212.000 Cal; quello assorbito effettivamente dall'acqua è Qeff = Qtot h = 1.212.000 x 0,48 = 582.000 Cal.
Ma è anche Q = Qeff e quindi(3)

Dt = Q / c P = 582.000 / (1 x 8,5 x 1.000) = 68 °C.

1) Per la benzina la perdita corrisponde al 7%, cioè p. c. i. / p. c. s. = 0,93. E' ovvio che in tutti i calcoli si utilizza il valore di p. c. i.
2) Per i combustibili gassosi si usa questa unità di misura e non Cal/kg.
3) c è il calore specifico dell'acqua e vale 1 Cal / kg °C; P è il peso del corpo da riscaldare; 1 quintale vale 100 kg; 1 m3 vale 1.000 litri; 1 litro di acqua pesa 1 kg; 48 % vuol dire 0,48.