TERMODINAMICA E CALCOLO INFINITESIMALE
IL PIANO T – S
Il piano T– S è utile per il calcolo del calore scambiato durante le trasformazioni; infatti l’area T S misura il calore essendo
dS
= dQ / T
e quindi
dQ = T dS
Disegniamo quindi una isoterma e una isobara nel piano
T– S:
Non essendoci riferimenti numerici, la figura è simile
a quella disegnata in precedenza nel piano p – v, salvo il cambiamento di
significato delle coordinate.
Per l’isoterma (in rosso, orizzontale) essendo T = cost, si ha:
DQ
=ò
dQ = ò
T dS = T ò
dS = T DS
DQ
= T (S2 – S1)
Per l’isobara (curva verde), ricordando che dQ = cp dT si ottiene:
DQ
=ò
dQ = ò
cp dT = cp T1,2 = cp (T2
– T1)
Per l’isocora (curva arancio, simile per andamento all’isobara ma più inclinata, in quanto, essendo cv < cp a parità di salto di temperatura T2 – T1 la quantità di calore, cioè l’area sottesa dalla trasformazione, è minore: vedi le linee tratteggiate verdi e arancio) ricordando che dQ = cv dT si ottiene:
DQ
=ò
dQ = ò
cv dT = cv T1,2 = cv (T2
– T1)
Infine l’adiabatica,
essendo dQ = 0, è verticale.
CICLO DIESEL NEL PIANO T – S
Il ciclo Diesel classico si compone essenzialmente di
due adiabatiche (compressione 1 - 2 ed espansione 3 – 4), una isobara
(combustione 2 – 3) e una isocora (scarico naturale 4 – 1). Nel piano T –
S ha quindi l’aspetto in figura (isobara verde, isocora arancio).
Il calore sviluppato nella combustione è dato dall’area S2 – 2 – 3 – S3 = cp (T3 – T2); quello perso nello scarico naturale è S4 – 4 – 1 – S1 = cv (T1 – T4); l’area utile vale l’area interna 1 – 2 – 3 – 4.
Il rendimento quindi si può scrivere
h
= (1 – 2 – 3 – 4) / (S2 – 2 – 3 – S3) =
=
(S2 – 2 – 3 – S3) – (S4 – 4 – 1 –
S1) / (S2 – 2 – 3 – S3) =
=
1 – (S4 – 4 – 1 – S1) / (S2 – 2 – 3
– S3) =
=
1 – cv (T1– T4) / cp (T3
– T2) = 1 – (T1 – T4) / k (T3 – T2)
ESEMPIO
Supponendo
che sia: T1 = 20 °C, T2 = 500 °C, T3 = 900 °C,
T4 = 400 °C calcolare il rendimento.
h = 1 – (T1 – T4) / k (T3 – T2) =
= 1 – | (20 – 400) / 1,41 x (900 – 500) | = 1 – 0,67 = 0,33
nella quale le barrette verticali |
|
racchiudono il valore assoluto in quanto si stanno misurando delle aree il cui
valore è per definizione positivo. Naturalmente questo risultato è un semplice
numero senza nessun significato termodinamico.
ANCORA
SULL’ENERGIA INTERNA
In generale l’energia interna può essere intesa come l’energia cinetica delle molecole, energia cinetica che discende dalle reciproche azioni dei campi elettromagnetici che impregnano tutta la materia, non solo il gas che a noi interessa ma anche per esempio il recipiente che lo contiene. E naturalmente tutto lo spazio che circonda il recipiente!
Noi percepiamo tale energia chiamandola calore e attribuiamo ad essa un livello che chiamiamo temperatura. Se abbiamo abbastanza fantasia possiamo dire che il calore è la portata di un fiume e la temperatura è il dislivello che permette al fiume di scorrere. E quando l’oggetto che studiamo si trova ad alta temperatura diremo che il fiume affronta una cascata!
Il gas è per noi uno schiavo che deve lavorare; per lavorare esso deve cambiare volume; diremo quindi, come già si è fatto nelle pagine precedenti, che riscaldare il gas (e ciò è per noi una dolorosa e costosa necessità) significa far aumentare l’energia cinetica delle sue molecole e le conseguenze possono essere diverse a seconda del metodo scelto per il riscaldamento:
1) se il recipiente è ermeticamente chiuso e il volume è costante (il gas non può sfuggire in nessun modo), tutto il calore fornito diventa energia interna, producendo aumento di temperatura e di pressione (aumenta la velocità media delle molecole e l’energia d’urto contro le pareti che chiamiamo pressione).
2) se il recipiente è ermeticamente chiuso ma il volume è variabile (a mezzo di un pistone mobile a tenuta), il calore può in parte servire a far crescere l’energia interna (sia sottoforma di temperatura che di pressione) e in parte a far muovere il pistone (o un’altra macchina con organi mobili, come le turbine) e questa seconda parte la chiameremo lavoro o energia esterna.
E’ possibile avere solo energia interna oppure solo lavoro?
La prima situazione si verifica fornendo calore a volume costante, come si è già visto
dQ
= dU = cv dT
La seconda situazione si verifica fornendo calore a temperatura costante: essendo dT = 0 sarà dU = 0 e quindi
dQ = A dL = A p dv
In tutti gli altri casi il calore produrrà un poco di
energia interna e un poco di lavoro se il recipiente ha una parte mobile, cioè
in generale
dQ = dQ1 + dQ2 = dU + A dL = cv dT + A p dv
Vediamo la variazione di energia interna in alcune
trasformazioni:
Isobara
dp = 0
p = cost
dU = dQ – A dL
DU
= ò
dQ – A ò
dL = ò
dQ – A ò
p dv = DQ
– A p v1,2
Isocora
dv = 0
v = cost
dU = cv dT
DU
= cv
ò dT = cv T1,2
Isoterma
dT = 0
T = cost
dU = dQ – A dL
DU
= ò
dQ – A ò
dL = ò
dQ – A ò
p dv =
DQ
– A ò
R T dv / v =
=
DQ
– A R lnv1,2 = DQ
– (cp – cv)
lnv1,2
Adiabatica
dQ = 0
Q = cost p
vk = D dU = – A dL
DU
= – A ò dL
= – A ò p
dv = – A ò
D dv / vk =
=
– A D v-k+11,2 / (– k + 1) = A D v-k+11,2
/ (k – 1)
La relazione relativa all’adiabatica mostra ovviamente
che la variazione di energia interna è opposta a quella dell’energia esterna.
Infatti, non essendoci né apporto né sottrazione di calore, l’energia
esterna può manifestarsi solo a spese dell’energia interna. Da ciò segue
appunto l’utilizzazione, almeno nei cicli ideali, dell’adiabatica come
trasformazione di compressione e di espansione: nella prima tutta l’energia
esterna (= lavoro passivo di compressione) si accumula nel gas, nella seconda (=
lavoro utile di espansione) tutta l’energia interna viene spesa per produrre
energia esterna.
UN
CICLO INVERSO
Il ciclo inverso è quello delle macchine operatrici, essendo queste l’inverso delle macchine motrici: infatti esse ricevono energia meccanica (= lavoro = energia cinetica di masse solide in moto) e la trasformano in energia di un fluido (liquido o vapore o gas) che la accumula sotto forma di calore o di pressione o potenziale ecc.
Il ciclo inverso è percorso in senso orario e lo si riconosce perché il lavoro passivo è maggiore del lavoro utile. L’utilità è infatti misurata da qualcosa che di solito non è di natura fisica, come nel caso del frigorifero: avere acqua fresca in estate non è certo un vantaggio termodinamico!
Però il ciclo inverso può rappresentare un vero e proprio vantaggio in tutti i sensi in numerose occasioni: per esempio quando si deve trasportare facilmente energia da un luogo ad un altro distante. Si pensi all’utilità di disporre di acqua o aria in pressione là dove mancano motori, oppure banalmente per gonfiare le ruote delle automobili.
Consideriamo proprio il ciclo di un compressore per
l’aria: se non ci fossero gli attriti e altri piccoli inconvenienti,
l’insieme compressore – decompressore sarebbe una macchina perfetta, nel
senso che l’aria accumulerebbe tutto il lavoro di compressione come energia
interna e poi potrebbe renderla tutta nella fase di lavoro utile, ad esempio in
un martello pneumatico. In pratica invece è tutto un poco diverso.
CICLO
DEL COMPRESSORE
L'aria in un compressore ideale percorre il ciclo 1 - 2 - 3 - 4, cioè aspira l'aria dall'atmosfera alla pressione p1, la comprime secondo una trasformazione adiabatica e la invia in un serbatoio alla pressione p2. Il lavoro di aspirazione è l'area sotto l'isobara 4 - 2, il lavoro di compressione è l'area sotto l'adiabatica 1 - 2, il lavoro - energia accumulato è l'area sotto l'isobara 2 - 3, il lavoro - energia che si può spendere è l'area interna al ciclo (ideale) 1 - 2 - 3 - 4. Ma .….
A) Spazio nocivo. Se il compressore è alternativo il pistone non può urtare contro il cielo del cilindro, per cui l’aria non può uscire tutta: ad ogni movimento di scarico rimane il volume v6 alla pressione p2.
B)
Aspirazione 1. Affinché l’aria entri nel cilindro si deve creare una
depressione, per cui l’aspirazione avviene secondo la linea b e non secondo
una isobara.
C) Aspirazione 2. L’aria rimasta dal ciclo precedente a pressione p2 si espande sino alla pressione p1 secondo la trasformazione (adiabatica ?) 6 – 8 togliendo all’aria fresca lo spazio v8.
D) Scarico. Se il serbatoio di accumulo è già alla pressione p2, affinché possa aprirsi la valvola di scarico il compressore deve raggiungere una pressione maggiore, per cui l’operazione si svolge secondo la trasformazione a.
E) In definitiva ad ogni ciclo il compressore lavora una quantità di aria inferiore al volume del cilindro e la porta ad una pressione maggiore, per cui il motore che lo aziona deve fornire una potenza maggiore per un tempo più lungo.
F)
Se non ci fosse lo spazio nocivo ….
RENDIMENTO
Si definisce rendimento indicato h del compressore il rapporto fra l’area del ciclo teorico e quella del ciclo reale, nel nostro caso:
h
= area (1 – 2 – 6 – 8) / area (1 – 5 – a – 6 – 8 – b)
ESEMPIO
Calcolare il lavoro teorico di un compressore alternativo con cilindrata V1 = 400 cm3 = 0,000400 m3 e rapporto di pressione r = p2 / p1 = 8; lo spazio nocivo sia V7 = 30 cm3 = 0,000030 m3; il rendimento volumetrico hv = (V1 – V8) / (V1 – V7) = 0,80.
Il lavoro del compressore vale:
L1,2
= [R T1 / (k – 1)] [1
– (p2 / p1) (k–1)/k]
Supponendo che a regime la temperatura nel punto 1 sia T1 = 373 °K (100 °C) si ottiene:
L1,2
= [R T1 / (k – 1)] [1
– (p2 / p1) (k–1)/k]
=
=
[29,27 x 373 / (1,41 – 1)] [1 – (80.000 / 10.000)(1,41 – 1)/1,41]
= – 22.121 kg m / kg
Il peso di aria che viene compresso in ciascun ciclo vale:
v1
= R T1 / p1 =
29,27 x 373 / 10.000 = 1,0918 m3 / kg
P1
= V1 / v1 = 0,0004 / 1,0918 = 0,00037 kg
Il peso di aria che resta nello spazio nocivo vale, supponendo che la temperatura nel punto 8 sia T8 = 323 °K (50 °C):
(V1 – V8) = 0,80 (V1 – V7) V8 = V1 – 0,80 (V1 – V7) =
=
0,0004 – 0,80 (0,0004 – 0,00003) = 0,000104 m3
v8
= R T8 / p1
= 29,27 x 323 / 10.000 = 0,9454 m3 / kg
P8
= V8 / v8 = 0,000104 / 0,9454 = 0,00011 kg
Ne segue che il peso di aria effettivamente elaborato in ciascun ciclo vale:
Peff
= P1 – P8 = 0,00037 – 0,00011 = 0,00026 kg
Tenendo conto del peso effettivo di aria, il lavoro
teorico di compressione vale:
Lteor
= L1,2 Peff = – 22.121 x 0,00026 = – 5,8 kg m