Stiamo
vivendo un fenomeno ormai planetario: la globalizzazione che
riguarda il mondo dell’economia, della finanza, del lavoro
ecc… Questo fenomeno rappresenta un paradosso perché anziché
unificare le risorse mondiali verso sbocchi positivi ed unitari,
sta creando discriminazione, disparità e squilibri mai
verificatisi prima. La povertà, anziché ridursi, si sta
diffondendo; i consumi continuano a crescere in modo vertiginoso
e sempre più squilibrato. Neanche il fenomeno
dell’immigrazione sfugge alla globalizzazione. Nel passaggio
dal vecchio al nuovo millennio grandi flussi immigratori si
stanno spostando verso le zone più ricche.
L’Italia,
che rappresenta il confine sud d’Europa, con la vicinanza agli
inquieti stati Balcanici, è la porta di ingresso ideale al
“vecchio continente”. Il nostro paese ha due milioni di
immigrati, entrati come clandestini. Nella sola Milano vivono
oltre duecentomila extracomunitari che formano una vera e
propria città multietnica; senza contare quelli che vivono o si
nascondono nelle altre città, rifugiandosi in baraccopoli.
La
nascita dei figli di immigrati ha trasformato il saldo
demografico italiano. Continue ondate provengono dalle coste
albanesi. Individui senza scrupoli trasportano i profughi da
costa a costa a bordo di gommoni, veloci motoscafi, che
effettuano il percorso di notte eludendo la vigilanza. Il
fenomeno dell’immigrazione non è un problema di ordine
pubblico; dalle frontiere marittime passa un’umanità varia di
persone oneste, avanzi di galera, non mancano tante ragazze,
soprattutto minorenni, vendute per intraprendere la strada della
prostituzione.
È
un dovere morale offrire accoglienza ed ospitalità a chi
desidera integrarsi e vivere onestamente, dall’altro, però
non si può ignorare che la convivenza fra comunità tanto
diverse di italiani ed extracomunitari può creare problemi di
razzismo. Queste situazioni sono più probabili nelle zone
meridionali in cui c’è disoccupazione e sottosviluppo, dove
gli abitanti possono vedere nell’immigrato colui che è venuto
a sottrarre loro le poche possibilità di lavoro.
Il
nostro Paese, nonostante episodi di razzismo, ha dimostrato un
atteggiamento di comprensione e di accoglienza. Questa
constatazione non può farci dimenticare che non possiamo
accogliere sempre e comunque gli extracomunitari; se è vero che
l’Italia ha una grande tradizione di ospitalità è
altrettanto chiaro che questa ha bisogno di regolamentazione per
essere in grado di trattare gli extracomunitari come esseri
umani.
Nel
corso degli anni il nostro Paese ha emanato varie leggi in
questa materia. Dobbiamo renderci conto che il nostro Paese è
destinato ormai a diventare multirazziale come avviene per gli
U.S.A. È un processo storico irreversibile, si deve riflettere
però sui vantaggi che ne potremo trarre in termini di
arricchimento culturale. Convivere, collaborare con persone di
altre razze significa imparare a dialogare, ricercare i motivi
ed i significati comuni dell’essere uomini nel rispetto
reciproco.
Su
queste basi sarà possibile avere una società plurietnica in
cui le diversità non saranno motivo di divisione ma occasione
di incontro. Secondo me il problema non si risolve continuando
la raccolta dei profughi e degli immigrati nei campi di
accoglienza per poi, magari, espellerli; molte volte accade che
gli espulsi rientrano nel nostro Paese ma è anche diffusa la
fuga dai centri di accoglienza di persone che fanno perdere le
loro tracce, così si ha la diffusione del fenomeno dei
clandestini. È sulla base delle conseguenti scelte che si
giocherà il futuro del nostro Paese nel nuovo millennio.
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