L'
assenza di documenti sulle origini di Rota ci inducono ad iniziare
la storia urbana del sito dal secolo VIII, cioè da quando è nota
l'attestazione documentaria del suo Gastaldato. Non vi è dubbio
che la storia della Valle affondi le sue radici nella civiltà
romana, se non preromana. Molti sono i segni che lo confermano:
una sezione dell' acquedotto Claudio nei pressi della locale
ferrovia, la torre Marcello in prossimità della frazione Curteri
e le tracce di una centuriazione in località Faraldo. E'
accertato che Rota già nel IX secolo era un centro con una sua
autonomia. Per comprendere l'importanza di Rota basta pensare che
nell'840 la provincia di Salerno era formata dai gastaldati di
Conza, Sarno, Lucania (Cilento), Rota e Salerno. Sono noti anche i
confini amministrativi del Gastaldato. Questi raggiungevano a
nord, l'actua Nuceria; a sud la demarcazione confinaria era al di
sopra di Acquamela, nei pressi della frazione Aiello; ad est il
confine naturale era rappresentato dalle Serre di Montoro. Rota
quindi era il centro propulsore della vita amministrativa di
Gastaldato.
Sulla
sua localizzazione esistono versioni contrastanti. C'è, infatti,
l'ipotesi di Rota sorta presso la frazione Curteri e l'ipotesi che
ne vede le origini ai piedi della collina del Castello. Non si può
comunque escludere l'esistenza di ambedue i siti: Rota, presso
Curteri - ancora da scoprire -, e un villaggio, ai piedi della
collina del Castello, conosciuto col nome di Mercato.
Mercato
non diventerà mai un grande centro urbano, esistevano fondati
motivi (di cui parleremo più avanti) che ne impedirono
l'espansione. Ma la posizione felice rispetto ai traffici favorì
la sua affermazione quale luogo di stazione. Più che residenza
urbana, dunque, Mercato fu fino al XVIII secolo -come
dimostreremo- sede di pubblici uffici, come la Cancellaria e la
Dogana, o di banchi di pegni per favorire il credito più di
tutto. Mercato, inoltre, fu sede di svariati empori per il
commercio fisso e piazza molto ambita per la mercatura girovaga.
La istituzione della Fiera annuale del 1303 è la prova
dell'importanza mercantile del luogo. Infatti sulla piazza si
svolgevano non solo transazioni con i mercanti del circondario, ma
anche con mercanti genovesi e fiorentini. Le merci trattate erano
le più diverse: da quelle povere, come granaglie e alimenti vari,
a quelle più ricche, quali pelli, sete, panni di lana, oro e
rame. Una attività mercantile così fiorente spesso richiamava
sulla piazza l'investimento di diversi capitali da parte di
mercanti-banchieri, ebrei e ricchi possidenti. Nel circondario,
poi, rifiorivano le attività artigianali. Ricordiamo la presenza
dei maestri di muro, degli intagliatori di pietre, dei pipernieri,
dei maestri ferrai, dei maestri ramieri, dei fonditori di metalli,
dei tessitori, dei tintori, dei maestri di cotto, dei fabbri
lignari, degli aurifabri, dei corsari.
Questi
maestri artigiani operavano non solo nello Stato di Sanseverino,
ma anche a Salerno, Napoli, Gaeta, Vicenza, fino alle province
lombarde, richiamati per la loro perizia. Per quanto concerne l'
agricoltura sappiamo che Rota sin dalla fine del X secolo
rappresentava rispetto all'intera provincia un centro di
produzione agricola di rilievo. Da un documento del 1286 si rileva
che Mercato era uno dei principali fornitori, con i paesi
dell'agro sarnese-nocerino, del mercato di Salerno. Comunque siamo
autorizzati a pensare che Mercato, più che un centro di
produzione agricola, all'epoca, si doveva considerare un luogo di
raccolta e distribuzione delle varie derrate che si producevano
nei villaggi rurali del circondario. Il vino e il grano erano i
prodotti più affermati. Il primo per la sua rinomanza e il
secondo per le numerose contrattazioni che si svolgevano sulla
piazza. A questo fermento non fu estranea la presenza dei principi
di Sanseverino e della corte. I principi, infatti, spesso
proteggevano e incoraggiavano i traffici, mentre i nobili non
disdegnavano l'impiego di capitali nei traffici mercantili.
Sulle
origini e sulla localizzazione di Mercato S. Severino esiste oggi
una vasta letteratura. Del periodo preromano e romano mancano
studi sistematici e solo la presenza di alcune tracce sul
territorio conferma l'antichità delle origini del luogo. A parte
qualche raro toponimo, nessuna traccia documentaria esiste di un
eventuale stanziamento bizantino. Con i longobardi di Arechi I si
ha notizia di un primo consistente popolamento della Valle, con la
fondazione di diversi villaggi che ancora oggi la caratterizzano.
Dell'invasione
longobarda fu proprio Rota -intorno al 640- a subirne le
conseguenze. Infatti il complesso urbano-rurale venne distrutto
allorchè gli abitanti del luogo osarono tagliare la strada alle
truppe di Arechi, dirette verso Salerno. Successivamente il paese
rifiorì grazie alla sua posizione eminente rispetto ai traffici.
Con l'avvento dei normanni, e quindi di Troisio, per motivi
strategici, la vita amministrativa fu trasferita sul Castello.
Siamo nella seconda metà del secolo XI. Intanto ai piedi della
collina, nei pressi della distrutta Rota, si andava affermando un
nuovo sito -poco più di un villaggio- che, per la sua attività
prevalente nel settore degli scambi commerciali, fu nominato
Mercato.
Fuori
mura, poi, oltre ad alcune masserie sparse nella campagna
circostante, era posto il convento dei Domenicani la cui
costruzione fu voluta da Paolo II con una papale del 9 luglio
1466.
Il
convento -oggi palazzo Vanvitelli-, oltre all'annessa chiesa e
campanile, era fornita di dormitorio, refettorio, chiostro, orto,
giardino e cimitero. In posizione periferica, infine, erano
situate pure le attuali chiese di S.Antonio, S.Giacomo e S.Maria
delle Grazie, di più remota fondazione rispetto al convento dei
Domenicani.
A
quell'epoca l'attuale corso Diaz, doveva essere costeggiato da
abitazioni solo lungo il lato sud, mentre a nord la strada,
probabilmente, si confondeva con una piazza, che, considerata la
morfologia del luogo, doveva estendersi fino alle pendici della
collina del Castello. Quella piazza, nominata Mercato Vecchio era
certamente la più antica sede del mercato. L'unica costruzione
sul lato nord del Corso, di cui è documentata la presenza nella
prima metà del XV secolo, era il palazzo dei principi di
Sanseverino. Il Palazzo, ancora esistente -noto col nome di "Landi"-,
nacque come ospizio, una sorta di albergo per i forestieri in
transito. Successivamente venne restaurato e convertito in dimora
principesca nell'epoca di transizione tra Antonello e Roberto II,
principi di Sanseverino. Il collegamento tra Mercato e il
Castello, con buona attendibilità, era assicurato, per un tratto,
dall'attuale via Municipio, e per il resto da un sentiero
relativamente agevole che conduceva alla torre Mastio. Infatti nel
testamento comitale di Giovanni, principe di Sanseverino, redatto
il 19 dicembre 1444 presso l'ospizio di cui abbiano parlato, si fa
riferimento in una citazione di confine, allo ruigo de lo Parcho.
Questa viam puplicam conduceva al parco del Castello.