Periodico degli allievi dell’Istituto Tecnico per Geometri “L. Vanvitelli” di Cava de’ Tirreni (SA)
Dirigente Scolastico Prof. Claudio Mazzotta
Via Giovanni XXIII — Cava de’ Tirreni (SA) Tel. 089 340061- 089 341936 Via Bottiglieri - Roccapiemonte (SA) Tel. 081 9368246

Numero 2
Maggio 2003
Pag. 7

 

Il castello di Mercato San Severino
-Paesaggio naturale-

Andrea Aliberti, Giovanni De Pascale
2^B 

Prima di inoltrarci tra le antiche mura è opportuno soffermarsi con qualche considerazione su questa valle la cui morfologia e la cui ubertosità tanta parte ebbero nella localizzazione del Castello. La valle di Mercato San Severino è delimitata, verso nord-est, da una cortina montuosa (montagne di Montoro) la cui importanza non è trascurabile.

Questa cortina, infatti, è alla base dell'evoluzione e della divisione amministrativa della Campania. In particolare, questi monti segnano il confine tra il Principato Ultra (le attuali province di Avellino e Benevento) e il Principato Ultra (zona appartenente al principe di Salerno). La divisione fu fatta in epoca angioma, tra il 1290 e il 1299. Nell'atto di divisione furono precisati anche i paesi appartenenti all'uno e all'altro Principato. Andando molto più indietro nel tempo, è accertato che questi monti (particolarmente la zona alta della valle di Montoro) erano già abitati in età osca: Solofra, ad esempio, è un termine "osco" che significa "salubre". In seguito la vallata fu occupata dai Romani che vi impiantarono ville e fattorie. Fu intorno a queste ville e fattorie che si formarono i primi centri abitati che presero il nome del loro possessore.

Tuttavia mancano nel territorio tracce di stanziamenti bizantini, se si esclude qualche raro toponimo come "Catavato", che indica una "forra profonda", o "Lancusi", che ha il senso di "pezzo di terra assegnato". Più consistenti, invece, sono le tracce di una presenza longobarda. I Longobardi, intorno al 640, si accasarono su buona parte della valle Sanseverinese. Ricordiamo Pandola, Galdo, Piazza del Galdo, Faraldo, Lombardi, come alcuni dei luoghi in cui essi si stabilirono.

Passiamo ora a considerare quella parte della valle verso sud-ovest dove la morfologia del luogo è tale che sussiste un passaggio obbligato naturalmente determinato da una strozzatura della valle. Un passaggio obbligato dunque o un luogo strategico dove i Romani, se non proprio i precedenti italici, vi si stabilirono con una "statio", posto di controllo ad un tempo politico-fiscale-amministrativo.

Questa prima "statio" fu chiamata "Rota", nome derivante da "rotaticum", pedaggio a carico di coloro che con carri, merci od altro transitando per il luogo nei due sensi intendevano raggiungere Nocera, oppure Salerno, Avellino o Benevento, fino alla Puglia. Attorno a questa "statio" venne a formarsi in breve un vero e proprio villaggio chiamato appunto "Rota", che va considerato come il nucleo abitativo originario di Mercato San Severino. "Rota", ubicata nei pressi dell'attuale frazione Curteri, fu probabilmente distrutta dalle truppe longobarde di Arechi I, che si vide tagliare la strada per Salerno dalla popolazione del luogo. Ci troviamo, quindi, con Rota, e successivamente con S. Severino, poi Mercato, al centro di grandi vie di comunicazione essenziali e insostituibili per un tempo lunghissimo, a partire dalle dominazioni italiche fino al periodo medievale e moderno. In età contemporanea le cose, invece, cambieranno. La costruzione delle strade costiere taglierà fuori dalle principali vie di collegamento le zone interne, creando così anche le premesse per una lenta ed inesorabile decadenza dei traffici e quindi dei commerci. Rota, pertanto, sarà un centro politico-amministrativo notevole, la cui attestazione documentaria è antichissima. Infatti il secondo più antico documento della estesissima provincia di Salerno è dell'anno 798.

Esso è un atto notarile stipulato proprio nell'atrio della chiesa di S. Marco a Rota e le persone che vi intervengono sono, dai nomi, Longobardi di chiara estrazione celtica. Ritornando poi al Castello, sono tutti da scoprire i collegamenti con la valle. L'ipotesi più attendibile è quella secondo cui il Castello possa aver rappresentato una primitiva costruzione di tipo militare, eretta a difesa dall'alto delle vie di traffico e di tutta l'attività che si svolgeva a fondo valle.

 

Una volta era...
il torrente Cavaiola

Fabio Carione 5^B

Appena 45 anni fa il torrente Cavaiola, un piccolo fiume con regime torrentizio, nasceva dalle montagne di Cava de’ Tirreni, ricco di rare forme di vita animali e vegetali, ed era spesso luogo di ritrovo nei mesi estivi per i ragazzi che con molta gioia nuotavano nelle sue limpide e vergini acque. Anche i fertili campi dell’agro Nocerino-Sarnese venivano irrigati con le acque del torrente, le quali erano abbondanti di sali minerali essenziali per le colture del tempo.

Tutto questo a distanza di poche decine di anni è diventato fantascienza, e le storie sul torrente Cavaiola sembrano essere uscite da un libro di fiabe per bambini.

Oggi le sue acque sono diventate un costante flusso di spazzatura e rifiuti organici, che le fabbriche di Cava de’ Tirreni e Nocera vi riversano puntualmente.

Quelle che erano le rare piante che crescevano rigogliose tra i “silenzi d’acqua” e i detriti morenici oggi sono scomparse per sempre, avvelenate dalle acque ormai scure e maleodoranti, sature di veleni e composti chimici sprigionati dalle fabbriche, ma anche dai comuni detersivi domestici, che quotidianamente vengono riversati tramite le fogne nel torrente, e che vanno a peggiorare sempre più la ormai critica situazione del corso d’acqua, che oggi appare spoglio, desolato, grigio.

L’unica specie che ormai abita gli argini e le sue acque  sono i ratti giganti. Il torrente Cavaiola è uno degli affluenti principali del fiume Sarno, considerato ormai, secondo le statistiche il fiume più inquinato d’Europa; visto gli immissari del fiume, è facile immaginare il perché di questo primato europeo. Molto spesso ci troviamo a sentire tramite i mass-media  di problemi ambientali; se ne discute, si rinnovano le discussioni, ma alla fine rimangono soltanto discorsi, e le parole senza fatti valgono meno di zero. Il caso del torrente Cavaiola è solo uno di quelli meno rilevanti. E, tuttavia, vien da chiedersi: se oggi abbiamo queste situazioni di emergenza e non le risolviamo, lasceremo ai nostri figli? Un mondo in cui per respirare o bere acqua si corrono rischi di avvelenamento?

A tutti questi quesiti non possiamo rispondere se non con altri quesiti, per cui non ci resta che sperare che qualcuno trasformi le parole in fatti!

 

STAMPA LA PAGINA

STAMPA
LA PAGINA
CHIUDI

 

ITG "Vanvitelli" - Cava de' Tirreni (SA)

 Webmaster: Prof. Michele Perone

 Ultimo aggiornamento..... martedì 26 agosto 2003