Boschi
distrutti fino all'ultimo cespuglio, abbattuti albero dopo
albero, bruciati da incendi dolosi, inariditi per incuria o per
inquinamento. Montagne e colline brulle, senza verde abbandonate
a se stesse o selvaggiamente prese d'assalto dalla speculazione
edilizia, come le coste. Strade e autostrade aperte dovunque
come larghe valli. Frane, smottamenti e crolli. E poi, laghi che
muoiono, ridotti a pattumiere chimiche o prosciugati; fiumi che
straripano o si trascinano senza vita, inquinati come i mari da
scarichi industriali, da fogne, da detriti d'ogni tipo e natura.
Mentre l'aria diventa ogni giorno più sporca e irrespirabile,
avvelenata da industrie e motori, dal fumo delle ciminiere e dai
gas di scarico, che portano in alto masse enormi di particelle
chimiche nocive ed estremamente pericolose.
Il
territorio del nostro Paese si sfalda, si disgrega, si degrada
anno dopo anno, stretto nella morsa di uno sfacelo lento ma
inarrestabile. Uno sfacelo drammatico, di cui nessuno tuttavia
sembra accorgersi e interessarsi, tranne che nelle occasioni
dolorose in cui "ci scappa il morto" per una
alluvione, una frana, il crollo di un ponte, dì una strada, la
fuga di sostanze chimiche micidiali da una fabbrica, la comparsa
improvvisa di una epidemia, la nascita di bambini deformi.
Allora i giornali escono con titoli a tutta pagina: tutti
accusano, strillano, sbraitano, la gente si indigna, chiede
"severi provvedimenti" non si sa bene contro chi, e
poi tutto ritorna puntualmente come prima. In attesa della
successiva sciagura.
Almeno
ufficialmente, nel nostro Paese non si conosce bene né il
livello d'inquinamento dell'aria, delle acque, del suolo, né lo
stato di conservazione del territorio nazionale del quale
mancano addirittura rilevazioni scientifiche aggiornate e
documentate: si va avanti "alla buona", a caso, come
viene, fingendo che non esistano problemi o che quelli noti
all'opinione pubblica siano meno gravi di quanto comunemente si
crede.
E
intanto non solo il disfacimento del territorio procede per
conto suo, nell'indifferenza generale, ma anno dopo anno cresce
il numero e aggrava l'intensità delle malattie provocate
direttamente e indirettamente dall'inquinamento, dalla
degradazione dell'ambiente di vita, dagli squilibri ecologici:
cancro, affezioni dell'apparato respiratorio e di quello
digerente, del sistema nervoso e cardio-circolatorio in misura
particolare.
Per
non parlare delle malattie infettive che imperversano senza
tregua soprattutto nelle regioni più povere e abbandonate a se
stesse, degli alti indici di mortalità infantile, delle
epidemie che si diffondono con puntuale frequenza, passando da
una zona all'altra della penisola. Lo sfascio del territorio e
l'inquinamento ambientale sono strettamente collegati e
interdipendenti: essi rappresentano, infatti, le conseguenze
estreme di un complesso di cause comuni che sono oggettivamente
all'origine sia dell'uno sia dell'altro problema.
Tra
i fattori dello squilibrio ecologico e dell'inquinamento
generale del nostro territorio l'industrializzazione occupa
certamente il primo posto. Tutte le industrie, in verità,
provocano alterazioni profonde e pericolose nei delicati
equilibri ecologici: i gas liberati dalla combustione delle
materie necessarie per produrre energia si diffondono
ininterrottamente nell'atmosfera; i rifiuti e i residui della
produzione industriale vengono sversati dappertutto; le acque
del sottosuolo sono intensamente sfruttate nei processi di
lavorazione, tanto che già si profila il rischio concreto di
una ridotta disponibilità di acqua potabile; in molte zone
della penisola notevoli estensioni di terreno sprofondano; mari
e fiumi non hanno quasi più pesci, ridotti come sono a veri
immondezzai.
A
tutto questo si deve poi aggiungere l'effetto inquinante e
sconvolgente provocato dai milioni di veicoli a nafta e a
benzina che con i loro scarichi di gas avvelenano senza
interruzione l'atmosfera di città e di campagne, di monti e di
pianure. Inquinamento, squilibrio ecologico, abbandono delle
campagne, distruzione del territorio, aumento delle malattie.
scomparsa progressiva del verde, adulterazione e avvelenamento
degli alimenti, riduzione della vita animale nei mari, nei
fiumi. nei laghi, desertificazione delle zone rurali e
sovraffollamento delle città di pianura e lungo le coste. Sono
queste alcune tra le più gravi e preoccupanti conseguenze di un
disfacimento avanzato del nostro ambiente di vita che non
soltanto minaccia seriamente, ormai, la salute e il benessere
dei singoli e della collettività, ma pregiudica anche qualsiasi
ipotesi o programma di sviluppo futuro del nostro Paese.
E
allora? Ci si deve rassegnare? Si devono accettare come
inevitabili tutti i problemi e le tragedie che la civiltà
tecnologica ha portato con sé? Niente affatto.
In
realtà, grazie a un nuovo concetto introdotto alla fine degli
anni ottanta dalla commissione mondiale per l'ambiente e lo
sviluppo –lo sviluppo sostenibile- si stabilisce uno sviluppo
che persegua la crescita senza saccheggiare il pianeta. Concetto
che nel 1992 fu riproposto in Brasile da oltre 150 Paesi.
Si
contava, infatti, sulle risoluzioni di Río per conciliare la
tutela dell'ambiente con un progresso tecnologico più
"pulito", ma che sistematicamente dopo qualche anno
non fu rispettato, o meglio solo da 31 Paesi.
In
questi ultimi anni sono sorte, solo in Italia, centinaia di
ditte specializzate nel restauro di beni ambientali ma riescono
ad effettuare solo un "abbellimento" che mette
d'accordo ambientalisti e politici. E' necessario quindi
inculcare amore e rispetto per l’ambiente perché ognuno di
noi si impegni a salvaguardare il proprio mondo da qualsiasi
attacco che ne metta in pericolo la sopravvivenza.
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